Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 18-01-2011) 14-04-2011, n. 15214 Aggravanti comuni danno rilevante Giudizio abbreviato

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza in data 13-7-2009 la Corte di Appello di Lecce – Sez. Dist. di Taranto, confermava nei confronti di M.A. la sentenza emessa dal Tribunale di Tarante in data 7-1-2009, con la quale l’imputata era stata condannata, con la diminuente del rito abbreviato, quale responsabile del reato di cui all’art. 582 c.p. e art. 585 c.p., u.c., acc. in data 16-10-08 – ai danni di L. F. alla pena di anni due di reclusione.

In tal senso era stata derubricata l’originaria imputazione di tentato omicidio.

L’azione contestata era quella di aver versato sulla persona offesa della benzina, dando fuoco con l’uso di un accendino, come descritto in sentenza, ove si specifica che il suddetto episodio era avvenuto in una casa rurale e nell’ambiente dedito alla prostituzione.

La Corte aveva rilevato che la sentenza del primo Giudice doveva ritenersi correttamente pronunziata in riferimento alla diversa ipotesi di reato, ed aveva infine revocato la misura cautelare, della detenzione in carcere, ritenendo non sussistenti le esigenze cautelari.

Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione la difesa dell’imputata, deducendo la violazione di cui all’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e) in relazione all’art. 192 c.p.p..

La ricorrente censurava a riguardo la valutazione di attendibilità della testimonianza resa da D.V.A., e dopo aver precisato che il giudice aveva ritenuto necessaria l’escussione della persona offesa, (ossia il L.) evidenziava che tale deposizione aveva scagionato la M. ed era stata erroneamente valutata dalla Corte nel raffronto con la testimonianza resa dalla predetta D.V. e con quanto aveva dichiarato innanzi ai carabinieri la persona offesa, L..

Su tali aspetti la difesa riteneva carente la motivazione della impugnata sentenza, che non aveva esaminato le eventuali discrepanze o illogicità da cui sarebbe affetta la deposizione della parte lesa.

Evidenziava altresì che, in sede di rito abbreviatoci Giudice avrebbe dovuto tener conto sempre delle dichiarazioni della parte lesa, e non avrebbe potuto valutare negativamente tale deposizione in base ad altre testimonianze.

Per tali motivi concludeva chiedendo l’annullamento della sentenza impugnata.
Motivi della decisione

La Corte rileva che le censure formulate nei motivi di ricorso richiamando l’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e) in riferimento all’art. 192 c.p.p. risultano manifestamente infondate.

Invero la puntuale e coerente motivazione resa dalla Corte territoriale, evidenzia la completa analisi delle risultanze probatorie, nel rispetto rigoroso dell’ambito di cognizione del giudizio con rito abbreviato senza rivelare alcuna discrasia come genericamente dedotto dalla difesa in ordine alla versione dei fatti riferita dalla persona offesa dal reato.

Nella specie, la Corte dopo aver fatto richiamo a quanto aveva motivato il primo giudice, condividendone la decisione, rilevava che l’episodio di cui è processo si era verificato in data 16-10-2008, all’interno di una casa rurale, in un ambiente di prostituzione, ed alla presenza di testimoni, tra cui in particolare D.V. A., ritenuta come attendibile, teste che aveva riferito in modo esauriente il fatto.

La Corte rilevava altresì che l’attendibilità della teste – corroborata da accertamenti svolti nella immediatezza dei fatti dai CC – non poteva ritenersi scalfita dalla deposizione della persona offesa, che secondo la motivazione ritenuta ineccepibile resa dal giudice di prime cure, era in contrasto con quanto dichiarato dalla predetta D.V. e con gli accertamenti svolti dai Carabinieri.

Orbene, in presenza di una logica motivazione che attiene alle risultanze processuali puntualmente recepite nel loro insieme, così come avviene specialmente nel rito abbreviato, sono inammissibili le deduzioni della difesa tendenti a sostenere la irritualità della valutazione preminente della deposizione testimoniale anzidetta rispetto alla versione fornita dal soggetto parte lesa, dato che la deposizione della persona offesa vale al pari di altre testimonianze, ed è pur sempre soggetta alla verifica di attendibilità, in riferimento alle altre fonti di prova, che nel giudizio sono pienamente utilizzabili.

Restano pertanto inammissibili le deduzioni difensive attinenti al richiamato vizio di legittimità, essendo stata correttamente e logicamente valutato il compendio probatorio dalla Corte territoriale, richiamandosi alle valutazioni condivisibili del primo Giudice, rendendo conto della attendibilità dei testi e del complesso di elementi idonei a fornire prova della responsabilità dell’imputata.

In conclusione i motivi di ricorso risultano manifestamente infondati e va dichiarata pertanto l’inammissibilità dell’impugnazione, a cui consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali, oltre che di una somma in favore della Cassa delle Ammende, che si ritiene di dover determinare in Euro 500,00.
P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, SEZIONE QUINTA PENALE, Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 500,00 in favore della Cassa delle Ammende.

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