Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 11-03-2011) 15-04-2011, n. 15396

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

B.L.C. ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte d’appello di Torino, in data 16.6.2010, confermativa della sentenza 13.1.2010 del GIP del Tribunale di Torino che lo aveva condannato alla pena di un anno, mesi nove di reclusione ed Euro 1700,00 di multa, riconosciute le attenuanti generiche prevalenti sulla recidiva contestata e l’attenuante del risarcimento del danno, limitatamente ai capi 1 e 7, per vari episodi di indebita utilizzazione di carte di credito, appartenenti a terzi, oltrechè per resistenza a pubblico ufficiale e lesioni personali, reati unificati dalla continuazione.

Il ricorrente, con un unico motivo di ricorso, lamentava: erronea applicazione dell’art. 81 c.p., per avere la Corte territoriale ripercorso l’iter motivazionale del primo giudice che, in sede di aumento della pena per la continuazione fra i reati, aveva conteggiato giorni 10 di reclusione per ogni singolo utilizzo delle carte donate in possesso dell’imputato, non tenendo conto che l’utilizzo della medesima carta di credito, nello stesso contesto temporale, comportava l’unicità del reato e l’applicazione di un unico aumento di pena per ogni capo d’imputazione.

Il ricorso è manifestamente infondato. La doglianza svolta esula dai motivi di appello e, pertanto, è inammissibile. Com’è noto, infatti, in tema di ricorso per cassazione , è consentito superare i limiti del devolutum, solo per le violazioni di legge che non è stato possibile dedurre in appello, come nell’ipotesi di ius superveniens e per le questioni di puro diritto, sganciate da ogni accertamento del fatto e rilevabili di ufficio in ogni stato e grado del giudizio ex art. 609 c.p.p.. Non sono, invece, proponibili, per la prima volta, in sede di legittimità le questioni che implicano una valutazione di merito, come nella specie, ove la censura dedotta implica una valutazione in fatto sulla unicità o pluralità degli episodi criminosi contestati. Consegue che la mancata devoluzione della censura stessa nel giudizio di appello preclude ogni successiva doglianza, rendendo intangibile la decisione formatasi sul punto investito dal ricorso (Riv. n. 211441; n. 199216). Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende, considerati i profili di colpa emergenti dal ricorso.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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