T.A.R. Emilia-Romagna Parma Sez. I, Sent., 12-04-2011, n. 107

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

In data 1° novembre 2009 alcuni agenti della Questura di Piacenza accertavano l’accesso al "circolo" gestito dall’associazione ricorrente di avventori ai quali, previo pagamento del biglietto di ingresso, erano stati somministrati alimenti e bevande ed era stato altresì consentito di intrattenersi per danzare nel corso dell’esibizione di una cantante. Desumendone, anche sulla base di una precedente segnalazione, la connotazione del circolo privato "C.O." quale esercizio aperto al pubblico – giacché chiunque vi potrebbe accedere ed usufruire, previo pagamento, dei servizi di somministrazione di alimenti e bevande e di intrattenimento danzante -, il Dirigente del Comune di Piacenza, Direzione Operativa Riqualificazione e Sviluppo Territorio, rilevava la violazione degli artt. 8 e 19 della legge reg. n. 14 del 2003 (per la somministrazione di alimenti e bevande, senza la prescritta autorizzazione, agli avventori non soci) e la violazione dell’art. 68 t.u.l.p.s. (per lo svolgimento di attività di intrattenimento danzante senza l’autorizzazione ivi prevista), onde si determinava a disporre la cessazione dell’attività di somministrazione di alimenti e bevande ai soci, ai sensi dell’art. 4, comma 3, del d.P.R. n. 235 del 2001, oltre a disporre – per carenza delle relative autorizzazioni – la cessazione dell’attività di pubblico spettacolo e dell’attività di somministrazione di alimenti e bevande in favore dei non soci.

Avverso tale provvedimento (ordinanza n. 446 del 15 marzo 2010) ha proposto impugnativa l’associazione ricorrente, lamentando che la comunicazione di avvio del procedimento è intervenuta prima che essa potesse svolgere le proprie difese nell’ambito dell’iter sanzionatorio ex art. 18 della legge n. 689 del 1981, che l’Amministrazione comunale ha preso meccanicamente atto delle conclusioni della Questura senza operare un’autonoma e approfondita istruttoria sul punto, che il riferimento alla rissa svoltasi al di fuori del locale nasconde presumibilmente l’obiettivo di tutelare l’ordine pubblico a mezzo di una misura in realtà prevista dalla legge per i casi in cui vengono meno i requisiti per il rilascio dell’autorizzazione alla somministrazione di alimenti e bevande presso circoli privati – sicché l’eventuale riconducibilità dell’atto alla funzione di salvaguardia dell’ordine pubblico avrebbe richiesto l’intervento del Sindaco in qualità di Ufficiale di Governo -, che si è disposta la definitiva chiusura del circolo per episodi isolati e non gravi e quindi senza la necessaria proporzionalità tra infrazione e sanzione. Di qui la richiesta di annullamento dell’atto impugnato.

Si è costituito in giudizio il Comune di Piacenza, resistendo al gravame.

L’istanza cautelare della ricorrente veniva accolta dalla Sezione alla Camera di Consiglio del 27 aprile 2010 (ord. n. 81/2010).

All’udienza del 6 aprile 2011, ascoltati i rappresentanti delle parti, la causa è passata in decisione.

Il ricorso è fondato.

Per costante giurisprudenza (v., tra le altre, TAR Lazio, Sez. II, 7 aprile 2006 n. 2487 e 5 luglio 2005 n. 5477), l’estensione del servizio di somministrazione di cibi e bevande a soggetti non soci occasionalmente presenti all’interno del circolo in quanto invitati dai soci e dagli stessi accompagnati non configura di per sé la sussistenza di un pubblico esercizio svolto senza la prescritta autorizzazione, in quanto un circolo privato può essere considerato "pubblico esercizio" solo ove l’accesso allo stesso sia costantemente consentito ad una indistinta generalità di persone, indice della volontà di qualificarsi come "circolo privato" al precipuo fine di eludere le limitazioni poste dalla legge e dai regolamenti locali all’apertura di nuovi esercizi di somministrazione al pubblico. Nella circostanza, al contrario, il verbale della Questura di Piacenza del 16 novembre 2009 riferisce genericamente della presenza nel circolo (alla data del 1° novembre) di avventori estranei ai soci e del pagamento di un biglietto di ingresso per usufruire dei servizi di somministrazione di alimenti e bevande e di intrattenimento danzante, senza però specificarne il numero e le effettive modalità di ammissione e senza neppure fornire elementi utili ad accertare la necessaria ripetitività e sistematicità di una simile condotta in un arco di tempo in tal senso significativo, onde resta indimostrata, sulla base di circoscritti e neanche ben approfonditi episodi (l’altro risalirebbe al 13 giugno 2009), l’addotta connotazione del circolo quale esercizio aperto al pubblico. Né possono evidentemente assumere rilievo gli ulteriori accertamenti effettuati nelle more del giudizio, sia perché relativi a fatti verificatisi dopo l’adozione del provvedimento impugnato, sia perché documentati con atti depositati dal Comune di Piacenza solo cinque giorni prima dell’udienza di discussione della causa (a fronte del termine di quaranta giorni stabilito dall’art. 73, comma 1, cod.proc.amm.); semmai, delle ulteriori circostanze accertate l’Amministrazione locale terrà conto per un riesame complessivo della vicenda e per una più puntuale analisi della posizione del circolo privato di che trattasi, in esito a valutazioni che ne dovranno necessariamente assumere a riferimento l’andamento globale.

Ne consegue – allo stato – l’insussistenza dei presupposti di applicazione dell’art. 4, comma 3, del d.P.R. n. 235 del 2001 ("Regolamento recante semplificazione del procedimento per il rilascio dell’autorizzazione alla somministrazione di alimenti e bevande da parte di circoli privati"), laddove impone all’Amministrazione comunale di disporre la cessazione dell’attività di somministrazione di alimenti e bevande all’interno dei circoli privati nei quali "…si riscontri la mancanza dei requisiti necessari…". Si tratta, insomma, di misura sproporzionata rispetto ad episodi che, alla luce degli insufficienti elementi acquisiti in sede istruttoria dall’Amministrazione, non rivelano in sé lo svolgimento di fatto di un "esercizio pubblico".

Di qui la fondatezza del ricorso, assorbite le restanti censure, e l’annullamento dell’atto impugnato nella parte in cui dispone la cessazione dell’attività di somministrazione di alimenti e bevande in favore dei soci.

Le spese di lite seguono la soccombenza dell’Amministrazione comunale, e vengono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’EmiliaRomagna, Sezione di Parma, pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo accoglie nei sensi di cui in motivazione e, per l’effetto, annulla in parte qua l’atto impugnato.

Condanna l’Amministrazione comunale al pagamento delle spese di lite, nella misura complessiva di Euro 2.000,00 (duemila/00), oltre agli accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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