Cons. Stato Sez. III, Sent., 13-04-2011, n. 2292 Interesse a ricorrere

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con atto notificato il 10 marzo 2010 la Casa di cura G. s.r.l. e le altre indicate in epigrafe hanno appellato la sentenza 24 novembre 2009 n. 11638 del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sede di Roma, sezione terza quater, con la quale è stato respinto il loro ricorso diretto all’annullamento della deliberazione n. 427 del 2006 della Giunta regionale del Lazio, avente ad oggetto il potenziamento dei sistemi di controllo esterno sull’attività ospedaliera e modifica della precedente deliberazione n. 1178 del 2003, nonché, per quanto occorrer possa, della direttiva 29 dicembre 2006 n. 5 dell’Agenzia di sanità pubblica (ASP).

Parte appellante ha premesso che, diversamente dalla precedente disciplina ispirata alla verifica dell’appropriatezza dei ricoveri ed alla trasparenza del controllo, in particolare del campione selezionato, l’impugnata deliberazione è finalizzata esclusivamente al risparmio di spesa di circa 300 milioni di euro nel triennio attraverso il controllo dell’ASL di tutti i ricoveri delle strutture private (mentre i controlli delle strutture pubbliche sono riservati all’ASP), con estensione dei controlli al 100% dei casi assumendo un campione significativo della popolazione selezionata, abolizione del collegio di esperti in caso di contenzioso, modifica dei criteri dell’appropriatezza (sono considerati appropriati i ricoveri con almeno due giornate di degenza appropriate anziché una) ed efficacia retroattiva delle modifiche sui ricoveri effettuati dal 1° gennaio 2006. In relazione a tali aspetti aveva dedotto censure di violazione dei principi generali della trasparenza ex lege n. 241 del 1990 e sviamento (primo motivo), violazione di legge ed eccesso di potere sotto vari profili (secondo motivo) e violazione del principio di irretroattività (terzo motivo), in ordine alle quali il primo giudice ha rilevato che i vizi denunciati non sarebbero stati corredati da un indizio di prova. Lo stesso primo giudice ha poi ritenuto, quanto al primo motivo, corretto l’obiettivo del risparmio, l’avvenuta sottoposizione delle strutture pubbliche all’innovato sistema alla stregua di quelle private e la legittimità della sostituzione della terzietà dell’arbitro (collegio dei saggi) con la soggettività della parte interessata (assessorato regionale alla sanità). Quanto al secondo motivo, ha esaltato l’indiscusso potere di controllo della Regione senza nulla dire sull’assenza di criteri e, contro la realtà documentale, ha negato che l’assessore regionale sia l’arbitro e le sole strutture private sarebbero sottoposte ai controlli. Quanto al terzo ha ribadito l’inammissibilità della censura per difetto di prova, senza tener conto delle prodotte note.

A sostegno dell’appello ha quindi dedotto:

1.- Violazione dei principi generali sull’ammissibilità del ricorso. Contraddittorietà.

La causa petendi era costituita dal ribaltamento o reformatio in pejus delle preesistenti modalità di controllo, la cui lesività permane finché restano operanti le relative disposizioni regionali, ed il petitum dalla sospensiva del provvedimento in sede cautelare e dal suo annullamento in sede di merito. Se è vero che nella prima sede è necessario accertare un danno grave ed irreparabile, sicché nella specie è giustificabile la reiezione della relativa istanza, nella seconda sede non è condivisibile che debba essere prodotta la prova del danno poiché rileva solo la legittimità in re ipsa del provvedimento che, restando in essere, conserva la sua capacità lesiva. D’altro canto, la trattazione del merito è stata sollecitata proprio a seguito dei documentati effetti dei perpetrati controlli.

2.- Violazione ed errata applicazione dei principi di trasparenza ex L. 241/90. Travisamento dei presupposti di fatto e di diritto. Violazione art. 8 octies, co. 3, lett. a), D.Lgs. 502/92 e successive integrazioni e modificazioni.

