Cons. Stato Sez. VI, Sent., 12-04-2011, n. 2257 Motivi del ricorso in appello Ricorso giurisdizionale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con la sentenza appellata, il Tribunale amministrativo regionale dell’EmiliaRomagna – Sede di Bologna – ha preso in esame il ricorso proposto dalla s.r.l. G. S. quale mandataria del Raggruppamento temporaneo di imprese G. S. s.r.l. e S. D. s.r.l., contro il provvedimento di aggiudicazione provvisoria della gara di affidamento del servizio stampa e compilazione manuale dei diplomi e titoli di studi universitari bandita dall’Università degli Studi di Bologna.

Con motivi aggiunti è stata impugnata anche l’aggiudicazione definitiva alla ditta A. B. A. S. M., di Recanati.

L’originaria ricorrente aveva fatto presente di aver partecipato alla gara insieme alla controinteressata vincitrice (e ad altra ditta esclusa per mancata produzione di un documento) e di essersi classificata al secondo posto (con uno scarto di meno di un punto rispetto al punteggio attribuito all’aggiudicataria). Aveva sollevato cinque motivi di censura, reiterati nel ricorso per motivi aggiunti contro l’aggiudicazione definitiva.

In quest’ultimo mezzo, peraltro, era stata aggiunta la doglianza relativa alla circostanza che in sede di aggiudicazione definitiva erano state poste a carico dell’aggiudicatario le eventuali royalties esistenti. Ciò dopo che analoga previsione era stata espunta dal bando su segnalazione della S. D..

L’abusiva reintroduzione della clausola in oggetto -secondo quella ricorrente- comportava un elemento di incertezza perché poneva un onere di difficile previa quantificazione. La questione si riferiva alle matrici di proprietà dell’Università necessarie per stampare i diplomi: poiché originariamente erano state realizzate dalla ditta aggiudicataria, questo avrebbe dato alla M. un vantaggio competitivo e dimostrava indirettamente la complessiva inaffidabilità delle operazioni di gara.

La ditta S. M. di R. E. aveva proposto ricorso incidentale contro l’atto di ammissione alla gara della ricorrente principale, e in subordine contestava il punteggio a lei assegnato dalla Commissione aggiudicatrice articolando due motivi principali e due in via subordinata.

Il primo giudice ha anzitutto esaminato le doglianze pregiudiziali del ricorso incidentale, escludendone la fondatezza.

Dall’esame dell’offerta tecnica era agevolmente ricavabile quale sarebbe stata la ripartizione di compiti tra i due soggetti componenti il Raggruppamento temporaneo di imprese: la G. S. s.r.l. si sarebbe occupata dei processi di stampa e la S. D. delle attività artigianali di amanuense.

Ivi era altresì la descrizione della diverse fasi della produzione e dei tempi di lavorazione, ed erano precisate le obbligazioni che ciascun soggetto si assumeva rispetto all’opera complessiva oggetto dell’appalto (nel rispetto della ratio dell’art. 37, comma 4, d.lgs.12 aprile 2006, n. 163, impositiva ai partecipanti ad un raggruppamento temporaneo di precisare quale parte dell’obbligazione ciascuna era chiamata ad assolvere).

La lamentata illegittimità del capitolato speciale d’oneri rilevata con il primo motivo (peraltro non motivata), era tardiva in quanto l’atto andava impugnato nel termine di decadenza successivo alla pubblicazione.

Anche il secondo motivo del ricorso incidentale era infondato: l’aver proposto uno scambio informatico di dati, in presenza di un capitolato che prevedeva anche tale possibilità, non significava aver escluso che lo scambio potesse avvenire con supporto cartaceo.

Ne discendeva l’infondatezza dei motivi subordinati, sia perché non vi era prova che l’Università non fosse in grado di adottare tale metodo, sia perché, quanto al punteggio assegnato, si censurava una valutazione di merito della Commissione, che poteva essere sindacabile soltanto se palesemente irragionevole.

Il Tribunale amministrativo ha inoltre dichiarato la tardività del ricorso per motivi aggiunti proposto dall’impugnante principale, in quanto non rispettoso del dimezzamento dei termini processuali prevista dall’art.23bis l. 6 dicembre 1971, n. 1034 (con ciò aderendo alla tesi per cui l’esclusione dal dimezzamento poteva riguardare soltanto la proposizione del ricorso introduttivo del giudizio).

Il primo giudice ha quindi preso in esame le doglianze del ricorso principale della G. S. s.r.l., disattendendolo.

