Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 18-01-2011) 13-04-2011, n. 15121 Giudice dell’esecuzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con ordinanza del 12 febbraio 2010, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Piacenza, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha revocato nei confronti di C.A. il beneficio della sospensione condizionale della pena, concesso con le sentenze del 7 settembre 1992 del Tribunale di Venezia, irrevocabile il 16 ottobre 1992, del 3 novembre 1992 dal Pretore di Venezia, irrevocabile il 29 marzo 1996, e del 10 dicembre 1992 del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Padova, irrevocabile in data 8 gennaio 1993.

Il Giudice argomentava la decisione ritenendo integrata la fattispecie di cui all’art. 168 c.p., n. 1, sul rilievo che, successivamente alla condanna per i reati di cui alle indicate sentenze, C. aveva commesso il (OMISSIS) il reato per cui era stato condannato, con sentenza del 16 aprile 2007 del Giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Piacenza, irrevocabile il 5 febbraio 2008, alla pena di mesi due di reclusione, aggiunta in continuazione a quella determinata con sentenza del 23 ottobre 2003 del Tribunale di Piacenza, irrevocabile il 17 febbraio 2004. 2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione, per mezzo del suo difensore, C.A., che ne chiede l’annullamento sulla base di due motivi.

2.1. Con il primo motivo il ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), inosservanza di norme processuali in relazione alla violazione di cui all’art. 178 c.p.p., lett. a), e art. 665 c.p.p., commi 1, 2 e 3, incompetenza del Giudice dell’esecuzione, violazione dell’art. 125 c.p.p. e art. 111 Cost. relativamente all’eccezione di incompetenza funzionale sollevata dal difensore all’udienza camerale.

Si sostiene, in particolare, che il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Piacenza non era competente, quale organo non collegiale, a deliberare in ordine alla richiesta del Pubblico Ministero di revoca della sospensione condizionale relativamente alla sentenza del 7 settembre 1992 del Tribunale di Venezia in composizione collegiale, attesa la competenza per materia, ai sensi dell’art. 665 c.p.p., del Tribunale penale collegiale di Piacenza.

2.2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce violazione del disposto di cui all’art. 163 c.p., comma 1, e art. 168 c.p., comma 1, n. 1, rilevando che le sentenze del 16 aprile 2007 e del 23 ottobre 2003, che, previa unificazione dei reati per continuazione, lo hanno condannato per bancarotta fraudolenta, non sono della stessa indole delle prime tre sentenze di condanna per millantato credito, truffa e falso, e che, in ogni caso, tra le prime tre condanne e le due successive è intercorso un periodo di tempo superiore a quello previsto dall’art. 163 c.p..

3. Il Procuratore Generale in sede ha depositato requisitoria scritta, chiedendo l’annullamento dell’ordinanza impugnata limitatamente alla disposta revoca dei benefici della sospensione condizionale della pena, concessi con le sentenze del 7 settembre 1992 del Tribunale di Venezia e del 10 dicembre 1992 del G.i.p. del Tribunale di Padova, e la declaratoria di inammissibilità del ricorso nel resto.
Motivi della decisione

1. Il ricorso, in quanto parzialmente fondato, va accolto nei limiti che saranno precisati.

2. E’ destituito di fondamento il primo motivo attinente alla competenza del Giudice che ha emesso l’ordinanza impugnata.

2.1. La determinazione della posizione esecutiva di un soggetto nei cui confronti sono state pronunziate più sentenze di condanna emesse da giudici diversi deve essere necessariamente unitaria, per ragioni di economicità e di razionalità del sistema, e far capo, quindi, a un giudice unico, da individuare sulla base del criterio fissato dall’art. 665 c.p.p., comma 4.

Quest’ultima disposizione, nel dettare le regole per la determinazione della competenza del giudice dell’esecuzione, avente carattere funzionale e, perciò, assoluta e inderogabile, stabilisce che essa appartiene al giudice che ha emesso il provvedimento divenuto irrevocabile per ultimo, indipendentemente dall’oggetto della domanda e anche se i reati oggetto dell’ultima condanna siano estranei alla deliberazione da adottare (Sez. 1, n. 6270 del 16/11/1999, dep. 15/12/1999, P.M. in proc. Grosso, Rv. 214836; Sez. 1, n. 40390 del 17/09/2004, dep. 14/10/2004, confi, comp. in proc. Caputo, Rv. 230640; Sez. 1, n. 23208 del 12/05/2004, dep. 17/05/2004, confi, comp. in proc. Salah, Rv. 228253).

2.2. Il principio di unitarietà dell’esecuzione non è derogato dalla disposizione di cui all’art. 665 c.p.p., comma 4 bis, a norma del quale "l’esecuzione è attribuita in ogni caso al collegio", se l’esecuzione concerne più provvedimenti emessi dal tribunale in composizione monocratica o collegiale.

