Cons. Stato Sez. VI, Sent., 12-04-2011, n. 2243 Beni di interesse storico, artistico e ambientale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1) Con il ricorso n. 1431 del 2004, proposto avanti al T.A.R. per l’Emilia Romagna, la sig.ra M. L., nella qualità di procuratrice del dott. R. G.. impugnava – per dedotti motivi di violazione di legge, incompetenza ed eccesso di potere in diversi profili – il decreto del Soprintendente regionale per i beni e le attività culturali dell’Emilia Romagna n. 106/04 del 26 luglio 2004, con il quale è stata disposta l’estensione del vincolo già imposto col precedente decreto del 2 agosto 1990, ai sensi dell’articolo 10, comma 3, lettera a), del decreto legislativo 42 del 2004, riguardante l’immobile denominato Villa Sacerdoti, detto Villa Emma, e pertinenze, sito nel Comune di Nonantola, Modena, individuato in catasto al foglio 55, particelle 26, 27, 28, 30, 31, 32, 197, 256, 258, 309, 403, 420, 421, 422, 506, con sottoposizione a tutte le disposizioni di tutela contenute nel d.lgs. n. 42 del 2004.

Con la sentenza n. 1631 del 2005, il T.A.R. adito accoglieva il ricorso.

Il T.A.R., in particolare, riscontrava nel provvedimento di vincolo profili di contraddittorietà, oltreché di violazione dell’affidamento ingenerato nei proprietari dei beni da esso interessati, per avere espresso l’Amministrazione, nel corso di procedimento con nota n. 5124 del 25 marzo 2004, l’intendimento di imporre un vincolo di tutela indiretta, anziché diretta, sui terreni interessati. Il primo giudice, inoltre, riconosceva il provvedimento di tutela non conferme ai principi di razionalità e proporzionalità cui deve ispirasi l’azione amministrativa, adeguando l’onerosità delle scelte alla specificità delle singole situazioni.

Ha proposto appello il Ministero per i beni e le attività culturali che, in via preliminare, ha eccepito la nullità della sentenza, perché emessa nei confronti di soggetto che non aveva assunto la qualità di parte nel giudizio di primo grado e sfornito di legittimazione processuale; nel merito, esso ha contraddetto con articolati motivi le conclusioni del T.A.R. ed ha chiesto la riforma della sentenza impugnata.

Resiste il dott. R. G., che ha contrastato in controricorso i motivi di impugnativa ed ha concluso per la conferma della sentenza del T.A.R.

All’udienza del 22 marzo 2011 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.

2). Va disattesa l’eccezione di nullità della sentenza impugnata, per la mancata menzione nell’epigrafe del nominativo (M. L.) della persona che, in forza di procura generale, ha agito nell’interesse del dr. R. G., proprietario dei beni interessati dal provvedimento di vincolo.

Al riguardo correttamente oppone la resistente difesa che il procuratore generale ad negotia, cui siano conferiti poteri di rappresentanza processuale, è titolare di una legittimazione processuale coesistente con quella del rappresentato, che può subentrargli nel processo e sostituirlo in qualsiasi momento, perché il rappresentante non agisce in concorrenza con il rappresentato, ma in sua sostituzione e per suo conto (Corte di Cassazione, sez. civile, 11 gennaio 2002, n. 314; 9 luglio 1994, n. 6524). La legittimazione processuale del procuratore non esplica, quindi, effetto esclusivo di quella originaria del rappresentato.

In conseguenza la mancata menzione del primo nell’epigrafe della sentenza del T.A.R. assume rilievo strettamente formale – emendabile ove reputato necessario a mezzo di istanza di correzione dell’errore materiale – ma non incide sull’originaria legittimazione a proporre il ricorso e sugli effetti sostanziali del decisum nella sfera giuridica del rappresentato.

2.1). Passando all’esame del merito, l’oggetto del contendere investe i beni di cui alle particelle nn. 420, 421 e 422 del foglio n. 55 (non rientranti nell’ambito del giardino originariamente riconducibile alla villa Sacerdoti, come disegnato dall’architetto modenese Vincenzo Maestri).

