Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 18-01-2011) 13-04-2011, n. 14959

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

erale con le quali chiede l’inammissibilità del ricorso.
Svolgimento del processo

S.L. propose incidente di esecuzione chiedendo la revoca del procedimento esecutivo – diretto alla demolizione di un immobile in esecuzione della sentenza 10.10.2007 del tribunale di Napoli, sezione distaccata di Casoria, divenuta irrevocabile – per la ragione che il sindaco di Casoria aveva ingiunto l’abbattimento dell’immobile abusivo e, a seguito dell’inadempimento, ne aveva disposto l’acquisizione al patrimonio comunale.

Il giudice dell’esecuzione del tribunale di Napoli, sezione distaccata di Casoria, con l’ordinanza in epigrafe, rigettò l’istanza.

Il S. propone ricorso per cassazione deducendo che il consiglio comunale aveva incluso l’immobile in questione tra quelli da demolire; che il sindaco ne aveva ordinato l’acquisizione al patrimonio comunale; che però l’iter amministrativo non poteva considerarsi concluso ed erano possibili nuove e diverse valutazioni del consiglio comunale; che quindi non si è in presenza di una inerzia da parte della pubblica amministrazione.
Motivi della decisione

Il ricorso è manifestamente infondato.

E difatti, secondo la costante giurisprudenza di questa Suprema Corte, l’ordine di demolizione delle opere abusive emesso con la sentenza passata in giudicato può essere revocato esclusivamente se risulta assolutamente incompatibile con atti amministrativi o giurisdizionali resi dalla autorità competente, e che abbiano conferito all’immobile altra destinazione o abbiano provveduto, alla sua sanatoria (Sez. 3, 16 aprile 2002, Cassarino, m. 221.974), mentre può essere sospeso solo qualora sia ragionevolmente prevedibile, sulla base di elementi concreti, che in un breve lasso di tempo sia adottato dall’autorità amministrativa o giurisdizionale un provvedimento che si ponga in insanabile contrasto con detto ordine di demolizione, non essendo invece sufficiente una mera possibilità del tutto ipotetica che si potrebbe verificare in un futuro lontano o comunque entro un tempo non prevedibile ed in particolare la semplice pendenza della procedura amministrativa o giurisdizionale, in difetto di ulteriori concomitanti elementi che consentano di fondare positivamente la valutazione prognostica (ex plurimis, Sez. 3, 17 ottobre 2007, n. 42978, Parisi, m. 238145; Sez. 3, 5.3.2009, n. 16686, Marano, m. 243463; Sez. 3, 30 marzo 2000, Ciconte, m. 216.071;

Sez. 3, 30 gennaio 2003, Ciavarella, m. 224.347; Sez. 3, 16 aprile 2004, Cena, m. 228.691; Sez. 3, 30 settembre 2004, Cacciatore, m.

230.308).

Nella specie non si è in presenza di alcun atto amministrativo assolutamente incompatibile con l’ordine di demolizione nè di alcun atto che abbia conferito all’immobile altra destinazione o abbia provveduto alla sua sanatoria.

In particolare, non sono evidentemente incompatibili con l’ordine di demolizione la volontà del consiglio comunale di inserire l’immobile in questione tra quelli da demolire nè l’ingiunzione del sindaco di abbattimento.

Nemmeno è incompatibile il provvedimento del sindaco, emesso a seguito del mancato adempimento dell’ingiunzione, di acquisizione dell’immobile al patrimonio comunale, attesa la mancanza di uno specifico provvedimento del consiglio comunale che abbia dichiarato l’esistenza di prevalenti interessi pubblici ed abbia specificamente destinato l’opera a tali prevalenti interessi.

Ed invero, secondo la giurisprudenza di questa Suprema Corte, "Il potere dovere del giudice penale di eseguire la demolizione del manufatto abusivo, disposta con la sentenza di condanna ex L. 28 febbraio 1985, n. 47, art. 7, ora sostituito dal D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 31, opera anche nel caso in cui i beni siano stati acquisiti al patrimonio comunale, atteso che l’eventuale contrasto con il potere amministrativo si realizza soltanto al momento in cui il consiglio comunale abbia manifestato la volontà di non procedere alla demolizione per l’esistenza di prevalenti interessi pubblici" (ex plurimis, Sez. 3, 9.6.2005, n. 26149, Barbadoro, m. 231941; v. anche Sez. 3, n. 3489/2000; n. 2406/2003; n. 37120/2003).

Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile per manifesta infondatezza dei motivi.

In applicazione dell’art. 616 c.p.p., segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi che possano far ritenere non colpevole la causa di inammissibilità del ricorso, al pagamento in favore della cassa delle ammende di una somma, che, in considerazione delle ragioni di inammissibilità del ricorso stesso, si ritiene congruo fissare in Euro 1.000,00.
P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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