T.A.R. Campania Napoli Sez. III, Sent., 12-04-2011, n. 2101 Bellezze naturali e tutela paesaggistica Costruzioni abusive e illeciti paesaggistici

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con il ricorso in epigrafe, notificato il 4 giugno 2011 e depositato il successivo giorno 23, la ricorrente ha impugnato il provvedimento con il quale la Soprintendenza le ha comunicato che sussistono gli estremi per procedere all’annullamento dell’autorizzazione paesaggistica di cui al decreto del Comune n. 621 del 21.10.2009 relativa alla concessione della sanatoria di un locale adibito a deposito attrezzi.

Premette la ricorrente di aver presentato in data 21.3.1986 (prot. 25800) domanda di condono edilizio per un piccolo manufatto di circa 12,5 mq. e di altezza 2,10 m. adiacente al fabbricato di proprietà. Sulla scorta del parere favorevole della CEI il Comune ha emanato il richiamato decreto n. 621/2009 recante l’autorizzazione paesaggistica ai sensi dell’art. 159 del codice dei beni culturali (d.lg. n. 42/2004) e dell’art. 32 della legge n. 47/1985. Successivamente, la Soprintendenza con l’atto impugnato ha ritenuto "che sussistano gli estremi per procedere all’annullamento dell’autorizzazione in oggetto, in quanto non sono stati valutati elementi di riqualificazione del manufatto abusivo atti alla sua mitigazione nel contesto per cui l’intervento così realizzato costituisce detrattore ambientale".

A sostegno del gravame deduce i seguenti motivi di ricorso:

1) sviamento, violazione del principio di tipicità dei provvedimenti amministrativi, eccesso di potere per difetto dei presupposti, violazione degli artt. 146 e 159 del d.lg. n. 42/2004, contraddittorietà, violazione della circolare ministeriale prot. DGPBAACS04/34.01.04.2089 del 22 gennaio 2010 in quanto l’atto adottato dalla Soprintendenza è tardivo e atipico;

2) stessa censura sub 1);

3) stesse censure sub 1) e violazione dell’art. 23 del PTP dell’area del Vesuvio e dei relativi atti di attuazione, violazione del principio di autovincolo all’esercizio del potere discrezionale in quanto la Soprintendenza ha compiuto una inammissibile valutazione di merito e non ha motivato, se non in maniera generica e stereotipa, l’atto adottato, anche in violazione del Protocollo d’intesa siglato tra il Ministero per i beni culturali e il Comune di Portici in data 31 marzo 2005 (prot. 5975);

4) violazione degli artt. 7 e 10 bis della legge n. 241 del 1990, eccesso di potere per vizio di istruttoria e di motivazione, violazione dell’art. 159 del d.lg. n. 42/2004 e della relativa legge di delega n. 137/2002, violazione dell’art. 29 della legge n. 241/1990, violazione degli artt. 77 e 117 della Costituzione in quanto è stata omessa la comunicazione di avvio del procedimento anche da parte del Comune in sede di invio della documentazione alla Soprintendenza e, comunque, quest’ultima non ha doverosamente accertato che l’eventuale comunicazione del Comune sia andata a buon fine.

Si è costituito per resistere al ricorso a mezzo dell’Avvocatura distrettuale dello Stato il Ministero per i beni e le attività culturali.

Si è, altresì, costituito il Comune di Portici, per sostenere la legittimità dell’autorizzazione paesaggistica concessa.

La domanda di tutela cautelare è stata accolta con l’ordinanza n. 1566 del 16 luglio 2010.

Alla pubblica udienza del 24 marzo 2011 la causa è stata trattenuta in decisione.
Motivi della decisione

1. Il ricorso è fondato e va accolto.

Oggetto del presente giudizio è il provvedimento con il quale la Soprintendenza ha comunicato alla ricorrente che sussistono gli estremi per annullare l’autorizzazione paesaggistica rilasciata dal Comune di Portici relativamente a un manufatto adibito a deposito attrezzi per il quale è stato richiesto il condono ai sensi della legge n. 47/1985.

Così si è testualmente espressa la Soprintendenza: "si ritiene che sussistano gli estremi per procedere all’annullamento dell’autorizzazione in oggetto, in quanto non sono stati valutati elementi di riqualificazione del manufatto abusivo atti alla sua mitigazione nel contesto per cui l’intervento così realizzato costituisce detrattore ambientale".

Va in primo luogo confutato il motivo con il quale la ricorrente ha dedotto la tardività del provvedimento impugnato perché intervenuto oltre il termine perentorio di 60 gg. assegnato dalla legge all’amministrazione statale per procedere all’annullamento del nulla osta comunale. Dagli atti di causa risulta, infatti, che la Soprintendenza, a fronte dell’invio da parte del Comune del decreto oggetto di controllo in data 23 ottobre 2009 ha richiesto in data 3 dicembre 2009, integrazioni documentali che ha ricevuto in data 18 febbraio 2010. Successivamente ha adottato in data 16 aprile 2010 l’atto impugnato, dunque, nel pieno rispetto del termine perentorio di 60 gg. fissato dalla legge. In proposito la giurisprudenza ha da tempo chiarito che il termine di 60 gg. previsto dall’art. 159 del d.lg. n. 42/2004 per l’annullamento ministeriale comincia a decorrere solo quando la pratica è completa della documentazione necessaria. In caso di omessa o incompleta trasmissione di detta documentazione il termine non decorre e la Soprintendenza può legittimamente richiedere gli atti mancanti (C.d.S., sez. VI 4 settembre 2007, n. 4632). Peraltro, non avendo il provvedimento di annullamento dell’autorizzazione paesaggistica natura di atto recettizio, il termine perentorio di 60 gg. previsto per la sua adozione attiene al solo esercizio del potere di annullamento da parte dell’autorità statale e non anche alla comunicazione o notificazione ai destinatari del provvedimento stesso (in tal senso ex plurimis C.d.S., sez. VI 9 ottobre 2007, n. 5237).