Si tratta dunque di aree non interessate dalla presenza degli edifici rurali (unità residenziale al servizio dell’attività rurale; fienile; altro edificio realizzato su area di sedime di una vecchia serra), qualificati nella relazione annessa al d.m. 26 luglio 2007 come "espressione della gerarchia intrinseca dei manufatti e del loro rapporto con il contesto agricolo" di pertinenza della medesima Villa Sacerdoti – detta Villa Emma – già oggetto di provvedimento di vincolo diretto imposto con atto del 2 agosto 1990.

Con riguardo alle menzionate particelle nn. 420, 421 e 422, nella relazione storico artistica si dà atto che esse costituiscono "aree libere immediatamente contigue" agli edifici rurali realizzati in stile neoclassico, "che rappresentano la testimonianza superstite dell’organizzazione poderale di cui gli edifici rustici costituiscono il nucleo funzionale".

2.2). Ciò posto può accedersi all’ordine argomentativo del Ministero appellante, in base al quale la nota della Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio di Bologna in data 25 marzo 2004 – con la quale si propone l’ assoggettamento a vincolo indiretto dei manufatti ed aree che si pongono in rapporto di pertinenzialità con la villa Sacerdoti – non ha esplicato alcun effetto viziante del provvedimento impositivo del vincolo diretto emesso a conclusione del procedimento.

Ad avviso del Ministero, gli interessati sono sempre stati edotti del possibile esito del procedimento e della strumentalità degli approfondimenti istruttori alla imposizione di un vincolo diretto o indiretto.

Ritiene la Sezione che, per questa parte, l’appello sia condivisibile e che il TAR abbia erroneamente ravvisato la violazione di un legittimo affidamento degli interessati.

La nota del 25 marzo 2004 ha natura di atto endoprocedimentale e non ha disposto, con carattere di definitività, in ordine alle posizioni soggettive dei proprietari interessati dall’iniziativa di tutela dei beni di interesse culturale. Essa, costituendo una mera manifestazione di intenti della Soprintendenza circa i possibili esiti del procedimento, non ha ingenerato alcun affidamento sui soggetti incisi quanto alla scelta finale del regime di tutela più idoneo alla salvaguardia del valore storico ed artistico del compendio.

Di quanto precede ha dato espressamente atto la successiva nota della Soprintendenza regionale per i beni e le attività culturali dell’Emilia Romagna in data 1° aprile 2004, che ha qualificato quanto rappresentato dalla Soprintendenza di Bologna come "maggiore approfondimento dell’ istruttoria" in base ad "una diversa prospettazione di fatti, circostanze ed opportunità", da valutarsi tuttavia "alla luce del procedimento pendente" con "supplemento di istruttoria" da espletarsi con la partecipazione dei privati interessati, già debitamente notiziati dell’avvio del procedimento di vincolo, ai quali è stato anche assegnato un ulteriore termine di venti giorni per interloquire.

Con la nota del 25 marzo 2004 non vi è stato, quindi, l’avvio di un nuovo procedimento amministrativo – questa volta preordinato all’imposizione di un vincolo indiretto – così che l’ atto finale, che ha qualificato i beni espressione diretta dei valori storico artistici tutelati, non si è posto in contrasto con l’oggetto del provvedere inizialmente comunicato ai destinatari del provvedimento finale. L’Amministrazione in contrario, come prima accennato, si è limitata, a garanzia degli interessi partecipativi dei proprietari dei beni, a rendere gli stessi edotti del più ampio ventaglio delle possibili statuizioni finali, senza tuttavia abbandonare la procedura di vicolo diretto resa nota con l’ iniziale atto di avvio del procedimento comunicato nell’ agosto 2003.

Né, quanto alla scelta finale, il decreto di vincolo risulta sfornito di motivazione, poiché nella relazione storico artistica, cui il decreto stesso ha rinviato "ob relationem", sono state esternate le ragioni del regime di tutela prescelto, anche alla luce delle considerazioni formulate dai privati interessati cui è fatto espresso richiamo.

2.3). Ritiene peraltro il collegio che il dispositivo di annullamento della sentenza impugnata vada confermato, poiché il TAR ha correttamente ritenuto sussistente il vizio di inadeguata motivazione, dedotto in primo grado.

La sentenza del T.A.R. ha rilevato la violazione dei principi di ragionevolezza e di proporzionalità, sanciti dall’art. 1 della legge 241 del 1990, come modificata dalla legge n. 15 del 2005.

