Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 11-03-2011) 15-04-2011, n. 15393

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

S.L., tramite difensore, ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte d’appello dell’Aquila, in data 4.2.2010, confermativa della sentenza 7.4.004 del Tribunale di Teramo che lo aveva condannato alla pena di un anno, un mese di reclusione ed Euro 500,00 di multa per i reati, unificati dalla continuazione, di falso e truffa aggravata (perchè produceva certificati medici contraffatti al Comune di (OMISSIS) di cui era dipendente, inducendo in errore il Comune stesso che aveva ritenuto giustificata l’assenza del dipendente, corrispondendogli regolarmente la retribuzione). Il ricorrente deduceva:

1) erronea applicazione degli artt. 477, 482 e 49 c.p., nonchè contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, laddove la Corte territoriale, richiamando per relationem la sentenza di primo grado su argomentazioni contestate in appello, aveva escluso il reato impossibile di falso;nonostante la grossolanità della falsificazione, come pure emergeva da quanto riferito dal teste B., (responsabile dell’ufficio del personale e funzionario del Settore Affari Generali) il quale, contrariamente a quanto affermato nella sentenza impugnata, aveva dichiarato di essersi accorto della falsità dei certificati apparentemente a nome del Dr. M. che pure ne aveva riconosciuto la palese contraffazione;

2) erronea applicazione e manifesta illogicità della motivazione in ordine al reato di cui all’art. 640 c.p., tenuto conto della inidoneità dei certificati medici ad indurre in errore l’amministrazione, della mancata induzione in errore della stessa e del difetto di prova del danno patrimoniale, non essendo stato accertato che lo S., durante il periodo di malattia, avesse percepito la retribuzione; sul punto il teste B. aveva, infatti, dichiarato di non sapere di tale danno; ne conseguiva che, mancando la prova del danno, al più sarebbe stato configurabile il tentativo di truffa;

3) mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in ordine al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche, avuto riguardo alla modesta rilevanza penale del fatto ed erronea applicazione dell’attenuante di cui art. 62 c.p., n. 4.
Motivi della decisione

Sotto il profilo apparente del vizio di motivazione, in realtà, il ricorrente propone censure di merito, prospettando una valutazione alternativa delle prove, non consentita in sede di legittimità, a fronte delle argomentazioni della Corte territoriale esenti dal vizio di manifesta illogicità o di violazione di legge. In particolare i giudici di appello hanno escluso la riconoscibilità "ictu oculi" della falsità dell’atto, essendo stato provato che l’atto contraffatto aveva prodotto gli effetti voluti dall’autore del falso ed "avendo il Comune, indotto in errore dalla falsa certificazione, ritenuto giustificata l’assenza del dipendente e corrisposto regolarmente la retribuzione".

La doglianza relativa al diniego delle attenuanti generiche è stata correttamente ritenuta inammissibile dalla Corte territoriale per carenza di specificità dei motivi, in relazione alla decisione del primo giudice che aveva negato dette attenuanti anche con riferimento ai precedenti penali a carico dell’imputato.

Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende, considerati i profili di colpa emergenti dal ricorso.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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