T.A.R. Campania Salerno Sez. II, Sent., 13-04-2011, n. 704 Amministrazione del condominio

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1.- Con l’atto notificato l’8.5.2009, depositato l’1.6.2009, il Condominio "P.D.M." (di seguito:Condominio) impugna il permesso di costruire prot. 61407/59133 rilasciato alla ditta C.C. s.r.l. per la realizzazione di un immobile alla contrada Baccanico su area in catasto fg 42, p.lle 9, 146, 147, 148, 149, 150, 152, 154, 155, 190, 238 sub 77, ritenendolo illegittimo perché rilasciato su aree già asservite a precedenti fabbricati ed in particolare a quello realizzato dalla società "D.M.C. s.r.l.", giusta concessione edilizia n. 2706/bis e quello realizzato dalla ditta B.L., giusta variante al piano di recupero di cui alla delibera di c.c. n. 485 del 9.2.1990, deducendo:

Eccesso di potere sotto plurimi e concorrenti profili – Violazione dell’art. 14 NTA del PUC.

Il Condominio ricorrente è dell’avviso che:

il lotto edificabile non coincide con il lotto di proprietà ben potendo essere asservite alla nuova costruzione anche aree di proprietà aliena, che vengono pertanto gravate da vincolo pertinenziale;

nel caso in cui muti la disciplina urbanistica, con un aumento della potenzialità edificatoria della zona, la quantificazione della edificabilità della parte del lotto rimasto inedificato e la quantificazione della volumetria in esso realizzabile, non può che derivare per sottrazione, dalla predetta potenzialità, diminuita della volumetria dei fabbricati già realizzati sull’unica complessiva area;

laddove la volumetria assentibile sia stata completamente utilizzata, non è consentito legittimamente costituire un nuovo lotto;

analogamente avviene nel caso in cui un nuovo strumento urbanistico utilizzi un diverso criterio di calcolo non più rapportato alla cubatura per metro quadro, bensì alla superficie lorda pavimentabile;

tutte le particelle interessate dall’impugnato permesso, facevano parte di due precedenti e distinti lotti ed erano tipizzate "zona di nuova espansione semistensico A" con un indive fondiario di 4 mc/mq, un’altezza dei fabbricati non superiore a mt 17,50 ed un rapporto di copertura pari al 35%; orbene, queste particelle non possono ritenersi completamente libere per cui sulle stesse non possono essere applicati per intero i nuovi indici previsti dal nuovo PUC che ha previsto per tale zona l’i.f. 1 mq/mq, il 40% come rapporto di copertura e mt 13,50 quale altezza massima: per cui occorre sottrarre dai nuovi indici di utilizzazione fondiaria quelli relativi allo sfruttamento edificatorio già avvenuto.

2.- Resiste in giudizio l’amministrazione comunale evidenziando la circostanza che gli uffici comunali avevano sottoposto a riesame il permesso impugnato, emettendo, all’esito della nuova istruttoria, provvedimento prot. n. 23369/19491/URB del 7.5.09, recante conferma della legittimità del permesso di costruire n. 11636 del 16.2.2009.

3.- Resiste in giudizio anche la Società C.C. s.r.l. chiedendo la reiezione della domanda perché inammissibile ed infondata.

4.- Sono intervenuti ad adiuvandum i sigg. A.R. e S.A.M.E. insistendo per l’annullamento dell’atto impugnato.

5.Con i Motivi Aggiunti notificati il 23 6.09, depositati il 26.6.09, il Condominio ha impugnato anche il sopravvenuto provvedimento del Dirigente dell’Ufficio Urbanistica del Comune di Avellino prot. n. 23369/19491/URB del 7.5.09, recante conferma, a seguito di riesame, della legittimità del permesso di costruire n. 11636 del 16.2.2009.

6.- Resistono il Comune di Avellino e la società controinteressata.

7.- Sono intervenuti ad adiuvandum i sigg. A.R. e S.A.M.E. insistendo per l’annullamento dell’atto impugnato.

