Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 07-04-2011) 14-04-2011, n. 15180 Determinazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza del 1 settembre 2009, il GUP del Tribunale di Marsala ha applicato a D.V.G. e a V.C., ai sensi dell’art. 444 c.p.p. e ss., concesse le attenuanti generi che e ritenuta sussistente la continuazione, la pena di anni 3, mesi 4 di reclusione ed Euro 13.000,00 di multa, con interdizione dai pubblici uffici per anni 5, per numerose ipotesi di reato di cui all’art. 110 c.p., D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 1 bis, nonchè per detenzione e porto illegale di armi ( L. 2 ottobre 1967, n. 895, artt. 2, 4 e 7), per associazione per delinquere ( art. 416 c.p.), per falsificazione di moneta, spendita e introduzione nello Stato di monete falsificate ( art. 81 c.p., comma 2, art. 110 c.p., art. 112 c.p., comma 1, n. 4 e art. 453 c.p.). Con il medesimo provvedimento, inoltre, il giudice ha escluso l’applicabilità dell’indulto per il reato più grave ed ha applicato l’indulto per i soli reati-satellite nella misura di mesi otto di reclusione ed Euro 334,00 di multa.

Avverso detta sentenza gli imputati hanno proposto ricorso per Cassazione, chiedendone l’annullamento.

Con la sentenza 3 febbraio 2010, n. 209, questa Corte, pur considerando corretta l’esclusione dell’applicazione di tale beneficio per il reato consistente nella coltivazione di due piante di cannabis (considerato più grave e pertanto preso come reato base per il calcolo della pena complessiva in continuazione con tutti gli altri), ha annullato con rinvio la sentenza di primo grado limitatamente all’applicazione dell’indulto, evidenziando che il giudice di primo grado non aveva esplicitato il calcolo in base al quale era pervenuto al risultato di mesi otto di reclusione ed Euro 334,00 di multa.

In sede di rinvio, il Tribunale di Marsala – circoscritto l’ambito del giudizio alla sola determinazione della pena da dichiararsi estinta per effetto dell’indulto di cui alla L. n. 241 del 2006, essendo ogni altra statuizione ormai coperta dal giudicato – ha, con la sentenza qui impugnata, rideterminato la parte di pena da ritenersi estinta per indulto in otto mesi di reclusione ed Euro 668 di multa.

Avverso tale determinazione ricorrono gli imputati, denunciando la "mancanza e/o manifesta illogicità della sentenza" e chiedendone l’annullamento.

MOTIVI DELLA DECISIONE 1. – I ricorsi sono inammissibili, perchè proposti per un motivo manifestamente infondato.

Deve preliminarmente essere richiamato il noto principio più volte affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, secondo cui la determinazione della pena è riservata alla piena discrezionalità del giudice di merito e non necessita di particolare supporto motivatorio, qualora si contenga entro limiti prossimi al minimo edittale; e ciò vale anche con riferimento all’applicazione della continuazione (ex multis, Sez. 4, 25 gennaio 2011, n. 8869).

Tale principio trova applicazione nel caso di specie, in cui il giudice, nel calcolare la pena da applicare su richiesta dalle parti, parte dal minimo edittale con la riduzione massima per le concesse attenuanti generiche e con un modestissimo aumento per la continuazione. La sentenza censurata risulta, infatti, ampiamente motivata in punto di determinazione degli aumenti di pena per i singoli reati, perchè essa precisa analiticamente che: a) al reato principale non sia applica l’indulto, ratione temporis; b) l’indulto – oggetto della sentenza di rinvio – si applica, invece, a tutti i reati-satellite, e cioè "per i reati di cui ai capi A), L) e M) (per D.V.G.) e per i reali di cui ai capi A), D), E), F), G), I), J), K), L) ed M) (per V.C.)"; c) per tali ultimi reati, la pena complessiva è di otto mesi di reclusione ed Euro 668 di multa per ciascun imputato, già tenuto conto della riduzione per il rito; d) "per D.V.G., l’aumento di pena sopra indicato, già tenuto conto della riduzione per il rito, può dunque essere imputato, quanto a mesi quattro di reclusione ed Euro 400,00 di multa al delitto sub A), quanto a mesi tre di reclusione ed Euro 200,00 di multa al delitto sub L) e quanto a mesi uno di reclusione ed Euro 68 di multa al delitto sub M"; e) "per V.C., il citato aumento di pena può essere imputato come segue: gg. 27 di reclusione ed Euro 80,00 di multa per ciascuno dei delitti di cui ai capi A), D), E), F), G), I), J) ed L); gg. 10 di reclusione ed Euro 10,00 di multa per il reato sub K); gg. 14 di reclusione ed Euro 18 di multa per il delitto sub M)". 2. – I ricorsi, conseguentemente, devono essere dichiarati inammissibili. Tenuto conto della sentenza della Corte costituzionale 13 giugno 2000, n. 186 e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che "la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 c.p.p., l’onere delle spese del procedimento nonchè quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata, per ciascun imputato, in Euro 1.000,00.
P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna ciascuno dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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