Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 11-03-2011) 15-04-2011, n. 15391

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

P.F., tramite difensore, ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza, in data 1.12.2009, della Corte di Appello di Roma, confermativa della sentenza 5.12.2005 del Tribunale di Roma che lo aveva condannato, a seguito di giudizio abbreviato, riconosciute le attenuanti generiche, alla pena di un anno di reclusione ed Euro 400,00 di multa per i reati, unificati dalla continuazione, di ricettazione continuata di assegni circolari non trasferibili, contraffazione di documenti, tentativo di truffa e sostituzione di persona continuata, reati contestati nei due procedimenti riuniti n. Rg. 7290/03 e n. R.G. 35970/03.

Il ricorrente deduceva:

1) la Corte territoriale aveva erroneamente applicato l’art. 585 c.p.p., comma 4 in combinato disposto con l’art. 167 disp. att. c.p.p., ritenendo inammissibile la richiesta di assoluzione riguardanti – i reati diversi da quello di ricettazione (per il quale soltanto sarebbe stata formulata domanda di assoluzione con l’atto di appello), in quanto avanzata con la memoria contenente "nuovi" motivi; in realtà, la sentenza di primo grado era stata impugnata nella sua interezza già con l’atto di appello e, comunque, la connessione essenziale sussistente fra tutte le fattispecie delittuose contestate, finalizzate l’una alla realizzazione dell’altra, comportava che i capi della sentenza dovessero ritenersi investiti, sia pure non direttamente, dalla impugnazione;

2) mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione in ordine al reato di cui all’art. 648 c.p. in quanto non erano state disattese le doglianze svolte in appello, quale la mancata applicazione dell’ipotesi lieve relativa alla particolare tenuità del fatto, deducibile dal mancato incasso dei titoli di cui al capo d’imputazione;

3) erronea applicazione degli artt. 157 e 161 c.p.; il Giudice di appello aveva escluso la prescrizione dei reati in quanto commessi nell’anno 2003, non tenendo conto che, in relazione al reato di cui all’art. 494 c.p. (capo f), realizzato in data 14.2.2002 (oltre che in data 17.2.2003) la prescrizione era maturata nelle more del giudizio di secondo grado e, precisamente, il 14.8.2009, in data antecedente alla pronuncia di appello;

Si chiedeva, infine, la declaratoria di prescrizione di tutti i reati e la concessione dei benefici di legge "ove possibile".
Motivi della decisione

Il ricorso è manifestamente infondato.

Correttamente il primo Giudice ha limitato la decisione al reato di ricettazione, escludendone la qualificazione come furto; deve, infatti, ribadirsi che la richiesta di assoluzione per gli altri reati ascritti all’imputato risulta formulata solo con la memoria difensiva senza specifiche argomentazioni sul punto, con conseguente inammissibilità della richiesta stessa.

Al riguardo va rammentato che i motivi nuovi di cui al comma 4 dell’art. 585 c.p.p. non possono riguardare questioni nuove non proposte con quelli principali, sia per il tenore letterale dell’art. 167 disp. att. c.p.p., laddove si precisa che nella presentazione dei motivi nuovi devono essere specificati i capi ed i punti enunciati nell’originario atto di appello e sia per non vanificare il principio del tempestivo e completo contraddittorio (Cass. S.U. n. 4683/98; n. 3505/96). La seconda doglianza attiene ad una questione di merito formulata del tutto genericamente e, come tale, inammissibile.

Quanto all’ultima censura si osserva che la formazione del giudicato sui capi della sentenza relativi al reato di cui all’art. 494 c.p., ne preclude la declaratoria di prescrizione.

Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende, considerati i profili di colpa emergenti dal ricorso.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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