T.A.R. Campania Napoli Sez. III, Sent., 12-04-2011, n. 2109 Demolizione di costruzioni abusive

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con il ricorso in epigrafe, notificato il 10 dicembre 2005 e depositato il 9 gennaio 2006, il ricorrente ha impugnato il provvedimento con il quale il Comune di Trecase gli ha ordinato il ripristino dello stato dei luoghi e la demolizione delle opere abusive realizzate alla via C.G. Rea n. 75 e consistenti nella realizzazione di "una muratura perimetrale in blocchi di lapilcemento a sostegno di un solaio di calpestio in c.a. di circa mq. 110 a quota mt. 1,50 circa dal livello del terreno su cui risultano edificati n. 3 pilastri in c.a. e parziale muratura in blocchi di lapilcemento".

Il ricorrente, premesso di essere proprietario di un vecchio rudere della superficie di 110 mq. oggetto di interventi di manutenzione straordinaria e risanamento conservativo senza aumenti di volumetria né modifica della sagoma e del prospetto, deduce i seguenti motivi di ricorso:

1) violazione delle leggi n. 1150/1942, n. 10/1977, D.P.R. n. 380/2001, art 7 del d.l. n. 9/1982, art. 48 della l. n. 457/1978, eccesso di potere per difetto di motivazione, genericità, perplessità, violazione dei principi sanzionatori in materia urbanistica in quanto per le opere eseguite, che non hanno comportato alcun aumento di volumetria né modifica della sagoma, non era necessario munirsi del permesso di costruire essendo sufficiente la DIA;

2) eccesso di potere, difetto di istruttoria e motivazione in quanto dal provvedimento non si evince in che modo l’opera contrasti con la normativa urbanistica;

3) violazione della legge n. 241/1990, eccesso di potere per violazione del giusto procedimento e difetto di istruttoria in quanto non è stato comunicato l’avvio del procedimento e non sono state indicate le ragioni della sanzione adottata ed è stata presentata istanza di accertamento di conformità ai sensi dell’art. 36 del D.P.R. n. 380/2001.

Alla pubblica udienza del 10 marzo 2011 la causa è stata trattenuta in decisione.
Motivi della decisione

1. Il ricorso è infondato e va respinto.

Oggetto della presente controversia è il provvedimento con il quale il Comune di Trecase ha ordinato il ripristino dello stato dei luoghi e la demolizione delle opere abusive realizzate alla via C.G. Rea n. 75 e consistenti nella realizzazione di "una muratura perimetrale in blocchi di lapilcemento a sostegno di un solaio di calpestio in c.a. di circa mq. 110 a quota mt. 1,50 circa dal livello del terreno su cui risultano edificati n. 3 pilastri in c.a. e parziale muratura in blocchi di lapilcemento".

Il ricorrente non contesta né la consistenza delle opere eseguite, né l’assenza dei titoli abilitativi affidando la propria difesa al fatto che sarebbero stati realizzati lavori di mero restauro su un immobile (di 110 mq.) già esistente senza alterarne né la volumetria né la sagoma. Da tale assunto discenderebbe l’illegittimità della sanzione rispristinatoria potendo l’intervento essere autorizzato con semplice DIA (primo motivo).

Il motivo non ha pregio.

Il ricorrente non fornisce, infatti, alcun elemento dal quale possa desumersi la legittima e qualificata preesistenza del manufatto. Al riguardo questo Tribunale ha chiarito in numerose occasioni che "l’onere di fornire la prova dell’epoca di realizzazione di un abuso edilizio incombe sull’interessato, e non sull’amministrazione, che, in presenza di un’opera edilizia non assistita da un titolo edilizio che la legittimi, ha solo il poteredovere di sanzionarla ai sensi di legge e di adottare, ove ricorrano i presupposti, il provvedimento di demolizione" (ex multis T.A.R. Campania Napoli, sez. VIII, 02 luglio 2010, n. 16569).

Con riguardo alla insufficienza della motivazione (secondo e terzo motivo) rammenta il Collegio che in presenza di un abuso edilizio "l’ordinanza di demolizione non richiede, in linea generale, una specifica motivazione; l’abusività costituisce di per sé motivazione sufficiente per l’adozione della misura repressiva in argomento. Ne consegue che, in presenza di un’opera abusiva, l’autorità amministrativa è tenuta ad intervenire affinché sia ripristinato lo stato dei luoghi, non sussistendo alcuna discrezionalità dell’amministrazione in relazione al provvedere" (T.A.R. Lazio Roma, sez. I, 19 luglio 2006, n. 6021); infatti "l’ordinanza di demolizione di opere edilizie abusive è atto dovuto e vincolato e non necessita di motivazione ulteriore rispetto all’indicazione dei presupposti di fatto e all’individuazione e qualificazione degli abusi edilizi" (T.A.R. Marche Ancona, sez. I, 12 ottobre 2006, n. 824) ed, ancora, "presupposto per l’emanazione dell’ordinanza di demolizione di opere edilizie abusive è soltanto la constatata esecuzione di queste ultime in assenza o in totale difformità del titolo concessorio, con la conseguenza che, essendo l’ordinanza atto dovuto, essa è sufficientemente motivata con l’accertamento dell’abuso, essendo "in re ipsa" l’interesse pubblico alla sua rimozione e sussistendo l’eventuale obbligo di motivazione al riguardo solo se l’ordinanza stessa intervenga a distanza di tempo dall’ultimazione dell’opera avendo l’inerzia dell’amministrazione creato un qualche affidamento nel privato" (Consiglio di Stato, sez. V, 29 maggio 2006 n. 3270).

