Cons. Stato Sez. VI, Sent., 12-04-2011, n. 2240 Vincoli

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Ministero per il beni e le attività culturali riferisce che con istanza in data 8 giugno 2000 il sindaco del Comune di Campo nell’Elba presentò agli stessi uffici comunali un’istanza di autorizzazione paesistica (art. 2, L.R. Toscana 2 novembre 1979, n. 52), al fine di realizzare un progetto di "riqualificazione ambientale della zona di Punta Bardella, Le serre, Capo Poro e Colle di Palombaia con la creazione di un sistema di itinerari, ippovie e un museo delle postazioni belliche di Capo Poro’.

L’area in questione è risulta assoggettata a vincolo paesistico ai sensi della l. 29 giugno 1939, n. 1497 ( D.M. in data 18 agosto 1952).

Dall’esame degli atti risulta che il progetto in questione avrebbe comportato (fra l’altro):

– il restauro del sentiero esistente;

– la risistemazione dell’ippovia già esistente;

– la realizzazione di punti panoramici e di un giardino terrazzato;

– la realizzazione di aree di sosta attrezzate per i cavalli e per i picnic;

– "la predisposizione di una piccola area di scambio situata sul raccordo tra il sentiero e la strada provinciale 25 anello occidentale per consentire l’accesso e la sosta degli animali e dei mezzi di trasporto".

Gli interventi in questione venivano esaminati dalla commissione edilizia comunale, la quale esprimeva parere favorevole, osservando che "l’intervento garantisce con le scelte adottate la valorizzazione dell’ambiente rendendolo fruibile e sicuro. Gli interventi localizzati sono rivolti al rispetto dell’ambiente usando materiali che si riscontrano in sito. Il progetto prevede di non alterare, nella sostanza, l’aspetto paesaggistico".

Conseguentemente, con atto in data 13 giugno 2000 il comune di Campo dell’Elba – nella sua qualità di ente subdelegato al rilascio dei titoli abilitativi paesistici – rilasciava la richiesta autorizzazione, facendo rinvio per relationem alle valutazioni espresse dalla commissione edilizia.

L’autorizzazione veniva, quindi, trasmessa alla Soprintendenza per i beni ambientali, architettonici, artistici e storici per le province di Pisa, Livorno, Lucca e Massa Carrara, per l’esercizio del potere previsto dall’art. 151 del d.lgs. 29 ottobre 1999, n. 490 (ratione temporis rilevante).

Con provvedimento in data 7 agosto 2000 (impugnato in primo grado), la Soprintendenza annullava l’autorizzazione paesaggistica comunale, ritenendo che essa fosse viziata di profili di carenza di motivazione e di eccesso di potere.

In particolare, la Soprintendenza osservava "(che) le caratteristiche tecniche del percorso presuppongono il rispetto di specifiche normative e la creazione di uno stato giuridico definito. Nel caso in oggetto, caratterizzato da un paesaggio incontaminato la creazione di un sistema di itinerari ed ippovie comporta la realizzazione di opere incompatibili con l’ambiente. I luoghi, del resto, sono già attrezzati da un sistema di percorsi tradizionalmente usati e quindi tale intervento e la conseguente trasformazione risulta essere incompatibile con le caratteristiche naturali del paesaggio tutelato e costituirebbe, pertanto, una alterazione irreversibile di esso".

Col ricorso n. 2718 del 2000, il provvedimento statale veniva impugnato dal comune di Campo nell’Elba innanzi al tribunale amministrativo regionale per la Toscana, il quale con la sentenza gravata accoglieva il ricorso e annullava il decreto del Soprintendente, rilevando che:

– l’autorizzazione paesistica comunale esponeva in modo adeguato e non irragionevole le ragioni di compatibilità paesistica degli interventi proposti;

– al contrario, il decreto statale di annullamento si limitava a motivare solo in modo generico circa le presunte ragioni di incompatibilità fra gli interventi proposti e il vincolo esistente sulla zona;

– comunque, il medesimo decreto aveva travalicato i limiti del mero esame di legittimità e si era spinto sino ad operare indebite valutazioni di merito circa la valenza paesistica dell’intervento in quanto tale.

La sentenza in questione veniva gravata in sede di appello dal Ministero per i beni e le attività culturali, il quale ne chiedeva l’integrale riforma, articolando un unico motivo di doglianza.

All’udienza pubblica del giorno 1° febbraio 2011 la causa veniva trattenuta in decisione.
Motivi della decisione

1. Giunge alla decisione del Collegio il ricorso in appello proposto dal Ministero per i beni e le attività culturali avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Toscana con cui è stato accolto il ricorso proposto dal Comune di Campo nell’Elba (n.r.g. 2718/2000) e per l’effetto è stato annullato il provvedimento con cui era stato disposto l’annullamento dell’autorizzazione paesistica rilasciata dal Comune per un progetto di "riqualificazione ambientale della zona di Punta Bardella, Le serre, Capo Poro e Colle di Palombaia con la creazione di un sistema di itinerari, ippovie e un museo delle postazioni belliche di Capo Poro’.

2. Con l’unico motivo di gravame, il Ministero osserva che l’autorizzazione paesistica rilasciata dal Comune appellato risultasse effettivamente viziata dai profili di illegittimità riscontrati dalla Soprintendenza con il provvedimento impugnato in primo grado, in quanto il progetto all’origine dei fatti di causa risultava idoneo ad introdurre sull’area in questione (meritevole di particolare tutela) "elementi di degrado e di nuova antropizzazione come ad esempio la sistemazione a parcheggio di un’area attualmente ricoperta da folta vegetazione autoctona".

