Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 18-01-2011) 13-04-2011, n. 15036

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

P.G., imputato dei reati di molestie e diffamazione in danno di Z.A. per averla importunata con telefonate e pedinamenti ed avere apposto in varie cabine telefoniche pubbliche un biglietto, contenente il nome della parte lesa ed i suoi recapiti telefonici, con la scritta mi piace farmi riprendere e fotografare mentre scopo, chiamami, veniva condannato per il reato di cui all’art. 595 c.p. con sentenza in data 8 gennaio 2007 del Tribunale di Firenze, che dichiarava, inoltre, estinto il reato di cui all’art. 660 c.p. per oblazione.

La Corte di Appello di Firenze, con sentenza del 4 novembre 2009, dopo avere rigettato una eccezione di incompetenza per materia, riteneva tempestiva la querela in atti e confermava la decisione di primo grado.

Con il ricorso per cassazione P.G. deduceva:

1) il difetto di competenza D.Lgs. n. 274 del 2000, ex artt. 4, 6 e 48 con riferimento al delitto di diffamazione attribuito alla cognizione del Giudice di pace, non essendo il reato connesso ad altri di competenza del Tribunale e derogando la normativa sul giudice di pace alla regola posta dall’art. 21 c.p.p., comma 3 e art. 491 c.p.p., comma 1, essendo la eccezione di incompetenza per materia proponibile in ogni stato e grado del processo, e, quindi, anche in sede di appello, come nel caso di specie;

2) il vizio di motivazione in ordine ai motivi di appello nn. 1, 2, 3 e 5, che non sono stati esaminati dalla Corte di Appello sul presupposto della tempestività della querela del 13 settembre 2004, mentre, invece, a prescindere dal fatto che detta querela non era tempestiva, le censure avevano una valenza autonoma;

3) la inosservanza ed erronea applicazione della legge penale con riferimento agli artt. 120 e 124 c.p. perchè la Corte di merito erroneamente aveva ritenuto che la Z. avesse acquisito elementi utili ai fini della identificazione dell’autore del reato a seguito di un pedinamento del 31 agosto 2004, tanto è vero che anche la querela suddetta era contro Ignoti. Ciò significa che tra la commissione del reato e la presentazione di tale querela nessun elemento significativo era stato acquisito dalla querelante;

presumibilmente i sospetti su P. la Z. li nutriva già da tempo, ovvero quando presentò le altre tre precedenti querele;

4) la violazione degli artt. 415 bis, 552 e 191 c.p.p. perchè:

a) le precedenti querele non vennero depositate con la discovery dell’art. 415 bis, ma vennero acquisite successivamente, con grave pregiudizio dei diritti della difesa;

b) conseguentemente il decreto di citazione a giudizio mancava della necessaria precisione perchè veniva omessa la identificazione delle tre querele precedenti;

c) la inutilizzabilità degli atti non depositati ai sensi dell’art. 415 bis c.p.p..

5) il vizio di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza del fatto perchè la Corte di merito aveva ritenuto sussistenti le prove a carico, ma poi aveva ammesso che la Z. fosse stata molestata da più soggetti; inoltre la perizia grafica si era limitata a non smentire l’ipotesi accusatoria. Infine la Corte affermava che le condotte qualificate come molestie dovevano ritenersi pacificamente accertate, laddove, invece, in ordine al reato di cui all’art. 660 c.p. non vi era stato alcun accertamento per essersi estinto per oblazione.

I motivi posti a sostegno del ricorso proposto da P.G. non sono fondati.

Il primo motivo di ricorso non è fondato perchè, come correttamente stabilito dalla Corte di merito, secondo l’art. 23 c.p.p., comma 2, se il reato appartiene alla cognizione di un giudice di competenza inferiore, l’incompetenza è rilevata o eccepita, a pena di decadenza, entro il termine di cui all’art. 491 c.p.p., comma 1, ossia dopo compiuto per la prima volta l’accertamento della costituzione delle parti (Cass., Sez. 3, 12 giugno – 20 luglio 2008, n. 31484, CED 240752).

Dal momento che per la prima volta il ricorrente ha proposto la eccezione di incompetenza per materia in grado di appello, senza, peraltro, che tale eccezione costituisse motivo di impugnazione, non vi è dubbio che sia decaduto ai sensi del citato art. 23 c.p.p., comma 2.

Il D.Lgs. n. 274 del 2000, art. 48, richiamato dal ricorrente, non muta i termini della questione, dal momento che tale norma, stabilisce, così come in via generale l’art. 21 c.p.p., comma 1, che l’incompetenza per materia può essere eccepita in ogni stato e grado del processo, ovviamente con la eccezione di cui all’art. 23 c.p.p., comma 2.

