T.A.R. Campania Napoli Sez. III, Sent., 12-04-2011, n. 2100 Bellezze naturali e tutela paesaggistica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con il ricorso in epigrafe, notificato il 13 gennaio 2009 e depositato il successivo 12 febbraio, la ricorrente ha impugnato il decreto del 21 ottobre 2008 con il quale la Soprintendenza ha annullato il provvedimento n. 90 dell’11.9.2008 del Comune di Somma Vesuviana recante l’autorizzazione paesaggistica alla realizzazione di un deposito agricolo alla via Vignariello nello stesso Comune.

La ricorrente, premesso di aver presentato in data 15.2.2006 domanda di permesso di costruire un deposito agricolo, sulla quale si è espressa favorevolmente la CEI, deduce i seguenti motivi di ricorso:

1) violazione dell’art. 159, comma 3 e ss. del d.lg. n. 42/2004 (violazione dei principi in materia di annullamento dell’autorizzazione paesaggistica), travisamento dei fatti, difetto dei presupposti e di istruttoria ed eccesso di potere in quanto l’istruttoria del Comune è completa e la Soprintendenza ha riesaminato nel merito la determinazione comunale;

2) violazione dell’art. 97 della Costituzione, dell’art. 3 della legge n. 241 del 1990, difetto di motivazione, difetto di istruttoria, travisamento dei fatti, ingiustizia manifesta ed eccesso di potere in quanto il decreto non è supportato da un’idonea istruttoria, vizio che riverbera anche sulla motivazione dello stesso.

Si è costituito per resistere al ricorso a mezzo dell’Avvocatura distrettuale dello Stato il Ministero per i beni e le attività culturali.

Alla pubblica udienza del 24 marzo 2011 la causa è stata trattenuta in decisione.
Motivi della decisione

1. Il ricorso è infondato e va respinto.

Oggetto della presente controversia è il decreto con il quale la Soprintendenza ha annullato il nulla osta comunale alla realizzazione in zona vincolata di un deposito agricolo di 74 mq. su un fondo pari a 2.414 mq. di proprietà della ricorrente.

Il provvedimento impugnato fonda sulle seguenti ragioni: "trattasi della realizzazione di un deposito agricolo su un lotto esiguo, avente estensione di mq. 2.414. Esaminati gli elaborati grafici, fotografici e tutta la documentazione pervenuta, considerata la modesta dimensione del fondo e vista la nota protocollo n. 2542 dell’11 marzo 2003, con la quale si segnalava all’amministrazione comunale la necessità di individuare un lotto minimo per mantenere integra la valenza paesaggistica dell’agro vesuviano; preso atto della consistenza edilizia, considerato che l’opera, stante anche l’estrema esiguità del lotto, tende a trasformare il paesaggio secondo modelli tipici delle aree di lottizzazione poste ai margini dei centri abitati, e pertanto con ricorrenze figurative diverse da quelle su cui è prevista l’edificazione, ossia agricola, si ritiene che le opere, realizzate contribuirebbero alla perdita dei valori tipici del paesaggio agrario". Per questi motivi l’autorità statale ha ritenuto l’autorizzazione paesaggistica comunale viziata da "carenza di documentazione, eccesso di potere e violazione di legge".

Dal tenore letterale dell’atto impugnato, appare evidente che la Soprintendenza ha imputato al Comune la mancata valutazione dell’impatto paesaggistico del progetto in relazione alla vocazione agricola del territorio in cui questo ricade. In particolare, l’autorità di controllo richiama l’attenzione sul fatto che l’opera è realizzata in un fondo di modeste dimensioni e in quanto tale da inserirsi, ai fini della valutazione di compatibilità ambientale, in un contesto più ampio, quello nella specie dell’agro vesuviano, la cui valenza paesaggistica deve essere preservata. Per raggiungere questo obiettivo non basta riferirsi all’opera in sé e per sé ma occorre considerare l’insieme delle aree limitrofe alla zona dell’intervento. Il rischio paventato dall’autorità statale è che la notevole parcellizzazione dei lotti (cfr. sul punto la difesa dell’amministrazione) possa comportare un eccessivo inurbamento dell’area avente vocazione agricola in maniera tale da compromettere i valori paesaggistici da tutelare. Ciò a maggior ragione dove, come nella fattispecie, non sono state adottate prescrizioni relative alla dimensione del lotto minimo edificabile.

