Cons. Stato Sez. VI, Sent., 12-04-2011, n. 2248 Edilizia e urbanistica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con nota in data 3 marzo 2006 (successivamente integrata con la successiva nota in data 24 marzo 2006), il Settore Ecologia – Ambiente della Provincia di Taranto comunicava all’odierna appellante l’avvio di un procedimento amministrativo finalizzato alla cancellazione dal Registro provinciale delle imprese che esercitano attività di recupero in regime semplificato, con contestuale rigetto dell’istanza di parte volta al rinnovo dell’iscrizione in parola.

Nell’occasione, la Provincia rappresentava che il procedimento in questione veniva avviato per il mancato rispetto delle norme tecniche e delle prescrizioni alle quali l’art. 33 del d.lgs. 22 del 1997 subordina(va) l’esercizio dell’attività svolta dalla ricorrente.

Nella medesima occasione, si rappresentava che il procedimento si sarebbe concluso entro sessanta giorni.

2. Con nota in data 5 aprile 2006, la ricorrente faceva pervenire alla Provincia di Taranto le proprie deduzioni in ordine al procedimento amministrativo in parola.

In particolare, la ricorrente contestava tanto l’addebito relativo all’asserita mancanza di un basamento pavimentato in calcestruzzo, quanto l’addebito relativo all’asserita mancanza di impianti di abbattimento delle polveri.

3. Medio tempore, con ordinanza in data 31 marzo 2006 (resa nell’ambito delle indagini penali nei confronti dei legali rappresentanti della società ricorrente per il reato p. e p. dall’art. 51, comma 4 del d.lgs. 22 del 1997 – "attività di gestione di rifiuti non autorizzatà -), il G.I.P. presso il Tribunale di Taranto aveva disposto il sequestro preventivo della piattaforma di stoccaggio e dell’impianto fisso di manutenzione.

Conseguentemente, con atto acquisito dalla Provincia in data 13 luglio 2007, la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Taranto rappresentava all’Ente locale che "in sede di accertamento tecnico non ripetibile espletato nell’ambito del procedimento penale in oggetto, è emerso che la società I. nell’ambito dell’attività di recupero di rifiuti inerti non pericolosi ha abusivamente effettuato attività di recupero di materiale contenente amianto in violazione della Determinazione di codesto ufficio n. 22 del 22 febbraio 2001 integrata da quelle nn. 53/01 e 106/02 nonché in violazione del D.M. 29 luglio 2004, n. 248".

4. Trascorso un breve periodo dalla richiamata nota della Procura della Repubblica, la Provincia di Taranto inviava alla ricorrente una nuova comunicazione di avvio del procedimento volta alla cancellazione dal richiamato Registro provinciale (nota in data 31 luglio 2006).

Nell’ambito delle premesse della comunicazione in questione è dato leggere che essa veniva trasmessa in quanto "la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Taranto (…) informava questo Ufficio che la I. S.p.A. ha abusivamente effettuato attività di recupero di materiale contenente amianto tanto in violazione della Determina dirigenziale n. 22 del 22 febbraio 2001 integrata da quelle n. 53/01 e n. 106/02 nonché in violazione del D.M. 29 luglio 2004 n. 248".

Nella specie, la Provincia fissava un termine pari a 60 giorni per la conclusione del procedimento.

Anche in tale occasione, la ricorrente faceva pervenire le proprie controdeduzioni, con le quali contestava recisamente gli addebiti mossile e chiedeva l’archiviazione del procedimento.

