Corte Costituzionale, Sentenza n. 266, norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio

Aggiornamento offerto dal dott. Domenico Cirasole

Gazzetta Ufficiale – 1ª Serie Speciale – Corte Costituzionale n. 30 del 28-7-2010

Sentenza

nei giudizi di legittimita’ costituzionale della legge della Regione
Lombardia 6 agosto 2009, n. 19 [Approvazione del piano di cattura dei
richiami vivi per la stagione venatoria 2009/2010 ai sensi della
legge regionale 5 febbraio 2007, n. 3 (Legge quadro sulla cattura dei
richiami vivi)], e dell’art. 2 della legge della Regione Toscana 17
settembre 2009, n. 53 [Disciplina dell’attivita’ di cattura degli
uccelli selvatici da richiamo per l’anno 2009 ai sensi dell’articolo
4 della legge 11 febbraio 1992, n. 157 (Norme per la protezione della
fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio), e
dell’articolo 34 della legge regionale 12 gennaio 1994, n. 3
(Recepimento della legge 11 febbraio 1992, n. 157 «Norme per la
protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo
venatorio»)], promossi dal Presidente del Consiglio dei ministri con
i ricorsi rispettivamente notificati il 12-19 ottobre 2009 e il 20-24
novembre 2009, depositati in cancelleria il 21 ottobre 2009 ed il 26
novembre 2009 ed iscritti ai nn. 94 e 102 del registro ricorsi 2009.
Visti gli atti di costituzione delle Regioni Lombardia e Toscana;
Udito nell’udienza pubblica dell’8 giugno 2010 il Giudice
relatore Maria Rita Saulle;
Uditi l’avvocato dello Stato Sergio Fiorentino per il Presidente
del Consiglio dei ministri e gli avvocati Marcello Cardi per la
Regione Lombardia, Silvia Fantappie’ e Lucia Bora per la Regione
Toscana.

Ritenuto in fatto

1. – Con ricorso notificato il 12 ottobre 2009 e depositato il
successivo 21 ottobre, il Presidente del Consiglio dei ministri ha
impugnato la legge della Regione Lombardia 6 agosto 2009, n. 19
[Approvazione del piano di cattura dei richiami vivi per la stagione
venatoria 2009/2010 ai sensi della legge regionale 5 febbraio 2007,
n. 3 (Legge quadro sulla cattura dei richiami vivi)], per contrasto
con l’art. 117, primo e secondo comma, lettera s), della
Costituzione.
1.2 – Con il primo motivo di ricorso, il ricorrente censura la
citata legge regionale n. 19 del 2009 per aver autorizzato la
gestione degli impianti per la cattura delle specie indicate
nell’allegato «A» della medesima legge «in assenza dei presupposti e
delle condizioni poste» dall’art. 9 della direttiva 79/409/CEE
(Direttiva del Consiglio concernente la conservazione degli uccelli
selvatici). In particolare, il ricorrente osserva che la citata norma
comunitaria subordina la «possibilita’ di autorizzare in deroga la
cattura di determinate specie di uccelli in piccole quantita’ alla
comprovata assenza di altre soluzioni soddisfacenti, al rispetto di
condizioni rigidamente controllate e all’impiego di modalita’
selettive in modo che le catture vengano effettuate solo nella misura
in cui siano strettamente necessarie a soddisfare le richieste del
mondo venatorio».
Sotto tale profilo, dunque, risulterebbe integrata la violazione
dell’art. 117, primo comma, Cost., non avendo la Regione Lombardia
rispettato le misure dettate dalla direttiva citata, cosi’ come,
peraltro, precisa sempre il ricorrente, sarebbe confermato «dal
parere negativo dell’ISPRA del 9 giugno 2009».
1.3 – In secondo luogo, la legge regionale impugnata violerebbe
anche il principio stabilito dall’art. 4 della legge 11 febbraio
1992, n. 157 (Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma
e per il prelievo venatorio), in base al quale, ad avviso del
ricorrente, la potesta’ legislativa regionale in ordine alla
autorizzazione del piano di cattura dei richiami vivi dovrebbe essere
«esercitata non solo nel rispetto dei principi stabiliti dal
legislatore comunitario […], ma anche dei principi stabiliti dal
legislatore statale […], che richiede espressamente il parere
favorevole dell’ISPRA». Pertanto, posto che la suddetta disposizione
statale integrerebbe, sempre secondo il ricorrente, una «esigenza
unitaria per cio’ che concerne la tutela dell’ambiente e
dell’ecosistema, ponendo un limite a interventi regionali che possono
pregiudicare gli equilibri ambientali», la legge regionale impugnata
violerebbe anche l’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.
