T.A.R. Calabria Catanzaro Sez. I, Sent., 13-04-2011, n. 511 Legittimità o illegittimità dell’atto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

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Svolgimento del processo

Con atto notificato in data 15.6.2010 e depositato in data 5.6.2010, il ricorrente, cittadino cinese, titolare di passaporto ordinario n° G34402395, rilasciato in data 13/07/2009, premetteva di aver inoltrato, presso l’Ufficio Immigrazione della Questura di Crotone, l’istanza del 10/10/2009, intesa ad ottenere la conversione del permesso di soggiorno per motivi di studio in permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato – attesa occupazione.

Lamentava che la predetta istanza veniva rigettata con l’epigrafato provvedimento, nel quale si evidenziava la carenza dell’attestazione della quota di conversione, come previsto dall’art. 14 comma 6 del D.P.R. n° 394/99 e dal con D.P.R. n° 334/04, da rilasciarsi a cura dello Sportello Unico per l’Immigrazione della Prefettura di Crotone, che l’istante non avrebbe prodotto neanche successivamente, a seguito di richiesta di integrazione documentale.

A sostegno del proprio gravame, deduceva:

1) mancanza dei requisiti formali richiesti dalla legge per la validità ed efficacia del decreto di rigetto relativo all’istanza di rilascio del permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato -attesa occupazione;

Soltanto sulla copia del decreto in lingua italiana sarebbe stata apposta la firma del Questore procedente, mentre sulla copia in lingua inglese, resa ai sensi dell’art. 2, comma 6, del Decreto Legislativo n° 286/98, mancherebbe la sottoscrizione del Questore procedente, quale condizione necessaria ai sensi della legge vigente per la piena validità ed efficacia del decreto di rigetto.

Non vi sarebbe traccia in nessuna delle copie né nella pagina inerente la relata di notifica, della firma di un interprete, necessaria per rendere edotto il destinatario del contenuto del provvedimento di rigetto, tanto più nel caso di specie, in cui il ricorrente avrebbe espressamente indicato alle Autorità italiane competenti, su richiesta di quest’ultime, la lingua inglese come seconda lingua di preferenza (dopo ovviamente il cinese, lingua ufficiale della Repubblica Popolare Cinese), considerata altresì la funzione del provvedimento, caratterizzato da un linguaggio tecnicogiuridico.

2) violazione del diritto di difesa di cui all’art. 24 della Costituzione Italiana;

Il ricorrente non sarebbe stato messo nelle condizione oggettive di potere comprendere in maniera chiara ed inequivocabile il contenuto del decreto di rigetto emanato nei suoi confronti, nonché dei termini entro i quali far valere eventualmente i propri diritti nelle opportune sedi processuali.

3) grave pericolo d vita e pregiudizio occupazionale, economico e sociale del ricorrente nel caso di rientro in patria;

Un eventuale rimpatrio, in esecuzione del Decreto di rigetto per cui è causa, costituirebbe per il ricorrente motivo di enorme pericolo per la propria vita, alla luce della difficile situazione politica, economica e sociale nonché del dramma della disoccupazione e dello sfruttamento del lavoro, che vi sarebbero nella Repubblica Popolare Cinese, tali da vanificare tutti i sacrifici per il conseguimento, con profitto, della laurea in farmacia presso l’Università della Calabria, Campus Universitario di Arcavacata di Rende (CS).

Concludeva per l’accoglimento del ricorso, con vittoria di spese.

Con atto depositato in data 06/07/10, si costituiva la difesa erariale e, con memoria depositata in data 18.1.2011, contestava puntualmente le argomentazioni difensive poste alla base della tesi di parte ricorrente, concludendo per il rigetto del gravame, con condanna alle spese a carico del ricorrente.

Con memoria depositata in data 16/12/10, il ricorrente insisteva nelle già prese conclusioni.

Alla pubblica udienza del 24 febbraio 2011, il ricorso passava in decisione.
Motivi della decisione

1. Viene impugnato l’epigrafato Decreto CAT.A12/IMM/2010 del 27/02/2010, dispositivo del rigetto dell’istanza di conversione del permesso di soggiorno per motivi di studio in permesso soggiorno per lavoro subordinato – attesa occupazione, del ricorrente, cittadino cinese.