Secondo il Ministero appellante, quindi, il provvedimento annullato dal TAR risulterebbe congruamente finalizzato ad impedire la realizzazione sull’area di nuove opere (in quanto tali, idonee ad inficiare le esigenze di tutela paesistica ivi esistenti), intendendo limitare gli interventi a realizzarsi a quelli di pura manutenzione e riattamento delle installazioni esistenti (es.: consolidamento del piano di calpestio).

Del resto, le valutazioni sottese all’operato della Soprintendenza non avrebbero comportato (indebite) valutazioni di merito, limitandosi – piuttosto – a censurare l’autorizzazione comunale per ragioni di legittimità sotto il profilo dell’eccesso di potere e della carenza di motivazione.

E ancora, a meno di non voler svilire oltremodo le prerogative demandate all’attività di controllo statale, occorrerebbe ritenere che il vaglio sulla legittimità degli atti di assenso ai fini paesistici possa indagare in modo pieno la coerenza e congruità dell’iter logico seguito, così come la correttezza delle attività istruttorie svolte, al fine di impedire che il progetto esaminato comporti alterazioni dei valori paesistici del sito o del bene protetto dal vincolo.

2.1. L’appello non può trovare accoglimento.

2.1.1. Si osserva in primo luogo al riguardo che l’autorizzazione paesistica rilasciata dal Comune nel giugno del 2000 e annullata dalla Soprintendenza abbia esplicitato in modo articolato (sia pure attraverso il meccanismo del rinvio per relationem al contenuto del parere favorevole espresso dalla commissione comunale) le ragioni per cui il proposto intervento era ritenuto compatibile con il vincolo paesistico esistente sull’area in questione.

In particolare, la commissione comunale si è diffusamente espressa sulle tipologie dei lavori previsti, rilevandone la effettiva natura di "interventi di manutenzione ambientale’, caratterizzati dalla utilizzazione di un tracciato pedonale e di una mulattiera preesistenti e dalla valorizzazione di muri a secco, di terrazzamenti e piccoli ricoveri, oltre che dall’inserimento di segnaletica, sedute, fonti, recinti e un belvedere.

Le valutazioni svolte dal Comune risultano così basata su specifici accertamenti sulle soluzioni progettuali e non su mere clausole di stile, che di per sé implicano la sussistenza di profili di eccesso di potere e giustificano senz’altro l’esercizio del potere di annullamento da parte della Soprintendenza.

Infatti, per un consolidato orientamento giurisprudenziale, l’autorità statale può porre a fondamento del proprio atto di annullamento un qualunque vizio di legittimità relativo all’autorizzazione paesistica oggetto di annullamento (con particolare riguardo alle varie figure sintomatiche dell’eccesso di potere e al difetto di motivazione).

Tuttavia, la Soprintendenza – sotto le spoglie di un annullamento per ragioni di legittimità – non può sovrapporre una propria valutazione discrezionale di merito a quella compiuta dall’amministrazione subdelegata (Ad. Plen., dec. n. 9 del 2001; Sez. VI, 25 settembre 2009, n. 5772; VI, 23 maggio 2006, n. 3076; VI, 21 ottobre 2005, n. 5937).

Risulta pertanto illegittimo l’atto statale impugnato in primo grado, poiché

– la motivazione posta a fondamento del provvedimento del Soprintendente risulta insufficiente, per avere affermato in modo apodittico che le caratteristiche tecniche del percorso "presuppongono il rispetto di specifiche normative e la creazione di uno stato giuridico definito", senza collegare tali affermazioni di principio a puntuali riferimenti normativi i quali deporrebbero ex se nel senso dell’illegittimità dell’autorizzazione paesistica;

– a sua volta, l’affermazione secondo cui la realizzazione del previsto sistema di itinerari ed ippovie avrebbe determinato la realizzazione di opere ex se "incompatibili con l’ambiente" si traduce in un giudizio aprioristicamente contrario alla realizzazione dell’intervento, senza che sia espressa un’effettiva motivazione in ordine alle ragioni che ne paleserebbero l’illegittimità;

– ancora, l’affermazione secondo cui "tale intervento e la conseguente trasformazione risulta essere incompatibile con le caratteristiche naturali del paesaggio tutelato e costituirebbe, pertanto, una alterazione irreversibile di esso" palesa – sotto le fattezze di un giudizio di legittimità – null’altro, se non l’intenzione di sovrapporre il proprio giudizio tecnicodiscrezionale a quello espresso dall’amministrazione subdelegata.

A p. 3 dell’atto d’appello, l’Amministrazione statale ha dedotto che il progetto in questione comporterebbe "la sistemazione a parcheggio di un’area attualmente ricoperta da folta vegetazione autoctona".

Osserva al riguardo il collegio che tale circostanza non è stata richiamata nel provvedimento di annullamento ed è stata prospettata per la prima volta con l’appello (sicché non è tale da integrare la motivazione del medesimo provvedimento).

Peraltro. Sotto il profilo sostanziale, dalla documentazione acquisita emerge che la commissione ha valutato anche tale aspetto, avendo constatato come il progetto in questione prevedesse la "predisposizione di una piccola area di scambio situata sul raccordo tra il sentiero e la strada provinciale 25 – anello occidentale per consentire l’accesso e la sosta degli animali e dei mezzi di trasporto".

3. Per le ragioni sin qui esposte, l’appello in epigrafe deve essere respinto.

Le spese del secondo grado del giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello n. 1546 del 2006, lo respinge.

Condanna il Ministero appellante alla rifusione in favore del Comune di Campo nell’Elba delle spese di lite, che liquida in complessivi euro 2.000 (duemila), oltre gli accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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