2. – Con memoria depositata in data 24 novembre 2009, si e’
costituita in giudizio la Regione Lombardia chiedendo che il ricorso
sia dichiarato manifestamente inammissibile o, comunque, infondato.
2.1 – Dopo aver ricostruito il quadro normativo comunitario,
statale e regionale, di riferimento, la resistente evidenzia che la
finalita’ della disciplina censurata e’ «quella di assicurare il
rifornimento dei richiami vivi ai cacciatori che esercitano
l’attivita’ venatoria nella forma dell’appostamento fisso e
temporaneo», in attuazione dell’art. 4 della legge n. 157 del 1992 e
dell’art. 7 della legge della Regione Lombardia 16 agosto 1993, n. 26
(Norme per la protezione della fauna selvatica e per la tutela
dell’equilibrio ambientale e disciplina dell’attivita’ venatoria).
Cio’ premesso, in ordine al primo motivo del ricorso, la difesa
regionale deduce che l’art. 9 della direttiva 79/409/CEE ammette la
possibilita’ di derogare al divieto di cattura dei richiami vivi,
«sempre che non vi siano altre soluzioni soddisfacenti», al fine di
consentire «in condizioni rigidamente controllate e in modo selettivo
la cattura, la detenzione o altri impieghi misurati di determinati
uccelli in piccole quantita’» (art. 1, paragrafo 1, lettera c, della
direttiva 79/409/CEE).
Il secondo comma dello stesso art. 9 della direttiva, prosegue la
Regione Lombardia, dispone che le predette deroghe dovranno
menzionare: le specie coinvolte, i mezzi, gli impianti e i metodi di
cattura o di uccisione autorizzata, le condizioni di rischio e le
circostanze di tempo e di luogo in cui dette deroghe possono essere
applicate, l’autorita’ abilitata a dichiarare che le condizioni
stabilite sono soddisfatte e a decidere quali mezzi, impianti e
metodi possano essere utilizzati, entro quali limiti e da quali
persone, nonche’, infine, i controlli da effettuarsi.
Orbene, la difesa della resistente evidenzia che l’art. 1, comma
2, della legge regionale n. 3 del 2007 «prevede che il Consiglio
regionale approvi con legge, «sentito l’Istituto nazionale per la
fauna selvatica (INFS)» (ora ISPRA), entro il mese di giugno di ogni
anno, il piano con cui e’ individuato il numero massimo di impianti
da abilitare per provincia e il numero massimo dei richiami vivi da
catturare per singola specie consentita e complessivamente per ogni
provincia». Detto piano annuale, prosegue la resistente, e’ stato
adottato, con la legge impugnata, in considerazione della comprovata
insufficienza (desunta dai dati forniti dalle singole province) del
patrimonio di richiami vivi appartenenti alle specie in essa
individuate in possesso dei cacciatori lombardi rispetto
all’ammontare potenzialmente consentito in base alle previsioni della
legge regionale n. 26 del 1993.
La Regione Lombardia deduce, infatti, di non disporre allo stato
di un sistema alternativo alla cattura, nonostante l’amministrazione
regionale – in ottemperanza a quanto previsto dal comma 6 dell’art. 1
della legge regionale n. 3 del 2007 – abbia da tempo attivato e
finanziato un programma finalizzato all’incremento dell’allevamento
delle specie di uccelli utilizzabili come richiami vivi, poiche’ gli
allevatori non avrebbero garantito la copertura del fabbisogno
complessivo.
Quanto all’individuazione delle specie utilizzate allo scopo di
richiamo, la difesa regionale sottolinea che, in quanto appartenenti
a specie cacciabili, esse sarebbero soggette ad un prelievo ben piu’
consistente attraverso l’esercizio venatorio, sicche’, anche sotto
tale profilo, non vi sarebbe alcun contrasto della disciplina
impugnata con le esigenze di conservazione delle diverse specie
coinvolte dettate dalla direttiva 79/409/CEE.
