Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 18-01-2011) 14-04-2011, n. 15219 Aggravanti comuni danno rilevante

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza in data 25-3-2010 la Corte di Appello di Venezia pronunziava la parziale riforma della sentenza emessa dal Giudice Monocratico del Tribunale di Padova, in data 3-6-2009, appellata da P.G., – ritenuto responsabile dei reati di cui all’art. 61 c.p., n. 5, artt. 110 e 624 c.p. e art. 625 c.p., nn. 2 e 5 (furto di n. 500 pacchetti di sigarette per valore di Euro 2.000,00 avvenuto ai danni di un autogrill, nella notte del 25-7-2007, nonchè del reato di cui agli artt. 110 e 648 c.p. per aver acquistato a fine di profitto una autovettura Ford di provenienza furtiva, come indicato in rubrica, fatto avvenuto in data 25/7/2007, reati per i quali l’imputato era stato condannato con la continuazione ritenendo di maggiore gravità il delitto di furto aggravato sub A – e con la recidiva, oltre che la diminuente del rito abbreviato, alla pena di anni due e mesi dieci di reclusione ed Euro 1.200,00 di multa.

Con tale sentenza la Corte aveva ritenuto la continuazione dei predetti reati con quelli di cui all’art. 416 c.p., commi 1, 2, 3, 5 (associazione per commettere furti presso esercizi commerciali allo scopo di rivendere i beni sottratti in Italia ed in Romania, nonchè furto aggravato di tabacchi, per il valore di Euro 1.900,00 circa e di una somma di Euro 3.060,00 – e di altri delitti di furto e ricettazione enunciati in rubrica, nel procedimento definito con sentenza del GIP presso il Tribunale di Monza in data 14-10-2008, divenuta irrevocabile che aveva inflitto all’imputato – ai sensi dell’art. 444 c.p.p. sull’accordo intervenuto tra le Parti – la pena di anni uno e mesi dieci di reclusione, previa concessione delle attenuanti generiche, giudicate equivalenti e ritenuta la continuazione e la diminuente del rito, con concessione del beneficio della sospensione condizionale e revoca della misura cautelare in atto).

La Corte aveva dunque rideterminato la pena complessiva in anni tre e mesi due di reclusione, Euro 1700,00 di multa, ritenendo fatto più grave il delitto di cui al capo A) della rubrica, contestato ai sensi dell’art. 61 c.p., n. 5, artt. 110 e 624 c.p., e art. 625 c.p., nn. 2 e 5 (acc. in (OMISSIS)).

Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione il difensore, deducendo la violazione dell’art. 81 c.p. ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. B).

Sul punto precisava che la Corte territoriale, pur avendo accolto la richiesta dell’appellante di riconoscere il vincolo della continuazione tra i reati ascritti al prevenuto, aveva tuttavia erroneamente individuato il fatto più grave nel delitto di furto aggravato, che viene punito con pena edittale da uno a sei anni di reclusione, inferiore a quella prevista per il reato di associazione per delinquere.

In tal senso la difesa riteneva che all’imputato sarebbe stata inflitta una pena inferiore se si fosse tenuto conto della giurisprudenza di legittimità secondo la quale il fatto di maggiore gravità ai fini della continuazione è costituito dalla violazione più grave, valutando a tal fine il fatto ritenuto in concreto – citando sentenza, Sez. 6^, del 12 dicembre 2002 – RV 223343 – ed altre.

2- Con altro motivo la difesa deduceva la mancanza, contraddittorietà ed illogicità della motivazione per il reato di ricettazione addebitato all’imputato in ordine alla vettura Ford Escort, fatto per il quale secondo la tesi difensiva, si sarebbe dovuta affermare l’ipotesi di furto.

A riguardo il ricorrente rilevava che l’auto presentava segni di scasso e recava all’interno delle impronte dell’imputato, onde riteneva che si sarebbe dovuto procedere alla diversa qualificazione giuridica del fatto, dalla quale sarebbe derivata l’applicazione di pena inferiore a quella determinata dalla Corte territoriale.

Per tali motivi chiedeva l’annullamento della sentenza impugnata.
Motivi della decisione

La Corte rileva che i motivi di ricorso risultano privi di fondamento.

Invero la difesa, innanzi alla Corte aveva espresso censure riferite al mancato riconoscimento della continuazione con i fatti di cui alla sentenza emessa dal GIP del Tribunale di Monza e per la mancata valutazione delle generiche come equivalenti.

Tanto premesso, deve rilevarsi che le doglianze attinenti alla valutazione del fatto più grave tra i reati ascritti in continuazione al prevenuto, sono prive di fondamento, avendo la difesa indicato la fattispecie di associazione per delinquere, come fatto più grave in base alla pena edittale.

Tuttavia nella specie all’imputato era contestato di essere semplicemente partecipe al sodalizio suddetto, onde la condotta che in concreto assume maggiore gravità risulta essere stata correttamente individuata dalla Corte territoriale nel delitto di furto aggravato, menzionato al capo A – della rubrica del procedimento oggetto di appello, trattandosi di furto pluriaggravato e commesso da soggetto già recidivo.

Restano inoltre al limite della inammissibilità le deduzioni difensive, essenzialmente in fatto, riguardanti la ipotesi di ricettazione, per la quale si rileva l’erronea qualificazione, ritenendo sussistente un furto.

Invero, va verificata la condotta oggetti di accertamento, essendo nella specie dimostrata la disponibilità di un’auto della quale era stata accertata l’illecita provenienza, mentre – ai fini del dolo – è sufficiente la consapevolezza del soggetto agente di avere assunto la disponibilità della res furtiva.

In tal senso resta ininfluente il rilievo difensivo attinente alle impronte digitali sul veicolo, trattandosi di circostanza non univoca al fine di rivelare che la sottrazione dello stesso fosse avvenuta ad opera dell’imputato, restando preminente l’accertamento oggettivo della detenzione illecita del veicolo – non altrimenti giustificata – essendo l’auto di chiara provenienza furtiva, desumibile dai segni di scasso, secondo la chiara esposizione e congrua valutazione svolta in sentenza dal giudice di merito. (v. in tal senso Cass. Sez. 1^, del 26 novembre 2004, n. 46006; Di Berardino – RV230319 -, nonchèSez. 1^ del 21-3-1988, n. 3600, Castorina, che valgono a dimostrare la configurabilità della ricettazione nei casi di assenza di elementi dai quali desumere positivamente la ascrivibilità del furto al soggetto imputato, e nei casi di evidente provenienza illecita dell’oggetto ricevuto, v. altresì per l’affermazione della esistenza del dolo Cass. Sez. 2^, 5 dicembre 2007, n. 45256, Lapertosa – RV 211014 ed altre).

In conclusione il ricorso deve dunque essere rigettato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, SEZIONE QUINTA PENALE, Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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