Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 12-01-2011) 13-04-2011, n. 15070 Aggravanti comuni danno rilevante

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

AZZOTTA Gabriele che chiede dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
Svolgimento del processo

Con ordinanza datata 21-10-2010 il Tribunale di Torino – Sez. Riesame confermava a carico di I.B. il provvedimento emesso dal GIP. in data 2-10-2010, che disponeva l’applicazione della custodia cautelare in carcere in relazione al reato di cui agli artt. 81 cpv., 582 e 585 c.p. e art. 577 c.p., u.c., commesso in (OMISSIS) – (essendo indiziato di aver cagionato alla convivente R.F. una lesione personale guaribile in giorni 15, con trauma cranico e addominale, nonchè lesioni guaribili in giorni dieci in danno della sorella della predetta convivente, come indicata in rubrica) – escludendo, conformemente alle richieste della difesa, la contestata aggravante (trattandosi di aggravante applicabile nei reati ai danni del coniuge).

Avverso tale provvedimento proponeva ricorso per cassazione il suddetto indagato deducendo la mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione con riferimento alle esigenze cautelari di cui all’art. 274 c.p.p., lett. c) e in riferimento all’applicazione della misura della custodia in carcere, ritenuta l’unica idonea nei confronti dell’indagatoci sensi dell’art. 275 c.p.p., comma 3.

-1- In tal senso il ricorrente, ritenendo la configurabilità del vizio di legittimità di cui all’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e) – rilevava la mancanza, contraddittorietà ed illogicità della motivazione, relativa alla esistenza delle richiamate esigenze cautelari, connesse al pericolo di recidivanza, tali da rendere necessaria la custodia cautelare in carcere.

– A riguardo censurava il provvedimento del Tribunale, che aveva aderito alla valutazione effettuata dal GIP in base al semplice richiamo alle modalità della condotta, ed alla circostanza – riferita dalla parte lesa – che l’indagato sia persona dedita all’uso di alcool.

Tali elementi si consideravano inadeguati a sostenere l’esistenza delle esigenze cautelarle viceversa si rilevava che il Giudice aveva trascurato elementi ulteriori favorevoli all’indagato, quale lo stato di incensuratezza, che aveva reso più incisiva l’applicazione della misura detentiva, con efficacia deterrente del periodo di tempo decorso.

-2- In secondo luogo il suddetto ricorrente riteneva illogica l’esclusione della applicazione dell’art. 275 c.p.p., comma 2-bis, per cui la misura detentiva non può trovare applicazione nei casi in cui il giudice ritenga che, con la sentenza possa essere applicato il beneficio della sospensione condizionale – data la condizione di incensuratezza del soggetto indagato.

– Infine il ricorrente censurava l’ordinanza impugnata, per aver disatteso i principi di"specifica idoneità" e di "proporzione" previsti dall’art. 275 c.p.p..

Rilevava sul punto che altre misure meno afflittive, quali l’obbligo di presentazione alla P.S. o l’allontanamento dalla casa familiare, ai sensi dell’art. 282 bis c.p.p., o il divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla parte lesa ai sensi dell’art. 282 ter c.p.p., fossero idonee e come tali sufficienti a garantire le esigenze cautelari.

In ordine a tali elementi si rilevava l’assoluta carenza della motivazione, e in tal senso il ricorrente concludeva chiedendo l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
Motivi della decisione

Il ricorso deve ritenersi privo di fondamento.

In ordine alle censure articolate in riferimento alla mancanza delle esigenze cautelari ed al difetto di motivazione sul punto, deve evidenziarsi che il provvedimento impugnato rende esaustiva giustificazione della legittimità dell’ordinanza cautelare e della corretta valutazione dei presupposti idonei a configurare il quadro indiziario dotato di gravità a carico dell’odierno ricorrente in riferimento al reato contestato. Va ricordato al riguardo che secondo i canoni giurisprudenziali per cui si richiama – Cass. Sez. 5, 25 febbraio 2003, n. 9008 – "L’insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza ex art. 273 c.p.p., e delle esigenze cautelari di cui all’art. 274 c.p.p. è rilevabile in Cassazione soltanto se si traduce nella violazione di specifiche norme di legge od in mancanza e/o manifesta illogicità della motivazione, risultante dal testo del provvedimento impugnato ( art. 606 c.p.p., lett. e)), sotto il profilo della congruità e completezza della valenza sintomatica attribuita alle premesse costituite dagli indizi ed alla coerenza intrinseca delle conseguenze che se ne traggono in ordine alla prognosi di probabilità della colpevolezza dell’indagato".

Per tale principio, rilevando che nella specie, il provvedimento emesso dal Tribunale del Riesame, appare motivato richiamando i presupposti delle esigenze cautelari e la specifica necessità di ritenere la misura più affittiva come l’unica adeguata, non si ravvisa alcuna mancanza di motivazione sugli elementi essenziali ai fini della decisione, nè si configurano dati contrastanti con risultanze specificamente addottegli da rendere manifestamente illogica la motivazione. D’altra parte i motivi di ricorso si palesano al limite della inammissibilità, riproponendo questioni di merito attinenti alla scelta della misura che viceversa appare specificamente motivata dal Tribunale in senso contrario alle richieste difensive di applicare gli arresti domiciliari, dopo avere ritenuto corretta la valutazione del pericolo di reiterazione di analoghi reati come effettuato dal GIP. Nè tali questioni possono essere rivalutate in questa sede, in presenza di congrua motivazione relativa ai presupposti di cui agli artt. 274 e 275 c.p.p.. Infine si osserva che il Tribunale non ha trascurato di escludere l’aggravante contestata, e devono ritenersi ininfluenti le doglianze che riguardano l’omessa valutazione di elementi favorevoli all’indagato, non riferite ad altro che allo stato di incensuratezza, che di per sè resta assorbito dalla globale valutazione di concreto pericolo di recidivanza, di per sè ostativo alla applicazione di misura meno affittiva. Per tali motivi il ricorso deve essere rigettato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUINTA PENALE Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p..

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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