T.A.R. Campania Salerno Sez. II, Sent., 13-04-2011, n. 700 Edilizia e urbanistica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con nota 22.1.2009 n. 3652, il dirigente del settore V° del comune di Cava dè Tirreni ha determinato in complessivi Euro 269.865,47 la somma dovuta dalla s.r.l. M.M., per costo di costruzione ed oneri di urbanizzazione, in relazione al permesso di costruire 10.2.2009 n. 1718, rilasciato per la realizzazione di due opifici commerciali in zona A.S.I.

Con l’odierno ricorso, seguito da motivi aggiunti e/o ulteriori, la detta comunicazione è stata impugnata dinanzi a questo Tribunale, unitamente alle deliberazioni consiliari n. 626 del 18.12.1985 e n. 41 del 14.1.1987, nonché agli altri atti presupposti e conseguenti, per violazione di legge ed eccesso di potere, chiedendosi l’accertamento giudiziario dell’importo effettivamente dovuto.

Costituitasi in giudizio, l’amministrazione ha chiesto la reiezione del gravame.

Con ordinanza 9.4.2009 n. 75, è stata disposta una verificazione a cura del Provveditorato alle opere pubbliche di Salerno.

Acquisite la relazione finale del verificatore ing. Nicolino Petracca e le osservazioni delle parti in causa, nonché disposti ed eseguiti alcuni incombenti istruttori integrativi, all’udienza pubblica del 10.3.2011 la causa è stata trattenuta in decisione.

E’ infatti inaccoglibile la richiesta di rinvio per proposizione di motivi aggiunti, formulata dal ricorrente solo in sede di udienza, posto che l’atto da (ulteriormente) gravare nel presente giudizio presenta aspetti meramente esecutivi della determina in contestazione, trattandosi di ingiunzione di pagamento delle somme ancora dovute.
Motivi della decisione

Occorre premettere, in via generale, che le controversie relative all’an ed al quantum delle somme dovute dal costruttore a titolo di oneri concessori sono riservate dall’art. 7 della legge n. 205/2000 alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 21 aprile 2006 n. 2258) e riguardano diritti soggettivi di natura patrimoniale, rispetto ai quali le operazioni di concreta quantificazione dell’importo dovuto, sulla base dei criteri fissati dalla legge o dall’amministrazione con norme di natura regolamentare, si esauriscono in mere operazioni materiali, sottoposte alla cognizione piena del giudice (cfr. T.A.R. Campania Napoli, Sez. VIII, 17 settembre 2009 n. 4983 e Sez. III, 1 dicembre 2008 n. 20716; T.A.R. Campania Salerno, Sez. II, 29 novembre 2007 n. 2861).

Pertanto, ai fini della decisione, appare opportuno partire dalle conclusioni cui è giunto l’organo istruttore, in merito all’esattezza dei calcoli operati dall’ente, allo scopo di raffrontarle con i rilievi mossi dalla società ricorrente.

Il verificatore, nella relazione depositata il 23.1.2010, ha sostanzialmente concordato con la stima eseguita dal comune intimato, quantificando la cifra dovuta nel totale di Euro 269.338,11, di cui Euro 84.205,79 per oneri di urbanizzazione ed il resto per costo di costruzione: somma inferiore di appena Euro 527,36, rispetto a quella individuata nell’atto impugnato.

A tal proposito, ha fatto presente che, trattandosi di due fabbricati destinati ad uso commerciale, il contributo di urbanizzazione si determina ai sensi dell’art. 19, comma 2, D.P.R. 380/2001, a mente del quale "il permesso di costruire relativo a costruzioni o impianti destinati ad attività turistiche, commerciali e direzionali o allo svolgimento di servizi comporta la corresponsione di un contributo pari all’incidenza delle opere di urbanizzazione, determinata ai sensi dell’art. 16, nonché una quota non superiore al 10 per cento del costo documentato di costruzione da stabilirsi, in relazione ai diversi tipi di attività, con deliberazione del consiglio comunale".

A sua volta, il richiamato art. 16 prevede che il rilascio del permesso di costruire comporta la corresponsione di un contributo commisurato all’incidenza degli oneri di urbanizzazione nonché al costo di costruzione.

