Cass. civ. Sez. II, Sent., 11-07-2011, n. 15181 Riduzione di donazioni e di disposizioni testamentarie

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. – Con atto di citazione notificato in data 20 gennaio 2003, G.G., in qualità di erede di Si.Gi., propose appello avverso la sentenza depositata il. 20 agosto 2002, con la quale il Tribunale di Bari, in esito al giudizio instaurato dallo stesso Si., nei confronti di E., C., E., L., S.S., e N., M., E., L.C. per sentir disporre la riduzione delle disposizioni testamentarie della defunta moglie G.M., la reintegrazione della sua quota di legittima e lo scioglimento della comunione ereditaria, aveva dichiarato aperta la successione testamentaria di G.M., respingendo le domande di riduzione avanzate dal defunto Si.Gi., e riassunte dall’erede, in quanto inammissibili.

2. – Con sentenza depositata il 15 dicembre 2004, dichiarata la contumacia di S.L., la Corte d’appello di Bari confermò la decisione impugnata.

I giudice di merito condivise il convincimento del Tribunale secondo il quale la disposizione testamentaria in favore del Si. si configurava come un legato in sostituzione di legittima ovvero a tacitazione di legittima, come confermato dalla considerazione che la testatrice aveva assegnato ai nipoti e pronipoti i beni ripartendoli tra loro, così esaurendo il suo patrimonio e devolvendo l’usufrutto al coniuge. Il legato, quindi, non era in conto di legittima, con conseguente impossibilità di considerare erede il Si., a prescindere dal fatto che alcuni dei nipoti per un periodo di tempo lo avessero considerato tale.

Ciò posto, la Corte escluse che il G. avesse rinunciato al legato, non potendo acquisire rilevanza in tal senso la formale rinuncia al legato dallo stesso espressa con atto notarile il 23 ottobre 1995, a ben nove anni di distanza dalla morte della moglie, nè la lettera raccomandata del 1 dicembre 1986 trasmessa dal legale del Si. ai chiamati all’eredità con la quale li si informava dell’avvenuto conferimento allo stesso del mandato ad impugnare le disposizioni testamentarie asseritamente lesive della legittima, nè il ricorso per interpello ex art. 481 agli eredi.

Il Si. aveva, invece, gestito i beni ereditar anche dopo la rinuncia formale al legato, ed aveva, dunque, effettuato quella scelta prevista dall’art. 551 cod. civ., comma 2, conseguendo il legato.

3. – Per la cassazione di tale sentenza ricorre il G. sulla base di due motivi. Resistono con controricorso sia S. C., sia N., M.M., E.L.C., L.C.M.S.A. ed S.E. G., sia S.E.A.M..
Motivi della decisione

1. – Deve preliminarmente essere esaminata la eccezione di inammissibilità del ricorso, sollevata dal controricorrente S.C. sotto il profilo della avvenuta proposizione dello stesso oltre la scadenza del termine di sessanta giorni dalla notifica della sentenza.

2.1. – La eccezione merita accoglimento.

2.2. – Il ricorso è stato invero notificato il 19 aprile 2005, mentre la sentenza impugnata era stata notificata, a cura dello stesso attuale controricorrente che ha sollevato la eccezione, in data 18 gennaio 2005, come si rileva dalla copia autentica della sentenza in forma esecutiva, con la relata di notifica, depositata dallo stesso S. ai sensi dell’art. 372 cod. proc. civ..

La notifica della sentenza impugnata, eseguita presso i difensori costituiti dell’attuale ricorrente, al domicilio eletto, ha determinato la decorrenza del termine di impugnazione anche in favore delle altre parti attuali controricorrenti, trattandosi di ipotesi di litisconsorzio necessario, al quale, come rilevato dal deducente, va applicata la regola dell’unitarietà del termine per proporre impugnazione, con la conseguenza che la notifica eseguita a istanza di una sola delle parti segna, nei confronti della stessa e di quella destinataria della notificazione, l’inizio dei termine breve per la proposizione dell’impugnazione contro tutte le altre parti sicchè, ove, a causa della scadenza del termine, sia intervenuta la decadenza dall’impugnazione, questa esplica i suoi effetti non solo nei confronti della parte che ha assunto l’iniziativa di notificare la sentenza, ma anche nei confronti di tutte le altre parti (v. Cass., sentt. n. 5697 del 2002 e n. 11237 del 2003).

Il ricorso deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile. Le spese del presente giudizio, che, in ossequio al criterio della soccombenza, devono essere poste a carico del ricorrente, vengono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna li ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, che liquida in complessivi Euro 2.500,00, oltre ad Euro 200,00 per spese, in favore di ciascuno dei gruppi di resistenti.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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