2. Possono essere esaminati congiuntamente il primo ed il secondo profilo di gravame, giacchè presuppongono la soluzione di identiche questioni.

Con il primo motivo, parte ricorrente deduce che soltanto sulla copia del decreto in lingua italiana sarebbe stata apposta la firma del Questore procedente, mentre sulla copia in lingua inglese, resa ai sensi dell’art. 2, comma 6, del Decreto Legislativo n° 286/98 – entrambe notificate il 17/04/2010- mancherebbe la suddetta sottoscrizione, quale condizione necessaria per la piena validità ed efficacia del provvedimento de quo.

Inoltre, in nessuna delle copie né nella relata di notifica, vi sarebbe traccia della firma di un interprete, necessaria per attestare che il ricorrente sarebbe stato reso edotto del contenuto del provvedimento di rigetto, tanto più nel caso di specie, in cui il suddetto avrebbe espressamente indicato alle competenti Autorità italiane, su richiesta di quest’ultime, la lingua inglese come seconda lingua di preferenza (dopo ovviamente il cinese, lingua ufficiale della Repubblica Popolare Cinese), considerata altresì la funzione di un provvedimento, caratterizzato da un linguaggio di contenuto tecnicogiuridico.

Con il secondo motivo, il ricorrente deduce che non sarebbe stato messo nelle condizione oggettive di potere comprendere in maniera chiara ed inequivocabile il contenuto del decreto di rigetto emanato nei suoi confronti, nonché dei termini entro i quali far valere i propri diritti presso le opportune sedi processuali

Osserva l Collegio che i rilievi svolti dal ricorrente attengono a profili di mera irregolarità del provvedimento impugnato, che non sono idonei a determinarne la nullità.

Invero, secondo univoca giurisprudenza amministrativa, la mancanza della sottoscrizione (o della dizione "firmato") nella copia conforme di un provvedimento amministrativo non è causa di nullità (né tanto meno annullabilità), ma può dare luogo, semplicemente, ad una mera irregolarità. Infatti, la sottoscrizione autonoma è richiesta come condizione di validità dell’atto solo per l’originale e non anche per le copie conformi (Cons. Stato: Sez. VI 18 dicembre 2007 n. 6517 e Sez. IV, 26 maggio 1994, n. 444).

E la copia del provvedimento in lingua inglese, pur non potendo essere considerata "copia conforme", strictu sensu, certamente si pone nel medesimo rapporto rispetto al provvedimento originale, in quanto costituisce una mera "replica" di esso sotto tutti gli aspetti contenutistici, sia pure esternata in una lingua diversa, resa al mero scopo di rendere il destinatario edotto dei contenuti del provvedimento e della volontà espressa dalla P.A.: finalità, questa, rispetto alla quale la riproduzione della sottoscrizione o la scritta firmata assume scarso rilievo.

Va, al riguardo, osservato che costituisce diritto vivente il principio secondo cui l’autografia della sottoscrizione è elemento essenziale dell’atto amministrativo nei soli casi in cui sia espressamente prevista dalla legge, essendo di regola sufficiente che dai dati contenuti nello stesso documento sia possibile individuare con certezza l’autorità da cui l’atto proviene (Corte Cost. ord. 21.4.2000, n. 117). E tale è certamente il caso della copia del provvedimento in altra lingua, che non pone dubbi in ordine all’autorità di provenienza dell’atto, come sottoscritto nel suo originale.

Quanto alla dedotta mancanza di un interprete, giova osservare che, secondo la giurisprudenza consolidata, da cui il Collegio non ha motivo di discostarsi, ai fini del giudizio instaurato per l’impugnazione di un atto preclusivo della permanenza dello straniero nel territorio dello Stato, l’eventuale mancata traduzione del provvedimento di diniego, dall’italiano nella lingua conosciuta dall’interessato, costituisce semplice irregolarità, suscettibile, in ipotesi, di riflettersi sui termini di impugnazione, senza comportare l’annullabilità e, tanto meno, la nullità del provvedimento stesso.