8.- Con ordinanza n. 140/09 del 9.7.2009 è stata disposta apposita verificazione in ordine alla reale capacità edificatoria delle aree interessate, demandata al sig. Provveditore alle Opere Pubbliche.

9.- Gli esiti della verificazioni sono stati oggetto di apposite osservazioni che, sottoposte al vaglio del funzionario deputato alla verificazione, sono state da quest’ultimo anche controdedotte.

10.- All’udienza del 26.1.2011, sulla conclusione delle parti presenti come da verbale di udienza, il Collegio si è riservata la decisione.
Motivi della decisione

1.- E’ controversa nel presente giudizio la legittimità del permesso di costruire prot. n. 61407 del 16.2.2009, rilasciato dal Comune di Avellino, e del successivo atto di conferma del 7.5.2009, emesso a seguito di procedimento di riesame d’ufficio, parimenti impugnato.

Parte ricorrente, invero, dubita della assentibilità dei provvedimenti rilasciati alla società C.C. s.r.l. in ragione della circostanza che sarebbero state utilizzate aree già asservite a precedenti fabbricati e quindi, consentita l’edificazione di un lotto ormai privo della capacità edificatoria, atteso che la relativa volumetria sarebbe stata già utilizzata proprio per i fabbricati realizzati dalla società D.M.C. e dalla ditta B.L..

1.a.- Il ricorso principale è improcedibile per sopravvenuto difetto d’interesse alla decisione.

1.a.1.- Per giurisprudenza consolidata, l’improcedibilità, per sopravvenuto difetto d’interesse alla decisione, dell’impugnazione giurisdizionale di un provvedimento amministrativo si verifica quando interviene o un diverso provvedimento, il quale, come suo proprio effetto, muti le situazioni giuridiche in modo tale da rendere inutile la pronuncia richiesta al giudice amministrativo; o quando si verifichi una situazione in fatto o in diritto del tutto nuova rispetto a quella esistente al tempo della proposizione del gravame; si tratta, cioè, di una semplice applicazione della regola processuale dell’interesse ad agire, il quale non solo deve sussistere al momento della proposizione del ricorso, ma deve altresì permanere al momento della pronuncia, per evitare attività giurisdizionale inutile.

Si è precisato, altresì, che la concreta individuazione delle ipotesi di sopravvenuta improcedibilità deve essere ancorata a criteri restrittivi, tenuto che:

non deve tradursi in una sostanziale elusione dell’obbligo del giudice di pronunciarsi sulla domanda;

– l’ interesse residuo alla pronuncia sul merito della controversia va inteso nella sua massima ampiezza, alla luce degli effetti conformativi e ripristinatori dell’eventuale sentenza di accoglimento;

– la persistenza dell’interesse va valutata considerando anche le possibili ulteriori iniziative attivate (o attivabili) dal ricorrente per soddisfare la pretesa vantata (Cons. St. Sez. V 10 marzo 1997 n. 242).

1.b.- Trasponendo le menzionate acquisizioni giurisprudenziali al caso in esame, non resta al Collegio che prendere atto della sopravvenuta improcedibilità del ricorso principale, atteso che alcuna utilità arrecherebbe al condominio l’eventuale decisione, in ipotesi, favorevole, ostandovi gli effetti pregiudizievoli dell’ulteriore provvedimento sopravvenuto, parimenti incidente sfavorevolmente sulla pretesa azionata in giudizio da parte attorea (ex multis Cons. St. Sez. V 10 marzo 1997 n. 242; Csi 27 maggio 1997 n. 186)

2.- Preliminarmente il Collegio deve darsi carico dell’eccezione di inammissibilità (del ricorso principale e) dei motivi aggiunti, spiegata dalle parti costituite in resistenza, per difetto di legittimazione attiva dell’amministratore.