In particolare, il giudice ha rilevato la tardività del primo motivo di censura, volto a contestare o la scelte fatte nel bando circa i requisiti finanziari per essere ammessi alla gara.

Tale prescrizione avrebbe dovuto essere impugnata tempestivamente,in quanto immediatamente lesiva: la doglianza era poi inammissibile per carenza di intesse (l’originaria ricorrente non aveva ricevuto alcun danno dalle soglie fissate nel bando, avendo partecipato a pieno titolo alla gara).

Quanto al secondo motivo, come requisito di partecipazione alla gara era stata richiesta una soglia di ricavi annui inferiore al valore sessennale del contratto, ma pari al 75% nel triennio. la prescrizione (oltreché rientrante nella discrezionalità tecnica della stazione appaltante) non risultava sproporzionata, anche in considerazione della circostanza che la parte di fatturato che doveva essere stata realizzata nel settore di attività propria dell’appalto era pari al 50% del valore complessivo del contratto.

La lamentata omissione dell’esatta predeterminazione -da parte della commissione- dei criteri e dei subcriteri per l’attribuzione dei punteggi per l’aggiudicazione della gara, era ascrivibile alla dettagliata integrale definizione di detti criteri nel bando di gara, nel disciplinare e nel capitolato d’oneri. La Commissione non doveva che dare applicazione ai medesimi rispetto alle offerte tecniche dei partecipanti.

Le censure denuncianti lo scarso punteggio attribuito all’offerta economica (fortemente al ribasso) formulata dal r.t.i. G. S. s.r.l. e S. D. s.r.l.,collidevano con la circostanza che il criterio di valutazione dell’offerta economica era dato da una semplice formula matematica (che consisteva nell’attribuire il massimo punteggio di 30 punti all’offerta più bassa, e alle altre un punteggio pari al rapporto percentuale con la migliore espresso in trentesimi), di guisa che non era stato esercitato alcun potere discrezionale da parte del seggio di gara.

Quanto alle censure contenute nel terzo motivo del mezzo di primo grado, che attenevano al criterio di valutazione del personale impiegato per l’esecuzione dell’appalto (il punteggio connesso a tale criterio che aveva avuto un ruolo determinante per l’aggiudicazione in favore della ditta controinteressata), parimenti se ne doveva dichiarare la non accoglibilità.

La valutazione della Commissione non poggiava su una comparazione reciproca delle offerte, ma nella verifica della loro congruità rispetto alle previsioni del bando di gara, del disciplinare e del capitolato.

Dagli atti della Commissione risultava che il personale a disposizione per le attività amanuensi (escluso il soggetto che veniva computato per l’integrazione dei requisiti di partecipazione) era pari a sei unità per la ditta aggiudicataria e a cinque per il r.t.i. di cui la S. era mandataria.

Di questi ultimi, 3 per M. e 2 per il r.t.i. G. S. s.r.l erano dotati di diploma di Accademia delle belle arti.

Si era tenuto altresì presente il tasso di sostituibilità di personale specializzato per l’esecuzione della commessa e il grado di aggiornamento professionale dei dipendenti.

La valutazione della Commissione aveva quindi tenuto conto di elementi oggettivi che giustificavano lo scarto di coefficiente che aveva determinato la differenza di cinque punti nel punteggio attribuito all’offerta tecnica.

In ultimo, non si poteva attribuire alla Commissione un travisamento dei fatti o una carenza istruttoria per non aver valutato un documento (definito fondamentale dalla difesa del r.t.i. S.) quale la Tavola I allegata alla relazione tecnica della società originaria ricorrente (quarto motivo di censura).

La Tavola in questione attestava l’idoneità del r.t.i. a svolgere il compito oggetto di gara (redazione dei diplomi di laurea con tecnica artigianale) e non poteva divenire oggetto di una particolare valutazione.

Infondate in fatto infine, erano le considerazioni circa il ritardo dell’aggiudicataria nella consegna dei diplomi relativi alla precedente commessa così come il rilievo alla Commissione per la mancata verifica del mendacio della M. circa il possesso dei brevetti (la verifica di quanto è stato oggetto di dichiarazioni sostitutive doveva essere effettuata prima dell’aggiudicazione definitiva, non già al momento dell’aggiudicazione provvisoria).

L’originaria ricorrente rimasta soccombente ha proposto appello chiedendo la riforma della sentenza. Il suo ricorso per motivi aggiunti (volto a censurare l’aggiudicazione definitiva, e contenente censure nuove rispetto a quelle proposte con il mezzo introduttivo del giudizio) era stato erroneamente dichiarato irricevibile: al ricorso per motivi aggiunti, infatti, non si applicava il dimezzamento dei termini dell’art. 23bis l. 6 dicembre 1971, n. 1034, come sostenuto da autorevole giurisprudenza. Ciò tanto più, in quanto si trattava di ricorso per motivi aggiunti "novativo" e, pertanto, assimilabile ad un ricorso autonomo.