5. In data 31 ottobre 2006 la Provincia di Taranto adottava l’impugnata determinazione n. 126/06 con la quale si stabiliva:

"1) di disporre (…):

a) l’archiviazione del procedimento amministrativo avviato con nota prot. n. 11416 del 03.03.2006 (…) in relazione alla contestazione della violazione dell’art. 6, comma 1, lettera c) del D.M. 05/02/1998 (mancanza basamento in calcestruzzo);

b) ai sensi dell’art. 216, comma 4, D.lgs. 152/2006 (ex art. 33, comma 4, D.lgs. n. 22/1997), il divieto di prosecuzione della attività di recupero di rifiuti effettuata dalla I. S.p.A. e per la quale la stessa è stata iscritta dallo scrivente Settore con Determinazione Dirigenziale n. 22 del 22.0.2001 (…) ciò in relazione alla contestazione delle violazioni di cui all’art. 6, comma 1, lett. d) del D.M. 05/02/1998 (mancanza di protezione dei cumuli polverulenti dalla azione del vento) nonché delle norme tecniche generali per il recupero di materia dai rifiuti non pericolosi di cui all’Allegato 1, Suballegato 1 al D.M. 5/2/98 (per aver effettuato attività di recupero di rifiuti contenenti amianto);

2) di precisare che il divieto di prosecuzione di cui al precedente punto 1, lett. b) è disposto salvo che la I. S.p.A., entro 30 giorni dalla ripresa disponibilità dell’impianto, conformi l’attività di recupero di che trattasi alla normativa vigente dimostrando altresì di aver adempiuto alla prescrizione della utilizzazione di sistemi di protezione dal vento delle polveri nell’area di recupero, ciò comunque sino al 3 dicembre 2006, data entro cui la predetta società dovrà comunque adeguarsi a quanto previsto dall’Allegato 5 al D.M. 05.02.1998, così come introdotto dal D.M. n. 186 del 02.04.2006;

3) di precisare, altresì, che al fine della verifica del termine di 30 giorni di cui al precedente punto 2), la I. S.p.A. dovrà comunicare allo scrivente Settore la data della eventuale ripresa della disponibilità dell’impianto;

4) di stabilire che, decorso inutilmente il termine di 30 giorni di cui al precedente punto 2) lo scrivente Settore procederà alla cancellazione della I. S.p.A. dal Registro Provinciale delle imprese che effettuano recupero dei rifiuti in forma semplificata;

5) di stabilire, altresì, che la I. S.p.A. dovrà necessariamente provvedere a rimuovere dal sito tutti i materiali incompatibili con l’attività di recupero di rifiuti in forma semplificata, conferendo gli stessi in appositi impianti debitamente autorizzati, ciò nel rispetto delle procedure previste dalla vigente normativa;

6) di far salva l’adozione di iniziative e/o provvedimenti relativi a quanto previsto dal Titolo V della Parte IV del D.lgs. 152/2006; (…)".

6. Il provvedimento in questione veniva impugnato innanzi al T.a.r. dalla società I., che ne lamentava l’illegittimità e ne chiedeva l’annullamento.

Con la sentenza di estremi indicati in epigrafe, il T.a.r. Puglia, sede di Lecce, ha dichiarato inammissibile il ricorso sulla base di una ritenuta carenza di interesse all’impugnazione da parte di I.. Secondo il T.a.r., infatti, il provvedimento impugnato avrebbe già esaurito i suoi effetti anteriormente alla notifica del ricorso di primo grado, per cui sarebbe venuto meno l’interesse all’annullamento da parte della società.

7. Per ottenere la riforma di tale sentenza I. ha proposto appello.

Alla pubblica udienza del 15 febbraio 2011, la causa è stata trattenuta per la decisione.
Motivi della decisione

1. L’appello merita accoglimento.

2. Il T.a.r., nel rilevare il difetto di interesse, è partito dal presupposto secondo cui l’impugnato provvedimento provinciale stabilirebbe un termine finale di efficacia, identificandolo nella data del 3 dicembre 2006, data in cui I. dovrebbe comune adeguarsi alle sopravvenute prescrizioni di cui al D.M. n. 186 del 5 aprile 2006, le quali, a giudizio del T.a.r., determinerebbero il venir meno dell’intero assetto di interessi e delle prescrizioni imputabili al provvedimento.