Afferma il Comune di Avellino, nelle proprie difese, che l’amministratore non sarebbe legittimato ad agire in giudizio per la tutela dei diritti esclusivi di proprietà dei singoli condomini senza il rilascio di uno specifico mandato.

Aggiunge la società controinteressata, in tutte le sue difese, che l’amministratore di un condominio può compiere, senza necessità di un’apposita autorizzazione, solo atti di natura meramente conservativa, per cui l’azione diretta a contestare la legittimità del titolo edilizio, siccome esorbitante rispetto alle ipotesi tassative in cui opera la rappresentanza, ope legis, dell’amministrazione, non poteva essere proposta, in assenza di una specifica autorizzazione.

Aggiunge, altresì, la società controinteressata, anche nella memoria finale, che alcuna valenza potrebbe essere attribuita al verbale assembleare del 24.4.2009, dal quale risulta che l’amministratore, nel corso dell’assemblea, si è limitato a rappresentare "ai condomini di aver dato mandato ad un legale esterno di proporre ricorso avverso i titoli edilizi rilasciati a terzi".

2.a.- L’eccezione merita condivisione, risultando fondata, atteso che l’azione in esame non rientra nelle attribuzioni dell’amministratore ex art. 1130 del Codice civile, e,quindi, non poteva essere intentata direttamente da quest’ultimo in forza del successivo art. 1131 c.c..configurandosi, nella specie, un giudizio promosso per denunciare l’illegittima esplicazione dello jus aedificandi di un confinante: poichè le azioni promosse contro terzi a difesa dei diritti, anche di natura reale, e degli interessi legittimi dei condomini sulle parti comuni di un edificio sono dirette ad ottenere statuizioni relative alla titolarità e al contenuto delle medesime posizioni soggettive che interferiscono con autonome posizioni altrui, esse non rientrano tra gli atti meramente conservativi e la rappresentanza "ope legis" deve ritenersi esclusa (Corte di Cassazione, Sezioni unite civili – 28/11/1996 n. 10615).

E’ noto che l’amministratore condominiale ha, secondo quanto dispone l’art. 1131 comma 1 del c.c., la rappresentanza dei partecipanti a quella peculiare forma di comunione disciplinata dagli artt. 1117 e segg. del c.c. e può agire in giudizio – a tutela di un interesse comune – sia contro i condomini medesimi sia contro i terzi, nei limiti delle attribuzioni stabilite dall’art. 1130 del c.c.: ne consegue che, quando la rappresentanza attiva esorbiti dall’ambito di dette attribuzioni, è necessario che sia sorretta da apposita investitura mediante atto deliberativo dell’assemblea dei condomini, con la maggioranza indicata dall’art. 1136 comma 2 del c.c. (T.A.R. Friuli Venezia Giulia – 2/5/2000 n. 388; Consiglio di Stato, sez. V – 1/12/1997 n. 1467).

2.a.1.- Gioverà richiamare in questa sede il relativo quadro normativo.

L’ art. 1130 c.c. (Attribuzioni dell’amministratore) dispone che:

"L’amministratore deve:

1) eseguire le deliberazioni dell’assemblea dei condomini e curare l’osservanza del regolamento di condominio;

2) disciplinare l’uso delle cose comuni e la prestazione dei servizi nell’interesse comune, in modo che ne sia assicurato il miglior godimento a tutti i condomini;

3) riscuotere i contributi ed erogare le spese occorrenti per la manutenzione ordinaria delle parti comuni dell’edificio e per l’esercizio dei servizi comuni;

4) compiere gli atti conservativi dei diritti inerenti alle parti comuni dell’edificio.

Egli, alla fine di ciascun anno, deve rendere il conto della sua gestione".

Il successivo art. 1131 c.c. (Rappresentanza) così recita:

"Nei limiti delle attribuzioni stabilite dall’articolo precedente o dei maggiori poteri conferitigli dal regolamento di condominio o dall’assemblea, l’amministratore ha la rappresentanza dei partecipanti e può agire in giudizio sia contro i condomini sia contro i terzi.

