Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 25-01-2011) 14-04-2011, n. 15168 Esecuzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

G Dott. D’Ambrosio Vito che ha chiesto il rigetto del ricorso.
Svolgimento del processo

Il difensore di G.D., indagato del reato di cui all’art. 600 bis c.p., per aver favorito la prostituzione della (OMISSIS) A.C., fatti avvenuti in (OMISSIS)), ha proposto ricorso per Cassazione avverso l’Ordinanza emessa dal Tribunale per il Riesame di Roma, in data 21 ottobre 2010, con la quale, veniva confermata l’Ordinanza di custodia cautelare del G.I.P. presso il Tribunale di Velletri dell’8 ottobre 2010, per i seguenti motivi:

1. Difetto di motivazione in relazione alla violazione dell’art. 268 c.p.p. Il Tribunale non avrebbe motivato circa la richiesta avanzata con l’istanza di riesame di acquisizione delle registrazioni delle conversazioni intercettate, registrazioni non trasmesse con violazione del diritto di difesa. Di conseguenza l’ordinanza deve essere dichiarata inefficace.

2. Contraddittorietà della motivazione risultante dal testo con riferimento alla gravità indiziaria ed al pericolo di fuga. Dal tenore delle conversazioni emergerebbe che l’indagato non ha avuto alcun ruolo nell’introduzione nel territorio italiano della persona offesa, ma si è limitato a dare alla stessa ospitalità perchè a ciò richiesto da un conoscente; inoltre il pericolo di fuga non sussiste perchè l’indagato, che non era in casa all’arrivo della polizia, vi ha fatto ritorno dopo essere stato avvisato dalla moglie.
Motivi della decisione

Il ricorso è infondato.

1. Per quanto attiene alla prima censura, la sentenza delle Sezioni unite n. 20300 del 27/5/2010 (imp. Lasala, Rv. 246906) – richiamata dal ricorrente – ha chiarito che nell’ambito del giudizio di riesame, la richiesta del difensore volta ad accedere, prima del loro deposito ai sensi dell’art. 268 c.p.p., comma 4, alle registrazioni di conversazioni intercettate e sommariamente trascritte dalla polizia giudiziaria nei c.d. brogliacci di ascolto, utilizzati ai fini dell’adozione di un’ordinanza di custodia cautelare, deve essere presentata al pubblico ministero e non al giudice per le indagini preliminari che ha emesso il provvedimento cautelare, e, proprio al fine di porre il pubblico ministero in grado di adempiere tale obbligo, è necessario che tale richiesta venga tempestivamente proposta rispetto alle cadenze temporali indicate dalle norme processuali. Risulta invece che il ricorrente ha richiesto l’acquisizione delle registrazioni unitamente alla proposizione del ricorso ex art. 309 c.p.p. presentato al Tribunale del riesame e quindi tardivamente. Nè può valere a giustificare la mancata richiesta di rilascio dei supporti informatici al pubblico ministero, la giustificazione adotta dal ricorrente, relativa al fatto che, a seguito della declaratoria di incompetenza territoriale del G.I.P. presso il Tribunale di Velletri, la Procura che aveva disposto le intercettazione avesse trasmesso gli atti a quella presso il Tribunale di Roma, ove "non vi era un P.M. assegnatario del processo". In virtù del principio dell’impersonalità dell’ufficio della pubblica accusa infatti, ciascuno dei suoi componenti è legittimato a svolgere l’attività nel procedimento, tanto più quando la stessa, come nel caso di specie, è doverosa. Peraltro nel giudizio di riesame l’omesso deposito dei "files" audio delle registrazioni di conversazioni oggetto di intercettazione non è sanzionato da nullità o inutilizzabilità, dovendosi ritenere sufficiente la trasmissione, da parte del P.M., di una documentazione anche sommaria ed informale, che dia conto sinteticamente del contenuto delle conversazioni riferite negli atti di polizia giudiziaria (Cfr. Sez. 6, n. 37014 del 15/10/2010; Della Giovampaola e altri, Rv. 248747).

Il motivo proposto risulta inoltre generico, in quanto il ricorrente non ha specificamente indicato gli elementi di difformità rispetto al contenuto delle telefonate indicate nei brogliacci, che dovrebbero emergere dall’ascolto delle registrazioni, ma si è limitato a censurare la mancata trasmissione delle stesse al giudice del riesame.

2. Anche il secondo motivo di ricorso non è fondato. L’ambito del controllo che la Corte di Cassazione esercita in tema di misure cautelari non riguarda la ricostruzione dei fatti, nè le valutazioni, tipiche del giudice di merito, sull’attendibilità delle fonti e la rilevanza e/o concludenza dei dati probatori, nè la riconsiderazione delle caratteristiche soggettive delle persone indagate, compreso l’apprezzamento delle esigenze cautelari e delle misure ritenute adeguate: tutti questi accertamenti rientrano nel compito esclusivo e insindacabile del giudice cui è stata richiesta l’applicazione della misura cautelare e del tribunale del riesame. Il giudice di legittimità deve invece verificare che l’ordinanza impugnata contenga l’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che hanno sorretto la decisione e sia immune da illogicità evidenti: il controllo investe, in sintesi, la congruenza delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento (in tal senso, Sez. 6, n. 3529 dell’1/2/1999, Sabatini, Rv. 212565; Sez. 4, n. 2050 del 24/10/1996, Marseglia, Rv. 206104).

L’ordinanza oggetto della presente impugnazione è sorretta da logica e corretta argomentazione motivazionale e risponde a tali due requisiti. Il Tribunale nel motivare la gravità del quadro indiziario, già presa in considerazione dal GIP, ha analiticamente esaminato i rilievi che la difesa aveva avanzato, ed ha confermato la ricostruzione del coinvolgimento dell’indagato nel reclutamento della prostituta minorenne, analizzando nel dettaglio le numerose conversazioni telefoniche. Oltre alla sussistenza dei gravi indizi, il Tribunale del riesame ha congruamente motivato anche in relazione alla sussistenza delle esigenze cautelari ed alla loro consistenza, che impone la misura della custodia cautelare in carcere, atteso sia il pericolo di reiterazione nel reato, che il pericolo di fuga, che è stato ancorato alla concreta possibilità che l’indagato, per il collegamento con la Romania, possa ivi trovare rifugio per sottrarsi alle pene elevate che sono previste n relazione al titolo del reato contestato. Il ricorso deve pertanto essere rigettato ed al rigetto consegue, ex art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento. Deve inoltre essere trasmessa copia del presente provvedimento al Direttore dell’Istituto penitenziario competente, a norma dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. La Corte dispone inoltre che copia del presente provvedimento sia trasmessa al Direttore dell’Istituto penitenziario competente, a norma dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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