Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 25-01-2011) 14-04-2011, n. 15166 Costruzioni abusive

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Il Tribunale di Napoli, con ordinanza del 6.4.2010, rigettava l’istanza di riesame proposta nell’interesse di V.V. avverso il provvedimento 3.3.2010 con cui il GIP di quello stesso Tribunale – in relazione agli ipotizzati reati di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44 e art. 349 c.p. – aveva disposto il sequestro preventivo di un fabbricato edificato in assenza del permesso di costruire, sito in (OMISSIS).

Rilevava il Tribunale, in particolare, che l’indagato aveva realizzato un immobile di circa 120 mq., composto da seminterrato e primo piano, già sottoposto a sequestro in data 15.4.2004; il manufatto, poi, a seguito di violazione di sigilli, era stato completato nella parte relativa al seminterrato e pavimentato nell’area esterna, venendo così conferita al seminterrato stesso una destinazione abitativa.

Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso il V., il quale – sotto i profili della violazione di legge e del difetto ed illogicità della motivazione – ha eccepito la insussistenza del periculum in mora, poichè "le ipotizzate violazioni non hanno determinato alcun aggravio rispetto al contesto naturalistico circostante, essendosi esse sostanziate nella realizzazione di limitatissimi aumenti di volumetria".

Il ricorso deve essere rigettato, poichè infondato.

Le Sezioni Unite di questa Corte Suprema – con la sentenza 29.1.2003, n. 12878, Innocenti – hanno ritenuto ammissibile il sequestro preventivo di una costruzione abusiva già ultimata, affermando che;

– il sequestro preventivo di cosa pertinente al reato è consentito anche nel caso di ipotesi criminosa già perfezionatasi, purchè il pericolo della libera disponibilità della cosa stessa – che va accertato dal giudice con adeguata motivazione – presenti i requisiti della concretezza e dell’attualità e le conseguenze del reato, ulteriori rispetto alla sua consumazione, abbiano connotazione di antigiuridicità, consistano nel volontario aggravarsi o protrarsi dell’offesa al bene protetto che sia in rapporto di stretta connessione con la condotta penalmente illecita e possano essere definitivamente rimosse con l’accertamento irrevocabile del reato;

– in tema di reati edilizi o urbanistici, "vanno approfonditi la reale compromissione degli interessi attinenti al territorio ed ogni altro dato utile a stabilire in che misura il godimento e la disponibilità attuale della cosa, da parte dell’indagato o di terzi, possa implicare una effettiva ulteriore lesione del bene giuridico protetto, ovvero se l’attuale disponibilità del manufatto costituisca un elemento neutro sotto il profilo della offensività.

In altri termini, il giudice deve determinare in concreto, il livello di pericolosità che la utilizzazione della cosa appare in grado di raggiungere in ordine all’oggetto della tutela penale, in correlazione al potere processuale di intervenire con la misura preventiva cautelare. Per esempio, nel caso di ipotizzato aggravamento del c.d. carico urbanistico, va delibata in fatto tale evenienza sotto il profilo della consistenza reale ed intensità del pregiudizio paventato, tenendo conto della situazione esistente al momento dell’adozione del provvedimento coercitivo".

Il Tribunale di Napoli, nel provvedimento impugnato, ha compiuto, con motivazione adeguata, la valutazione del "pericolo derivante dal libero uso" del manufatto illecitamente realizzato, secondo il riferito orientamento delle Sezioni Unite: a fronte della abusiva creazione di un edificio residenziale a due piani, invero, ha fatto corretto riferimento all’aggravamento del carico urbanistico sulle infrastrutture preesistenti, oggettivamente configurabile sia come ulteriore domanda di strutture ed opere collettive, sia in relazione alle prescritte dotazioni minime di spazi pubblici nella zona urbanistica interessata (standards di cui al D.M. 2.4.1968, n. 1444).

Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione, visti gli artt. 127 e 325 c.p.p., rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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