Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 01-03-2011) 14-04-2011, n. 15224 Bancarotta fraudolenta

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

In data 7.5.2007, al termine di giudizio abbreviato, il GIP presso il Tribunale di Genova condannava A.G. quale responsabile di plurimi episodi di bancarotta fraudolenta impropria (patrimoniale, documentale e preferenziale), commessa nel contesto della gestione di fatto di GEOMARINE Srl, fallita il (OMISSIS).

La Corte d’Appello genovese confermava il 14.10.2009 la prima decisione.

Il ricorso interposto dalla difesa dell’ A. si duole:

– della carenza ed illogicità della motivazione nella parte in cui si richiama alla chiamata di correo circa la condotta di amministratore di fatto dell’ A., dichiarazione che confermava la qualità di amministratore di fatto del prevenuto chiamata sfornita di verifiche e riscontri;

– della carenza ed illogicità della motivazione relativamente alla bancarotta fraudolenta patrimoniale poichè la automobili indicate dall’imputazione non erano entrate nell’economia della società fallita, sicchè non dovevano esser consegnate al curatore (esse vennero restituite ai proprietari); inoltre, la prova della bancarotta post-fallimentare si fonda sull’erronea lettura delle dichiarazioni rese dall’incaricato alla custodia che ha escluso di avere scorto l’ A. quando si verificò la condotta appropriativa, circostanza esposta nell’appello, ma rimasta senza motivazione;

della carenza ed illogicità della motivazione relativamente alla bancarotta fraudolenta documentale, poichè la difficoltà della conciliazione delle scritture derivava dalla prassi dell’emissione di titoli post-datati che sfasava l’annotazione sull’estratto conto bancario, rispetto alla scrittura societaria; della carenza ed illogicità della motivazione relativamente alla bancarotta preferenziale poichè i giudici omettono di considerare che la conoscenza sia dell’istanza di fallimento sia della dichiarazione dello stesso fu assai posteriore alle condotte censurate (tre mesi dopo), per difetto della notificazione della sentenza, sicchè il dovere di controllo dell’amministratore, postulato dalla decisione, risulta illogico;

della carenza ed illogicità della motivazione relativamente all’istanza subordinata di derubricare la fattispecie in quella di cui all’art. 217 L. Fall., mancando il riscontro all’elemento soggettivo, domanda che non ha rinvenuto alcuna risposta dai giudici di appello;

della carenza di motivazione relativamente alla richiesta di riconoscere in via di prevalenza le attenuanti generiche nella comparazione con le aggravanti, con istanza di sospensione condizionale della pena, essendovi al riguardo silenzio della sentenza.
Motivi della decisione

Il primo motivo è infondato.

In seno al giudizio abbreviato sono utilizzabili ai fini della decisione tutti gli atti che siano stati legittimamente acquisiti al fascicolo del p.m. (sono anche utilizzabili nel giudizio abbreviato le dichiarazioni etero-accusatorie del coimputato, rese nel corso dell’interrogatorio dinanzi al Pubblico Ministero, cfr. Cass. pen., sez. 2^, 15 gennaio 2009, Madio, Ced Cass., rv. 243304). Nel resto il motivo richiede una rilettura ed una diversa interpretazione della risultanza istruttoria, istanza non proponibile al giudice di legittimità.

Non risponde al vero che la decisione accolga l’accusa della R., coimputata nel procedimento, senza verifica o riscontro, poichè la pronuncia ricorda (sia pure senza commento) le ammissioni di partecipazione ad atti di gestione del tutto significativi (cfr. i punti 19, 20, 21) e le rilevazioni documentali al riguardo (punti 23, 24).

Nel resto l’argomentazione motivazionale, espressa con inconsueta e frettolosa sinteticità, palesa gravi lacune a fronte delle doglianze difensive esposte in sede di appello.

Dalla sentenza (di primo grado) si apprende (punto 12) che le automobili furono ‘acquistatè dalla società sullo scorcio del 2001, dovendosi da ciò desumere che esse entrarono a far parte del patrimonio in epoca pre-fallimentare e che, tuttavia, altro organismo (PRO.TE CONSULITNG) divenne, successivamente, titolare dei veicoli.

Tuttavia risulta indebitamente ellittica la motivazione per cui "In forza del suindicato principio (sembra doversi alludere alla valenza processuale delle dichiarazioni di R. circa l’effettiva qualità di amministratore di fatto in capo al l’ex marito, nde.) provati i fatti da sub 5 a sub 25, perchè egli non poteva nella sua qualità agire come ebbe ad agire, stante il fatto sub 23 (rapporti tra la fallita società e PRO.TE CONSULTING, rappresentata dall’imputato)", mancando ogni congruente accenno alle ragioni e modalità del passaggio di proprietà, sì che – per esempio – nulla è detto su la corresponsione di denaro da parte dell’acquirente, sulla congruità del prezzo pattuito, sulle modalità di pagamento, ecc, circostanze essenziali per la dimostrazione dell’illiceità della condotta. Osservazione che si muove essendovi stato punto di gravame al proposito.

In tal senso, viene annullata la sentenza per nuovo esame anche quanto all’addebito di preferenzialità, espressamente devoluto sulla tardiva conoscenza della dichiarazione di fallimento.

Se è vero che, in tema di bancarotta, la decisione del giudice concorsuale si presume conosciuta per via del regime di pubblicità che dovrebbe assicurare un’adeguata notorietà, è peraltro certo che siffatta presunzione può essere vinta da prova contraria, prova che il ricorrente ha opposto al convincimento di reità del giudice. Ma egli nulla ha risposto al riguardo, non essendo per nulla conferente il rilievo per cui "l’ A. agendo come amministratore di fatto non poteva esimersi da un dovere di controllo prima di effettuare i pagamenti", osservazione che si modula sul paradigma della colpa (per negligenza), incompatibile con la fattispecie a dolo specifico dell’illecito contestato.

Del tutto carente è, infine, l’apparato giustificativo sulla richiesta "derubricazione" del reato in quello di cui all’art. 217 L. Fall., sulle statuizioni sanzionatorie per le quali l’ A. richiese modifica: giudizio di prevalenza della riconosciute circostanze attenuanti generiche sulle contestate aggravanti e l’applicazione del beneficio della sospensione condizionale della pena. Domande a cui non è adeguata risposta la tacitiana indicazione "la pena è congrua", essendosi la stessa allineata al minimo edittale soltanto in ragione della riduzione conseguente alla scelta del rito, pertanto la statuizione necessità di qualche cenno giustificativo ulteriore per adempiere all’onere di cui all’art. 132 c.p..
P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio, per nuovo esame, ad altra sezione della Corte di Appello di Genova.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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