L’obiettivo di legge in tema di controlli è quello dell’appropriatezza e della qualità dei ricoveri, da cui può derivare un contenimento di spesa; a tale obiettivo si era attenuta la Regione che, invece, è ora intervenuta sulla base di una impostazione autoritaria nel denunciato obiettivo del risparmio di circa 300 milioni di euro nel triennio, in dispregio dei detti criteri di legge applicati nei precedenti provvedimenti. Tale obiettivo è stato ritenuto giustificato dal TAR, il quale ha altresì condiviso la sostituzione della trasparenza con l’impostazione autoritaria, asservita al risparmio, avvalorando tali conclusioni con l’erroneo assunto secondo cui i controlli riguarderebbero tutte le strutture sia private che pubbliche.

3.- Violazione ed errata applicazione dell’art. 32 L. n. 449 del 27.12.1997, dell’art. 72 L. n. 448 del 23.12.1998, dell’art. 88 L. n. 388 del 23.12.2000, della L.R. n. 16 del 1.9.1999 (art. 3 in particolare). Decisione ultra petizione. Difetto di istruttoria.

In primo grado si deduceva che al punto 2 dell’allegato alla delibera impugnata si ipotizza l’analisi delle cartelle cliniche sulla base di criteri "sopra indicati", dei quali non v’è traccia, così confermandosi la strumentalità dei controlli al di fuori degli standard stabiliti dalla Regione stessa; e che, inoltre, con la medesima delibera è stato modificato il ruolo dell’ASP, circoscritto dalla legge regionale ad un "supporto tecnicoscientifico", affidandole il controllo delle strutture pubbliche ed il coordinamento delle ASL, a cui demanda il controllo delle strutture private, ma solo per queste ultime esteso a tutti i ricoveri, ed investendo l’assessorato in caso di contenzioso. Genericamente ed in difetto di istruttoria il primo giudice ha ritenuto che tanto costituisse esatta espressione di un potere attribuito alla Regione, in tal modo implicitamente affermando la legittimazione della Regione stessa ad operare al di fuori dei principi di legge. Inoltre non rispondono al contenuto della delibera gli assunti secondo cui si prevederebbe espressamente il contraddittorio e che i controlli riguardino le strutture pubbliche al pari di quelle private.

4.- Violazione del principio di irretroattività dell’atto amministrativo. Ancora difetto di istruttoria.

Pur essendo la delibera adottata il 14 luglio 2006 e, comprensibilmente, conosciuta in data successiva, le regole sono state applicate retroattivamente dal 1° gennaio 2006, in particolare con riguardo alla valutazione come appropriati dei ricoveri con almeno due (anziché una, come in precedenza) giornate di degenza appropriate, sicché gran parte dei ricoveri del primo semestre sono risultati inappropriati ai controlli. Il TAR ha disatteso la censura nel rilievo della mancata prova di danno, ancorché documentato sia pur per una sola casa di cura. In ogni caso, andava considerata la permanente attualità della lesione di per sé correlata alla denunciata illegittimità.

La Regione Lazio si è costituita formalmente in giudizio, ma non ha prodotto scritti difensivi.

Con memoria del 25 novembre 2010 le appellanti hanno ulteriormente illustrato le proprie tesi ed insistito per l’accoglimento dell’appello.

All’odierna udienza pubblica l’appello è stato posto in decisione.
Motivi della decisione

1.- Com’è esposto nella narrativa che precede, si controverte delle nuove regole del sistema regionale di controllo esterno sull’attività ospedaliera per il triennio 20062008, introdotte dalla Regione Lazio con la deliberazione 14 luglio 2006 n. 417 della Giunta regionale e seguite dall’emanazione della direttiva 20 dicembre 2006 n. 5 dell’ASP, recante "articolazione e modalità operative" del detto sistema, entrambe oggetto di impugnazione da parte delle attuali appellanti.