Nè vi sarebbe alcuna ragione logico-sistematica per stabilire un regime diverso da quello generale per i reati di competenza del giudice di pace.

E’ infondato anche il secondo motivo di impugnazione.

La Corte di merito ha correttamente stabilito che una volta accertata la tempestività della querela del 13 settembre 2004 superfluo appariva l’esame dei motivi di appello numeri 1), 2), 3) e 5).

Il ricorrente aveva eccepito che nella discovery non erano presenti le querele contro Ignoti precedenti a quella del 13 settembre 2004, ma ciò non ha alcun rilievo negativo, dal momento che correttamente era stata indicata e depositata la querela che consentiva di procedere penalmente contro il P. per il delitto di diffamazione contestato.

Del resto la querela, come è noto, è utilizzabile esclusivamente al fine di valutare la procedibilità dell’azione e, quindi, certamente sufficiente era il riferimento a quella del 13 settembre 2004.

Inoltre, proprio perchè la funzione della querela è soltanto quella indicata, correttamente sono state acquisite agli atti successivamente le altre querele presentate dalla parte offesa, essendo sorte questioni concernenti la tempestività della querela depositata ai sensi dell’art. 415 bis c.p.p.; sotto tale profilo infondata è anche la eccezione di inutilizzabilità delle stesse.

Anche il secondo motivo di appello era infondato perchè non era ravvisabile la violazione dell’art. 552 c.p.p., comma 1, non essendo state indicate nel capo di imputazione anche le precedenti querele, essendo sufficiente ai fini della contestazione del fatto attribuito al P. la indicazione della sola querela ritenuta tempestiva.

Anche il terzo motivo di impugnazione è infondato.

La Corte di merito, fondando la propria decisione su consolidati e condivisibili indirizzi giurisprudenziali, ha stabilito che la parte lesa Z. avesse avuto conoscenza certa, sulla base di elementi seri, del fatto-reato nella sua dimensione oggettiva e soggettiva soltanto a seguito dei pedinamenti ai quali venne sottoposta ad opera del ricorrente il 31 agosto 2004.

Soltanto tale episodio, infatti, le conferì l’intima certezza che proprio il P., che, ancora a distanza di tempo, continuava a perseguitarla, fosse l’autore dei bigliettini diffamatori di cui alla imputazione, avendo dapprima soltanto dei semplici sospetti, che non le consentivano di liberamente determinarsi a sporgere querela.

Si tratta di una valutazione di merito della Corte di secondo grado, che, siccome fondata su condivisibili indirizzi giurisprudenziali e sorretta da una motivazione immune da manifeste illogicità, non merita censure sotto il profilo della legittimità.

Non appare rilevante che anche la querela del 13 settembre 2004 fosse contro Ignoti perchè ciò è stato evidentemente determinato da un eccesso di cautela, avendo, peraltro, la parte offesa ben descritto e chiarito i fatti attribuiti al ricorrente.

Il quarto motivo di impugnazione è infondato per le ragioni indicate a proposito del secondo motivo di gravame, alle quali, pertanto, si rinvia.

Quanto all’ultimo motivo di impugnazione, va detto che si tratta di censure infondate e di merito.

Nessun rilievo ha, infatti, la circostanza che in passato la Z. fosse stata molestata anche da altre persone, dal momento che è fuori dubbio, come comprovato anche da SMS ricevuti dalla Z. ed inviati dal ricorrente, che il P. la molestasse da mesi.

A tal proposito non ha pregio il rilievo del ricorrente, secondo il quale la intervenuta oblazione avrebbe impedito di accertare i fatti di molestie.

Ed, infatti, l’oblazione impedisce di accertare la esistenza del reato di molestie, ma non impedisce affatto di accertare fatti che comprovino la responsabilità per il delitto di diffamazione; tali sono senz’altro tutti quei fatti che denotano la esistenza di una vera e propria persecuzione ai danni della Z. da parte del P..

Quanto alla perizia grafica la stessa non ha escluso che gli scritti diffamatori provenissero dall’imputato; anzi, secondo la Corte di merito, palese è la corrispondenza tra gli scritti diffamatori e quelli che devono ritenersi sicuramente provenienti dall’imputato, quale emerge dal loro semplice raffronto, per la combinazione degli elementi di scrittura utilizzati.

Per le ragioni indicate il ricorso deve essere rigettato ed il ricorrente condannato a pagare le spese del procedimento.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a pagare le spese del procedimento.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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