Non inficia la legittimità dell’ordinanza di demolizione neppure la circostanza dell’avvenuta presentazione dell’istanza di accertamento di conformità ai sensi dell’art. 36 del D.P.R. n. 380/2001. In disparte il fatto che detta domanda non è stata neppure prodotta in giudizio, il Collegio richiama sul punto il proprio indirizzo secondo il quale "la validità ovvero l’efficacia dell’ordine di demolizione non risultano pregiudicate dalla successiva presentazione di un’istanza ex art. 36 del D.P.R. n. 380/2001, posto che nel sistema non è rinvenibile una previsione dalla quale possa desumersi un tale effetto, sicché, se, da un lato, la presentazione dell’istanza ex art. 36 cit. determina inevitabilmente un arresto dell’efficacia dell’ordine di demolizione, all’evidente fine di evitare, in caso di accoglimento dell’istanza, la demolizione di un’opera che, pur realizzata in assenza o difformità dal permesso di costruire, è conforme alla strumentazione urbanistica vigente, dall’altro, occorre ritenere che l’efficacia dell’atto sanzionatorio sia soltanto sospesa, cioè che l’atto sia posto in uno stato di temporanea quiescenza. All’esito del procedimento di sanatoria, in caso di accoglimento dell’istanza, l’ordine di demolizione rimarrà privo di effetti in ragione dell’accertata conformità dell’intervento alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso sia al momento della presentazione della domanda, con conseguente venir meno dell’originario carattere abusivo dell’opera realizzata. Di contro, in caso di rigetto dell’istanza, l’ordine di demolizione riacquista la sua efficacia, con la sola precisazione che il termine concesso per l’esecuzione spontanea della demolizione deve decorrere dal momento in cui il diniego di sanatoria perviene a conoscenza dell’interessato, che non può rimanere pregiudicato dall’avere esercitato una facoltà di legge, quale quella di chiedere l’accertamento di conformità urbanistica, e deve pertanto poter fruire dell’intero termine a lui assegnato per adeguarsi all’ordine, evitando così le conseguenze negative connesse alla mancata esecuzione dello stesso" (cfr. in questo senso, T.A.R., Campania Napoli, sez. II, 14 settembre 2009, n. 4961 e C.d.S., sez. IV, 19 febbraio 2008, n. 849).

Destituita di ogni fondamento risulta anche l’ultima censura incentrata sulla omissione della fase partecipativa al procedimento (violazione degli artt. 7 e 10 della legge n. 241 del 1990) in quanto i provvedimenti repressivi degli abusi edilizi, non devono essere preceduti dalla comunicazione dell’avvio del procedimento (ex multis, T.A.R. Campania, Napoli, sez. IV 12 aprile 2005, n. 3780; 13 gennaio 2006, n. 651), perché trattasi di provvedimenti tipizzati e vincolati, che presuppongono un mero accertamento tecnico sulla consistenza delle opere realizzate e sul carattere non assentito delle medesime. Seppure si aderisse all’orientamento che ritiene necessaria tale comunicazione anche per gli ordini di demolizione, troverebbe comunque applicazione nel caso in esame l’art. 21 octies, comma 2 della legge n. 241 del 1990 (introdotto dalla legge n. 15/2005), nella parte in cui dispone che "non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento..qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato". Infatti, posto che l’ordine di demolizione è atto dovuto in presenza di opere realizzate in assenza del prescritto titolo abilitativo, nel caso in esame risulta palese che il contenuto dispositivo dell’impugnata ordinanza di demolizione non avrebbe potuto essere diverso se fosse stata data al ricorrente l’opportunità di interloquire con l’amministrazione.

2. Non essendosi costituita l’amministrazione resistente nulla va disposto in ordine alle spese del giudizio.
P.Q.M.

Il Tribunale amministrativo regionale per la Campania, sede di Napoli, sez. III, definitivamente pronunciando sul ricorso di cui in epigrafe (R.G. 135/2006) lo respinge.

Nulla per le spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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