Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 18-01-2011) 13-04-2011, n. 15110

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza del Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Mantova del 27 luglio 2008, M.A.R. è stato ritenuto responsabile, in concorso con altri, del reato di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 12, comma 5, così riqualificata l’originaria imputazione contestata al capo 1 ai sensi del cit. D.Lgs., art. 12, commi 1 e 3, ed è stato condannato, previa concessione delle circostanze attenuanti generiche, ritenute prevalenti sulla contestata recidiva, e applicata la diminuente per il rito abbreviato, alla pena di mesi sei di reclusione ed Euro tremila di multa, condizionalmente sospesa.

L’imputato è stato, invece, assolto per non avere commesso il fatto dal reato di sfruttamento aggravato della prostituzione contestatogli al capo 2. 2. La Corte d’appello di Brescia, su appello del solo imputato, con sentenza del 11 novembre 2009, in parziale riforma della decisione di primo grado, ha dichiarato non doversi procedere in ordine al reato ascritto, limitatamente al favoreggiamento posto in essere nei confronti di P.N., per essere il reato estinto per intervenuta prescrizione e ha ridotto la pena per la residua imputazione a mesi quattro di reclusione ed euro duemila di multa.

3. La vicenda giudiziaria, come ricostruita nei due gradi del giudizio, era parte di una complessa indagine che aveva fatto emergere le modalità con le quali giovani donne provenienti dai paesi dell’Est Europa venivano fittiziamente regolarizzate con visti turistici, concessi sulla base delle dichiarazioni di garanzia prestate da alcuni soggetti, dietro pagamento di denaro, e sostituiti alla scadenza con visti per prestazioni di lavoro autonomo sulla base di falsi contratti di lavoro per apparente prestazione di attività di cameriera o addetta alle pulizie, e in realtà per l’impiego come intrattenitrici presso alcuni locali notturni della provincia di (OMISSIS), con collaterale attività di prostituzione.

L’indagine aveva riguardato i titolari dei locali e i soggetti che avevano prestato garanzia, ai quali erano stati contestati i reati di favoreggiamento dell’ingresso e della permanenza di cittadini extracomunitari in territorio nazionale, e di sfruttamento della prostituzione.

Del meccanismo veniva ritenuto a conoscenza l’imputato M., abituale frequentatore dei locali coinvolti nell’indagine e delle giovani che vi lavoravano.

La sentenza di primo grado riteneva, in particolare, la rilevanza penale di due episodi contestati al predetto: l’intervento nei confronti di D.M. perchè, dietro ricompensa, prestasse garanzia per il rilascio del visto turistico a favore di P. N., e l’interessamento per la trasformazione del visto turistico, già rilasciato a favore di C.O., detta A., in visto per lavoro autonomo, mettendo a disposizione della stessa un deposito bancario di euro cinquemila, per la necessaria prova della disponibilità di mezzi economici per intraprendere attività dei lavoro autonomo.

Tali condotte integravano, secondo i giudici di merito, a carico del M. il reato di favoreggiamento alla permanenza sul territorio nazionale di persone extracomunitarie, in concorso con i titolari dei locali che avevano anche promosso l’ingresso delle stesse in Italia.

4. La Corte d’appello, riguardo al primo dei due episodi consumato nell’aprile 2002, dichiarava non doversi procedere per intervenuta prescrizione, e, riguardo al secondo episodio, e cioè alla messa a disposizione della C. della provvista volta alla dimostrazione di proprie risorse economiche, rilevava che l’appello non vi aveva dedicato spazio alcuno.

La configurabilità dell’elemento soggettivo del reato, caratterizzato dal dolo specifico di trarre profitto dalla condizione di illegalità dello straniero, ritenuto sussistente dal primo giudice in capo al M., perfettamente consapevole di apportare con le proprie condotte il proprio personale contributo per il successo del disegno complessivo, e contestato con l’atto di appello, veniva confermata dal giudice di appello, che escludeva anche la ravvisabilità di alcun contrasto con l’intervenuta pronuncia assolutoria dello stesso dalla imputazione di favoreggiamento e/o sfruttamento della prostituzione, sul rilievo che la prostituzione non era coessenziale rispetto alla finalità primaria di impiegare le straniere presso i locali, nei quali l’attività di prostituzione era frutto di successivi accordi con la clientela.

5. Avverso la sentenza d’appello ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, con il ministero del suo difensore, chiedendone l’annullamento e sviluppando due motivi.

5.1. Con il primo motivo il ricorrente censura, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), la mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione in relazione alla sussistenza dell’elemento psicologico del reato di favoreggiamento della permanenza di persona extracomunitaria nello Stato, ravvisando l’eccepita contraddittorietà, emergente dallo stesso testo della sentenza, nella parte in cui, mentre esso ricorrente era indicato come "consapevole e partecipe" anche sul piano psicologico della finalità di profitto dei concorrenti, era presupposta nella sua condotta la finalità di svago sessuale.

