T.A.R. Campania Napoli Sez. III, Sent., 12-04-2011, n. 2112 Bellezze naturali e tutela paesaggistica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con il ricorso in epigrafe, notificato il 16 luglio 2010 e depositato il successivo 31 agosto, la ricorrente ha impugnato il decreto del 23 marzo 2010 con il quale la Soprintendenza ha annullato l’autorizzazione paesaggistica rilasciata il 24 novembre 2009 dal Comune di Somma Vesuviana per la realizzazione di un Centro Polifunzionale in località Margherita.

Premette la ricorrente, di essere proprietaria di un fondo facente parte del piano di lottizzazione convenzionata Parco dei Pini approvato con delibera del Consiglio comunale n. 100 del 31 luglio 1987 e di aver chiesto in data 24 ottobre 2006 il permesso di costruire un centro polifunzionale. Su detta istanza si esprimeva favorevolmente il Comune che concedeva l’autorizzazione paesaggistica n. 105/2009.

Successivamente la Soprintendenza, dopo aver richiesto con nota del 23 dicembre 2009 integrazioni documentali, e segnatamente gli "atti di legittimità della lottizzazione Parco dei Pini cui fa riferimento la CEI ed a cui parametri e fabbricati compara l’edificio in progetto", perveniva all’impugnato annullamento del nulla osta comunale. In particolare, l’amministrazione statale evidenziava in motivazione: "trattasi della realizzazione di un centro polifunzionale su di un terreno appartenente alla lottizzazione Parco dei Pini. Esaminati gli elaborati trasmessi, comprese le integrazioni pervenute dal Comune in data 28.1.2010 a riscontro alla nota prot. 7924 del 23.12.2009 di quest’ufficio con la quale fra l’altro si richiedevano "atti legittimità della lottizzazione Parco dei Pini cui fa riferimento la CEI ed a ai cui parametri e fabbricati compara l’edificio in progetto" si rileva che il Comune non ha fornito alcun atto di legittimità sotto il profilo paesaggistico della lottizzazione. Pertanto si ritiene che la CEI abbia espresso un parere fondato su falsi presupposti, utilizzando quali parametri composititvi una preesistenza sprovvista dei necessari atti di legittimità paesaggistica".

A sostegno del gravame deduce i seguenti motivi:

1) violazione degli artt. 7 e ss. della legge n. 241 del 1990, della legge n. 15/2005, dell’art. 159 del d.lg. n. 42/2004, dell’art. 97 della Costituzione, violazione del diritto alla difesa e al contraddittorio, violazione del giusto procedimento contraddittorietà, in quanto la Soprintendenza non ha comunicato l’avvio del procedimento;

2) stesse censure sub 1) e violazione dell’art. 10bis della legge n. 241 del 1990 in quanto non sono stati comunicati i motivi ostativi al rilascio del parere;

3) violazione degli artt. 151 e ss. del T.U. n. 490/1999, eccesso di potere, erroneità dei presupposti di fatto e di diritto e sviamento in quanto il decreto fonda su una motivazione illegittima considerato che il Comune ha tempestivamente inviato i documenti richiesti (in particolare la delibera del C.C. n. 100 del 31 luglio 1987 di approvazione della lottizzazione Parco dei Pini ai sensi della l.r. n. 14/1982) e in quanto la Soprintendenza ha rinnovato il giudizio di merito e non ha verificato in concreto la compatibilità ambientale dell’opera.

Si è costituito per resistere al ricorso a mezzo dell’Avvocatura distrettuale dello Stato il Ministero per i beni e le attività culturali.

La domanda di tutela cautelare è stata respinta con l’ordinanza n. 4870 del 23 settembre 2010.

Nell’imminenza dell’udienza del 24 marzo 2011, all’esito della quale la causa è stata trattenuta in decisione, la ricorrente ha depositato una ulteriore memoria insistendo per l’accoglimento del gravame.
Motivi della decisione

1. Il ricorso è infondato e va respinto.

Oggetto della presente controversia è il decreto con il quale la Soprintendenza ha annullato l’autorizzazione paesaggistica rilasciata dal Comune di Somma Vesuviana per la realizzazione di un Centro polifunzionale in località Margherita.