Da qui la conclusione secondo cui, giacché il termine di efficacia sostanziale del provvedimento impugnato sarebbe venuto a scadere il 3 dicembre 2006, Itacalve spa, con il proprio ricorso del 2007, avrebbe impugnato un provvedimento ormai privo di qualsiasi effetto lesivo, con conseguente inammissibilità per difetto di interesse.

3. L’assunto del primo giudice non può essere condiviso.

4. Come correttamente rileva l’appellante, il provvedimento della Provincia, ha fondato il divieto di prosecuzione dell’attività ex art. 216, comma 4, d.lgs. n. 152/2006, su due distinti e ad autonomi addebiti: a) la violazione dell’art. 6, comma 1, lett. d) del D.M. 5 febbraio 1998, lamentando l’asserita "mancanza di protezione dei cumuli polverulenti dall’azione del vento"; b) la violazione delle norme tecniche generali di cui all’allegato 1, sub allegato 1 al d.m. 5 febbraio 1998, "per avere effettuato attività di recupero di rifiuti contenenti amianto".

L’ordine della Provincia di conformare l’attività di recupero alla normativa vigente entro 30 giorni dalla ripresa disponibilità dell’impianto riguarda entrambi i profili normativi oggetto di contestazione.

Di conseguenza, entro 30 giorni dal dissequestro penale dell’impianto, in base al provvedimento della Provincia, I., per evitare la cancellazione dal registro delle imprese, dovrebbe:

1) adottare sistemi di protezione dei cumuli di polverulenti dall’azione del vento;

2) conformarsi al divieto di sottoporre a recupero materiali contenenti amianto, sulla base di una interpretazione del d.m. 5 febbraio 1998, secondo cui sarebbero irricevibili in assoluto rifiuti contenenti amianto sia pure in concentrazioni bassissime, a prescindere dal superamento dei valore limite stabiliti dallo stesso d.m. 5 febbraio 1998.

5. La data del 3 dicembre 2006 (cui il T.a.r. ha fatto riferimento per dichiarare il difetto di interesse) rappresenta la data di piena cogenza, per i gestori già autorizzati, di una parte del d.m. 186/2006, ossia l’allegato 5, da esso introdotto nel corpo del d.m. 5 febbraio 1008, che non riguarda in alcun modo il problema oggetto della contestazione relativa alla presenza di amianto, ma riguarda solo la contestazione relativa alla protezione dei rifiuti dall’azione del vento a mezzo di sistemi di copertura anche mobili.

6. Quindi, anche dopo la data del 3 dicembre 2006 sussiste certamente l’interesse a contestare quantomeno un parte del provvedimento, quella che ordina vieta di sottoporre a recupero materiali contenenti amianto.

7. Il Collegio, inoltre, ritiene che I. abbia interesse ad impugnare anche la parte del provvedimento relativa all’adozione di sistemi per la protezione delle polveri dall’azione del vento.

In merito a tale profilo, infatti, il provvedimento della Provincia, sul presupposto che I. non abbia adottati adeguati sistemi di protezione dall’azione del vento, ha intimato alla società di adeguarsi alla normativa vigente (ossia al d.m. 5 febbraio 1998, per come modificato in parte, a partire del 3 dicembre 2006, dal d.m. 186/2006), pena altrimenti la cancellazione dal registro delle imprese e la conseguente cessazione dell’attività.

I., che contesta l’illegittimità procedimentale e sostanziale di tale accertamento, ha interesse, anche dopo la data del 3 dicembre 2006, a contestare un provvedimento che le addebita precedenti violazioni della normativa e che ricollega alla mera protrazione di tali asserite violazioni il divieto di prosecuzione dell’attività e la cancellazione del registro delle imprese.

Il provvedimento, in altri termini, è lesivo non tanto nella parte in cui ordina di osservare le prescrizioni del d.m. 5 febbraio 1998, per come modificato dal d.m. n. 186/2006, ma nella parte in cui accerta violazioni della normativa vigente che la ricorrente ritiene invece insussistenti. La lesività del provvedimento perdura dunque anche dopo il 3 dicembre 2006, data di entrata in vigore di una parte del d.m. n. 186/206.

