Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 17-12-2010) 14-04-2011, n. 15211

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza in data 23 ottobre 2009 il Tribunale di Ascoli Piceno, sezione distaccata di San Benedetto del Tronto, confermando la decisione assunta dal locale giudice di pace ha riconosciuto D. L.V. responsabile dei delitti di ingiuria e minaccia aggravati dalla qualità di pubblico ufficiale della persona offesa, per avere ripetutamente rivolto espressioni offensive a B. M., medico chirurgo del Pronto Soccorso di San Benedetto del Tronto, e fatto mostra di volerle scagliare addosso un telefono cellulare; il giudice di appello ha inoltre accolto il ricorso – convertito in appello – del pubblico ministero, aumentando la pena in ragione delle aggravanti contestate, e confermato la condanna al risarcimento dei danni in favore della parte civile.

Ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, per il tramite del difensore, affidandolo a due motivi.

Col primo motivo il ricorrente denuncia carenza di motivazione in ordine al diniego della scriminante di cui all’art. 599 c.p., per avere il giudice di merito omesso di considerare la condotta della dottoressa B., che prolungando una telefonata colloquiale aveva ritardato la visita della bambina portatale al Pronto Soccorso.

Col secondo motivo lamenta che non sia stata riconosciuta la prevalenza delle attenuanti generiche sulle aggravanti contestate.

Il ricorso è inammissibile per le ragioni di seguito esposte.

Il primo motivo, pur apparendo formalmente imperniato su una censura di inosservanza di norma giuridica, quale il disposto dell’art. 599 c.p., comma 2, in realtà pretende di fondare la richiesta di applicazione dell’esimente su una ricostruzione del fatto alternativa a quella scaturita dal giudizio di merito.

Ed invero, sia il giudice di primo grado, sia quello di appello in risposta alle doglianze formulate con l’atto di gravame, hanno statuito che il comportamento tenuto dalla Dott.ssa B. fu nella circostanza irreprensibile e improntato alla massima professionalità, avendo essa proceduto alla visita della bambina recatale in ambulatorio, sebbene il D.L. glielo rendesse difficoltoso con le sue urla.

Essendo preclusa al giudice di legittimità la rivisitazione degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata, la richiesta di applicazione dell’invocata esimente – che comunque non opererebbe rispetto all’imputazione di minaccia – è totalmente priva del presupposto fattuale e non può trovare ingresso in questa sede.

Quanto al secondo motivo, vi è da osservare che il prospettato giudizio di prevalenza delle attenuanti generiche sull’aggravante contestata presupporrebbe il già avvenuto riconoscimento dell’applicabilità di dette attenuanti: il che non si riscontra nel caso di specie. Mancano, dunque, in radice i presupposti necessari a far prendere in considerazione l’istanza che informa la censura;

dovendosi altresì rimarcare che nella motivazione della sentenza si coglie l’insussistenza di qualsiasi elemento di fatto idoneo a giustificare una riduzione del trattamento sanzionatorio applicato.

Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso conseguono le statuizioni di cui all’art. 616 c.p.p..
P.Q.M.

la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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