T.A.R. Lazio Roma Sez. II quater, Sent., 13-04-2011, n. 3233

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

ificato nel verbale;
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

le stesse parti ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm.;

Il ricorrente, cittadino dell’Afghanistan, in data 20/5/10 ha presentato in Italia domanda diretta al riconoscimento dello status di rifugiato.

L’Amministrazione ha verificato – attraverso il sistema EURODAC (riscontro delle impronte digitali a livello europeo) – che lo stesso ricorrente aveva presentato analoga richiesta in Ungheria in data 22/3/10; l’Unità Dublino, – ufficio preposto all’espletamento delle procedure dirette a determinare lo stato membro competente per l’esame di una domanda di asilo ai sensi del Reg. n. 343/2003 – ha inviato all’Ungheria in data 17/11/10 la richiesta di ripresa in carico ai sensi dell’art. 16.1 del Reg. n. 343/3003.

In data 24/11/2010 l’Ungheria ha riconosciuto la propria competenza.

L’Unità Dublino, ritenendo l’Ungheria un paese terzo sicuro e non ravvisando motivi che avrebbero potuto indurre l’Italia ad assumere la competenza ai sensi dell’art. 3.2 del Regolamento Dublino II, con provvedimento del 20/12/10, notificato il giorno 21/12/10, ha disposto il trasferimento in Ungheria del ricorrente per la disamina della sua domanda di protezione.

Con il primo motivo di impugnazione il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 17.1 del Reg. CE n. 343/03 secondo cui " se la richiesta di prendere in carico il richiedente asilo non è formulata entro tre mesi, la competenza dell’esame della domanda di asilo spetta allo Stato membro al quale la domanda è stata presentata".

Poiché egli ha presentato la domanda di asilo in Italia il 20/5/10, l’Unità Dublino avrebbe dovuto indirizzare all’Ungheria la richiesta di ripresa in carico entro tre mesi da quella data: il mancato rispetto del termine avrebbe comportato l’illegittimità del suo trasferimento in Ungheria.

La censura è infondata.

Il Regolamento CE n. 343/03, cosiddetto "Dublino II", è stato adottato per evitare il fenomeno dell’asylum shopping e per uniformare a livello europeo la legislazione comunitaria in materia di asilo.

La disciplina del regolamento (art. 3.1) è improntata al fine di evitare che più Stati membri siano chiamati a pronunciarsi sulla stessa domanda di protezione internazione, e pertanto il "Regolamento Dublino II" prevede dei rigidi criteri di competenza, derogabili in applicazione della clausola di sovranità (art. 3.2) soltanto in casi del tutto eccezionali.

Nel caso di specie, il ricorrente ha presentato la prima domanda di asilo in Ungheria e dunque il trasferimento in quello Stato membro è stato disposto in applicazione dell’art. 16.1 lett. c) del Reg. CE in base al quale "Lo Stato membro competente per l’esame di una domanda di asilo in forza del presente regolamento è tenuto a riprendere in carico, alle condizioni di cui all’art. 20, il richiedente asilo la cui domanda è in corso d’esame e che si trova nel territorio di un altro Stato membro senza esserne stato autorizzato".

L’art. 16.1 lett. c) del Reg. CE n. 343/03 rimanda quindi all’art. 20 dello stesso regolamento per quanto concerne le modalità del trasferimento.

Detta norma, infatti, disciplina la procedura di "ripresa in carico" di un richiedente asilo in conformità dell’art. 4.5 e dell’art. 16.1 lett. c), d) ed e) del Reg. Dublino II e prevede i termini entro i quali lo Stato membro deve pronunciarsi sulla richiesta di ripresa in carico (un mese o due settimane se la richiesta è basata su dati ottenuti dal sistema Eurodac) ed il termine (sei mesi al massimo, salvo proroghe) entro il quale deve essere trasferito il richiedente asilo dalla data di accettazione da parte dell’altro Stato membro.

La disciplina relativa alla cosiddetta "ripresa in carico" non contiene la norma invocata dal ricorrente, disposizione che si applica esclusiva mente alla diversa situazione della cosiddetta "presa in carico", che ricorre quando lo straniero ha varcato illegalmente la frontiera di uno Stato membro e detto Stato membro è ritenuto competente ai sensi dell’art. 10.1 del Regolamento per la disamina della domanda di asilo.

Solo in caso di "presa in carico" si applica la disposizione dell’art. 17.1 del Reg. n. 343/03 invocata dal ricorrente, così come può agevolmente evincersi sia dalla lettura della norma stessa, che si riferisce espressamente alla "presa in carico", sia dalla disamina dell’art. 16 comma 1 lett. a) dello stesso Regolamento, secondo cui la procedura di "presa in carico" è disciplinata negli articoli da 17 a 19.

Peraltro, la differente disciplina esistente nel Reg. n. 343/03 per la "presa" e la "ripresa" in carico, risulta ampiamente giustificata dalla diversità delle situazioni di fatto: mentre nel primo caso la competenza dello "Stato membro richiesto" si basa di prove spesso meramente indiziarie, nel secondo caso il sistema Eurodac fornisce elementi certi di giudizio in merito all’esistenza di una precedente domanda di asilo in un altro Stato membro, il che ha comportato per il Legislatore la previsione della diversità della disciplina e dei termini di accettazione tacita (due mesi e due settimine) previsti per le due diverse fattispecie.

Poiché la situazione del ricorrente è riconducibile alla cosiddetta "ripresa in carico", la censura non può essere accolta.

Altrettanto infondata è la seconda doglianza con la quale il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 3.2 del Reg. CE n. 343/03, in quanto il ricorso alla cosiddetta "clausola di sovranità" deve ritenersi del tutto eccezionale e possibile solo in presenza di circostanze del tutto peculiari (come nel caso della Grecia) che nel caso di specie non sussistono.

Il ricorso deve essere pertanto respinto.

Le spese di lite possono essere compensate tra le parti, ricorrendo giusti motivi.
P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto,

lo respinge.

Spese compensate

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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