Tale violazione risulta effettivamente sussistente.

La giurisprudenza amministrativa si è più volte pronunciata nel senso che la nozione di "cose immobili e mobili che presentano interesse artistico, storico, archeologico ed etnoantropologico", risalente all’ originario dettato dell’ art. 1 della legge 1° giugno 1939, n. 1089, e riprodotta all’ art. 10, comma secondo, lett. a), del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 41, va riferita anche ai compendi ed ai comprensori che – nella loro estensione eccedente i luoghi interessati in via immediata dalla presenza delle cose che sono espressione dei valori storici, artistici ed archeologici – concorrono a qualificare la cornice storico ambientale in cui il bene stesso è inserito.

In tale ipotesi è il compendio che, nella sua struttura organica e nel suo complesso, esprime gli interessi di rilievo pubblico presi in considerazione dalle norme di tutela, oltre la dimensione fisica delle singole cose elencate per categorie dall’ art. 10 del d.lgs. n. 41 del 2004 (cfr. Cons. Stato, n. 817 del 10 novembre 1993; n. 596 del 26 settembre 1991).

Sul punto il Ministero appellante ha evidenziato che, sulla scorta degli accertamenti istruttori, "gli immobili (presi) in considerazione costituivano parte integrante di un unitario bene culturale di cui erano e sono componente essenziale, bene così originariamente realizzato alla fine dell’800 su altrettanto progetto unitario dell’ architetto Vincenzo Maestri".

Osserva al riguardo il collegio che dalla documentazione posta a corredo della relazione tecnico storica, acquisita in giudizio, emergono con chiarezza l’impianto e le linee di confine del compendio in cui è inserito il corpo di fabbrica costituito dalla Villa Sacerdoti, caratterizzato dalla presenza degli immobili rurali di pertinenza – cui è fatto richiamo nella relazione allegata al decreto del 26 luglio 2004 – fra loro collegati da un intreccio di percorsi stradali, così da formare nel progetto originario un unico complesso architettonico.

Dal raffronto con la planimetria allegata all’atto di vincolo, emerge all’evidenza che le particelle 420, 421 e 422 del foglio 55 si pongono all’esterno del compendio costituito dalla villa padronale, dagli immobili di servizio ed dalle aree poderali di pertinenza (e originariamente preso in considerazione nel progetto dell’architetto modenese), che per il suo carattere unitario ha costituito la ragione dell’ampliamento del vincolo diretto già imposto, in più limitata consistenza, con il decreto del 2 agosto 1990.

Di quanto precede dà atto, come prima accennato, la stessa relazione storico artistica annessa al decreto del 26 luglio 2004, che qualifica i terreni individuati da dette particelle come "aree libere immediatamente contigue" e tuttavia ascrive ad esse "la testimonianza superstite dell’organizzazione poderale di cui gli edifici rustici costituiscono il nucleo funzionale".

Detta conclusione, come in precedenza posto in rilievo, recede a fronte dell’impianto originario del compendio ricostruito in base alle fonti storiche, che vede le aree in questione collocate all’esterno dello stesso.

Come posto in rilievo dal T.A.R., la sola destinazione agricola risalente nel tempo – per di più avulsa da neppure rilevate esigenze di salvaguardia della visibilità della villa – non è di per sé espressione di valori intrinseci che ne giustifichino la riconduzione nelle categorie di beni culturali elencate all’art. 10, comma 3, lett. a), del d.lgs. n. 41 del 2004, pur nell’ampia sfera di discrezionalità di cui dispone l’Amministrazione preposta alla tutela dei beni culturali, il cui esercizio non resta sottratto a criteri di ragionevolezza, di proporzionale bilanciamento degli interessi coinvolti dal potere esercitato e di adeguatezza al caso concreto.

Per le considerazioni che precedono l’appello va respinto e va confermato con diversa motivazione il dispositivo di annullamento della sentenza del T.A.R.

In relazione ai profili della controversia, spese ed onorari vanno compensati per il presente grado di giudizio.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) definitivamente pronunciando sull’appello n. 3734 del 2006, come in epigrafe proposto, lo respinge e conferma il dispositivo di annullamento della sentenza impugnata con motivazione parzialmente diversa.

Compensa fra le parti spese ed onorari del presente grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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