Anche sotto tale profilo, quindi, devono essere esaminate le censure fatte valere da I. devono essere esaminate nel merito.

8. Nel merito il ricorso è fondato.

La fondatezza delle ragioni fatte valere dall’appellante trova conferma evidente nella sentenza del Tribunale penale di Taranto, sezione I, n. 1761/2009 Reg. Sent., passata in giudicato, la quale esclude che I. abbia commesso le violazioni sulla cui base, invece, la Provincia ha adottato il provvedimento impugnato.

8.1. Per quanto riguarda la contestazione relativa alla mancanza di sistemi di protezione dei cumuli polverulenti dal vento nella sentenza penale si legge chiaramente che, a differenza di quanto ritenuto anche nel provvedimento impugnato, "l’inidoneità, ovvero l’assenza degli impianti di irrogazione mobili non è stata assolutamente provata. (…) Anzi, da un lato vi sono le dichiarazioni del teste di difesa, della cui attendibilità non si ha motivo di dubitare, secondo cui si procedeva all’abbattimento delle polveri irrigando i cumuli di rifiuti mediante autobotti; dall’altro la relazione redatta da personale della vigilanza ambientale della Provincia di Taranto, nella quale la p.g. affermava che, nel corso del sopralluogo del 5.5.2005, presso l’impianto della I. s.p.a., venivano rilevate corrette procedure per l’abbattimento delle polveri derivanti non solo da un attività di discarica, ma anche dalle altre attività autorizzata in essere nell’area di pertinente della ditta. Infine, deve essere menzionata la deposizione del teste di p.g. il quale ha dichiarato di avere riscontrato la presenza di operatori che provvedevano all’abbattimento delle polveri attraverso un gettito d’acqua".

Alla luce delle risultanze del procedimento penale, puntualmente richiamate nel citato passaggio motivazionale della sentenza del Tribunale di Taranto, deve quindi ritenersi fondato il motivo di ricorso con il quale si sostiene che la piattaforma di messa in riserva di rifiuti era provvista dei necessari sistemi di abbattimento delle polveri e di resistenza al vento.

8.2. Ugualmente, con riguardo alla presunta presenza di amianto, la sentenza del Tribunale di Taranto ha definitivamente accertato, l’inidoneità delle analisi dell’ARPA ad accertare la violazione di quanto previsto dal d.m. 5 febbraio 1992, così evidenziando la fondatezza delle argomentazioni svolte dall’appellante.

Il Tribunale di Taranto ha correttamente rilevato che, in base alla normativa vigente, per ritenere che un rifiuto contenga amianto, non è sufficiente accertare la presenza di amianto, in quanto l’amianto è una sostanza naturale e come tale per definizione ubiquitaria: è necessario, invece, accertare che la presenza di amianto superi la concentrazione limite che costituisce la soglia di giuridica apprezzabilità della sua presenza.

Diventa a tal fine indispensabile eseguire il campionamento attraverso il rituale metodo della quartatura che consente di ottenere il campione medio più attendibile.

Nel caso in esame, tale procedimento non è stato eseguito, come anche il test di cessione, sicché manca la prova che nei cumuli presenti ai tempi dei fatti nella discarica della I. vi fossero rifiuti contenenti amianto in quantitativi superiori a quanto previsto nell’art. 51 del d.lgs. n. 22/1997 (ora art. 256 del d.lgs. n. 152/2006) e del d.m. 5 febbraio 1998.

9. Alla luce delle considerazioni che precedono l’appello va accolto e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, deve essere annullata la determinazione della Provincia di Taranto 126/06 impugnata in primo grado.

10. Sussistono i presupposti per compensare le spese di giudizio.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, accoglie il ricorso proposto in primo grado..

Spese del doppio grado compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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