T.A.R. Campania Napoli Sez. V, Sent., 12-04-2011, n. 2093 Competenza e giurisdizione del giudice amministrativo Espropriazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Espongono in fatto i ricorrenti di essere proprietari in zona D industriale del PRG di p.lla 1298 – fl.2 – di cui il Comune intende appropriarsi per complessivi mq.109,00 per realizzare una via di collegamento tra Via Tasso, Via Palazzeschi e Via delle Azalee. Peraltro Via Tasso occupa una carreggiata larga ml.4,50, è classificata a strada F ed è dotata di un limitato impianto fognario lungo il tratto iniziale per la lunghezza di ml.80,00; ancora Via Tasso si estende per circa 1 km sebbene l’originario alveo fosse largo appena ml.3,00. Il progetto veniva approvato con Delibere di Giunta nn.111 e 112 del 2009, che dichiarava la pubblica utilità con allargamento della carreggiata di Via Tasso a ml.10,00 dagli attuali ml.4,50; in tal modo è stato modificato profondamente l’ambiente urbanistico anche per la realizzazione di una nuova rete idricofognaria. Nonostante la scadenza del piano particolareggiato, l’Amministrazione intende privare i ricorrenti della loro proprietà, peraltro omettendo di riscontrare le loro osservazioni.

Benchè il ricorso sia stato ritualmente notificato, il Comune non si è costituito in giudizio.

Alla udienza pubblica del 7 aprile 2011 la causa è stata chiamata e trattenuta per la decisione come da verbale.
Motivi della decisione

1.Con il ricorso in esame parte ricorrente lamenta tra l’altro la violazione del DPR n.327/2001, del Decr. Legisl. n.267/2000, del Decr.Legisl. n.163/2006, nonché della L.R. n.3/2007.

2. In punto di giurisdizione la Sezione ritiene di non aver motivo per discostarsi nella circostanza dall’ormai consolidato indirizzo giurisprudenziale secondo il quale, nella materia dei procedimenti di espropriazione per pubblica utilità, ad eccezione delle ipotesi in cui l’Amministrazione espropriante abbia agito nell’assoluto difetto di una potestà ablativa come mancanza di qualunque facultas agendi vincolata o discrezionale di elidere o comprimere detto diritto – devolute come tali alla giurisdizione ordinaria, sono devolute alla giurisdizione amministrativa esclusiva le controversie nelle quali si faccia questione – anche ai fini complementari della tutela risarcitoria – di attività di occupazione e trasformazione di un bene conseguenti ad una dichiarazione di pubblica utilità e con essa congruenti, anche se il procedimento all’interno del quale sono state espletate non sia sfociato in un tempestivo e formale atto traslativo della proprietà ovvero sia caratterizzato dalla presenza di atti poi dichiarati illegittimi, purchè vi sia un collegamento all’esercizio della pubblica funzione (T.A.R. Lombardia, Brescia, I, 18.12.2008, n.1796; 1.6.2007, n.466; Cons. Stato, A.P. 30.7.2007, n.9 e 22.10.2007, n. 12; T.A.R. Basilicata, 22.2.2007, n.75; T.A.R. Puglia, Bari, III, 9.2.2007, n.404; T.A.R. Lombardia, Milano, II, 18.12.2007, n.6676; T.A.R. Lazio, Roma, II, 3.7.2007, n.5985; T.A.R. Toscana, I, 14.9.2006, n.3976; Cass. Civ., SS.UU., 20.12.2006, nn. 27190, 27191 e 27193).

2.1 Peraltro di recente si è affermato (Cons. Stato, IV, 2.3.2010, n.1222) che l’art.53 del DPR n.327/2001, per come ispirato al principio di concentrazione dei giudizi, ha attribuito rilevanza decisiva ai provvedimenti che impongono il vincolo preordinato all’esproprio e a quelli che dispongono la dichiarazione di pubblica utilità: una volta attivato il procedimento caratterizzato dall’esercizio del pubblico potere, sussiste la giurisdizione amministrativa esclusiva in relazione a tutti i conseguenti atti e comportamenti e ad ogni controversia che sorga su di essi, anche quando trattasi di procedimenti espropriativi diretti alla esecuzione dei lavori per la realizzazione o la modificazione di un’opera pubblica e di atti strumentali alla realizzazione di detta finalità pubblica (Cass. Civ., SS. UU., ord.za 16.12.2010, n.25393). Si è dunque in presenza di una fattispecie riconducibile alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, per come derivante da esercizio di un pubblico potere, anche nel caso in cui si lamenti formalmente l’occupazione di aree non comprese nell’ambito della procedura espropriativa, ma in realtà si abbia riguardo al decreto di esproprio, cioè alla determinazione del suo effettivo contenuto, per la dedotta occupazione di una superficie superiore a quella presa in considerazione da una precedente ordinanza di occupazione d’urgenza, poiché ai fini della liceità o meno va verificato lo specifico contenuto degli atti e degli accordi posti in essere nel corso del procedimento ablatorio.