Orbene, quanto all’incidenza degli oneri di urbanizzazione (primaria e secondaria), essa è stabilita con deliberazione del consiglio comunale, aggiornabile ogni cinque anni, in base alle tabelle parametriche che la regione definisce per classi di comuni in relazione: a) all’ampiezza ed all’andamento demografico dei comuni; b) alle caratteristiche geografiche dei comuni; c) alle destinazioni di zona previste negli strumenti urbanistici vigenti; d) ai limiti e rapporti minimi inderogabili fissati in applicazione dall’art. 41 quinquies, penultimo ed ultimo comma, della legge n. 1150/1942, nonché delle eventuali leggi regionali. Nel caso di mancata definizione delle tabelle parametriche da parte della regione e fino alla definizione delle stesse, i comuni provvedono, in via provvisoria, con deliberazione del consiglio comunale.

Quanto invece al costo di costruzione, esso è determinato periodicamente dalla regione, con riferimento ai costi massimi ammissibili per l’edilizia agevolata. Nei periodi intercorrenti tra le determinazioni regionali, ovvero in assenza di tali determinazioni, il costo di costruzione è autonomamente soggetto ad adeguamento ISTAT annuale. Il contributo afferente al permesso di costruire comprende una quota di detto costo, variabile dal 5 al 20 per cento, determinata dalla regione in funzione delle caratteristiche e delle tipologie delle costruzioni e della loro destinazione ed ubicazione.

Tanto premesso, il verificatore ha anzitutto escluso che la collocazione degli immobili costruendi in area A.S.I. possa comportare una qualche esenzione o riduzione del contributo da corrispondere al comune, per il fatto che le opere di urbanizzazione verrebbero a gravare, in tutto od in parte, sul consorzio gestore.

Al riguardo, questi ha fatto presente per un verso che l’urbanizzazione e la manutenzione dei servizi dell’area (fognatura, accesso viario, allacci ai servizi pubblici) sono, quanto meno in via di fatto, in capo al comune, mentre, per altro verso, che in ogni caso, per giurisprudenza di questo Tribunale, il legislatore ha previsto, a carico del richiedente il permesso per la realizzazione di costruzioni od impianti, l’obbligo di corrispondere la quota di contributo rapportata all’incidenza delle opere di urbanizzazione, senza prevedere alcuna forma di esenzione per l’ipotesi che l’edificazione interessi un’area ricompresa nel territorio di un consorzio A.S.I. (cfr. T.A.R. Campania Salerno, Sez. II, 3 ottobre 2005 n. 1838).

Venendo, poi, alla determinazione del dovuto, il verificatore ha applicato i criteri indicati nelle seguenti deliberazioni del consiglio comunale di Cava dè Tirreni:

a) deliberazione n. 626 del 18.12.1985 (recante ad oggetto: "determinazione oneri di urbanizzazione – tabelle parametriche revisionali – aggiornamento anno 1985"), quanto al calcolo degli oneri urbanizzazione;

b) deliberazione n. 41 del 14.1.1987 (recante ad oggetto: "rettifica costo di costruzione per rilascio concessione edilizia"), quanto al calcolo del costo di costruzione.

In tal modo, avuto presente un volume edificabile pari a mc 8.925 per ciascun fabbricato, il tecnico è pervenuto ad una valutazione definitiva pari a Euro 269.338,11, di cui Euro 84.205,79 per oneri di urbanizzazione ed il resto per costo di costruzione.

La detta stima è stata contestata dalla ricorrente, sia con memoria difensiva che a mezzo di consulenza tecnica di parte, inducendo la Sezione a chiedere chiarimenti all’organo verificatore.

La relazione integrativa, depositata in data 24.4.2010, ha confermato in toto il procedimento già seguito per la stima ed i relativi risultati.

Da ultimo, in vista della trattazione del merito, con memoria difensiva depositata il 18.2.2011, la società istante ha inteso così efficacemente sintetizzare le proprie doglianze:

1) Oneri di urbanizzazione.

a) l’organo istruttore, nel considerare l’intera estensione dei due immobili come destinata ad attività commerciale, ha violato il disposto dell’art. 2, comma 4, della legge regionale n. 1/2000, in base al quale "la superficie di vendita degli esercizi commerciali che trattano esclusivamente merci ingombranti delle quali il venditore non è in grado di effettuare la consegna immediata, come auto, mobili ed elettrodomestici, legnami, materiali per l’edilizia, è limitata alla dimensione massima degli esercizi di vicinato, attribuendo la restante superficie a magazzino, deposito o superficie espositiva". Pertanto, per una consistente parte dei due immobili, il calcolo degli oneri va fatto applicando i più ridotti parametri economici riservati alle destinazioni non commerciali (magazzino, deposito o superficie espositiva);

b) gli interventi ricadono in area A.S.I., con conseguente difetto da parte del comune della legittimazione sostanziale a richiedere il pagamento degli oneri di urbanizzazione primaria, che sono sostenuti dal consorzio, ai sensi dell’art. 49 D.P.R. 218/1978 e dell’art. 4, comma 3, della legge regionale n. 16/1998;

2) Costo di costruzione.

