Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 12-01-2011) 13-04-2011, n. 15030

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza in data 28.9.2009 il Giudice monocratico del Tribunale di Bologna confermava nei confronti di D.G. e L. T. la sentenza emessa in data 9.12.2008 dal Giudice di Pace di Bologna con la quale i predetti erano stati, rispettivamente dichiarati – il D. responsabile del reato di minaccia, ex art. 612 c.p., comma 1, e la L. del reato di ingiurie ex art. 594 c.p., commi 1 e 4, e condannati come da dispositivo, oltre al risarcimento dei danni cagionati alla parte civile costituita, A.M..

Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione il difensore dei due imputati, deducendo la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione e la violazione di norme processuali art. 526 c.p.p.). A riguardo evidenziava che il giudice di appello aveva ritenuto, illogicamente, di poter considerare genuine ed attendibili le dichiarazioni della persona offesa costituitasi parte civile, mentre costei aveva riferito in dibattimento la frase pronunziata dall’imputato, in modo diverso da quanto denunziato, avendo precisato che l’imputato si era assunto le sue responsabilità per la gravidanza in atto e che aveva affermato "quando nascerà vedremo".

Da tale dichiarazione la difesa desumeva l’assenza del contenuto minaccioso della espressione usata e rilevava che le pretese difformità tra le versioni rese dalla parte lesa non erano state considerate dal Giudice, mentre sarebbe stato possibile un giudizio di assoluzione dell’imputato dal reato contestato ai sensi dell’art. 612 c.p.. Rilevava altresì che era stata disattesa la esigenza di verifica della attendibilità della persona offesa, e censurava la motivazione per carenza ed illogicità, oltre che per contraddittorietà degli elementi desunti dalle deposizioni assunte innanzi al primo giudice.

-2- Inoltre rilevava la illogicità della motivazione con la quale si era negata la concessione delle attenuanti generiche all’imputato, rilevando che egli era affetto da problemi di salute mentale, all’epoca del procedimento, e che per tali motivi non era stato in grado di intervenire nel dibattimento, secondo certificati medici esibiti dal difensore, che aveva peraltro avanzato richiesta di esame del D..

-3- Il difensore deduceva altresì la illogicità e contraddittorietà della motivazione relativa alla entità del risarcimento accordato alla parte civile, avendo il Giudice collegato la gravità dell’episodio di cui in rubrica alla situazione in cui la ragazza si era trovata, essendo stata indotta all’aborto dalla condotta minacciosa realizzata dall’imputato.

In senso contrario la difesa rilevava che tale tesi era smentita dalla rapida successione degli avvenimenti (v. primo motivo di ricorso).

3- Con ulteriore motivo la difesa deduceva, a favore della L., imputata del delitto di ingiuriala mancanza, contraddittorietà ed illogicità manifesta della motivazione, avendo il giudice di appello ritenuto in modo illogico come genuine ed attendibili le dichiarazioni della persona offesa, trascurando di valutare le il contesto nel quale era stata pronunziata dalla L. la frase a lei ascritta ai sensi dell’art. 594 c.p.. "Tu non hai avuto solo mio figlio, ma sei stata anche con altri, il bambino non è di mio figlio", ritenendosi tale frase non idonea ad arrecare offesa, e pronunziata in assenza dell’elemento psicologico del reato (la difesa riteneva tale espressione, priva di idoneità offensiva anche valutando che era dotata dei limiti di continenza e proveniva dalla madre di un giovane di ventidue anni, nel contesto in precedenza rilevato).

Peraltro il ricorrente rilevava che la relazione tra i due ragazzi era venuta meno da alcuni mesi. (v. fl. 9 del ricorso).

A riguardo evidenziava anche la illogicità e incongruenza della valutazione fatta dal giudice sulla adeguatezza della pena e dell’entità del risarcimento menzionando giurisprudenza di legittimità, (v. che aveva escluso l’offensività della espressione "pedofilo, pronunziata in un programma televisivo).

Inoltre rilevava l’assenza della volontà dell’imputata di recare offesa alla parte lesa.

-4- Infine deduceva la mancata assunzione di prova decisiva, indicata nella testimonianza di D.B., marito dell’imputata, che era stato menzionato dalla stessa come presente al momento del verificarsi dell’episodio di ingiurie.

Tale deposizione sarebbe stata assunta come prova contraria, ai sensi dell’art. 495 c.p.p., ed il Giudice non aveva accolto la richiesta relativa a tale mezzo di prova.