Nel caso in esame come visto, avendo la Soprintendenza ricevuto tutta la documentazione in data 18 febbraio 2010 si è tempestivamente espressa in data 16 aprile 2010.

In secondo luogo, ritiene il Collegio che, a dispetto della particolare formula utilizzata dal Soprintendente ("sussistono gli estremi per procedere all’annullamento"), l’amministrazione statale abbia inteso effettivamente annullare l’autorizzazione comunale. Depone in tal senso, oltre al dato letterale (che si riferisce all’esistenza dei presupposti per l’annullamento), anche l’aver indicato nell’oggetto dell’atto il riferimento al procedimento di "verifica di compatibilità paesaggistica ai sensi dell’art. 159". Quest’ultimo, come è noto, disciplina per l’appunto (nel periodo transitorio) il potere di controllo dell’amministrazione statale sulle autorizzazioni paesaggistiche rilasciate dalla Regione o dagli enti subdelegati. In definitiva, in base al contenuto complessivo dell’atto, sebbene manchi il dispositivo, può desumersi la volontà dell’amministrazione statale di esercitare il potere previsto dal richiamato art. 159 annullando il nulla osta comunale.

A tale proposito risulta corretta, anche alla luce della circolare del Ministero per i beni culturali del 22 gennaio 2010, la ricostruzione della disciplina applicabile alla fattispecie de qua compiuta dalla ricorrente. Infatti sulla scorta del disposto dell’art. 159, del codice dei beni culturali il procedimento di rilascio dell’autorizzazione paesaggistica ivi disciplinato è applicabile fino al 31 dicembre 2009. Condivisibilmente la predetta circolare ha considerato il regime transitorio di cui all’art. 159 applicabile anche ai procedimenti autorizzatori in corso alla data del 31 dicembre 2009, purchè l’amministrazione (Regione o ente subdelegato) abbia già provveduto a rilasciare l’autorizzazione paesaggistica entro quella data. In questi casi l’amministrazione statale dovrà procedere al controllo di legittimità dell’atto se del caso annullandolo secondo la vecchia disciplina (art. 159).

Nella fattispecie, dunque, relativamente alla autorizzazione paesaggistica rilasciata dal Comune in data 21 ottobre 2009 è applicabile il regime transitorio di cui all’art. 159 del codice.

Ritiene al riguardo il Collegio, che l’impugnato provvedimento di annullamento dell’autorizzazione in oggetto sia affetto dal denunciato vizio di difetto di motivazione. La Soprintendenza, infatti, nell’intento di evidenziare l’omissione istruttoria del Comune, non indica nello specifico, rispetto al manufatto da sanare, che tipo di attività l’ente locale avrebbe dovuto svolgere. L’affermazione del tutto generica della mancata valutazione degli "elementi di riqualificazione del manufatto abusivo atti alla sua mitigazione nel contesto per cui l’intervento così realizzato costituisce detrattore ambientale", non consente di ricostruire le reali ragioni del disposto annullamento. Fondatamente deduce la ricorrente che un giudizio come quello espresso dalla Soprintendenza oltre a risultare privo di un reale contenuto, in quanto non risulta chiaro quale parametro l’amministrazione abbia preso a riferimento per ritenere l’opera non sanabile dal punto di vista paesaggistico, rischia di sconfinare in un inammissibile riesame nel merito della decisione adottata dall’ente locale (cfr. terzo motivo). Peraltro, nel costituirsi in giudizio la Soprintendenza sembra aver mutato la prospettiva sottostante alla propria determinazione di annullamento: non già la mancata valutazione da parte dell’ente locale degli elementi di riqualificazione del manufatto, bensì l’insufficienza della documentazione fotografica trasmessa dal Comune che non consentirebbe "una limpida e visibile lettura del contesto ove è stata realizzata l’opera abusiva". Queste ulteriori argomentazioni spese dall’amministrazione statale nello svolgere le proprie difese rendono ancora più perplessa la motivazione dell’atto. Se è vero, infatti, che la Soprintendenza non era fin dal principio in grado di valutare il contesto non si comprende quali "elementi di riqualificazione" (rispetto al contesto) il Comune avrebbe omesso di considerare.

In conclusione, in accoglimento del gravame, il provvedimento impugnato deve essere annullato, restando assorbite le ulteriori censure dedotte e salve le ulteriori determinazioni dell’amministrazione.

2. Le spese, secondo il principio della soccombenza, vanno poste a carico del solo Ministero, dovendo essere compensate nei confronti del Comune di Portici.
P.Q.M.

Il Tribunale amministrativo regionale per la Campania, sede di Napoli, sez. III, definitivamente pronunciando sul ricorso di cui in epigrafe (R.G. n. 3503/2010), così provvede:

a) lo accoglie e per l’effetto annulla il provvedimento impugnato salve le ulteriori determinazioni della pubblica amministrazione;

b) condanna il Ministero per i beni e le attività culturali a rifondere a G.G. le spese del giudizio che si liquidano in complessivi euro 1.000,00 (mille), oltre maggiorazioni, I.V.A. e c.a.p., come per legge;

c) compensa le spese nei confronti del Comune di Portici.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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