Il comune di Cava dè Tirreni difetta di una deliberazione consiliare che determini, ai sensi dell’art. 19, comma 2, D.P.R. 380/2001 (già art. 10, comma 2, della legge n. 10/1977), il costo di costruzione per costruzioni od impianti non residenziali, riguardando, al contrario, la deliberazione n. 41 del 14.1.1987 (integrativa della precedente deliberazione n. 250 del 16.6.1986), utilizzata dal funzionario verificatore, i soli interventi a vocazione residenziale o prevalentemente residenziale, di cui all’art. 16 dello stesso T.U. (già art. 6 della legge n. 10/1977).

Alla luce di tali rilievi, la società istante ha chiesto la rinnovazione dell’istruttoria, con sostituzione del tecnico incaricato.

Le osservazioni sopra illustrate non meritano accoglimento.

Ed invero, l’art. 2, comma 4, della legge regionale n. 1/2000, invocato ai fini dell’abbattimento degli oneri di urbanizzazione, costituisce norma non avente natura urbanistica, ma esclusivamente commerciale.

Questa, infatti, si trova inserita nell’ambito delle disposizioni riguardanti la "classificazione delle medie e grandi strutture di vendita e dei centri commerciali" e rappresenta un’agevolazione, concessa alle attività commerciali che operano con giacenza di merci ingombranti (tali, cioè, da occupare stabilmente un’ampia superficie di esposizione o di deposito), alle quali, ai fini del rilascio delle autorizzazioni annonarie, viene permesso di imputare alla vendita una superficie pari a quella massima consentita agli esercizi di vicinato, defalcando forfettariamente la porzione residua, che si considera destinata a magazzino, deposito o superficie espositiva, per presunzione di legge.

Ne deriva, quindi, che, ai fini strettamente urbanistici che in questa sede rilevano, la destinazione dell’immobile ad attività commerciale resta totalmente inalterata.

Quanto, poi, alla questione afferente l’imputazione urbanizzazione al consorzio A.S.I., anziché al comune, delle spese di urbanizzazione primaria dell’area, va evidenziato in primo luogo che non vi è prova in atti che la realizzazione e manutenzione dei relativi servizi siano assicurate dal primo ente e non dal secondo; è anzi il verificatore ad affermare che a ciò provvede direttamente il comune.

Inoltre, in punto di diritto, questa Sezione non intende discostarsi da quanto statuito da una propria recente pronuncia (cfr. T.A.R. Campania Salerno, Sez. II, 3 ottobre 2005 n. 1838).

Nella vicenda, il collegio giudicante ha premesso che sembra doversi escludere – anche ammesso il carattere non strettamente impositivo degli oneri in questione – che l’ordinaria competenza comunale ad attrezzare urbanisticamente l’area interessata dalla trasformazione edilizia sia qualificabile quale vera e propria "causa" del predetto obbligo del concessionario: l’eventuale configurazione in capo a quest’ultimo, infatti, di una aspettativa, giuridicamente protetta e processualmente azionabile, all’esercizio da parte del comune dei suddetti compiti non può che assumere i contorni dell’interesse legittimo, come tale estraneo ad un inquadramento in chiave strettamente corrispettiva della relazione che siffatta posizione di pretesa intrattiene con la potestà pubblicistica di definire discrezionalmente i tempi ed i modi dell’apprestamento delle opere di urbanizzazione.

Ne consegue che il discorso de quo si presta ad essere meglio condotto nei termini di una verifica della incidenza, sulla ratio sottesa alle disposizioni che prescrivono l’obbligo del concessionario di contribuire ai costi di urbanizzazione, dell’affidamento al consorzio A.S.I., che le norme sanciscono, del compito di urbanizzare le aree appartenenti al relativo comprensorio.

In tale ottica, si deve prendere le mosse dalla considerazione in base alla quale il comune non è completamente estraniato dalla vicenda urbanizzatrice, né questa è devoluta interamente – quanto alla sua attuazione ed alla sopportazione dei relativi costi – al consorzio A.S.I..