Da quanto precede risulta chiaro che la Soprintendenza non ha inteso sovrapporre il proprio giudizio di merito alla valutazione di compatibilità dell’intervento operata dal Comune (primo motivo) ma ha rilevato la carenza di istruttoria del provvedimento adottato da quest’ultimo. Non vi è, infatti, traccia nell’autorizzazione comunale di un qualsivoglia approfondimento con riguardo alla possibilità di inserire il nuovo manufatto senza alterare la valenza paesaggistica dell’area. Il nulla osta si limita a tale proposito ad affermare in modo apodittico, richiamando il parere della CEI, che il progetto "rispetta la normativa vigente e ben si inserisce nel contesto circostante".

Per vero l’istruttoria comunale è del tutto carente, sia volendo considerare il singolo intervento (dimensioni assolute, relative, collocazione nel fondo), sia riferendolo al contesto generale in cui questo ricade, dunque alla luce della richiamata problematica delle lottizzazioni esistenti ai margini dei centri abitati che possono determinare in alcuni casi in modo surrettizio e illegittimo la trasformazione di aree a destinazione agricola in zone residenziali.

Contrariamente a quanto afferma la ricorrente (primo motivo) l’istruttoria del Comune è lungi dall’essere completa e correttamente l’autorità statale in sede di controllo ha rilevato il vizio di legittimità che inficia l’atto dallo stesso adottato. Non si può al riguardo non osservare che la rilevata carenza di istruttoria riverbera inevitabilmente sulla motivazione del provvedimento comunale. Da quest’ultimo, infatti, non è dato ricavare in alcun modo i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno indotto l’autorità subdelegata a concedere l’autorizzazione paesaggistica per l’intervento de quibus. Nell’esprimere il parere favorevole la CEI non prende a riferimento alcun parametro limitandosi a una vuota e tautologica approvazione del progetto dal punto di vista paesaggistico (il manufatto "ben si inserisce nel contesto circostante"). Rammenta in proposito il Collegio che il difetto di motivazione del nulla osta comunale è ritenuto dalla giurisprudenza amministrativa vizio particolarmente grave e di per sé sufficiente a giustificare l’annullamento soprindententizio. "In considerazione della tendenziale irreversibiltà dell’alterazione dello stato dei luoghi, infatti, un’adeguata gestione dei vincoli paesistici impone che l’autorizzazione paesistica sia congruamente motivata, esponendo le ragioni di effettiva compatibilità degli abusi realizzati con gli specifici valori paesistici dei luoghi, con la conseguenza che il difetto di motivazione dell’autorizzazione giustifica per ciò solo il suo annullamento in sede di controllo" (Cons. st., Sez. V n. 4552/2005; Sez. VI, 8 agosto 2000, n. 4345; Sez. VI, 9 aprile 1998, n. 460; Sez. IV, 4 dicembre 1998, n. 1734; Sez. VI, 9 aprile 1998, n. 460; Sez. VI, 20 giugno 1997, n. 952; Sez. VI, 30 dicembre 1995, n. 1415; Sez. VI, 12 maggio 1994, n. 771).

Tutto quanto precede vale a confutare anche l’ultimo motivo con il quale si deduce il difetto di istruttoria e di motivazione del decreto impugnato. La Soprintendenza, infatti, davanti a un nulla osta sostanzialmente privo di istruttoria e motivazione non è tenuta, nell’esercizio del proprio potere di controllo, a supplire alle mancanze del Comune duplicandone l’attività. In altre parole l’amministrazione, nella fattispecie a fronte della evidente illegittimità della determinazione comunale, non poteva/doveva fare altro, per tutte le ragioni che sono state sopra illustrate, che rilevarne l’esistenza esercitando il potere di annullamento conferitole dalla legge.

In conclusione il ricorso va interamente respinto.

2. Le spese seguono la soccombenza e trovano liquidazione in dispositivo.
P.Q.M.

Il Tribunale amministrativo regionale per la Campania, sede di Napoli, Terza Sezione, definitivamente pronunciando sul ricorso di cui in epigrafe (R.G. n. 857/2009) lo respinge.

Condanna M.E. a rifondere al Ministero per i beni e le attività culturali le spese del giudizio che si liquidano in complessivi euro 1.000,00 (mille), oltre maggiorazioni, I.V.A. e c.a.p., come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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