Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 18-01-2011) 13-04-2011, n. 15041 Ebbrezza

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1.- C.M. ricorre tramite difensore di fiducia avverso la sentenza della Corte di Assise di Appello di Bari del 27 aprile 2010, che aveva confermato la condanna pronunciata a suo carico dalla Corte di Assise di Trani per i delitti di omicidio preterintenzionale in danno del fratello C.C. e di minaccia nei confronti dei testimoni presenti al fatto, consumata per indurli a rendere ai carabinieri testimonianza a sè favorevole. Secondo quanto ritenuto dai giudici del merito, il C.C., già ubriaco, la sera dei fatti aveva raggiunto il circolo ricreativo gestito dal fratello attuale ricorrente, chiedendo insistentemente una birra che gli era stata negata, atteso il suo stato di evidente ebbrezza. Aveva reagito apostrofando il fratello con espressioni ingiuriose, ed infastidendo gli avventori presenti; tra i germani era così insorto un animato diverbio, che gli stessi presenti avevano sedato. Uscito dal locale però C.C. aveva continuato ad urlare ingiurie ed improperi, fino a che l’attuale ricorrente lo aveva raggiunto e colpito con uno schiaffo, provocandone la caduta al suolo con successivo impatto del cranio sul selciato; all’urto era seguita la morte del poveretto.

La Corte di Assise aveva tuttavia concesso all’imputato le attenuanti generiche e quella del risarcimento del danno, valutate come prevalenti sulla recidiva (ma evidentemente anche sull’aggravante di cui all’art. 577, comma 2 e art. 585, comma 1, ultima parte, contestata in fatto).

Deduce il ricorrente, che aveva rinunciato a tutti i motivi di appello ad esclusione di quelli concernenti la concessione anche dell’ulteriore attenuante della provocazione (che aveva peraltro ottenuto) e la misura della pena, l’assurdità della previsione di una norma incriminatrice che contempla un’ipotesi di reato che prescinde dal tutto dalla volontarietà dell’evento, e sollecita l’esperimento di un scrutinio di legittimità della norma. Deduce poi difetto di motivazione sulla quantificazione della pena, a suo avviso irrogata in misura eccessiva ad onta del riconoscimento delle attenuanti generiche e di quella del risarcimento del danno, concesse già in primo grado, nonchè della provocazione riconosciuta dalla Corte di Assise di Appello. Lamenta infatti che la corte territoriale non ha dato conto nè dei criteri di determinazione della pena base, nè delle detrazioni effettuate in virtù delle attenuanti riconosciute, non dando riscontro al motivo di appello con cui era stata invocata la rideterminazione della pena base in misura inferiore e la diminuzione massima per le attenuanti riconosciute, al fine di contenere la pena in dimensione che scongiurasse il ritorno in carcere dell’imputato, e ciò tenuto conto degli aspetti umani della vicenda, che aveva coinvolto due fratelli con conseguenze drammatiche ed imprevedibili.

2.- La sollecitazione rivolta alla Corte a considerare la possibilità di sottoporre alla Corte Costituzionale l’art. 584 c.p. perchè ne venga vagliata la legittimità costituzionale, va disattesa, sia perchè non sono stati dedotti specifici profili di illegittimità costituzionale della norma, non ravvisabili nel generico accenno "ai principi generali di uguaglianza, al diritto di difesa o alla insostituibilità del dolo soggettivo nei delitti" come si legge nell’atto di impugnazione, sia perchè non è comunque ravvisabile nel precetto in questione la violazione di alcuna norma costituzionale, ed in particolare nè dell’art. 3 nè dell’art. 27, atteso che la scelta del legislatore di identificare e regolare la fattispecie dell’omicidio preterintenzionale non collide con il principio di eguaglianza sancito dall’art. 3 Cost., nè preclude il pieno esercizio del diritto di difesa da parte dell’imputato che fosse chiamato a risponderne. Del resto la disciplina autonoma e specifica del delitto in esame non è irragionevole, essendosi il legislatore fatto carico di sanzionare con pena adeguata un fatto che, ancorchè verificatosi ben oltre la volizione del soggetto agente, ha comportato tuttavia la morte di una persona come conseguenza diretta di una condotta illecita consapevolmente posta in essere; sarà del resto compito dell’interprete irrogare una pena determinata in modo da soddisfare tanto esigenze di prevenzione generale che speciale, avvalendosi dei criteri di valutazione dettati dall’art. 133 c.p..

2.1- Con i motivi di appello non rinunciati il difensore del ricorrente aveva chiesto la riduzione della pena, invocando sia la determinazione di una base più contenuta che l’applicazione nella massima estensione possibile delle attenuanti, prospettando a giustificazione della richiesta l’umana pietà che la tragica vicenda non può non suscitare, in considerazione delle circostanze che avevano condotto a tragico epilogo non previsto e non voluto un banale litigio tra fratelli, epilogo che sarà nel tempo per l’imputato motivo di rimorso e sofferenza, sentimenti che assurgono già di per sè soli alla dimensione di pena severa.

La corte territoriale ha concesso l’ulteriore attenuante della provocazione, non solo ribadendo senza motivazione la pena base e la sua decurtazioni per le attenuanti come determinata in primo grado, ma anzi quantificando l’ulteriore riduzione per l’attenuante della provocazione nella stessa misura, senza far cenno alcuno delle ragioni che l’avevano indotta a disattendere il motivo di appello principale, che aveva per oggetto la quantificazione della pena nel suo complesso.

La sentenza impugnata va pertanto annullata limitatamente all’entità della pena, con rinvio ad altra Sezione della Corte di Assise di Appello di Bari, che provvederà a nuovo esame.
P.Q.M.

La Corte annulla la sentenza impugnata limitatamente all’entità della pena con rinvio per nuovo esame ad altra Sezione della Corte di Assise di Appello di Bari. Rigetta nel resto il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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