Il progetto ricade, in particolare, su un terreno facente parte del piano di lottizzazione Parco dei Pini approvato con delibera del Consiglio comunale n. 100 del 31 luglio 1987. In proposito la Soprintendenza, con nota del 23 dicembre 2009 inviata per conoscenza all’interessata, ha chiesto al Comune "gli atti di legittimità della lottizzazione cui fa riferimento la CEI ed a cui parametri e fabbricati compara l’edificio in progetto". L’amministrazione statale è successivamente pervenuta all’impugnato decreto di annullamento in quanto "il Comune non ha fornito alcun atto di legittimità sotto il profilo paesaggistico della lottizzazione. Pertanto, si ritiene che la CEI abbia espresso un parere fondato su falsi presupposti, utilizzando come parametri compositivi una preesistenza sprovvista dei necessari atti di legittimità paesaggistica".

Con il terzo dei motivi dedotti, la ricorrente censura il provvedimento impugnato per motivazione illegittima, in quanto il Comune ha tempestivamente inviato i documenti richiesti (in particolare la delibera del C. C. n. 100/1987 di approvazione del piano di lottizzazione nel rispetto della procedura di cui alla l.r. n. 14/1982) e in quanto la Soprintendenza ha rinnovato il giudizio di merito non verificando in concreto la compatibilità ambientale dell’opera.

Nessuna delle proposte censure merita accoglimento.

Come chiarito in premessa, l’intervento edilizio oggetto di causa deve essere realizzato su un fondo facente parte di un piano di lottizzazione. La Soprintendenza ha riscontrato nell’istruttoria eseguita con l’ausilio del Comune che il suddetto piano risalente all’anno 1987 non ha mai ricevuto il vaglio sotto il profilo paesaggistico. E, invero, dagli atti di causa non risulta che sulla lottizzazione edilizia alcuna autorità abbia espresso il necessario, come si dirà, parere di compatibilità paesistica. Al riguardo la ricorrente si limita a dedurre la circostanza dell’avvenuto invio all’autorità statale della delibera di approvazione del piano la quale avrebbe comunque rispettato la procedura di cui alla l.r. n. 14/1982.