Questa Corte, con orientamento costante, ha affermato che detta norma, introdotta dal D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51, mira a disciplinare una sorta di competenza interna, in sede esecutiva, nell’ambito di un organo unico, quale è il tribunale, e, senza essere attributiva di competenza territoriale, trova applicazione solo quando i provvedimenti siano stati emessi dallo stesso tribunale, inteso come stesso ufficio giudiziario, in composizione monocratica o collegiale (Sez. 1, n. 25966 del 09/05/2001, dep. 26/06/2001, confl., comp. in proc. Corso, Rv. 219280; Sez. 1, n. 19054 del 10/03/2004, dep. 23/04/2004, Zequiri, Rv. 228651; Sez. 1, n, 31368 del 02/07/2008, dep. 25/07/2008, confl., comp. in proc. Pizzo, Rv. 240680).

2.3. Alla stregua di detti principi, condivisi dal Collegio, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Piacenza è stato correttamente richiesto dal Pubblico Ministero di pronunciarsi, quale giudice dell’esecuzione, sulla richiesta di revoca del beneficio della sospensione condizionale della pena, avendo emesso la sentenza divenuta irrevocabile per ultima ed essendo irrilevante, al fine della determinazione della competenza, la circostanza che una delle sentenze cui si riferisce la richiesta sia stata emessa dal Tribunale di Venezia in composizione collegiale.

3. Il secondo motivo è infondato nella parte in cui è dedotta la diversità di indole tra le sentenze di condanna del 16 aprile 2007 e del 23 ottobre 2003 e le prime tre sentenze di condanna del 7 settembre 1992, 16 ottobre 1992 e 3 novembre 1992, 3.1. E’ consolidato nella giurisprudenza di questa Corte il principio che, ai fini della revoca della sospensione condizionale della pena prevista dall’art. 168 c.p., n. 1, l’identità dell’indole del reato commesso nei termini stabiliti opera solo con riferimento alle contravvenzioni, e non si estende ai delitti, e che, pertanto, l’ulteriore delitto, a prescindere dalla sua natura, è sempre causa di revoca del beneficio (Sez. 1, n. 1058 del 15/02/2000, dep. 20/03/2000, P.G. in proc. Bellino, Rv. 215615; Sez. 1, n. 31365 del 02/07/2008, dep, 25/07/2008, P.M. in proc. De Filippis, Rv. 240679).

3.2. Nel caso di specie, il detto principio è stato correttamente applicato, essendo delitti i reati per i quali il ricorrente ha riportato condanna.

4. E, invece, parzialmente fondato il secondo motivo nella parte in cui si deduce il decorso di un periodo di tempo superiore a quello quinquennale di legge tra le prime tre sentenze di condanna e le due successive.

4.1. Questa Corte ha costantemente affermato che il termine di cinque anni, previsto dall’art. 168 c.p., comma 1, al fine della revoca della sospensione condizionale della pena, decorre dalla data del passaggio in giudicato della sentenza che ha concesso il beneficio, e non dalla data di consumazione del reato da essa giudicato (da ultimo, Sez. 1, n. 8222 del 10/02/2010, dep. 02/03/2010).

E’, infatti, in tale momento che, essendo concretamente eseguibile la pena, diviene operativo l’ordine di sospenderne l’esecuzione ( art. 163 c.p., comma 1), alla condizione che il condannato non commetta altro reato o non riporti altra condanna ( art. 168 c.p.). Fino a tale momento, invece, eventuali altre condanne sono destinate ad essere valutate soltanto quali condizioni per l’ammissione al beneficio nell’ambito dell’art. 164 c.p. (Corte cost, ord. n. 434 del 1998).

4.2. Pertanto, legittimamente è stata revocata la sospensione condizionale della pena concessa con la sentenza del 3 novembre 1992 del Pretore di Venezia in presenza della causa di risoluzione prevista dalla richiamata norma, avendo C. commesso il (OMISSIS), e, quindi, nel periodo di osservazione decorrente dal 29 marzo 1996 (data di irrevocabilità della predetta sentenza), un nuovo reato, per il quale ha riportato condanna con sentenza emessa il 16 aprile 2007 dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Piacenza, irrevocabile il 5 febbraio 2008.

La sospensione condizionale della pena concessa con le sentenze del 7 settembre 1992 e del 10 dicembre 1992 non poteva, invece, essere revocata per essere decorso dalla data della loro irrevocabilità, rispettivamente 16 ottobre 1992 e 8 gennaio 1993, alla data della commissione del nuovo reato (27 novembre 2000) un periodo di tempo superiore a quello quinquennale rilevante, ai sensi dell’art. 163 c.p., comma 1, in relazione all’art. 168 c.p., comma 1, prima parte, ai fini della revoca del beneficio.

4.3. La mancanza della causa di risoluzione prevista dalla richiamata norma per la revoca della sospensione condizionale della pena concessa con le sentenze del 7 settembre 1992 e del 10 dicembre 1992 giustifica, quindi, l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata, ai sensi dell’art. 620 c.p.p., lett. l), limitatamente a detta revoca.
P.Q.M.

Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata limitatamente alla revoca della sospensione condizionale delle pene inflitte con le sentenze 7/9/1992 del Tribunale di Venezia e 10/12/1992 del G.i.p. del Tribunale di Padova.

Rigetta nel resto il ricorso.

Si comunichi al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Piacenza.

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