Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 12-01-2011) 13-04-2011, n. 15032

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza in data 10-11-2009 la Corte di Appello di Bari riformava parzialmente nella definizione del trattamento sanzionatorio, la sentenza emessa dal Tribunale di Trani in data 19-3-2009, appellata da R.F., dichiarato colpevole dei reati di cui agli artt. 110 e 56 c.p., art. 625 c.p., nn. 2 e 5 e art. 61 c.p., n. 7 – in tal senso modificato il capo A) della rubrica, nonchè reati di cui all’art. 61 c.p., n. 2 e art. 582 c.p. – contestato al capo B), ed artt. 81 cpv., 110 e 624 c.p., art. 625 c.p., nn. 2 e 5, art. 61 c.p., n. 7 e artt. 56 e 624 c.p., art. 625 c.p., nn. 2 e 5 contestati ai capi C) e D), ritenuti unificati in continuazione.

Per l’effetto la pena era stata ridotta, previa concessione delle attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti, ad anni quattro di reclusione ed Euro 688,00 di multa, con interdizione dai pubblici uffici per anni cinque.

Nella specie si trattava di furti tentati e consumati nel parcheggio gestito da tale D.L.A., avvenuti in data (OMISSIS), e nell’occasione si era verificata ai danni del D.L. la condotta delittuosa contestata ai sensi dell’art. 582 c.p., e art. 61 c.p., n. 2 per avere il R. dato un pugno al viso del predetto, mentre costui lo aveva fermato per aver notato l’imputato a bordo di un autocarro – che non risultava di sua proprietà – nel momento in cui cercava di allontanarsi dal parcheggio.

Avverso la sentenza proponeva ricorso per cassazione il difensore del R..

– Con unico motivo il ricorrente deduceva la violazione di cui all’art. 606 c.p.p., lett. c), evidenziando che la Corte di Appello non aveva tenuto conto delle risultanze dalle quali emergeva l’estraneità del R. ai reati di cui ai capi C) e D), dei quali non risultava accertata la realizzazione nel medesimo lasso di tempo.

In secondo luogo, a sostegno della tesi difensiva, il ricorrente rilevava che le dichiarazioni rese dal guardiano del parcheggio, De.

L., erano poco attendibili, avendo egli affermato di aver visto i mezzi che uscivano a velocità elevata dall’autoparco;

diversamente la difesa evidenziava che il custode non aveva chiuso tempestivamente il cancello e che la sua condotta era da ritenere sospetta.

Rilevava altresì che non aveva alcun valore la deposizione del teste L.G., relativamente alla tentata estorsione subita dopo il furto del mezzo, trattandosi di condotta delittuosa autonoma rispetto a quella del furto.

Inoltre la evidenziava che secondo dichiarazioni del custode innanzi indicato il D.L. conosceva il R., avendolo chiamato per nome, al momento del fatto contestato.

Dai suddetti elementi il ricorrente desumeva il vizio della motivazione, ritenuta l’assenza di prove a carico del R., derivanti dalle testimonianze e dal sistema di videoregistrazione esistente nel luogo ove i veicoli erano custoditi, non essendo dalla registrazione emersi elementi significativi.

Pertanto il ricorrente chiedeva l’annullamento della sentenza impugnata.
Motivi della decisione

La Corte rileva che il ricorso deve ritenersi inammissibile.

Invero le deduzioni con cui si evidenzia la assenza di prove della condotta contestata ai capi C e D della rubrica, restano formulate con argomentazioni in fatto, tendenti essenzialmente ad una diversa interpretazione delle risultanze processuali, con riferimento ai rilievi dell’appellante già esaminati dal giudice di merito.

In tal senso deve rilevarsi che la sentenza impugnata si palesa dotata di motivazione adeguata alla affermazione di responsabilità per i delitti enunciati ai capi C e D ossia per i due reati di furto e tentativo di furto aggravati come da epigrafe, (oltre che per le lesioni contestate al capo B).

Invero il giudice di appello, dopo avere illustrato fl. 12 e seg. puntualmente le deduzioni della difesa circa l’assenza di validi elementi di prova a carico del R., rende – a fl. 15 e segg. – motivazione adeguata sulle richieste difensive, onde tale giudizio di merito, trova ampia e specifica giustificazione, e non viene scalfito nella sua logicità e coerenza con le risultanze probatorie dai generici rilievi difensivi, meramente ripetitivi delle questioni trattate.

Peraltro la difesa non evidenzia l’omessa valutazione di elementi che siano in concreto idonei a smentire l’assunto accusatorio, e che siano stati trascurati nel giudizio di appello nel valutare la globale responsabilità dell’imputato, onde i motivi di ricorso devono ritenersi anche manifestamente privi di fondamento, avendo il giudice del gravame reso congrua e logica motivazione sui punti oggetto di contestazione.

Va dunque dichiarata l’inammissibilità del ricorso, ed il ricorrente va condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle Ammende, che si determina in Euro 500,00.
P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUINTA PENALE Dichiara l’inammissibilità del ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 500,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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