Osserva il Collegio che in disparte le disposizioni della legge da ultimo citata (recante la disciplina degli "indirizzi programmatici e direttive fondamentali relative all’esercizio delle funzioni delegate in materia urbanistica ai sensi dell’art. 1, II comma, della l.r. 1° settembre 1981, n. 65") l’art 28, comma 2, della legge 17 agosto 1942 n. 1150 (modificato dalla legge n. 765/1967) stabilisce che "nei Comuni forniti di programma di fabbricazione ed in quelli dotati di piano regolatore generale fino a quando non sia stato approvato il piano particolareggiato di esecuzione, la lottizzazione di terreno a scopo edilizio può essere autorizzata dal Comune previo nulla osta del provveditore regionale alle opere pubbliche, sentita la Sezione urbanistica regionale, nonché la competente Soprintendenza". Detta norma è stata così interpretata o meglio "attualizzata" dal Consiglio di Stato: "l’art. 28, l. 17 agosto 1942, n. 1150, nel testo modificato dalla l. n. 765 del 1967, stabilisce espressamente che le lottizzazioni di terreno a scopo edilizio possono essere autorizzate dal Comune, ma occorrono sia l’approvazione regionale, sia il parere della competente Soprintendenza. Il parere della competente Soprintendenza comporta che sui piani di lottizzazione deve essere compiuta una valutazione ai fini paesistico – ambientali e ai fini storico – artistici, ai sensi della L. n. 1439 del 1939 e della L. n. 1089 del 1939. Il parere della "competente Soprintendenza" previsto dall’art. 28, L. n. 1150 del 1942, compete ora alle Regioni a statuto ordinario, in virtù dell’art. 1, co. 3, D.P.R. 15 gennaio 1972, n. 8, a norma del quale il trasferimento dallo Stato alle Regioni ordinarie delle funzioni amministrative in materia urbanistica riguarda anche le attribuzioni esercitate dagli organi centrali e periferici del Ministero della pubblica istruzione ai sensi della L. 6 agosto 1967, n. 765 (C. Stato, sez. IV, 13 marzo 1991, n. 181). Tra le attribuzioni del Ministero della pubblica istruzione (cui ora è subentrato il Ministero per i beni culturali e ambientali) stabilite dalla L. n. 765 del 1967, rientra appunto il parere della competente Soprintendenza sui piani di lottizzazione ai sensi dell’art. 28, L. n. 1150 del 1942. Dal quadro normativo così delineato emerge dunque che i piani di lottizzazione necessitano di parere paesistico, che è di competenza delle Regioni (C. Stato, sez. IV, 16 giugno 1986, n. 421; C. Stato, sez. IV, 27 luglio 1993, n. 742). Detto parere, essendo volto a verificare la compatibilità paesistica del piano, ha natura giuridica sostanziale di autorizzazione paesistica, e come tale è soggetto al controllo ministeriale ai sensi dell’art. 82, D.P.R. n. 616 del 1977" (Consiglio di stato, sez. VI, 02 marzo 2000, n. 1095). Condivisibile giurisprudenza ha, dunque, affermato che: "l’art. 28 comma 2 della legge 17 agosto 1942 n. 1150 estende ai piani di lottizzazione la necessità di una valutazione sotto il profilo paesistico, indipendentemente dalla presenza di un vincolo paesisticoambientale. Qualora un tale vincolo sussista, tanto per l’intervento di una dichiarazione di notevole interesse pubblico riferita a un bene determinato (art. 136 e 157 del Dlgs. 42/2004) quanto per effetto della tutela ex lege dei contesti ambientali (art. 142 del Dlgs. 42/2004), è necessaria una vera e propria autorizzazione paesistica, sottoposta nel regime transitorio al potere di annullamento ministeriale ex art. 159 del Dlgs. 42/2004. Il controllo della Soprintendenza non è limitato alle opere di urbanizzazione previste dal piano di lottizzazione ma si estende a tutti gli elementi che assumano rilievo ai fini della tutela del paesaggio, compresi gli indici edilizi previsti dalle NTA del piano e i dati planivolumetrici riguardanti i singoli edifici. Non è corretto scindere l’esame in due momenti rinviando gli indici edilizi e i dati planivolumetrici alla fase delle edificazioni singole, in quanto le opere di urbanizzazione sono calibrate sulle dimensioni complessive del piano e dunque non sarebbe ragionevole imporre ai lottizzanti il rischio di realizzare investimenti inutili o sproporzionati rispetto alle effettive possibilità edificatorie. Quando il piano di lottizzazione contenga dettagli sulle singole costruzioni l’analisi paesistica e il controllo della Soprintendenza devono quindi coinvolgere l’intero intervento edilizio senza limitarsi alle sole opere di urbanizzazione. L’aspettativa che sorge in capo ai lottizzanti per effetto dell’esame favorevole del piano di lottizzazione è meritevole di tutela e impedisce alla Soprintendenza di procedere poi, nell’esame delle singole autorizzazioni paesistiche, a una revisione radicale del precedente giudizio (v. C.d.S. Sez. VI 18 ottobre 2000 n. 5601). Una simile revisione può considerarsi legittima solo se nel frattempo siano stati introdotti elementi progettuali nuovi o se il maggiore grado di precisione delle progettazioni singole faccia emergere un impatto completamente diverso che non era stato evidenziato nel piano di lottizzazione" (T.A.R. Lombardia, Brescia, 8 aprile 2010, n. 1516).

Tornando al caso che occupa, la Soprintendenza nell’esaminare il progetto di realizzazione del manufatto ha rilevato che lo stesso si inserisce in un piano di lottizzazione convenzionato mai esaminato sotto il profilo paesaggistico. Correttamente l’amministrazione statale ha quindi concluso che nel concedere il parere favorevole all’intervento, la CEI si è basata su "su falsi presupposti, utilizzando come parametri compositivi una preesistenza sprovvista dei necessari atti di legittimità paesaggistica". In effetti la CEI così motiva il proprio assenso: "visto che il terreno oggetto dell’intervento ricade in zona C/2 nel PRG comunale, appartenente alla lottizzazione Parco dei Pini, essa è un’area residua, pertanto può essere rilasciato il permesso di costruire. Il progetto rispetta gli indici urbanistici ed edificatori dell’area. Parere ambientale: il fabbricato si inserisce all’interno del contesto urbano, pertanto, esprime parere favorevole".