L’appellante ha pertanto riproposto la censura relativa alla previsione di porre a carico dell’aggiudicatario le eventuali royalties che l’Università avrebbe dovuto corrispondere alla ditta che aveva predisposto i modelli di pergamena dei vari diplomi oggetti di compilazione manuale da parte dell’aggiudicataria.

La circostanza che detta clausola fosse stata reinserita nell’atto di aggiudicazione definitiva faceva sorgere il sospetto che la ditta Mallleus, aggiudicataria del servizio, avesse goduto di una benevola valutazione.

La predetta clausola aveva la funzione di risolvere un pregresso contenzioso intercorso tra la M. e la stazione appaltante; con l’inserimento di detta clausola la questione" poteva dirsi risolta. Residuava il dubbio (giustificato dal minimo scarto tra l’offerta dell’aggiudicataria e quella dell’appellante) che le valutazioni tecniche sulle offerte fossero state "guidate" da tale fine, e che l’aggiudicazione dell’appalto alla M. fosse stato influenzato da tale circostanza, costituendo il necessario mezzo per risolvere il contenzioso in corso.

L’appellante ha poi riproposto i motivi di censura respinti nel merito dal primo giudice

Era errato, a suo dire, il capo della sentenza che aveva ritenuto immediatamente lesiva (quindi immediatamente da impugnare) la clausola sui requisiti finanziari di ammissibilità.

Con la seconda doglianza non ci si doleva dell’ammissione alla gara, ma della fissazione di soglie di ricavi che avevano messo in condizione di partecipare alla gara soltanto due concorrenti.

La terza censura era volta proprio ad evidenziare che il bando era modellato sulle caratteristiche della concorrente aggiudicataria: si era sottostimata l’offerta al ribasso e premiata l’organizzazione del lavoro. Sarebbe stato necessario predisporre un punteggio maggiore per gli altri requisiti.

Quanto al capo reiettivo delle doglianze in punto di valutazione del personale, l’esclusione del R. comportava l’automatica esclusione del Piergiacomi e dell’Andreani.

L’esclusione favoriva ingiustamente il concorrente aggiudicatario.

Sotto altro profilo, costituiva mera illazione affermare che il personale della M. fosse più aggiornato del proprio.

La Tavola costituiva l’elemento qualificativo dell’organizzazione della società partecipante ed era stata ingiustamente sottovalutata dalla Commissione di gara, che ne aveva svilito la portata.

Anche nella fase prodromica all’aggiudicazione definitiva, non erano state svolte doverose verifiche sul possesso dei brevetti in capo all’aggiudicataria ed al possibile mendacio di quest’ultima. Ciò costituiva grave omissione della stazione appaltante e comprovava ex post un andamento della gara contrario al principio di eguaglianza.

L’aggiudicataria si è costituita con appello incidentale volto a riproporre le censure incidentalmente proposte in primo grado e disattese in via preliminare dal primo giudice.

La (esatta) declaratoria di irricevibilità del ricorso per motivi aggiunti dell’originaria ricorrente implicava che nessun valido gravame era stato proposto avverso l’aggiudicazione definitiva. Il ricorso introduttivo, infatti censurava solo l’aggiudicazione provvisoria: dichiarato irricevibile il ricorso per motivi aggiunti, doveva conseguire l’improcedibilità del ricorso introduttivo a cagione della omessa impugnazione dell’aggiudicazione definitiva.

Nel merito, il Tribunale amministrativo aveva respinto il primo motivo di ricorso incidentale dell’aggiudicataria considerando che dall’offerta tecnica era possibile agevolmente ricavare quale sarebbe stata la ripartizione di compiti tra i due soggetti componenti il r.t.i.: la G. S. s.r.l. si sarebbe occupata dei processi di stampa e la S. D. delle attività artigianali di amanuense.

Contrariamente a quanto affermato dalla sentenza, nulla di tutto ciò si ricavava dall’offerta tecnica.

Al contrario, emergeva un’assoluta sovrapponibilità delle imprese costituenti il r.t.i. appellante: detta commistione di compiti e ruoli collideva con il dato normativo, posto che la stazione appaltante non era in grado di preconizzare quale fosse il soggetto che in concreto avrebbe espletato i servizi fondamentali oggetto dell’appalto.