Può essere convenuto in giudizio per qualunque azione concernente le parti comuni dell’edificio; a lui sono notificati i provvedimenti dell’autorità amministrativa che si riferiscono allo stesso oggetto.

Qualora la citazione o il provvedimento abbia un contenuto che esorbita dalle attribuzioni dell’amministratore, questi è tenuto a darne senza indugio notizia all’assemblea dei condomini.

L’amministratore che non adempie a quest’obbligo può essere revocato ed è tenuto al risarcimento dei danni".

L’art. 1136 c.c. (Costituzione dell’assemblea e validità delle deliberazioni), dispone che:

"L’assemblea è regolarmente costituita con l’intervento di tanti condomini che rappresentino i due terzi del valore dell’intero edificio e i due terzi dei partecipanti al condominio.

Sono valide le deliberazioni approvate con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio.

Se l’assemblea non può deliberare per mancanza di numero, l’assemblea di seconda convocazione delibera in un giorno successivo a quello della prima e, in ogni caso, non oltre dieci giorni dalla medesima; la deliberazione è valida se riporta un numero di voti che rappresenti il terzo dei partecipanti al condominio e almeno un terzo del valore dell’edificio.

Le deliberazioni che concernono la nomina e la revoca dell’amministratore o le liti attive e passive relative a materie che esorbitano dalle attribuzioni dell’amministratore medesimo, nonché le deliberazioni che concernono la ricostruzione dell’edificio o riparazioni straordinarie di notevole entità devono essere sempre prese con la maggioranza stabilita dal secondo comma. (……..)".

L’art. 1131 c.c., prevede che l’amministratore può agire in giudizio, senza essere a ciò espressamente autorizzato dall’assemblea condominiale, soltanto nei limiti delle attribuzioni previste dall’art. 1130 c.c..

2.a.2.- Orbene, in applicazione del surriferito quadro normativo, il Collegio è dell’avviso che il ricorso proposto non rientra nei poteri attribuiti all’amministratore ai sensi del combinato disposto degli artt. 1130 e 1131 c.c. (che non postulano una preventiva autorizzazione assembleare) in quanto l’azione giudiziaria promossa non è riconducibile alle previsioni dell’art. 1130 c.c., comma 1, lett. 4) che attribuisce all’amministratore il potere di "compiere gli atti conservativi dei diritti inerenti alle parti comuni dell’edificio".

Ed infatti, non è revocabile in dubbio che tra gli "atti conservativi" non può essere ascritta l’azione giudiziaria intesa ad inibire a terzi l’edificazione su fondi alieni siccome ritenuti non edificabili per esaurimento della volumetria atteso che, una siffatta opzione esegetica, darebbe, contrariamente alla lettera ed alla ratio della norma, alla locuzione "compiere gli atti conservativi dei diritti inerenti alle parti comuni dell’edificio" un significato che andrebbe ben oltre il suo chiaro ed inequivocabile tenore letterale.

2.b.- Né può verosimilmente ritenersi, sulla scorta del verbale assembleare del 22 aprile 2009, che l’amministratore sarebbe stato, in realtà, autorizzato dall’assemblea dei condomini.

Il citato verbale, infatti, risulta così formulato: "…l’amministratore illustra all’assemblea le azioni dallo stesso intraprese al fine della verifica della correttezza di tutte le autorizzazioni a costruire rilasciate dagli enti preposti e di aver dato mandato all’avv. Stefano Sorvino di elaborare, ricorrendone gli estremi, eventuali ricorsi avverso le suddette autorizzazioni concesse"

Ad avviso del Collegio, non si ravvisa nella delibera assembleare una formale esplicita autorizzazione all’amministratore da parte del condominio che, giusta indicazione, è stato soltanto notiziato della possibilità di proporre "eventuali ricorsi avverso le suddette autorizzazioni concesse", ma non risulta essersi determinato in proposito.

