Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 13-01-2011) 13-04-2011, n. 14974 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con ordinanza del 13.7.2010 il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Lecce disponeva la custodia cautelare in carcere di: P.G. e L.L. indagati per violazione dell’art. 416 bis c.p., D.P.R. n. 309 del 1990, artt. 74 e 73, aggravati dalla L. n. 152 del 1991, art. 7.

Avverso tale provvedimento gli indagati proponevano istanza di riesame.

Il Tribunale di Lecce con ordinanza 10.8.2010 accoglieva parzialmente i ricorsi, escludendo l’aggravante di cui alla L. n. 152 del 1991, art. 7 con riguardo ai reati sub b) e c).

Sosteneva il Tribunale l’esistenza dei gravi indizi di colpevolezza a carico di entrambi gli indagati con riguardo ai reati per cui l’ordinanza applicativa della misura è stata confermata sulla scorta dei seguenti elementi: intercettazioni telefoniche ed ambientali con contestuali servizi sul territorio che hanno portato a perquisizioni e sequestri. Dalle conversazioni intercettate emergeva che il latitante C.S., noto e carismatico esponente della Sacra Corona Unita già condannato con sentenze irrevocabili, capeggiava un gruppo armato che, con metodo mafioso, operava sulla parte nord della provincia leccese realizzando estorsioni e trafficando in droga.

Il Tribunale indicava che fra i suoi uomini vi erano:

P.G. detto il (OMISSIS) che è formalmente un affiliato.

Il Giudice del merito sottolineava come dalle conversazioni telefoniche e ambientali e dai servizi sul territorio, emergesse che (OMISSIS) aveva officiato, per conto di C.S., la cerimonia di affiliazione, avvenuta il (OMISSIS), di PR. G., CA.Vi. e L.L.. La cerimonia era stata infatti anticipata da alcune conversazioni dalle quali era dato apprendere che il CA.Vi., autista del PR., avrebbe portato presso l’abitazione di costui il (OMISSIS).

Gli operanti, che avevano predisposto un servizio sul territorio, notavano arrivare il CA. in compagnia del P..

Il P. aveva contatti diretti con il latitante C. anche dopo l’arresto di costui, tramite la moglie di questi S. S..

Era uomo di fiducia del PR..

Era attivo anche nel traffico degli stupefacenti, partecipando a viaggi di approvvigionamento nel territorio barese e occupandosi della cessione a sub-acquirenti per conto del gruppo.

L.L. detto (OMISSIS) o il (OMISSIS).

E’ nipote di P.S. detto (OMISSIS).

E’ stato affiliato come lo zio all’associazione di C. il 28.2.2009, prima era affiliato all’associazione che faceva capo a V.L., precedente referente della zona di (OMISSIS).

Dalle intercettazioni si apprendono, dopo l’arresto di C., contatti fra L. e la S.S., moglie dell’arrestato.

Dalle indagini emerge il suo inserimento anche nel gruppo dedito al narcotraffico nel quale si occupava della cessione a sub-acquirenti della droga e del recupero dei crediti. In particolare il Tribunale richiamava la conversazione ambientale, intercettata il 27.2.2009 all’interno della Fiat Punto, fra PR. e C. S., nel corso della quale i due parlavano della contabilità del gruppo e il PR. riferiva che il L. doveva ancora dei soldi per cessioni di droga. Dal giudice veniva richiamato anche l’episodio R.P. (un subacquirente) per dimostrare l’inserimento del L. nel gruppo in esame, già prima della formale affiliazione, con il ruolo di acquirente.

Aggiungeva il Tribunale che le sussistenti esigenze cautelari ai sensi dell’art. 275 c.p.p., comma 3 imponevano per tutti gli indagati la detenzione carceraria.

Ricorrono per cassazione personalmente P.G. e L. L. deducendo come unico motivo la nullità dell’ordinanza per contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione.

Contestano che il Tribunale ha fondato la sua decisione su mere deduzioni con motivazione contraddittoria in contrasto con le risultanze probatorie.

Entrambi i ricorsi sono inammissibili perchè presentano motivi generici.

I motivi presentati mancano infatti di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione.

Deve infatti ricordarsi che il requisito della specificità implica, per la parte impugnante, l’onere non solo di indicare con esattezza i punti oggetto di gravame, ma di spiegare anche le ragioni per le quali si ritiene ingiusta o contro, legem la decisione, all’uopo evidenziando, in modo preciso e completo, anche se succintamente, gli elementi che si pongono a fondamento delle censure. Requisito dei motivi di impugnazione è infatti la loro specificità, consistente nella precisa e determinata indicazione dei punti di fatto e delle questioni di diritto da sottoporre al giudice del gravame.

Conseguentemente, la mancanza di tali requisiti rende l’atto di impugnazione inidoneo ad introdurre il nuovo grado di giudizio ed a produrre effetti diversi dalla dichiarazione di inammissibilità.

Nel caso in esame i ricorrenti si sono limitati ad affermare che il provvedimento impugnato si è limitato a trarre conclusioni affrettate senza fare alcuna reale e convincente riflessione in merito alla condotta del ricorrente ed in merito a tutti gli elementi che integrano il reato senza tenere in considerazione la specifica motivazione del Tribunale del Riesame che ha dato conto di tutti gli elementi a carico dei due indagati.

I ricorsi devono pertanto essere dichiarati inammissibili.

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della cassa delle ammende della somma di Euro mille, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.

Poichè dalla presente decisione non consegue la rimessione in libertà dei ricorrenti, deve disporsi – ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter, – che copia della stessa sia trasmessa al direttore dell’istituto penitenziario in cui gli indagati trovasi ristretti perchè provveda a quanto stabilito dal citato art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 bis.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille ciascuno alla cassa delle ammende.

Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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