Quanto al secondo ed al terzo motivo, il capitolato d’oneri aveva imposto una doppia modalità di espletamento del servizio (consegna del supporto cartaceo e consegna informatica) riservando all’amministrazione il diritto di optare.

L’offerta dell’appellante non contemplava la trasmissione in via cartacea; essa era inidonea ed avrebbe dovuto per ciò solo essere esclusa avendo previsto unicamente la consegna dei dati in via informatica.

Il primo giudice era incorso in un errore di fatto, non cogliendo l’essenza dell’offerta dell’appellante e la tassatività della doppia prescrizione contenuta nel bando (rispondente alla circostanza che l’Università, al momento della gara, non avrebbe potuto far fronte ad una trasmissione esclusivamente per via informatica).

In ogni caso il giudizio di "buono" (punti 12), attribuito all’offerta dell’appellante principale, era illogico alla stregua di tale circostanza, ed incongruente con l’attribuzione del medesimo punteggio alla vincitrice M. (che invece aveva garantito il doppio sistema di trasmissione).

Anche la condanna alle spese (motivata dal rigetto del ricorso incidentale proposto in primo grado) meritava riforma.

Sotto altro profilo, e quanto alle doglianze proposte dall’appellante principale, il motivo relativo alle royalties concerneva la prescrizione dell’art. 13 del Capitolato speciale. La censura – in quanto proposta per la prima volta con i motivi aggiunti- era tardiva e comunque infondata nel merito, riguardando la remunerazione di diritti di utilizzo "di proprietà dell’Università". Essa appariva ragionevole e non determinava un trattamento di favore per alcuno.

Le censure sui requisiti finanziari di ammissione contenuti nel bando e sulla prescrizione relativa al fatturato minimo erano tardive, generiche ed inammissibili in quanto avversanti clausole non lesive.

Quanto al profilo relativo alla valutazione del personale impiegato dalle concorrenti, era palese che il punteggio tecnico remunerasse l’integralità dell’offerta; l’asserita sottovalutazione della Tavola (dimostrativa dell’artigianalità del r.t.i.) non incideva su una prestazione aggiuntiva; e l’omessa valutazione della stazione appaltante in relazione al preteso mendacio della M. quanto al sigillo anticontraffazione ed al perfezionamento del brevetto, appariva ininfluente, investendo aspetti che non avevano condotto all’attribuzione di alcun punteggio alla offerta della M..

La controinteressata M. ha inoltre proposto ricorso per motivi aggiunti al ricorso incidentale proposto in primo grado, evidenziando che un’ulteriore ragione – rimasta fino a questo momento ignota- che militava per l’esclusione dalla procedura di gara dell’appellante principale.

Infatti essa si era aggiudicata una gara bandita dall’Università degli S. di Macerata ( comunicazione del 21 dicembre 2010); vi aveva partecipato anche l’odierna appellante principale che era rimasta esclusa in quanto ivi era rimasto accertato che il signor S. Antonio, legale rappresentante della S. s.r.l., era stato in passato destinatario di una sentenza di condanna; che tale pregressa condanna non era stata dichiarata in sede di presentazione di domanda di partecipazione alla gara, e che conseguentemente la società era stata esclusa da quella procedura.

Anche nell’ambito della procedura evidenziale oggetto dell’odierna impugnazione il legale rappresentante della S. s.r.l. aveva omesso di comunicare al seggio di gara la circostanza, violando così l’art. 38 d.lgs. 12 aprile 2006, n.163 e il bando di gara.

La M. ha sottolineato che non poteva porsi una questione di ammissibilità del predetto mezzo di gravame e della censura ivi contenuta, perché non si trattava di un "motivo nuovo", ma di un ulteriore profilo di doglianza, incidente su atti già gravati in primo grado con il ricorso incidentale ivi proposto, e volto a prospettare un fatto ignoto al momento dello svolgimento del giudizio innanzi al Tribunale amministrativo.

L’appellante principale ha depositato un’articolata memoria, chiedendo di dichiarare inammissibile perché tardivo il ricorso per motivi aggiunti della M.. Se si fosse ritenuta l’ammissibilità del medesimo, sarebbe stato violato il principio del doppio grado di giudizio e l’art. 345 Cod. proc. civ..

Sotto altro profilo, l’interpretazione dell’art. 104 Cod. proc. amm. patrocinata dalla M. è incostituzionale: qualora il Collegio avesse ritenuto l’ammissibilità del mezzo, si chiedeva pertanto di sollevare questione di legittimità costituzionale della disposizione da ultimo citata.