Anche a voler ritenere, in ipotesi, la suddetta delibera quale ratifica dell’attività posta in essere dall’amministratore e quindi autorizzazione ad intraprendere la lite avverso il permesso rilasciato alla società C.C. s.r.l. essa non potrebbe che essere riferita al permesso impugnato con il ricorso principale, ma non anche al successivo provvedimento di conferma emesso dal Comune di Avellino in data 7.5.2009, posteriore al verbale assembleare del 22 aprile 2009.

Alla stregua delle suesposte osservazioni, il ricorso principale va dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza d’interesse alla decisione ed i motivi aggiunti vanno dichiarati inammissibili, in quanto proposti dall’amministratore del Condominio in assenza di apposita investitura, mediante deliberazione dell’assemblea assunta in base all’art. 1136 Cod. civ. (Cfr., tra le tante, Cons. Stato, sez. V, 1 dicembre 1997, n. 1467; Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, 2 marzo 2007, n. 112/07).

3.- E’ inammissibile anche l’atto di intervento adesivo ad adiuvandum spiegato dai sigg. A.R. e S.A.M.E., alla stregua delle considerazioni che seguono.

3.a.- E’ noto che nel processo amministrativo l’intervento ad adiuvandum può essere proposto per la tutela anche di un interesse di mero fatto oppure mediato e riflesso rispetto a quello vantato dalle parti principali, ma non per far valere un interesse immediato e diretto alla tutela della posizione soggettiva incisa dal provvedimento. (Cons. St. Sez. VI 2 febbraio 2007 n. 425). Esso mira ad acquisire un vantaggio riflesso dall’eventuale accoglimento del ricorso principale perché allo stato il suo interesse non è direttamente e immediatamente leso dal provvedimento impugnato (Cass. civ. Sez. III 24 gennaio 2003 n. 1111). In definitiva, l’interesse che legittima l’intervento ad adiuvandum non può essere di segno uguale a quello del ricorrente: è infatti inammissibile l’intervento ad adiuvandum spiegato dal soggetto che, assumendosi direttamente leso dal provvedimento gravato dal ricorrente, aveva l’onere di impugnare lo stesso nei termini decadenziali decorrenti dalla comunicazione o notifica ovvero dalla piena conoscenza del provvedimento già impugnato da altri, vantando in tal caso uno sostanziale posizione di cointeresse che lo legittimava a proporre l’impugnazione (Cons. Stato Sez. V 17 maggio 2006 n. 496; Tar Campania Sez. IV 3 settembre 2008 n. 10036).

Nella specie, gli interventori, qualificandosi proprietari di immobile con box garage, fanno valere un interesse diretto non azionabile, per quanto già detto, nelle forme dell’intervento adesivo, per cui l’atto di intervento deve considerarsi inammissibile (Cons. St. n. 496/2006).

Inoltre, qualora voglia ravvisarsi nell’intervento in questione la mancanza sostanziale di un interesse legittimo, ma solo un interesse di mero fatto, mediato e riflesso, tale da giustificare l’intervento ad adiuvandum, è appena il caso di osservare che la posizione dell’interveniente subisce gli effetti della sentenza relativa al ricorso principale e come tale resta travolto dalla declaratoria d’inammissibilità del ricorso introduttivo e dei motivi aggiunti.

Può concludersi per la reiezione del ricorso e dei motivi aggiunti.

4.- Sussistono giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese di lite, tranne che per le spese della disposta verificazione che ricadono per intero sul condominio ricorrente.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania sezione staccata di Salerno (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, dichiara improcedibile il ricorso principale, nei sensi di cui in motivazione ed inammissibili i motivi aggiunti.

Compensa interamente tra le parti le spese di giudizio, tranne che per le disposta verificazione.

Condanna il ricorrente condominio al pagamento delle spese della verificazione che liquida complessivamente in euro 3.000, a favore dell’ing. Guglielmo De Stefano, funzionario del Provveditorato Interregionale alle Opere Pubbliche per la Campania ed il Molise.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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