In conformita’ con le precedenti argomentazioni, la resistente
ritiene che la potesta’ legislativa della Regione riconosciuta
dall’art. 4, comma 3, della legge n. 157 del 1992 sia stato
esercitato nel rispetto di tutte le condizioni e presupposti previsti
dalla citata normativa comunitaria.
2.2 – Con riferimento al secondo motivo di censura, la Regione
Lombardia deduce che, contrariamente a quanto prospettato dal
ricorrente, il parere dell’ISPRA avrebbe un indubbio carattere
obbligatorio, ma non anche vincolante. Osserva al riguardo la difesa
regionale che l’art. 7, comma 1, della legge n. 157 del 1992
qualifica detto istituto come «organo scientifico e tecnico di
ricerca e consulenza per lo Stato, le Regioni e le Province»,
cosicche’ la funzione istituzionale ad esso spettante non potrebbe
«essere quella di sostituirsi alle amministrazioni nel compimento
delle proprie scelte in materia di caccia, ma quello di supportarle
sotto il profilo squisitamente tecnico».
Peraltro, nonostante la natura non vincolante del parere reso
dall’ISPRA sul piano di cattura oggetto della legge impugnata, la
Regione Lombardia evidenzia di averne comunque tenuto conto
nell’esercizio dell’attivita’ legislativa impugnata, riducendo di
oltre quarantamila unita’ la stima del fabbisogno di richiami vivi
rispetto a quella originariamente effettuata.
Sulla base di tali osservazioni, secondo la difesa regionale,
sarebbe quindi infondata la dedotta violazione dell’art. 117, secondo
comma, lettera s), Cost., in relazione all’art. 4, comma 3, della
legge n. 157 del 1992.
3. – Con memoria depositata in data 17 maggio 2009, la difesa
regionale ha integralmente ribadito le argomentazioni gia’ svolte
nell’atto di costituzione a sostegno della inammissibilita’ e,
comunque, della infondatezza delle questioni proposte con il ricorso.
4. – Con distinto ricorso notificato il 20 novembre 2009 e
depositato il successivo 26 novembre, il Presidente del Consiglio dei
ministri ha impugnato, in riferimento all’art. 117, primo e secondo
comma, lettera s), della Costituzione, l’art. 2 della legge della
Regione Toscana 17 settembre 2009, n. 53 [Disciplina dell’attivita’
di cattura degli uccelli selvatici da richiamo per l’anno 2009 ai
sensi dell’articolo 4 della legge 11 febbraio 1992, n. 157 (Norme per
la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo
venatorio), e dell’articolo 34 della legge regionale 12 gennaio 1994,
n. 3 (Recepimento della legge 11 febbraio 1992, n. 157 «Norme per la
protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo
venatorio»)], nella parte in cui prevede che «le Province di Arezzo,
Firenze, Lucca, Pisa, Pistoia e Siena sono autorizzate alla gestione
degli impianti di cattura e alla cattura, per l’anno 2009, di uccelli
appartenenti alle specie: cesena, merlo, tordo bottaccio e tordo
sassello da utilizzare a scopo di richiamo, nei quantitativi
suddivisi per provincia, per tipo e per specie cosi’ come risulta
dall’allegato A alla presente legge».
4.1 – Il ricorrente premette che la legge regionale n. 53 del
2009 ha la finalita’ di disciplinare la cattura di uccelli selvatici
da richiamo prevista dall’art. 4 della legge n. 157 del 1992, nonche’
dall’art. 34, comma 6, della legge della Regione Toscana n. 3 del
1994. In tale quadro normativo, ad avviso del ricorrente, l’art. 2
della citata legge regionale n. 53 del 2009, rubricato «cattura di
uccelli selvatici a fini di richiamo», si porrebbe in contrasto
innanzitutto con l’art. 117, primo comma, Cost. per violazione dei
vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario.
In particolare, l’autorizzazione alla cattura dei citati
esemplari appartenenti alla fauna selvatica da utilizzare a scopo di
richiamo risulterebbe disposta in «assenza dei presupposti e delle
condizioni poste dall’art. 9 della direttiva 79/409/CEE (Direttiva
del Consiglio concernente la conservazione degli uccelli selvatici)»,
il quale ammette il prelievo in deroga di piccole quantita’ di
esemplari di alcune specie appartenenti alla fauna selvatica a
condizione che «non vi siano altre soluzioni soddisfacenti». A
sostegno di tale profilo di incostituzionalita’ il ricorrente deduce
che – cosi’ come osservato nel parere sfavorevole del 14 agosto 2009,
rilasciato dall’Istituto superiore per la protezione e ricerca
ambientale (ISPRA) alla Regione istante – «i dati relativi ai
richiami attualmente detenuti in Regione» mostrerebbero «come la
riproduzione in cattivita’ non solo rappresenti una valida
alternativa alla cattura, ma costituisca anche la principale fonte di
approvvigionamento per i cacciatori».