In ogni caso, la doglianza era infondata: la remota condanna riportata dal legale rappresentante della società S., risalente al 1981 e di modesta entità (mesi tre di reclusione), non era grave né poteva connotare negativamente l’attività di imprenditore da questi esercitata.

Essa non rientrava nella previsione di cui all’art. 38 d.lgs 12 aprile 2006, n. 163: in ogni caso la condanna era estinta ai sensi dell’art. 167 Cod. pen..

Alla odierna pubblica udienza dell’ 1 marzo 2011 la causa è stata posta in decisione.
Motivi della decisione

L’appellata decisione merita conferma nei termini che seguono.

Deve infatti essere accolto il ricorso per motivi aggiunti proposto dall’appellante incidentale M., mentre deve essere respinto nei termini di cui alla motivazione che segue il ricorso principale proposto dalla s.r.l. G. S.; deve essere in parte respinto ed in parte dichiarato improcedibile il ricorso in appello incidentale proposto dalla controinteressata M..

2. La prima questione in ordine logico consiste nella statuizione di irricevibilità del ricorso per motivi aggiunti, proposto in primo grado dall’odierno appellante principale.

Ritiene il Collegio che essa meriti riforma, in adesione all’orientamento di recente riaffermato dall’Adunanza Plenaria di questo Consiglio di Stato (Cons. Stato, Ad. plen., 15 aprile 2010, n. 2155) per la quale alla notifica dei motivi aggiunti, sia se proposti avverso atti nuovi che avverso lo stesso provvedimento censurato con l’atto introduttivo del giudizio, non si applica il dimezzamento dei termini dell’art. 23bis l. 6 dicembre 1971, n. 1034, ravvisandosi anche in queste ipotesi la necessità di garantire il pieno esercizio del diritto di difesa, che sarebbe eccessivamente compresso per effetto dell’abbreviazione anche di questo termine.

In accoglimento del ricorso in appello merita pertanto riforma il capo dell’appellata sentenza che ha dichiarato irricevibile il ricorso per motivi aggiunti proposto dalla soc. S. avverso l’aggiudicazione definitiva della gara alla controinteressata.

Diviene improcedibile, pertanto, il motivo di ricorso incidentale volto a censurare per contraddittorietà l’impugnata decisione dove, pur dichiarando irricevibile l’impugnazione proposta con motivi aggiunti avverso l’aggiudicazione definitiva, non aveva conseguentemente dichiarato improcedibile il ricorso principale proposto avverso l’aggiudicazione provvisoria.

3. Deve a questo punto esser presa in esame la questione dell’avvenuta proposizione nel presente grado di giudizio da parte della controinteressata S. M., di un ricorso per motivi aggiunti al ricorso incidentale proposto in primo grado, con il quale si è censurata l’ammissione alla gara (rectius: l’omessa espulsione) dell’appellante principale S. s.r.l..

Non par dato dubitare in ordine alla corrispondenza al vero dei fatti additati nel predetto ricorso (S. Antonio, legale rappresentante della soc. S., era stato condannato penalmente).

E’ stata infatti depositata in giudizio una nota dell’Università di Bologna, datata 27 gennaio 2011, che comunica di aver acquisito il certificato del casellario giudiziale del predetto (allegato alla nota stessa e versato in atti), da cui si evince che egli, nel 1981, fu condannato per due reati, in ordine ai quali beneficiò della sospensione condizionale della pena e della non menzione nel casellario giudiziale.

L’appellante principale in ultimo ha ammesso il predetto precedente penale.

3.1. Neppure si può dubitare – contrariamente a quanto sostenuto dall’appellante principale- della proponibilità del ricorso per motivi aggiunti nell’odierno giudizio.

Stabilisce infatti il Codice del processo amministrativo (con ciò codificando il principio giurisprudenziale dell’applicabilità dell’art. 345, secondo comma, Cod. proc. civ. al giudizio d’appello al Consiglio di Stato) all’art. 104 che "nel giudizio di appello non possono essere proposte nuove domande, fermo quanto previsto dall’articolo 34, comma 3, nè nuove eccezioni non rilevabili d’ufficio. Possono tuttavia essere chiesti gli interessi e gli accessori maturati dopo la sentenza impugnata, nonché il risarcimento dei danni subiti dopo la sentenza stessa.

Non sono ammessi nuovi mezzi di prova e non possono essere prodotti nuovi documenti, salvo che il collegio li ritenga indispensabili ai fini della decisione della causa, ovvero che la parte dimostri di non aver potuto proporli o produrli nel giudizio di primo grado per causa ad essa non imputabile.