Ciò, a maggior ragione, vale nel caso di specie, in cui non si pone un problema di omessa traduzione nella lingua straniera prescelta, ma solo di omessa nomina di un interprete, allo scopo di spiegare meglio al destinatario i contenuti del provvedimento.

Del resto, se la conseguenza dell’inosservanza dell’obbligo di traduzione si manifesta nel salvaguardare il diritto di difesa del destinatario, reintegrandolo nelle sue facoltà impugnatorie, laddove, in presenza della mancata traduzione, non abbia tempestivamente proposto il ricorso giurisdizionale (cfr., da ultimo, Cons. Stato, VI, 21 luglio 2010, n. 4789; 23 settembre 2008, n. 4585; 21 maggio 2007, n. 2552; 3 febbraio 2006, n. 376), tale problema non si è posto nel caso di specie, in cui il ricorrente ha, comunque, dimostrato di comprendere il contenuto lesivo del provvedimento e, di conseguenza, di saper provvedere a far valere i propri diritti presso la sede competente, avvalendosi della difesa di un legale.

Pertanto, non si ravvisa, nella specie, alcuna violazione effettiva del diritto di difesa, sancito dall’art. 24 Cost., che, nel presente giudizio, è stato pienamente esercitato per il tramite della difesa tecnica (conf.: Cons. Stato, Sez. IV, 19 ottobre 2004, n. 6749).

2. Con il terzo motivo, evidenzia che un eventuale rimpatrio, in esecuzione del Decreto di rigetto per cui è causa, costituirebbe motivo di enorme pericolo per la propria vita, alla luce della difficile situazione politica, economica e sociale nonché del dramma della disoccupazione e dello sfruttamento del lavoro che vi sarebbero nella Repubblica Popolare Cinese, tali da vanificare tutti i sacrifici per il conseguimento con profitto della laurea in farmacia presso l’Università della Calabria, Campus Universitario di Arcavacata di Rende (CS).

In coerenza con la Convenzione ONU relativa allo status dei rifugiati di Ginevra del 1951, e con l’art.10, comma 3, della Costituzione, l’art. 19, comma 1, del D. L.gvo 25/07/1998 n. 286 non consente l’espulsione o il respingimento dello straniero verso uno Stato in cui possa essere oggetto di persecuzione per motivi di razza, di sesso, di lingua, di cittadinanza, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali o sociali, ovvero possa rischiare di essere rinviato verso un altro Stato nel quale non sia protetto dalla persecuzione.

L’art. 28, lett. d), del DPR 31/08/1999 n. 394 stabilisce che, allorquando la legge dispone il divieto di espulsione, il questore rilascia il permesso di soggiorno…per motivi umanitari, negli altri casi, salvo che possa disporsi l’allontanamento verso uno Stato che provvede ad accordare, una protezione analoga contro le persecuzioni di cui all’articolo 19, comma 1, del testo unico.

Infatti, ai sensi dell’art. 5, comma 6, del D. Lgs. n. 286/1998, il rifiuto o la revoca del permesso di soggiorno possono essere altresì adottati sulla base di convenzioni o accordi internazionali, resi esecutivi in Italia, quando lo straniero non soddisfi le condizioni di soggiorno applicabili in uno degli Stati contraenti, salvo che ricorrano seri motivi, in particolare di carattere umanitario o risultanti da obblighi costituzionali o internazionali dello Stato italiano.

Conseguentemente, sulla base di questi presupposti normativi, il diniego di rilascio del permesso di soggiorno, richiesto per asilo politico, non consegue automaticamente al mancato riconoscimento dello "status" di rifugiato politico, poiché il Questore è tenuto a verificare la possibilità del rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari ai sensi dell’art. 5, comma 6, del D.Lgs. n. 286/1998 e dell’art. 28, comma 1, lett. d), del D.P.R. n. 394/1999.

Orbene, nel caso di specie, non risulta dimostrata la sussistenza dei precitati presupposti, per cui non si ravvisano elementi di irrazionalità nell’operato della P.A., sotto l’evidenziato profilo.

Pertanto, anche questa censura va rigettata.

In definitiva, il ricorso si appalesa infondato e va rigettato.

La peculiare situazione economica del ricorrente consiglia di disporre l’integrale compensazione degli onorari e delle spese di giudizio.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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