Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo
Col ricorso di primo grado n. 13617 del 2005, proposto al TAR per la Campania, l’appellata ha impugnato l’atto del Direttore generale dell’Ente regionale per il diritto allo studio universitario di Napoli del 27 luglio 2004, n. 380, con cui veniva disposta la revoca della borsa di studio percepita per l’anno accademico 199920000 con l’applicazione della sanzione amministrativa ai sensi dell’art. 23 della legge 2 dicembre 1991, n. 390.
L’impugnato atto di secondo grado si fonda, sostanzialmente, sulla circostanza che l’interessata, sebbene richiesta, avrebbe omesso di allegare documenti certificativi del reddito riferibile ai componenti la sua famiglia d’origine, o, in alternativa, elementi dai quali si potesse dimostrare la sua condizione di "studente indipendente": solo ed esclusivamente il possesso di quest’ultima qualifica, infatti, ai sensi della normativa prevista dal bando di concorso EDISU 19992000, le avrebbe consentito di non conteggiare, tra i redditi disponibili, quelli ascrivibili ai componenti la sua famiglia d’origine.
L’appellata ha contestato entrambi gli assunti, deducendo che non avrebbe dovuto allegare i dati reddituali riferibili alla sua famiglia d’origine, in quanto il suo nucleo familiare, all’atto della domanda, non li contemplava, e tanto meno, il possesso da parte sua, della qualifica di "studente indipendente". Quest’ultimo requisito non era infatti necessario per consentirle la percezione della borsa. Conseguentemente (e coerentemente con queste premesse), ella non avrebbe mai indicato il reddito dei componenti la famiglia d’origine né sostenuto, in domanda, o successivamente, di essere "studente indipendente".
Per questo stesso motivo l’interessata aveva ritenuto superfluo accedere alle richieste di allegazioni rivoltele, sul punto, dall’amministrazione.
Ai fini dell’ottenimento della borsa da parte sua era infatti necessario dimostrare solo che il suo "nucleo familiare convenzionale" – nella definizione che di esso offriva la stessa lex specialis – era stato titolare, nell’anno precedente a quello di emanazione del bando, di un reddito imponibile complessivo inferiore ai "valori di soglia" previsti quali requisiti per l’ottenimento dell’erogazione. Circostanza che era stata puntualmente allegata e dimostrata in domanda.
Da tutto ciò discendeva che le richieste di integrazioni documentali della p.a. dovevano ritenersi improprie, e conseguentemente ingiusto doveva considerarsi il provvedimento di revoca fondato sull’inottemperanza a queste ultime.
La sentenza appellata ha accolto il ricorso, fondando le sue argomentazioni sull’articolo 5 del bando di concorso, emesso dall’ente appellante, per l’anno 1999/2000.
La sentenza ha evidenziato che effettivamente queste norme consentivano di non indicare redditi che, secondo criteri di ragionevolezza, dovevano essere computati.
Ma di ciò si è resa perfettamente conto l’amministrazione che, nell’adottare il bando per l’anno accademico successivo, ha previsto che "il nucleo familiare convenzionale dello studente è composto dal richiedente il beneficio, dai genitori del richiedente e da tutti coloro… che risultano dallo stato di famiglia", aggiungendo i genitori del richiedente, che, nel bando per l’anno 1999/2000, non erano previsti.
Col gravame in epigrafe, l’amministrazione ha appellato la sentenza del giudice di primo grado, affermando che "lo scopo dei particolari requisiti richiesti, nel caso in cui gli aspiranti all’assistenza dichiarino di essersi distaccati dai genitori, è proprio quello di dimostrare che essi sono in grado di sostenersi da soli, onde evitare l’elusione della normativa relativa ai limiti massimi di reddito e patrimoniali, che sarebbero facilmente aggirabili con opportunistiche variazioni di residenza e inserimenti in nuclei familiari diversi da quelli d’origine scelti preventivamente, prima della partecipazione al concorso, tra quelli a più baso reddito".
L’appello censura la sentenza di primo grado anche perché in essa non vi sarebbe alcuna pronuncia, nemmeno marginale, sulla richiesta di revoca e rimborso della quota parte della borsa di studio non spettante, costituita da Lire 2.900.000 (Euro 1.497,73), corrisposta alla studentessa in quanto dichiaratasi "fuori sede", mentre essa stessa ha ammesso di non poter documentare il soggiorno a Napoli, condizione "sine qua non" per ottenere il beneficio della maggiorazione sopra citata.
In data 19 gennaio 2001 si è costituita in giudizio l’appellata.
All’udienza del 1° febbraio 2001 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Motivi della decisione
L’appello è infondato.
La sentenza appellata ha chiaramente evidenziato, proponendone una lettura sinottica, che i bandi per gli anni 1990/2000 e 2000/2001 erano differenti e che solo nel bando emanato per l’anno 2000/2001 era prevista, al punto 5.3, la rilevanza della presenza dei genitori del richiedente nella composizione del nucleo familiare convenzionale.
Tenuto conto dello specifico contenuto dei due bandi, la Sezione concorda con la motivata affermazione del giudice di primo grado, sul rilievo del dato testuale del bando di cui si è avvalso l’interessata, che la esonerava dall’allegazione dei redditi della famiglia d’origine.
In ordine all’ulteriore e subordinata censura, relativa alla restituzione di parte della borsa riscossa in qualità di "fuori sede", l’appellata ne ha dedotto l’inammissibilità perché con il provvedimento impugnato era stata disposta la revoca del beneficio e non la sua riduzione.
L’eccezione dell’interessata è fondata.
Il provvedimento impugnato in primo grado (n. 380 del 27 luglio 2004) non conteneva alcuna disposizione che imponesse la restituzione parziale della borsa: esso non si è occupato della questione attinente alla qualità di "fuori sede’, cosicché la censura formulata dall’amministrazione avverso la sentenza del TAR ha introdotto un tema del tutto diverso da quello oggetto del giudizio di primo grado.
In conclusione l’appello va respinto.
Le spese del secondo grado del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) definitivamente pronunciando sull’appello n. 1336 del 2006, come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Condanna l’amministrazione appellante al pagamento in favore dell’appellata della somma di Euro 1.500,00 (euro millecinquecento/00) per spese del secondo grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
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