Da quanto precede si ricava agevolmente che il contesto urbano cui il Comune parametra l’opera al fine di valutarne la compatibilità paesaggistico – ambientale è quello relativo a una serie di interventi modificativi del territorio che scaturiscono dalla lottizzazione in questione. Il mancato preventivo esame illo tempore dell’impatto ambientale del piano avrebbe dunque richiesto, in sede di rilascio dell’autorizzazione paesaggistica alla realizzazione di un manufatto che in questa si inserisce, una valutazione ben più articolata. E’, infatti, evidente come nella fattispecie il Comune nel rinviare acriticamente agli indici urbanistici ed edificatori del piano nonché all’inserimento in quel particolare contesto dell’opus da realizzare non ha nella sostanza espresso alcuna valutazione paesaggistica. Detta valutazione non è stata effettuata prima, sulla delibera del Consiglio comunale n. 100 del 1987 che si preoccupa di definire solo aspetti urbanistici e non è stata nemmeno compiuta dopo, in sede di rilascio del nulla osta comunale oggetto di causa. A questo punto risulta evidente che il parere favorevole dell’autorità comunale preposta alla tutela del vincolo ambientale è viziata per i profili richiamati, dell’errroneità dei presupposti, del difetto di istruttoria e di motivazione. Contrariamente a quanto dedotto con il terzo motivo la Soprintendenza ha rilevato tipici vizi di legittimità dell’atto comunale senza sovrapporre il proprio giudizio di merito a quello dell’ente subdelegato. Proprio per rispettare i confini del potere attribuitole dalla legge in sede di controllo, l’autorità statale non poteva verificare in concreto la compatibilità ambientale dell’opera (terzo motivo) dovendo limitare l’esame all’atto comunale sottoposto alla sua attenzione.

Pienamente legittimo è dunque, con riguardo ai profili evidenziati, l’impugnato provvedimento di annullamento dell’autorizzazione paesaggistica rilasciata dal Comune.

Sono infondati anche i primi due motivi dedotti con i quali si lamenta la violazione degli artt. 7 e 10 bis della legge n. 241 del 1990 per omessa comunicazione di avvio del procedimento da parte della Soprintendenza e dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza.

Valga in proposito richiamare quanto già sostenuto da questa sezione. "La disciplina contenuta nel Codice dei beni culturali e del paesaggio (d.lg. 22 gennaio 2004 n. 42) e in particolare l’art. 159 comma 1 (applicabile anche nel caso di rilascio di autorizzazione paesaggistica nell’ambito di un procedimento di condono) consente alla Soprintendenza di omettere la comunicazione di avvio del procedimento relativo all’annullamento dell’autorizzazione comunale, posto che la comunicazione anche agli interessati, da parte dell’Amministrazione Comunale, dell’invio alla Soprintendenza dell’autorizzazione rilasciata costituisce avviso di inizio del procedimento, ai sensi e per gli effetti della l. n. 241 del 1990. Detta specifica disciplina ha superato quella precedente e, quindi, anche quella di cui al d.m. n. 165 del 2002, la quale escludeva del tutto la necessità dell’invio dell’avvio per i procedimenti del genere in commento (T.A.R. Campania Napoli, sez. VII, 13 ottobre 2009, n. 5407). In particolare, l’obbligo di comunicare l’avvio del procedimento, previsto in relazione alla generalità degli atti amministrativi dall’art. 7, l. 7 agosto 1990 n. 241, espressamente ribadito per i procedimenti di annullamento ministeriale dall’art. 4 comma 1, d.m. 13 giugno 1994 n. 495, recante regolamento per l’attuazione degli artt. 2 e 4 della l. n. 241 del 1990, ed eliminato dal d.m. 19 giugno 2002 n. 165, è stato ripristinato dal d.lg. 22 gennaio 2004 n. 42, il quale (agli artt. 146 e 159) ribadisce l’obbligo di comunicare all’interessato l’avvio del procedimento di annullamento dell’autorizzazione paesaggistica, anche se attraverso la speciale forma della comunicazione agli interessati della trasmissione dell’autorizzazione rilasciata da parte dell’autorità preposta alla tutela del vincolo (T.A.R. Lazio Roma, sez. II, 01 febbraio 2008, n. 888). Come più volte ribadito dalla giurisprudenza, l’obbligo dell’Amministrazione statale di dare notizia dell’avvio del procedimento volto all’eventuale annullamento dell’autorizzazione paesaggistica può essere validamente ottemperato con qualsiasi meccanismo che assicuri il raggiungimento dello scopo di consentire all’interessato la chiara percezione dell’avvio della nuova fase procedimentale, preordinata al controllo dell’autorizzazione già rilasciata; in particolare è stato ritenuto che l’avviso della trasmissione degli atti al Ministero (in calce all’atto autorizzatorio), o anche l’indicazione del Ministero tra i destinatari dell’atto medesimo, soddisfi adeguatamente le esigenze che sono alla base della comunicazione dell’avvio del procedimento, dovendosi pertanto considerare equipollenti alla comunicazione di cui all’art. 7 L. n. 241 (C.d.S sez. VI, 22 giugno 2007, n. 3440; Consiglio Stato, sez. VI, 09 febbraio 2007, n. 533; Consiglio Stato, sez. V, 29 maggio 2006, n. 3220). Con riferimento al caso in esame, rileva che, dopo l’entrata in vigore del d. lgs. n. 42/2004, la fattispecie è disciplinata dall’art. 159 il quale dispone: "la comunicazione è inviata contestualmente agli interessati, per i quali costituisce avviso di inizio di procedimento, ai sensi e per gli effetti della legge 7 agosto 1990, n. 241". Deve, pertanto, ritenersi superata la giurisprudenza (anche di questa Sezione) secondo cui sussisteva l’obbligo dell’autorità statale di dare notizia all’interessato dell’avvio del procedimento preordinato all’eventuale annullamento del nullaosta paesaggistico, tesi che può legittimamente sostenersi solo per i procedimenti integralmente svolti prima della modifica regolamentare introdotta con il D.M. n. 165 del 19 giugno 2002 (cfr. Consiglio Stato, sez. VI, 01 febbraio 2010, n. 392). In ogni caso, anche con riferimento al diverso indirizzo giurisprudenziale precedentemente seguito da questa Sezione, vale, anche nel caso in esame, il pacifico insegnamento della giurisprudenza secondo cui l’obbligo di cui all’art.7 non può essere applicato meccanicamente e formalisticamente, essendo volto non solo ad assolvere ad una funzione difensiva a favore del destinatario dell’atto conclusivo, ma anche a formare nell’Amministrazione procedente una più completa e meditata volontà, e pertanto si deve ritenere che il vizio derivante dall’omissione di comunicazione (di avvio del procedimento) non sussiste nei casi in cui lo scopo della partecipazione del privato sia stato comunque raggiunto o manchi l’utilità della comunicazione all’azione amministrativa(Cons. St., VI Sez., n. 1844/08; V, n. 6641/04 e n. 343/02). Ciò si verifica allorquando il soggetto inciso sfavorevolmente da un provvedimento non dimostri che, ove fosse stato reso edotto dell’avvio del procedimento, sarebbe stato in grado di fornire elementi di conoscenza e di giudizio tali da far determinare in modo diverso le scelte dell’Amministrazione procedente(cfr. in termini, Cons. St, IV Sez., nn. 1844 e 343 cit.; Sez. II, n. 1359/99)" (T.A.R. Campania, Napoli, sez. III 30 giugno 2010, n. 16494).