Con lo stesso primo motivo si censura, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 12, comma 5, essendo richiesto per la configurabilità dell’elemento psicologico del reato anche che l’ingiusto profitto sia ricavato dalla condizione di illegalità dello straniero, e quindi dallo stato di bisogno in cui lo straniero si trovi, totalmente assente in capo all’imputato.

5.2. Con il secondo motivo si censura, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), la mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione in relazione alla sufficienza della finalità dell’ingiusto profitto in capo ai concorrenti, pur riconoscendosi in sentenza che lo scopo dell’imputato era diverso, sul rilievo che, se la finalità primaria dei concorrenti non era il favoreggiamento o sfruttamento della prostituzione, è da ritenere in contrasto logico l’assunto secondo cui il ricorrente era fruitore dello svago sessuale, indicato come il fine della sua condotta.

Con lo stesso secondo motivo si denuncia, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), la violazione dell’art. 110 c.p., attesa la mancanza, in capo al M., anche della volontà di contribuire allo scopo, concorrendo nella condotta illecita altrui.
Motivi della decisione

1. La verifica preliminare che si impone, avuto riguardo al tempus commissi delicti della imputazione di favoreggiamento, contestata all’imputato come posta in essere nei confronti di C.O., detta A., e risalente alla metà del mese di (OMISSIS), residuata dopo la declaratoria di estinzione, per intervenuta prescrizione, dell’episodio relativo a P.N., attiene all’accertamento dell’intervenuto decorso, in data successiva alla emissione della sentenza d’appello impugnata, del termine massimo di prescrizione del reato.

La verifica consente di rilevare che tale termine è maturato nel mese di gennaio 2010, considerati il titolo del reato e la data di cessazione della condotta contestata, ai sensi dell’art. 157 c.p. e segg., nel testo vigente dopo la L. n. 251 del 2005, che trovano applicazione, quale legge più favorevole, ai sensi dell’art. 2 c.p., comma 4. 2. Al rilievo dell’intervenuta estinzione del reato non ostano i motivi dedotti dall’imputato, nè il disposto dell’art. 129 c.p.p..

I motivi non presentano, infatti, profili d’inammissibilità per la manifesta infondatezza delle doglianze ovvero perchè basati su censure non deducibili in sede di legittimità, e non hanno, pertanto, precluso la corretta instaurazione dinanzi a questa Corte del rapporto processuale d’impugnazione (Sez. U, n. del 22/03/2005, dep. 22/06/2005, Bracale, Rv. 231164).

Quanto all’art. 129 c.p.p., deve rilevarsi che, secondo l’orientamento costante di questa Corte, in presenza di una causa di estinzione del reato il giudice è legittimato a pronunciare sentenza di assoluzione, a norma dell’art. 129 c.p.p., comma 2, soltanto nei casi in cui le circostanze idonee a escludere l’esistenza del fatto, la commissione del medesimo da parte dell’imputato e la sua rilevanza penale emergano dagli atti in modo assolutamente non contestabile, così che la valutazione che il giudice deve compiere al riguardo appartenga più al concetto di "constatazione", ossia di percezione ictu oculi, che a quello di "apprezzamento", e sia, quindi, incompatibile con qualsiasi necessità di accertamento o di approfondimento (Sez. U, n. del 28/05/2009, dep. 15/09/2009, Tettamanti, Rv. 244274).

Non sono, invece, rilevabili in sede di legittimità vizi di motivazione della sentenza impugnata, in quanto il giudice del rinvio avrebbe comunque l’obbligo di procedere immediatamente alla declaratoria della causa estintiva, che, determinando il congelamento della situazione processuale esistente nel momento in cui è intervenuta, non può essere ritardata (Sez. U, n. del 28/05/2009, citata, Rv. 244275).

3. Nel caso di specie, non ricorre il vizio della violazione di legge nè sotto il profilo della inosservanza (per non aver il giudice a quo applicato una determinata disposizione in relazione all’operata rappresentazione del fatto corrispondente alla previsione della norma, ovvero per averla applicata sul presupposto dell’accertamento di un fatto diverso da quello contemplato dalla fattispecie), nè sotto il profilo della erronea applicazione, avendo la Corte di merito esattamente interpretato le norme applicate, alla luce dei principi di diritto fissati da questa Corte; nè ricorrono le condizioni per un proscioglimento nel merito e questa Corte non può compiere un riesame dei fatti finalizzato a un eventuale annullamento della decisione per vizi attinenti alla sua motivazione.

4. La sentenza impugnata deve, pertanto, essere annullata senza rinvio per essere il reato estinto per prescrizione.
P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perchè il reato è estinto per prescrizione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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