Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 13-01-2011) 13-04-2011, n. 14972 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con ordinanza in data 27.4.2010 la Corte d’Assise d’Appello di Bari ripristinava ex art. 307 c.p.p., comma 2, lett. b), la misura inframuraria nei confronti di C.G. condannato ad 8 anni di recl. per violazione del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74 ritenendo sussistente il pericolo di fuga.

Avverso tale provvedimento l’indagato proponeva appello ex art. 310 c.p.p. eccependo l’insussistenza del pericolo di fuga, considerato che l’imputato aveva osservato sempre le prescrizioni impostegli.

Il Tribunale di Bari con ordinanza 1.7.2010 respingeva l’appello ritenendo che l’entità della pena, la personalità dell’imputato gravato da plurimi precedenti specifici, l’accertata sussistenza di un’associazione in grado di garantire la latitanza dei propri adepti rendeva sussistente il pericolo di fuga in termini di concretezza ed attualità.

Aggiungeva che non era ipotizzatale la concessione dell’indulto con riguardo al delitto p.p. dal D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74.

Ricorre per Cassazione il difensore dell’indagato deducendo violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. b) e c) in relazione all’art. 546 c.p.p., lett. e) art. 310 c.p.p., art. 581 c.p.p., lett. c) art. 597 c.p.p., art. 274 c.p.p., lett. b) e art. 307 c.p.p., comma 2, lett. b) L. n. 241 del 2006, artt. 309 e 165 c.p.p. per violazione di legge processuale, mancanza, contraddittorietà, manifesta illogicità della motivazione.

Sottolinea il ricorrente come l’imputato rimasto in libertà per più di un anno, nonostante una condanna in primo grado a ad anni 11 e mesi 4 di recl. non aveva dato adito a problemi di sorta.

Contesta l’affermazione di non concedibilità dell’indulto considerato che il C. era stato condannato anche per reati di spaccio, sottolinea che nessuno degli imputati del processo in esame si sia mai dato alla latitanza.

Il ricorso è infondato.

La struttura e lo sviluppo argomentativo dell’ordinanza risultano conformi ai canoni della logica e sono rispondenti ad una corretta interpretazione della normativa di cui all’art. 274 c.p.p., in relazione all’art. 307 c.p.p., comma 2, lett. b).

Deve premettersi che l’art. 307 c.p.p., comma 2, lett. b) prevede la possibilità di ripristino della custodia cautelare nei confronti dell’imputato scarcerato per decorrenza dei termini "contestualmente o successivamente alla sentenza di condanna di primo o di secondo grado quando ricorre l’esigenza cautelare prevista dall’art. 274 c.p.p., comma 1, lett. b)". Il ripristino della custodia previsto da tale disposizione è, dunque, subordinato a due concorrenti presupposti: il primo è costituito dalla pronuncia di una sentenza di condanna di primo o di secondo grado; il secondo dalla circostanza che l’imputato si è dato alla fuga o che sussiste concreto pericolo che l’imputato si dia alla fuga.

Ciò posto, poichè la norma introduce una evidente deroga alla disciplina dei termini massimi della custodia cautelare, sia pur limitata ai termini di fase e non operante ai termini complessivi di cui all’art. 303 c.p.p., comma 4, è innegabile che essa ha carattere eccezionale e non può essere estesa per via analogica, dovendo, al contrario, essere oggetto di stretta interpretazione, rigorosamente ancorata ai precisi presupposti prefigurati dalla legge processuale.

Nella giurisprudenza di questa Corte è stato chiarito che, ai fini del ripristino, determinato da sopravvenuta condanna, della custodia cautelare nei confronti di imputato scarcerato per decorrenza dei termini, la sussistenza del pericolo di fuga non può essere ritenuta nè sulla base della presunzione, ove configurabile, di sussistenza delle esigenze cautelari stabilita dall’art. 275 c.p.p., comma 3, nè per la sola gravità della pena inflitta con la sentenza, che è soltanto uno degli elementi sintomatici per la prognosi da formulare al riguardo, la quale va condotta non in astratto, e quindi in relazione a parametri di carattere generale, bensì in concreto, e perciò con riferimento ad elementi e circostanze attinenti al soggetto, idonei a definire, nel caso specifico, non la certezza, ma la probabilità che lo stesso faccia perdere le sue tracce (personalità, tendenza a delinquere e a sottrarsi ai rigori della legge, pregresso comportamento, abitudini di vita, frequentazioni, natura delle imputazioni, entità della pena presumibile o concretamente inflitta), senza che sia necessaria l’attualità di suoi specifici comportamenti indirizzati alla fuga o a anche solo a un tentativo iniziale di fuga (Cass., Sez. Un., 11 luglio 2001, Litteri ed altri, rv. 219600).

Ciò posto, deve sottolinearsi che il Tribunale ha compiuto un’organica ed esauriente valutazione concreta della peculiare situazione rilevando che, a fronte della condanna nessuna garanzia di affidabilità deriva dalla personalità del C., gravato da plurimi precedenti penali per delitti di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, artt. 73 e 74 e dichiarato sorvegliato speciale di P.G., partecipe in un’associazione che risulta ancora operante, come indicato nella nota della Squadra Mobile di Bari del 15.4.2010, richiamata nel provvedimento della Corte d’Appello, circostanze tutte che rafforzano il giudizio prognostico relativo al pericolo di fuga.

Lo sviluppo argomentativo della motivazione è fondato su una coerente analisi critica degli elementi di giudizio disponibili e sulla loro coordinazione in un organico quadro interpretativo.

La motivazione dell’ordinanza impugnata supera il vaglio di legittimità demandato a questa Corte, il cui sindacato non può che arrestarsi alla verifica del rispetto delle regole della logica, senza poter attingere l’intrinseca consistenza delle valutazioni riservate al giudice di merito. Il Tribunale ha tenuto conto anche del presofferto e dell’eventuale applicazione del beneficio dell’indulto, concludendo per una non applicabilità in tale sede considerato il titolo del reato.

In conclusione, risultando infondato in tutte le sue articolazioni, il ricorso deve essere rigettato e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali. La cancelleria dovrà provvedere all’adempimento prescritto dall’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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