Possono essere proposti motivi aggiunti qualora la parte venga a conoscenza di documenti non prodotti dalle altre parti nel giudizio di primo grado da cui emergano vizi degli atti o provvedimenti amministrativi impugnati.".

Nel caso di specie non ci si trova in presenza di una "domanda nuova", ma di un’articolazione della medesima domanda proposta con il ricorso incidentale di primo grado, volta a sostenere che l’odierna appellante principale, soc. S., andava esclusa dalla gara.

Viene innovata ed integrata la ragione della domanda giudiziale, ma non certamente il suo oggetto.

Ricorre l’eventualità del citato art. 104, comma 2, Cod. proc. amm., in quanto la circostanza della pregressa condanna riportata dal legale rappresentante della soc. S., e da questi non dichiarata, è emersa dopo la celebrazione del giudizio di primo grado: i motivi aggiunti sono pertanto ammissibili.

3.1.1. Quanto così rilevato supera poi i dubbi di costituzionalità della disposizione, sollevati dall’appellante principale: la norma, infatti, contempera il tendenziale principio del doppio grado di giudizio con il diritto di difesa dell’art. 24 Cost. (il quale risulterebbe compresso se non si consentisse di sollevare in appello questioni discendenti dalla tardiva scoperta di documenti fondamentali).

Questa conclusione è coerente con la giurisprudenza antecedente il Codice del processo amministrativo, che afferma che è possibile proporre motivi aggiunti anche in appello, con atto da notificare alle controparti con le stesse modalità di notifica dei ricorsi, se il ricorrente viene tardivamente ed incolpevolmente a conoscenza di atti o fatti precedenti (Cons. Stato, V, 29 aprile 2009, n. 2728, si veda anche Cons. Stato, VI, 1 febbraio 2007, n. 416 e Cons. Stato, VI, 7 agosto 2008, n. 3899).

3.2. Tali motivi di censura vanno, per ragioni logiche, esaminati prioritariamente rispetto alle altre doglianze.

Il Collegio ritiene che siano fondati.

Il bando di gara, infatti, al punto 2 lett. B,. dopo avere ripetuto la dizione dell’art. 38 d.lgs. 12 aprile 2006, n.163, stabilisce che le partecipanti debbono comunque dichiarare tutte le condanne riportate: anche quelle ai sensi dell’art. 444 Cod. proc. pen..

Questa disposizione imponeva al rappresentante legale a dichiarare la detta condanna, quale che fosse il titolo edittale contestato: egli non poteva esimersi dal rendere questa dichiarazione invocando un suo giudizio di non "gravità" della condanna ai sensi del citato art. 38, comma 1, lett. c): infatti, la valutazione della gravità / non gravità della condanna non può competere, per evidenti ragioni, all’interessato, ma va riservata alla stazione appaltante. Sicché ove l’interessato diversamente opini e, ritenendo non grave la sua pregressa condanna, ne pretermetta la menzione, lo fa a suo rischio di esclusione dalla gara, senza però che la sua dichiarazione in autocertificazione possa esser ritenuta falsa per mendacio. Ma se il bando non si limita a richiedere una generica dichiarazione di insussistenza delle cause di esclusione di cui all’art. 38 del Codice dei contratti pubblici, ma specifica che vanno dichiarate tutte le eventuali condanne penali o tutte le eventuali violazioni contributive, la causa di esclusione non è soltanto quella, sostanziale, dell’essere stata commessa una grave violazione, ma anche quella, formale, di aver contravvenuto al precetto del bando con una autocertificazione contraria al vero (cfr. Cons. Stato, VI, 4 agosto 2009, n. 4905).

3.3. Neppure si può fondatamente sostenere – come prospetta l’appellante principale – l’irrilevanza della condanna perché estinta ai sensi dell’art. 167 Cod. pen. (sull’estinzione per positivo decorso del tempo dei reati con condanna condizionalmente sospesa).

Il predetto art. 38, comma 1, lett. c), ultima parte, d.lgs n. 163 del 2006 ("resta salva in ogni caso l’applicazione dell’articolo 178 del codice penale e dell’articolo 445, comma 2, del codice di procedura penale"), richiamando la riabilitazione e l’estinzione per mancata recidiva specifica di reato con condanna patteggiata, fa riferimento a casi di intervenuta estinzione del reato che rendono irrilevante la condanna. Tuttavia, anche in tali evenienze (comunque non ricorrenti nel caso di specie, dove non risulta riabilitazione, né che la condanna fosse stata ai sensi dell’art. 444 Cod. proc. pen.), l’estinzione non è automatica, ma richiede un’apposta pronuncia del giudice dell’esecuzione penale. In difetto di una siffatta declaratoria di estinzione, la condanna va dichiarata in autocertificazione con la domanda di partecipazione alla gara.

