Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 07-07-2011, n. 14995 Contratto a termine

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza in data 23/30.6.2006 la Corte di appello di Firenze confermava la decisione di primo grado che dichiarava la nullità del termine apposto al contratto stipulato l’1.7.2000 fra le Poste Italiane e B.B. ai sensi dell’art. 8 del CCNL 26.11.1994 per "necessità di espletamento del servizio di recapito in concomitanza di assenze per ferie", nonchè "in funzione delle punte di più intensa attività stagionale".

Osservava, fra l’altro, la corte territoriale che la società ricorrente non aveva dato dimostrazione dell’esistenza, nel periodo in questione, di esigenze di servizio determinate dall’assenza per ferie dei propri dipendenti, non potendo la diminuzione dell’organico considerarsi come fatto notorio, ed aveva, altresì, omesso di indicare, nella lettera di assunzione, il nominativo del dipendente da sostituire ed il periodo della sostituzione.

Per la cassazione della sentenza propongono ricorso le Poste Italiane con due motivi, illustrati con memoria.

Ha depositato procura difensiva l’intimata.

Il Collegio ha autorizzato la redazione di motivazione semplificata.
Motivi della decisione

1. Con il primo motivo la società ricorrente lamenta violazione ed erronea applicazione della L. n. 230 del 1962, art. 1, comma 2, della L. n. 56 del 1987, art. 23, dell’art. 1362 c.c., e segg., nonchè vizio di motivazione.

Osserva, al riguardo, che, operando la L. n. 56 del 1987, art. 23, una ampia delega alla contrattazione collettiva, libera di individuare le fattispecie in ordine alle quali è possibile l’apposizione di un termine al contratto di lavoro, restava sottratta al sindacato giurisdizionale la valutazione della legittimità delle fattispecie individuate dagli agenti negoziali, con la conseguente impossibilità di sovvertire l’equilibrio contrattuale stabilito, introducendo limiti, anche di ordine temporale, dagli stessi non previsti, e che, in ogni caso, ricorrevano tutte le condizioni legittimanti l’assunzione a termine, essendo stato l’intimato avviato al lavoro nel periodo indicato nel contratto collettivo, in corrispondenza col periodo feriale.

Con il secondo motivo la società ricorrente, prospettando vizio di motivazione ( art. 360 c.p.c., n. 5), contesta la decisione impugnata per aver omesso qualsiasi decisione circa l’eccezione di aliunde perceptum, pur ritualmente sollevata, avendola erroneamente ritenenuta priva di alcuna specificità. 2. Con riferimento al primo motivo, vanno ribaditi i principi, ormai acquisiti, che questa Suprema Corte ha affermato con riferimento alla disciplina dell’istituto nel sistema vigente anteriormente all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 368 del 2001.

In particolare, e per quanto qui di interesse, decidendo su fattispecie analoghe a quella in esame (contratto a termine stipulato ex art. 8 c.c.n.l. 26.11.1994, in relazione alla necessità di espletamento del servizio in concomitanza di assenze per ferie nel periodo giugno-settembre), ha reiteratamente affermato (cfr., ad es., Cass. 2 marzo 2007 n. 4933) l’insussistenza dell’obbligo di indicare nel contratto il nome del lavoratore sostituito, per determinare la tesi opposta la violazione di norme di diritto, oltre che una erronea interpretazione della normativa collettiva.

Si è rilevato, infatti, che, ad escludere l’autonomia del contratto a termine regolato dalla contrattazione collettiva rispetto alla previsione legale, si determinerebbe un palese contrasto col principio di diritto enunciato dalle Sezioni Unite di questa Suprema Corte (Cass. S.U. 2 marzo 2006 n. 4588), secondo cui la L. 28 febbraio 1987, n. 56, art. 23, che demanda alla contrattazione collettiva la possibilità di individuare nuove ipotesi di apposizione di un termine alla durata del rapporto di lavoro, configura una vera e propria delega in bianco a favore dei sindacati, i quali, pertanto, non sono vincolati alla individuazione di figure di contratto a termine comunque omologhe a quelle previste per legge.

Giova soggiungere che altre decisioni di questa Suprema Corte (cfr. ad es. Cass. 6 dicembre 2005 n. 26678, Cass. 7-3-2008 n. 6204) hanno confermato le decisioni di merito che, nel ritenere l’ipotesi di contratto a termine introdotta dalla contrattazione collettiva del tutto autonoma rispetto alla previsione legale , hanno interpretato l’autorizzazione conferita dal contratto collettivo nel senso di riconoscere, quale unico presupposto per la sua operatività, l’assunzione nel periodo in cui, di norma, i dipendenti fruiscono delle ferie.

Così come (cfr. Cass. 28-3-2008 n. 8122) si è confermato che "l’unica interpretazione corretta della norma collettiva in esame (art. 8 ccnl 26-11-1994) è quella secondo cui, stante l’autonomia di tale ipotesi rispetto alla previsione legale … l’autorizzazione conferita dal contratto collettivo non prevede come presupposto per la sua operatività l’onere, per il datore di lavoro, di provare le esigenze di servizio in concreto connesse all’assenza per ferie di altri dipendenti nonchè la relazione causale fra dette esigenze e l’assunzione del lavoratore con specifico riferimento all’unità organizzativa alla quale lo stesso è stato destinato". 3. Alla luce dei principi indicati, il ricorso, assorbite le ulteriori censure, si palesa, quindi, meritevole di accoglimento.

La sentenza impugnata va, pertanto, cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa decisa nel merito con il rigetto della domanda proposta da B.B. nei confronti delle Poste italiane.

4. Sussistono giusti motivi per compensare le spese della fase di merito, tenuto conto della complessità del quadro giurisprudenziale che ha caratterizzato la materia e degli esiti dei precedenti gradi del giudizio, mentre seguono la regola della soccombenza quelle del giudizio di legittimità.
P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda proposta da B.B. nei confronti delle Poste Italiane; compensa le spese della fase di merito e condanna B.B. al rimborso di quelle di legittimità, che liquida in Euro 28,00 per esborsi ed in Euro 2.500,00 per onorari, oltre a spese generali, I.V.A. e C.P.A..

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