In estrema sintesi, queste ultime contestavano la legittimità di tali atti essenzialmente per violazione di legge e dei principi generali di trasparenza e contraddittorio dello "obiettivo di produrre un risparmio di circa 300 milioni nel triennio" dichiarato nel provvedimento regionale; dell’affidamento all’ASP, oltre che del coordinamento delle ASL, del controllo diretto presso gli I.R.C.C.S, l’ospedale Bambin Gesù, i presidi pubblici gestiti dalle ASL, le aziende ospedaliere ed i policlinici universitari, permanendo invece il controllo delle ASL presso le sole strutture private; dell’estensione dei controlli al 100% dei casi mediante assunzione di "un campione significativo dell’intera popolazione selezionata" che "offrirà la misura della percentuale complessiva e reale dei ricoveri inappropriati e/o incongrui su cui applicare le sanzioni previste"; dell’abolizione del "collegio dei saggi", soggetto terzo a cui era conferito il compito di pronunciarsi in caso di discordanze tra i medici revisori e rappresentanti della struttura erogatrice, affidandosi la definizione unilaterale delle discordanze all’assessorato alla sanità, privo del requisito di terzietà ed in carenza di contraddittorio; infine, della modifica retroattiva dei criteri di determinazione dell’appropriatezza dei ricoveri effettuati sin dal 1° gennaio 2006, i quali saranno considerati appropriati solo se con almeno due giornate di degenza appropriate, in luogo di una soltanto.

2.- Ciò posto, la Sezione ritiene l’appello infondato.

3.- Con riguardo al primo punto, è stato giustamente osservato dal primo giudice che il criterio ispiratore del risparmio della spesa relativa ai ricoveri non rivela di per sé alcuna illegittimità, dal momento che rappresenta una manifestazione della volontà dell’Amministrazione regionale di ridurre il ricorso al ricovero qualora non necessario o addirittura inappropriato, quindi di pervenire ad un corretto uso del denaro pubblico, sia per evitare deformazioni del sistema, sia per mantenere il sistema stesso nell’ambito delle disponibilità economiche. V’è da aggiungere che, secondo quanto esposto nella deliberazione impugnata, l’obiettivo del risparmio di circa 300 milioni nel triennio è inserito nel piano regionale di rientro del deficit sanitario per gli anni 20062008, non oggetto di impugnazione e prevedente altresì controlli "di tutti i ricoveri ospedalieri a modifica di quanto previsto nella previgente normativa regionale", rispetto al quale l’impugnata deliberazione e la conseguente direttiva si pongono come atti esecutivi.

D’altro canto, da un lato proprio l’ineludibile necessità del rientro finanziario giustifica la modifica delle preesistenti regole, le quali evidentemente non si erano rivelate all’uopo efficaci. Dall’altro lato, come pure si espone nella deliberazione, nel piano si sottolinea che una maggior efficacia del sistema dei controlli esterni si risolve nel miglioramento del "livello di appropriatezza organizzativa nell’erogazione delle prestazioni di ricovero ospedaliero"; livello il quale a sua volta "deve rappresentare una caratteristica inderogabile del servizio sanitario regionale al fine di perseguire obiettivi di qualità professionale, di efficacia e di uso efficiente delle risorse". E ciò è perfettamente in linea con i precetti di cui all’invocata legge n. 241 del 1990, segnatamente con i principi generali dell’attività amministrativa enunciati dall’art. 1, co. 1, della stessa legge.

4.- Quanto alla seconda questione, come evidenziato dal TAR in realtà i controlli esterni riguardano tutte le strutture, sia pubbliche che private provvisoriamente accreditate.

Ne è prova il fatto che ai punti 2, 3, 4 e 5 dell’approvato allegato alla deliberazione di cui si controverte, concernenti i controlli analitici rispettivamente su ricoveri ordinari, in regime di day hospital, per riabilitazione e post acuzie e per riabilitazione e lungodegenza, non si distingue affatto tra soggetti erogatori in base alla natura pubblica o privata, anzi proprio per l’esecuzione da parte dell’ASP dei controlli ad essa rimessi, dunque sulle strutture pubbliche ed assimilate, si prevede che essa "si avvarrà di personale medico adeguatamente formato…".