Nella fattispecie, peraltro, la Soprintendenza ha inviato per conoscenza alla ricorrente la nota del 23 dicembre 2009, con la quale ha richiesto al Comune integrazioni documentali. L’interessata, dunque, era pienamente al corrente della questione principale, poi posta a base del disposto annullamento, della mancanza degli atti di legittimità paesistica del piano di lottizzazione.

Quanto alle disposizioni di cui all’art. 10 bis, l. n. 241 del 1990, queste non sono applicabili al procedimento statale di verifica della legittimità dell’autorizzazione paesaggistica comunale, dal momento che la relativa comunicazione ha ad oggetto "i motivi che ostano all’accoglimento della domanda", laddove la funzione del potere di cui costituisce espressione il decreto di annullamento di un’autorizzazione paesaggistica, siccome riconducibile alla tipologia dei procedimenti di secondo grado, non è quella di verificare la sussistenza dei presupposti legittimanti il rilascio del provvedimento favorevole, ma quella di scrutinare la legittimità dell’autorizzazione rilasciata dall’amministrazione comunale (T.A.R. Campania Napoli, sez. IV, 18 maggio 2009, n. 2667).

In conclusione il ricorso è infondato e va respinto.

2. Secondo il principio della soccombenza le spese processuali, che trovano liquidazione in dispositivo, devono essere poste a carico del ricorrente in favore del solo Ministero costituito.
P.Q.M.

Il Tribunale amministrativo regionale per la Campania, sede di Napoli, Terza Sezione, definitivamente pronunciando sul ricorso di cui in epigrafe (R.G. n. 4870/2010) lo respinge.

Condanna A.D.M. a rifondere al Ministero per i beni e le attività culturali le spese del giudizio che si liquidano in complessivi euro 1.500,00 (millecinquecento), oltre maggiorazioni, I.V.A. e c.a.p., come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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