L’omissione di una siffatta dichiarazione determinava l’esclusione della G. S. s.r.l. dalla gara.

Questo fatto è causa sufficiente per dichiarare improcedibile per difetto di interesse il gravame principale (e prima ancora il ricorso di primo grado) da questa proposto.

4. Il Collegio procede comunque all’esame delle doglianze dell’appello principale (comprensive, per quanto si è chiarito, delle censure contenute nel ricorso per motivi aggiunti proposto in primo grado ed erroneamente dichiarato irricevibile): ciò anche perché talune delle censure proposte in primo grado e reiterate in appello, si risolvevano nell’affermazione di illegittimità del bando di gara rivestendo perciò portata preliminare rispetto alla stessa ammissione della soc. S. alla selezione.

Tali censure non sono meritevoli di accoglimento.

4.1. E’ infondata in fatto la censura (l’unica nuova nel ricorso per motivi aggiunti proposto in primo grado, in quanto le altre erano ampliamento e riproposizione di doglianze contenute nel ricorso introduttivo) relativa alla riproposizione nell’atto di aggiudicazione definitiva della previsione sulle royalties, già contenuta nel punto 13 del bando di gara ed espunta dalla stazione appaltante.

Invero il provvedimento di aggiudicazione definitiva (pag. 2, ultimo capoverso) fa riferimento puntuale al decreto rettorale n. 1952 prot. 62385 del 4. dicembre 2008, con cui il predetto art. 13 del Capitolato speciale d’oneri era stato modificato nel senso che "l’appaltatore non sarà tenuto al pagamento di royalties". Ne discende che la stazione appaltante ha confermato, in sede di aggiudicazione definitiva, la predetta modifica del bando, perciò la doglianza (e le considerazioni critiche ed induttive connesse) è evidentemente proposta a seguito di ad un’affrettata lettura del l’atto di aggiudicazione definitiva e comunque è destituita di fondamento.

4.2. Passando ad esaminare le censure contenute nel ricorso introduttivo di primo grado e puntualizzate nel ricorso per motivi aggiunti, il Collegio rileva che le prime due contestano prescrizioni contenute nel bando di gara.

Queste censure non sono accoglibili per plurime ragioni.

Anzitutto è infondata in punto di fatto l’affermazione per cui la lesività di queste prescrizioni avrebbe determinato una restrizione della concorrenza, tale da portare solo due ditte a concorrere per l’aggiudicazione della gara: risulta invero per tabulas che un" altra società (poi esclusa dalla commissione) ebbe a presentare una offerta.

Secondariamente, esse sono tardive in quanto – pur investenti il bando- furono proposte ben successivamente alla scadenza dei termini di impugnazione, e solo quando fu conosciuto l’atto di aggiudicazione provvisoria.

Ma anche a prescindere da tali aspetti, vale rilevare che nessuna di queste prescrizioni recò una lesione all’appellante principale, che partecipò alla gara senza incontravi ostacolo.

Nel merito, poi, il porre la clausola sui requisiti finanziari di ammissibilità e quella relativa alla fissazione di soglie di ricavi rientra nella discrezionalità tecnica dell’amministrazione appaltante, e questo è sindacabile soltanto per manifesta incongruenza rispetto all’oggetto dell’appalto. Evenienza che però qui non ricorre, posto che era stata richiesta una soglia di ricavi annui (inferiore al valore sessennale del contratto, ma) pari al 75% nel triennio: la prescrizione – come esattamente considerato dal primo giudice- non appare né inconferente né assolutamente sproporzionata, posto che la parte di fatturato che doveva essere stata realizzata nel settore di attività propria dell’appalto era pari al 50% del valore complessivo del contratto.

4.3. Quanto alla terza doglianza, va detto anzitutto che appare non agevolmente comprensibile.

Posto che i criteri e sub criteri erano stati analiticamente esplicati nella lex specialis della gara, non è agevole riscontrare (né è stato indicato dall’appellante) quale specificazione sia stata omessa dalla commissione, e in quale "settore" della valutazione dell’offerta. In proposito va rammentato che si ritiene ammissibile, ancorché con cautela, al fine di garantire trasparenza, i mparzialità e par condicio, un’ulteriore specificazione di sub criteri, allorché ciò sia indispensabile a causa dell’omessa compiuta specificazione dei medesimi nel bando di gara (ex multis: Cons. Stato, V, 31 dicembre 2007, n. 6879). Se il bando, legittimamente, contiene prescrizioni di dettaglio, non si vede quale censura possa muoversi all’operato della commissione che a tali prescrizioni si attiene.