5.- Circa il mantenimento in capo alle ASL dei compiti di controllo sulle strutture private provvisoriamente accreditare, non si vede in che modo tale circostanza infici il provvedimento, mentre, come osservato dal TAR, l’affidamento all’ASP dei compiti – di natura operativa e non regolatoria – di controllo sulle predette strutture pubbliche ed assimilate e di coordinamento delle ASL rientra pienamente nei poteri spettanti alle regioni ai sensi dell’art. 8 octies, co. 3, lett. a) del d.lgs. 30 dicembre 1992 n. 502 (secondo cui le regioni determinano "le regole per l’esercizio della funzione di controllo esterno e per la risoluzione delle eventuali contestazioni, stabilendo le relative penalizzazioni") e del co. 2 sexies, lett. e), del precedente art. 2, come integrato dall’art. 2 del d.lgs. 19 giugno 1999 n. 229 (secondo cui le regioni disciplinano "le modalità di vigilanza e di controllo… sulle unità sanitarie locali, nonché di valutazione dei risultati delle stesse").

6.- In ordine all’estensione dei controlli e, in particolare, all’assunto delle appellanti secondo cui nel citato punto 2 si disporrebbe l’analisi delle cartelle cliniche di un campione significativo dell’intera popolazione selezionata di quel soggetto erogatore "sulla base dei criteri sopra indicati", ma in precedenza non vi sarebbe traccia di tali criteri, giustamente il primo giudice ha affermato che tali criteri sussistono e sono individuati nello stesso allegato.

In particolare, nello stesso punto 2, in cui sub A), B), e C) sono definiti i "DRG incoerenti", i "DRG complicati" e i "DRG a rischio di in appropriatezza", si rappresenta che per ogni soggetto erogatore saranno estrapolati dai dati del SIO "i DRG a rischio di inappropriatezza se effettuati in degenza ordinaria, i DRG a rischio di in appropriatezza, i ricoveri a rischio di incongruità sulla base di set indicatori specifici (rapporto DRG complicati/non complicati)", restando in tal modo indicati i criteri per l’analisi delle cartelle cliniche; analisi ovviamente finalizzata alla verifica della esistenza di "ricoveri inappropriati o incongrui" la cui misura percentuale, correttamente riferita ad una "campionatura statisticamente significativa dell’intera popolazione selezionata per soggetto erogatore", darà luogo all’eventuale applicazione delle sanzioni previste.

Inoltre al punto 2 "eventi da sottoporre a controllo" della menzionata direttiva, nel ribadire significativamente che la funzione di controllo riguarda il complesso delle attività di ricovero erogate a carico del servizio sanitario regionale "da tutte le strutture ospedaliere operanti nella Regione Lazio, siano esse pubbliche o private accreditate", sono precisate le tipologie di controllo analitico desumibili dalla deliberazione attuata e se ne prevedono le puntuali modalità operative, ivi compresa la formula matematica per la stima della quota di in appropriatezza di ogni singolo istituto e quella per l’applicazione del "fattore di correzione per popolazioni finite" dalla quale estrarre il "numero dei ricoveri complessivi da campionare per singolo istituto". Pertanto, certamente va escluso che i criteri di cui trattasi non siano stati stabiliti.

7.- La successiva questione concerne l’abolizione del "collegio dei saggi" cui era demandata la risoluzione del contenzioso, ora rimessa all’assessorato alla sanità il quale deciderebbe in pretesa mancanza di terzietà e senza contraddittorio, ossia unilateralmente, nonché in ordine ai soli controlli effettuati dalle ASL e dunque solo nei riguardi delle sole strutture private.

Al riguardo, si osserva in primo luogo che il richiamato dell’art. 8 octies, co. 3, lett. a) del d.lgs. 30 dicembre 1992 n. 502 impone alle regioni di dettare regole per la risoluzione delle eventuali contestazioni, non anche che la relativa determinazione avvenga ad opera di un soggetto terzo; d’altronde, l’assessorato alla sanità è in certo qual modo organo sovraordinato all’ASL e la competenza che gli è conferita con l’impugnata deliberazione si atteggia, pertanto, non diversamente da quella dell’autorità amministrativa alla quale le norme affidano la decisione dei ricorsi gerarchici.

