Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 18-01-2011) 13-04-2011, n. 14954 Violenza sessuale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con la sentenza in epigrafe, emessa ai sensi dell’art. 444 c.p.p., il Gip del tribunale di Bologna applicò a V.S. la pena, concordata tra le parti, in ordine al reato continuato di violenza sessuale, la pena di anni due di reclusione, così determinata previo riconoscimento delle attenuanti generiche e di quella del risarcimento del danno ex art. 62 c.p., n. 6, entrambe prevalenti sulla contestata aggravante: pena base anni 5 di reclusione;

diminuita ex art. 62 bis c.p. ad anni 3 e mesi 4; diminuita ex art. 62 c.p., n. 6, ad anni 2, mesi 2 e giorni 20; aumentata ex art. 81 c.p. per la continuazione ad anni 3; e ridotta ad anni 2 di reclusione per la scelta del rito.

Il Procuratore generale della Repubblica presso la corte d’appello di Bologna propone ricorso per cassazione deducendo violazione di legge, ed in particolare:

1) che non poteva essere concessa l’attenuante del danno risarcito, che poi è stata determinante per l’applicazione del patteggiamento, in quanto il decreto del giudice tutelare del tribunale di Ravenna, cui il giudice a quo ha fatto riferimento, aveva autorizzato l’incasso della somma di Euro 35.000,00 solo a titolo di acconto sul maggior danno e quindi esprimendo parere di incongruità della somma offerta. Vi è stato perciò travisamento del contenuto del provvedimento del giudice tutelare e l’attenuante non poteva essere riconosciuta perchè non vi era stato integrale risarcimento del danno arrecato alla minore. La mancata concessione della attenuante avrebbe impedito poi il patteggiamento.

2) in via subordinata, la mancata applicazione della pena accessoria dell’interdizione perpetua da qualsiasi ufficio attinente alla tutela ed alla curatela.
Motivi della decisione

Il primo motivo è fondato e va dunque accolto, mentre il secondo motivo resta assorbito.

Va premesso che, nella specie, il riconoscimento, con giudizio di prevalenza, della attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 6, è stato determinante ai fini della decisione, ed in particolare dell’accoglimento della richiesta di patteggiamento, di cui altrimenti i limiti minimi di pena avrebbero invece imposto il rigetto.

Va anche premesso che, secondo la giurisprudenza di questa Suprema Corte, "Il giudice penale – anche in sede di "patteggiamento" – è tenuto a controllare che il danneggiato sia stato completamente reintegrato nella posizione "quo ante", non bastando ai fini dell’attenuante ex art. 62 c.p., n. 6, una qual che sia chiusura del rapporto risarcitorio conseguente al reato" (Sez. 5, 10.2.2000, n. 733, De Luca, m. 215720).

Nella specie, il giudice ha riconosciuto l’attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 6, non già perchè abbia compiuto un autonomo e motivato giudizio di congruità della somma pagata a titolo di risarcimento del danno (giudizio che, se sorretto da adeguata motivazione, non sarebbe stato censurabile in sede di legittimità) bensì esclusivamente perchè agli atti vi era il decreto del giudice tutelare del tribunale di Ravenna, che autorizzava l’incasso della somma di Euro 35.000,00 per conto della minore. Secondo il giudice a quo tale autorizzazione sarebbe stata appunto concessa a titolo di risarcimento del danno. Sennonchè, dalla semplice lettura del provvedimento autorizzativo si evince che il giudice tutelare aveva, invece, espresso parere di non congruità della somma offerta ed aveva autorizzato l’incasso della stessa solo ed unicamente a titolo di acconto sul maggior danno. Il giudice tutelare aveva infatti espressamente rilevato che la somma offerta "non appare affatto congrua, tenuto conto che l’evidenziato danno psichico è in fase di evoluzione e che, quanto al futuro verificarsi di inevitabili postumi permanenti, non è allo stato possibile individuarne un grado percentuale cui ancorare serena liquidazione del danno".

Vi è stato quindi un evidente travisamento del contenuto del provvedimento autorizzativo del giudice tutelare, il che comporta non solo vizio di motivazione, ma anche violazione di legge, in assenza di qualsiasi transazione tra le parti che possa far ritenere superata la valutazione di incongruità espressa da altra autorità giudiziaria in sede di volontaria giurisdizione ed altresì in assenza di qualsiasi diversa autonoma e motivata valutazione del giudice penale.

Stante l’errore sulla esistenza dei presupposti per la concessione della attenuante del risarcimento del danno (che ha a sua volta determinato la possibilità di accogliere la richiesta di patteggiamento oltre che l’applicazione di una pena illegale) la sentenza impugnata deve essere annullata. L’annullamento va pronunciato senza rinvio mentre gli atti devono essere trasmessi al giudice a quo per nuovo giudizio, in quanto la nullità investe lo stesso accordo intervenuto tra le parti, sicchè queste devono essere rimesse dinanzi al giudice nelle medesime condizioni in cui si trovavano prima dell’accordo annullato, non essendo loro preclusa la possibilità di eventualmente riproporlo, sia pure in termini diversi ed a diverse condizioni (Sez. Un., 27.5.2010, n. 35738, Calibe, m.

247841).
P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e dispone trasmettersi gli atti al tribunale di Bologna.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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