Invero, ai sensi dell’art. 6 della legge regionale 13 agosto 1998 n. 16, "i mezzi finanziari dei consorzi A.S.I. sono formati: a) dai conferimenti a qualsiasi titolo effettuati dai partecipanti al momento della loro costituzione ed annualmente". Ebbene, la partecipazione "strutturale" del comune, come soggetto consorziato, ai bisogni finanziari del consorzio, è sufficiente per rendere ragione della non condivisibilità di quanto osservato dal giudice di appello, a fondamento dell’ingiustificato arricchimento cui darebbe luogo il pagamento da parte del concessionario degli oneri di urbanizzazione, nel senso che le attività consortili sarebbero svolte "mediante l’impiego di mezzi finanziari che non prevedono il concorso del comune, salvo che per il conferimento all’atto della costituzione del consorzio".

Se quindi il comune non è emancipato dagli oneri connessi all’esercizio, da parte del consorzio, dei relativi compiti gestionali (compresa la realizzazione delle opere di urbanizzazione), l’obbligo di corrispondere al primo gli oneri di urbanizzazione non appare, dal punto di vista del titolare dello ius aedificandi, privo in radice di giustificazione funzionale.

Né del resto la tesi che sostiene la liberazione del concessionario dall’obbligo di corrispondere al comune gli oneri di urbanizzazione può trovare adeguato fondamento nell’apporto finanziario di cui usufruirebbe ab externo il consorzio A.S.I. ai fini della realizzazione degli interventi infrastrutturali nell’ambito della zona sulla quale esso, sul piano urbanistico, sovrintende; apporto che verrebbe assicurato dalla Cassa per il Mezzogiorno, ai sensi dell’art. 49, comma 1, D.P.R. 6 marzo 1978 n. 218 (laddove si dispone che "le infrastrutture di uso collettivo necessarie alla localizzazione di attività industriali sono realizzate dalla Cassa per il Mezzogiorno, a suo totale carico").

Invero, il venire meno del contesto normativo entro il quale si inserisce la menzionata previsione (ai sensi dell’art. 1, comma 1, D.lgs 3 aprile 1993 n. 96, infatti, "a far data del 15 aprile 1993 cessa l’intervento straordinario nel Mezzogiorno, così come disciplinato dal testo unico delle leggi sul Mezzogiorno, approvato con D.P.R. 6 marzo 1978 n. 218"), seguito dalla sua formale abrogazione (sancita dall’art. 58 D.P.R. 8 giugno 2001 n. 327), non può non comportare la presa d’atto della sua irrilevanza ai fini del decidere.

Nel quadro così delineato, il pur plausibile nesso tra l’effetto liberatorio ipotizzato a favore del concessionario (quanto al pagamento degli oneri di urbanizzazione) ed il contesto agevolativo nel quale senza dubbio si colloca l’istituzione dei consorzi A.S.I. – destinati a "favorire ogni possibile iniziativa preordinata al conseguimento dello sviluppo industriale" del territorio interessato – non appare dotato di indissolubilità e consequenzialità tali da contrastare efficacemente, sul piano interpretativo, la generale obbligatorietà (rafforzata dalla correlata tassatività delle ipotesi di esenzione, dettate dall’art. 9 della legge n. 10/1977 ed oggi dall’art. 17 D.P.R n. 380/2001) che la corresponsione dei predetti oneri assume per l’autore della trasformazione edilizia.

Né appare secondario evidenziare che, ai sensi dell’art. 10 della legge n. 10/1977 (riprodotto nell’art. 19 D.P.R. n. 380/2001), "la concessione relativa a costruzioni o impianti destinati ad attività turistiche, commerciali e direzionali comporta la corresponsione di un contributo pari all’incidenza delle opere di urbanizzazione, determinata ai sensi del precedente articolo 5, nonché una quota non superiore al 10 per cento del costo documentato di costruzione da stabilirsi, in relazione ai diversi tipi di attività, con deliberazione del consiglio comunale" (quota, quest’ultima, invece non richiesta per le costruzioni e gli impianti destinati ad attività industriali o artigianali, dirette alla trasformazione di beni ed alla prestazione di servizi).

Ebbene, la citata disposizione si presta alla formulazione di un duplice ordine di considerazioni, ciascuna atta ad imprimere al ragionamento interpretativo una direzione opposta a quella sostenuta dalla parte ricorrente.