In secondo luogo, come ritenuto dal primo giudice il contestato punto 6 dell’allegato alla medesima deliberazione prevede espressamente il contraddittorio, precisamente laddove, in tema di contenzioso attinente alle valutazioni relative ai singoli ricoveri, si stabilisce che l’ASP proceda all’istruttoria acquisendo sia le valutazioni dell’ASL che "le controdeduzioni del soggetto erogatore", formulando le "valutazioni proprie", e trasmetta poi all’Assessorato "tale documentazione", chiaramente comprensiva delle dette controdeduzioni, anche sulla scorta delle quali va da sé che il medesimo assessorato dovrà assumere e motivare le rispettive determinazioni finali ai sensi dell’art. 3, co. 1, della legge 7 agosto 1990 n. 241.

In terzo ed ultimo luogo, se è vero che la disciplina sulla "discordanza sull’esito dei controlli" di cui al punto 6 del menzionato allegato, in parola, deve ritenersi riferita alle sole discordanze rilevate "tra il soggetto erogatore" e la "ASL di competenza", ossia nei confronti delle strutture private provvisoriamente accreditate, non anche delle strutture pubbliche ed assimilate, è parimenti vero che esula del tutto dalla sfera degli interessi, anche solo meramente fattuali, di tali strutture private la mancata previsione di una procedura di risoluzione di contrasti tra i presidi pubblici a gestione diretta delle aziende sanitarie locali, le aziende ospedaliere e gli altri soggetti controllati direttamente dall’ASP.

8.- Per quanto sin qui esposto devono essere disattesi il secondo ed il terzo motivo d’appello, che involgono le questioni di cui si trattato innanzi.

9.- In merito all’ultima questione, relativa all’aumento da una a due giornate di degenza appropriata ai fini della qualificazione del ricovero come appropriato, disposto con l’impugnata deliberazione adottata in data 14 luglio 2006 ma applicabile ai ricoveri effettuati a partire dal 1° gennaio anteriore, il TAR ne ha affermato l’inammissibilità – peraltro soltanto lumeggiata e, in realtà, non anche statuita nei riguardi dell’intero ricorso – per genericità, stante la carenza di almeno un principio di prova circa l’effetto dannoso concreto e la relativa entità.

A tale capo della pronuncia appellata si riferisce espressamente il quarto motivo d’appello, al quale va ricollegato il primo, con cui in sostanza si assume che, diversamente dalla sede cautelare, in sede di merito non dev’essere prodotta una prova del danno ma è sufficiente la capacità lesiva del provvedimento connessa alla sua permanente operatività.

Siffatta tesi non può essere seguita.

E’ ben noto che l’interesse a ricorrere consiste nel vantaggio concreto derivante all’istante dall’accoglimento del ricorso e postula, perciò, che l’atto impugnato produca in via diretta una lesione attuale della posizione giuridica sostanziale dedotta in giudizio.

Nella specie, la deliberazione e la direttiva impugnate, in quanto destinate a disciplinare con carattere di generalità ed in via astratta i controlli di cui trattasi su tutto il territorio regionale, consistono chiaramente in atti a contenuto generale e programmatico, quindi privi di effetti lesivi diretti, autonomi ed immediati sul singolo soggetto erogatore, i quali, invece, si verificheranno se ed allorquando siano adottati i conseguenti atti applicativi; ne deriva che in assenza di atti applicativi i predetti provvedimenti non possono ritenersi dotati del carattere di concreta lesività secondo il principio generale ricordato appena sopra.

Del resto, in senso contrario non milita l’avvenuta dimostrazione dell’attualità di una tale lesione da parte delle case di cura ricorrenti, che si sono invece limitate a prospettare il contrasto tra l’ipotizzata, futura applicazione dei medesimi provvedimenti ed i loro interessi.

Va dunque confermata la declaratoria di inammissibilità della censura qui in trattazione, tenuto anche conto che non risultano fatti oggetto di impugnazione con motivi aggiunti gli accennati, eventuali atti applicativi delle determinazioni contestate.

10.- In conclusione, l’appello non può che essere respinto.

Tuttavia, la peculiarità delle questioni sottoposte all’esame della Sezione consente di disporre la compensazione tra le parti presenti delle spese del grado.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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