Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 18-01-2011) 14-04-2011, n. 15227

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ordinanza in data 25-10-2010 il Tribunale di Bari – Sez. Riesame confermava nei confronti di G.V. il provvedimento di custodia cautelare emesso dal GIP in data 15-10-2010, in relazione all’imputazione di lesioni personali aggravate, per aver causato la perdita di un occhio alla persona offesa, B.C..

In tal senso era stata rigettata l’istanza di riesame dell’ordinanza per carenza delle esigenze cautelari inerenti alla misura detentiva inflitta (custodia cautelare in carcere).

Avverso il provvedimento veniva proposto ricorso per cassazione dal difensore, deducendo la violazione di cui all’art. 606 c.p.p., lett. e) in riferimento all’art. 275 c.p.p., comma 1 e artt. 273 e 284 c.p.p..

A riguardo censurava l’ordinanza per aver ritenuto esistente il pericolo di inquinamento delle prove a causa del comportamento tenuto dal G., che – dopo l’episodio – aveva avvicinato la persona offesa che era ricoverata in ospedale. Tale condotta era da attribuire, secondo la difesa, al rapporto di conoscenza tra le parti.

In secondo luogo la difesa non riteneva esistenti le esigenze di cui all’art. 273 c.p.p., lett. c), evidenziando che la misura degli arresti domiciliari sarebbe stata applicabile, non rilevandosi la possibilità di reiterazione della condotta contestata, mentre il Tribunale non aveva reso motivazione al riguardo.

Per ciò che concerne la personalità del prevenuto si rilevava che il G. aveva un unico precedente penale, risalente nel tempo.

Per tali motivi la difesa censurava l’ordinanza impugnata, chiedendone l’annullamento.
Motivi della decisione

Il ricorso risulta infondato.

Invero l’ordinanza di cui si tratta è fondata sulla corretta analisi dei presupposti di cui all’art. 274 c.p.p., idonei a rendere applicabile la custodia cautelare in carcere. Il Tribunale ha infatti evidenziato le modalità del fatto contestato (desumendola da comunicazione notizia di reato della PS secondo la quale il G. provandosi nell’esercizio commerciale della vittima, che svolgeva l’attività di parrucchiere, l’aveva colpito con uno schiaffo procurandogli lo scoppio del bulbo oculare, che risultava attestato da referto medico).

Inoltre, il Collegio ha puntualmente motivato in ordine agli aspetti evidenziati dalla difesa del ricorrente, esaminando la personalità dell’indagato sia in riferimento alla gravita della condotta che alla stregua del comportamento successivo all’episodio delittuoso, evidenziando che si era recato presso l’ospedale in cui la parte lesa si trovava ricoverata insieme ad un pregiudicato, procurando lo stato di intimidazione del soggetto passivo, che aveva detto che non avrebbe proposto querela, onde ha valutato il complesso delle esigenze cautelari enunciate dall’art. 274 c.p.p. e l’adeguatezza della più grave misura detentiva.

In questa sede tale giudizio cautelare non è suscettibile di censure basate sui rilievi attinenti al merito, nè può ritenersi carente il provvedimento de quo nella indicazione dei presupposti che legittimano la misura più grave, essendo esauriente sul punto la motivazione della ordinanza, (v. sub art. 274 Sez. 1, 4 luglio 1995, n. 1619 – per cui "Ai fini della formulazione della prognosi richiesta dai paragrafi b) o c) dell’art. 274 c.p.p., il giudice di merito ha l’obbligo di indicare le ragioni per le quali ritiene sussistente o persistente la probabilità che la liberazione della persona sottoposta a misura cautelare restrittiva possa mettere a repentaglio gli interessi tutelati dalla norma, senza che, peraltro, sia necessario che egli si indugi nell’analisi di tutte le circostanze del caso concreto, essendo sufficiente che menzioni quelle ragionevolmente ritenute, per la loro rilevanza e pregnanza, di per sè idonee a giustificare un giudizio di pericolosità e, come tali, soverchianti le eventuali altre di segno contrario" e art. 275 c.p.p., Cass. Sez. 6^, 7-6-1995, n. 1250, ed altre – RV 201945 – secondo la quale "In materia di misure cautelari, non occorre una separata motivazione specifica sul diniego di sostituzione di una misura con altra minore, quando il Giudice motivi in merito alla idoneità di quella più grave come l’unica adeguata al caso concreto").

Ulteriori censure della difesa sono articolate in fatto, e come tali restano inammissibili.

Pertanto la Corte deve rigettare il ricorso.

Consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUINTA PENALE Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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