2.2 Ritenuta dunque la giurisdizione sulla domanda di reintegra nel possesso proposta da parte ricorrente, resta da stabilire se le forme di tutela siano quelle previste dall’art 703 c.p.c., che rinvia agli art. 669 bis e ss. c.p.c., oppure quelle proprie del processo amministrativo. Ritiene il Collegio di seguire la seconda impostazione, poiché, come ha rilevato la Corte Costituzionale – investita di una questione di legittimità con riferimento all’inesistenza di un tutela cautelare ante causam avanti al g.a. – l’applicazione di istituti processualcivilistici non è giustificabile qualora le esigenze ad essi sottese vengano effettivamente tutelate da istituti propri del processo amministrativo (idem T.A.R. Umbria, 4.9.2002, n. 652). Nel caso in esame l’esigenza di tutela immediata, soddisfatta dagli artt. 703669 bis e ss. c.p.c., è efficacemente garantita mediante il procedimento di cui all’art 23bis della Legge n.1034/1971 (ora art.119 del Decr. Legisl. 2/7/2010, n.104 di riordino del processo amministrativo), di cui sussistono tutti i presupposti applicativi (essendo, in particolare, la controversia oggetto del presente giudizio contemplata dalla lettera b) del medesimo articolo).

Tali principi sono stati peraltro codificati nel Decr. Legisl. 2/7/2010, n.104 di riordino del processo amministrativo, che, all’art.133, lett.g), ha espressamente contemplato in siffatte controversie la giurisdizione esclusiva di questo giudice, ferma la giurisdizione del giudice ordinario per le ipotesi di determinazione e corresponsione delle indennità in conseguenza dell’adozione di atti di natura espropriativa o ablativa.

3. Quanto al merito della controversia in esame, il Collegio osserva che il progetto di opera pubblica in questione e di cui al piano particolareggiato della zona industriale del Comune di S. Antimo, quale divenuto esecutivo il 10 giugno 1985, conteneva vincoli che producono una pressoché totale ablazione del diritto di proprietà, essendo tanto intensi da annullare o ridurre notevolmente il valore degli immobili cui si riferiscono, ivi compresa l’ipotesi di imposizione temporanea di inedificabilità fino all’entrata in vigore dei piani particolareggiati.

Tuttavia nella fattispecie soccorre l’art. 17 della Legge 17 agosto 1942 n. 1150, da intendersi nel senso che, scaduto il termine di efficacia stabilito per l’esecuzione del piano particolareggiato, nella parte in cui esso è rimasto inattuato non possono più eseguirsi i previsti espropri, preordinati alla realizzazione delle opere pubbliche e delle opere di urbanizzazione primaria; pertanto va certamente censurato l’operato dell’Amministrazione che ha proseguito in una sequenza procedimentale indiscutibilmente viziata, rilevando – dopo la scadenza del termine decennale di efficacia del piano particolareggiato – la illegittimità degli espropri previsti dal piano per la realizzazione delle opere pubbliche e delle opere di urbanizzazione primaria ove, come nella fattispecie, non si versi in ipotesi in cui la possibilità di utilizzare uno strumento di pianificazione ad iniziativa privata (come la lottizzazione) permette al privato di superare ogni possibile inerzia dell’Amministrazione nella determinazione delle condizioni idonee a rendere possibile l’edificazione dell’area.

3.1 Sotto distinto profilo va rilevato che l’Ente resistente, per come evidenziato agli atti di giudizio, ha omesso di riscontrare le osservazioni di parte ricorrente, poi riprodotte in sede di giudizio per asserire la pretesa lacunosità dell’istruttoria quanto al progetto approvato in un Comune peraltro ad alto rischio sismico, così vanificando un meccanismo che ha inteso innestare nell’attività amministrativa un elemento di riqualificazione di grande rilievo civile, consistente nell’introduzione nel procedimento amministrativo della cultura della dialettica processuale, per cui alla prassi della definizione unilaterale del pubblico interesse, oggetto, nei confronti dei destinatari di provvedimenti restrittivi, di un riserbo ad excludendum già ostilmente preordinato a rendere impossibile o sommamente difficile la tutela giurisdizionale, è subentrato il sistema della democraticità delle decisioni e della accessibilità dei documenti amministrativi, in cui l’adeguatezza dell’istruttoria si valuta anzitutto nella misura in cui i destinatari sono stati messi in condizione di contraddire (ex plurimis, Cons. Stato, VI, 5.12.2007, n.6183; A. P., 15.9.1999, n.14). Si è dunque in presenza di un nuovo criterio di regolamentazione dell’azione dei pubblici poteri, fondato sulla valorizzazione del metodo dialettico come forma inderogabile di esercizio della funzione amministrativa, il cui rispetto, in quanto da un lato preordinato a garantire il contraddittorio nel procedimento amministrativo non solo a scopo difensivo ma anche ai fini della formazione di una più completa e razionale volontà dell’Amministrazione, dall’altro idoneo a garantire la partecipazione al procedimento dei soggetti direttamente interessati, risulta tra l’altro in stretta correlazione con i canoni di rango costituzionale dell’imparzialità e del buon andamento dell’azione amministrativa, assicurando la cura ottimale dell’interesse pubblico e parallelamente un’anticipata composizione dei conflitti; conseguentemente deve riconoscersi alle garanzie di partecipazione in questione la dignità giuridica di principio generale dell’ordinamento, con natura eccezionale di ogni disposizione derogatoria che escluda o limiti tale diritto.

4. Per questi motivi, previo assorbimento degli ulteriori motivi non oggetto di espressa trattazione, il ricorso va accolto con conseguente annullamento dei provvedimenti oggetto di impugnazione.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Quinta)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla i provvedimenti oggetto di impugnazione.

Condanna il Comune di S. Antimo al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate in Euro 2.000,00.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.

La sentenza è depositata presso la Segreteria del Tribunale che provvederà a darne comunicazione alle parti.

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