La prima, e più stringente, vale a porre in evidenza che il legislatore ha espressamente ribadito l’esistenza, in capo al richiedente la concessione per l’edificazione di "costruzioni o impianti destinati ad attività turistiche, commerciali e direzionali", dell’obbligo di corrispondere al comune la quota di contributo rapportata all’incidenza delle opere di urbanizzazione (senza prevedere alcuna forma di esenzione per l’ipotesi che l’edificazione interessi un’area ricompresa nel territorio di un consorzio A.S.I.).

La seconda vuole invece porre in rilievo come il legislatore, sgravando i soli promotori di progetti edilizi con finalità industriali ed artigianali dal pagamento di una maggior quota di contributo correlato al costo di costruzione, nonché riducendo lo stesso relativamente agli edifici con destinazione turistica, commerciale o direzionale, abbia già previsto un regime agevolativo del quale le opere in questione sono destinate a beneficiare. Regime al quale finirebbe con il sovrapporsi, determinando una duplicazione di vantaggi, il riconoscimento dell’ulteriore beneficio, rappresentato dallo sganciamento delle predette tipologie edilizie dagli obblighi di pagamento degli oneri di urbanizzazione.

Risolta la questione afferente alla ricomprensione dell’intervento in area A.S.I., resta da affrontare l’ultima censura, relativa alla quantificazione del costo di costruzione, che sarebbe stata eseguita dal comune e confermata dal verificatore, pur in assenza di una deliberazione consiliare che, ai sensi dell’art. 19, comma 2, D.P.R. 380/2001 (già art. 10, comma 2, della legge n. 10/1977), determini il costo di costruzione per le costruzioni e gli impianti non residenziali, riguardando, al contrario, la deliberazione n. 41 del 14.1.1987 (integrativa della precedente deliberazione n. 250 del 16.6.1986), utilizzata per il calcolo, i soli interventi a vocazione residenziale o prevalentemente residenziale, di cui all’art. 16 dello stesso T.U. (già art. 6 della legge n. 10/1977).

Come più volte enunciato, il predetto art. 19 D.P.R. 380/2001 prevede che il titolare del permesso di costruire per edifici commerciali, in aggiunta al contributo di urbanizzazione determinato ai sensi dell’art. 16, deve corrispondere una quota non superiore al 10 per cento del costo documentato di costruzione da stabilirsi, in relazione ai diversi tipi di attività, con deliberazione del consiglio comunale.

Ora, è ben vero che le delibere comunali n. 250/1986 e n. 41/1987, utilizzate a scopo determinativo della quota, stabiliscono le percentuali per l’applicazione del contributo commisurato al costo di costruzione ai sensi dell’art. 6 della legge n. 10/1977 (e, quindi, dell’art. 16 D.P.R. 380/2001), tuttavia nulla vieta che le medesime percentuali possano applicarsi anche alle attività turistiche, commerciali e direzionali, contemplate all’art. 19, secondo le modalità descritte nella relazione dell’ing. Petracca (vds. pagg. 2729 e 31).

A questa conclusione conduce la natura del contributo in parola, qualificabile come corrispettivo di diritto pubblico di natura non tributaria, obbligatoriamente posto a carico del costruttore (cfr. T.A.R. Campania Salerno, Sez. II, 5 ottobre 2009 n. 5318), perché geneticamente connesso all’effettiva attività di trasformazione del territorio (cfr. T.A.R. Sicilia Catania, Sez. I, 12 ottobre 2010 n. 4104) e rispetto al quale le fattispecie di esonero hanno carattere tassativo dacché costituiscono l’eccezione (cfr. T.A.R. Veneto, Sez. II, 18 giugno 2010 n. 2688; T.A.R. Lombardia Milano, Sez. II, 26 aprile 2006 n. 1062; T.A.R. Lombardia Brescia 28 gennaio 2002 n. 100).

In definitiva, dunque, per tutte le ragioni esposte, il ricorso dev’essere respinto.

Non di meno, possono compensarsi tra le parti le spese del giudizio, ad eccezione di quelle sostenute per la verificazione (che, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza), sussistendo al riguardo giuste ragioni.
P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Spese compensate, ad eccezione degli oneri della verificazione, che sono posti a carico della società ricorrente e liquidati, in favore dell’ing. Nicolino Petracca, nella misura omnicomprensiva di euro duemilacinquecento/00.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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