Per tali motivi il difensore chiedeva l’annullamento con rinvio della impugnata sentenza.
Motivi della decisione

La Corte rileva che il ricorso proposto nell’interesse dei due imputati deve ritenersi privo di fondamento.

Le censure formulate con il primo motivo, inerenti alla pretesa carenza, contraddittorietà ed illogicità della motivazione, in riferimento alla valutazione delle risultanze processuali, ed in special modo per la attendibilità della persona offesa, si rivelano destituite di fondamento alla stregua dell’indirizzo giurisprudenziale di questa Corte, in base al quale la deposizione della persona offesa dal reato vale come fonte di prova con il solo limite della attendibilità, e non è necessaria l’esistenza di riscontri esterni (vale menzionare – Sez. 2^, 13 maggio 1997 – n. 6477, Di Candia, nonchè Cass. sez. 4^, 21 giugno 2005 – n. 30422, CED232018). Nella sentenza impugnata la motivazione si deve ritenere dunque esauriente e logica avendo il giudice di appello evidenziato l’attendibilità della persona offesa, e l’esistenza di ulteriori elementi di riscontro desunti dalle testimonianze menzionate.

2- Per ciò che concerne inoltre il delitto di minacce ascritto al D. si deve rilevare che tale condotta delittuosa risulta correttamente ritenuta a carico dell’imputato, atteso che ai fini della contestazione non ha influenza la pretesa discrasia tra le accuse originarie e quanto la persona offesa ebbe a dichiarare nel corso del procedimento, dato che dalla motivazione della sentenza si evince il contenuto certamente idoneo a provocare il timore della vittima-giovanissima donna in stato di gravidanza – delle espressioni usate dall’imputato, soggetto al quale veniva attribuita la paternità, avendo egli palesato la volontà di eliminare il figlio.

Tale volontà non sarebbe stata smentita – inoltre – alla stregua dei rilievi difensivi, dato il complesso di circostanze descritte in sentenza, desumibili da sostanziali ammissioni dell’imputato.

Ulteriori doglianze del ricorrente al riguardo si devono considerare in fatto, e come tali sottratte al giudizio di legittimità, essendo la motivazione aderente alle risultanze processuali, non contrastate da ulteriori dati probatori.

2- devono al pari ritenersi prive di fondamento le censure riguardanti la mancata concessione delle attenuanti generiche, essendo dette attenuanti del tutto correttamente escluse dal giudice di appello, il quale le ha negate oltre che per la negativa valutazione del comportamento processuale dell’imputato, altresì per la sostanziale gravità della condotta realizzata ai danni di una giovanissima che aveva riscontrato lo stato di gravidanza, soddisfacendo così l’obbligo della motivazione sul punto.

Alla stregua di tali rilievi restano ininfluenti le argomentazioni del difensore circa le difficili condizioni di salute dell’imputato, essendo sufficiente a negare le attenuanti suddette anche un solo elemento dal giudice ritenuto ostativo.

3- In relazione al terzo motivo si osserva che sono prive di fondamento anche le deduzioni riferite alla valutazione della condotta tenuta dalla imputata L., che risponde del reato di ingiurie.

Anche per tale fatto resta da considerare che la motivazione in ordine alla attendibilità della persona offesa resta conforme ai sopra richiamati principi giurisprudenziali.

D’altra parte si deve ritenere inammissibile il rilievo sulla mancanza di offensività delle espressioni indirizzate alla giovane donna dalla imputata, atteso che tale aspetto risulta correttamente valutato dal giudice di merito con l’analisi puntuale delle modalità della condotta descritta dalla persona offesa, peraltro avvalorata da ammissioni dell’imputata.

4- Deve altresì ritenersi infondata la censura di mancata assunzione di prova decisiva, che la difesa indica nella testimonianza del coniuge dell’imputata, senza aver rappresentato i presupposti per rendere evidente al giudice di merito il carattere decisivo di tale mezzo di prova.

Inoltre le deduzioni sul punto si rivelano al limite della inammissibilità, avendo solo rilevato che il teste avrebbe potuto deporre sul contesto di concitazione nel quale si era verificato l’episodio contestato, elementi che risultano evidenziati dalla sentenza nel corpo della motivazione.

Da ultimo si rileva che sono inammissibili le doglianze dei ricorrenti circa l’entità del risarcimento attribuito alla costituita parte civile, essendo stata adeguatamente e correttamente motivata la definizione del risarcimento per ciascun imputato, in relazione alla sostanziale gravità del fatto, secondo il potere discrezionale del giudice di merito.

Per tali motivi la Corte deve rigettare il ricorso, condannando ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUINTA PENALE Rigetta i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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