La doglianza va disattesa, e parimenti è infondata la censura incentrata sull’asserita sottovalutazione dell’offerta economica.

La stima dell’offerta al ribasso seguiva moduli matematici e non è stata censurata per vizi propri.

Con la doglianza in esame si pone ex post una critica alla formulazione del bando di gara (punto 10.2 del disciplinare, dove si fissa in punti 60 il punteggio massimo attribuibile per le caratteristiche del servizio, in punti 30 quello relativo all’offerta economica, ed in punti 10 quello relativo al piano organizzativo per il controllo dell’esecuzione e della qualità delle attività oggetto del servizio), che avrebbe previsto un punteggio preponderante alla valutazione della organizzazione del lavoro, che appare – prima che tardiva, visto che contesta il bando di gara- inaccoglibile in quanto comportante valutazioni di merito della stazione appaltante.

4.4. Anche le restanti doglianze non sono fondate.

Così è certamente per quella incentrata sull’omessa valutazione da parte del seggio di gara della Tavola depositata dall’appellante principale, dato che un tale documento non è innovativo, ma semmai ricognitivo della professionalità ed esperienza della G. S. s.r.l. (profili, questi, valutati a fondo dalla stazione appaltante).

Neppure fondata è la critica del profilo sulla valutazione del personale impiegato dalle concorrenti: il punteggio tecnico assegnato remunerava infatti l’integralità dell’offerta.

Neppure in punto di fatto – come esattamente considerato dal primo giudice- è stato contestato che il personale a disposizione per le attività amanuensi(escludendo il soggetto computato ai fini dell’integrazione dei requisiti di partecipazione) fosse pari a sei unità per la ditta aggiudicataria e a cinque per il r.t.i., di cui la appellante è mandataria; e che di questi 3 per M. e 2 per il r.t.i. G. S. s.r.l. fossero dotati di diploma di Accademia delle Belle arti.

Nell’incontestata diversità di condizioni tra le concorrenti, questa doglianza incide sulle valutazioni del merito tecnico della stazione appaltante e non può essere accolta.

4.5. Alla reiezione dell’appello principale della S. s.r.l. consegue la sopravvenuta improcedibilità delle due doglianze contenute nel ricorso incidentale di primo grado presentato dall’aggiudicataria M., respinte dal primo giudice e riproposte in appello, e la reiezione della ulteriore censura proposta in via incidentale dall’aggiudicataria e relativa alla ripartizione delle spese del processo di primo grado, in armonia con il consolidato orientamento (cfr. Cons. Stato, VI, 30 dicembre 2005, n. 7581) secondo cui la statuizione del primo giudice sulle spese e sugli onorari di giudizio costituisce espressione di un ampio potere discrezionale, come tale insindacabile in sede di appello, fatta eccezione per l’ipotesi di condanna della parte totalmente vittoriosa, oppure per il caso che la statuizione sia manifestamente irrazionale o si riferisca al pagamento di somme palesemente inadeguate.

5. Deve conclusivamente essere accolto il ricorso per motivi aggiunti proposto nell’odierno giudizio di appello dall’aggiudicataria A. B. A. S. M..

Deve essere respinto il ricorso principale della G. S. s.r.l. e deve essere dichiarato in parte improcedibile ed in parte deve essere respinto il ricorso incidentale proposto dall’aggiudicataria A. B. A. S. M..

Le spese del giudizio seguono la soccombenza e pertanto la G. S. s.r.l. deve essere condannata al pagamento delle spese processuali in favore dell’Antica Bottega Amanuense S. M. nella misura di euro cinquemila/00 (Euro 5.000/00), oltre accessori di legge, in quanto dovuti.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)definitivamente pronunciando sull’appello (n. 2045 del 2010 RG), come in epigrafe proposto accoglie il ricorso per motivi aggiunti proposto nell’odierno giudizio di appello dall’aggiudicataria A. B. A. S. M., respinge nei termini di cui alla motivazione il ricorso principale proposto dalla s.r.l. G. S. e dichiara in parte infondato ed in parte improcedibile il ricorso incidentale proposto dall’aggiudicataria A. B. A. S. M..,

Condanna la s.r.l. G. S. al pagamento delle spese processuali in favore della A. B. A. S. M. nella misura di euro cinquemila (Euro 5.000/00), oltre accessori di legge, se dovuti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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