4.2 – In secondo luogo, ad avviso del ricorrente, con la norma
impugnata la Regione avrebbe approvato con legge il piano di cattura
dei richiami vivi in assenza del prescritto parere favorevole
dell’ISPRA, cosi’ come invece richiesto dall’art. 4, comma 3, della
legge n. 157 del 1992.
Conseguentemente l’art. 2 della legge regionale n. 53 del 2009 si
porrebbe in contrasto con l’art. 117, secondo comma, lettera s),
Cost., in relazione all’art. 4 della legge n. 157 del 1992,
contenente uno standard minimo ed uniforme di tutela dell’ambiente e
dell’ecosistema inderogabile per il legislatore regionale.
5. – Con memoria depositata in data 22 dicembre 2009, si e’
costituita in giudizio la Regione Toscana, chiedendo che le sollevate
questioni di legittimita’ costituzionale siano dichiarate
inammissibili o, comunque, infondate.
5.1 – In primo luogo, la resistente osserva che, secondo la
giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea, la
possibilita’ di derogare al regime limitativo della caccia prevista
dall’art. 9 della direttiva 79/409/CEE sarebbe ammissibile al
ricorrere di tre condizioni: innanzitutto che non risulti
percorribile un’altra soluzione soddisfacente; in secondo luogo, che
sussista uno dei motivi tassativamente elencati dal citato art. 9, n.
1, lettere a), b) e c); in terzo luogo, che la deroga sia adottata
con le prescritte formalita’ indicate al n. 2 del medesimo articolo.
Quanto al primo requisito, prosegue la Regione Toscana, il preambolo
della legge regionale n. 53 del 2009 espliciterebbe chiaramente le
ragioni giustificative della autorizzazione in deroga delle
amministrazioni provinciali all’attivazione dei relativi impianti di
cattura, affermando che «la disponibilita’ degli uccelli da
utilizzare come richiami vivi risulta essere largamente insufficiente
rispetto al fabbisogno accertato, in rapporto al numero dei
cacciatori e al quantitativo di richiami utilizzabile da ciascuno di
essi» e che, «nonostante numerose iniziative inerenti l’attivita’ di
allevamento attuate da privati, allo stato attuale non si riesce a
colmare il divario tra il suddetto fabbisogno e la disponibilita’
effettiva», con il conseguente diffondersi del «fenomeno
dell’acquisizione illegale di uccelli da richiamo con grave danno
alle popolazioni delle specie di appartenenza».
5.2 – Con riferimento alla seconda condizione, la Regione Toscana
sottolinea che l’attivita’ di cattura dei richiami vivi e’ stata
qualificata, in sede di accordo tra Governo, Regioni e Province
autonome, quale specifica fattispecie di deroga riconducibile alla
lettera c) dell’art. 9 della citata direttiva.
5.3 – In terzo luogo, la resistente osserva che l’art. 2 della
legge n. 53 del 2009 risulterebbe rispettoso di tutti i requisiti
prescritti dall’art. 9 della richiamata direttiva comunitaria, avendo
tale articolo menzionato: le specie (nei quantitativi suddivisi per
provincia e per tipo) che formano oggetto della deroga, le autorita’
abilitate alla gestione degli impianti di cattura, nonche’ quelle
deputate alla vigilanza e ai controlli sull’attivita’ stessa.
5.4 – Pertanto, ad avviso della Regione Toscana, il primo motivo
di ricorso dovrebbe essere respinto.
6. – Quanto al secondo motivo, la resistente osserva che, a
seguito della riforma del Titolo V della parte seconda della
Costituzione, la materia della caccia – pur incontrando i limiti
derivanti, oltre che dall’ordinamento comunitario, anche dai principi
stabiliti dalla normativa statale in base all’art. 117, secondo
comma, lettera s), Cost. – rientrerebbe tra le competenze assegnate
alla potesta’ legislativa residuale delle Regioni ai sensi dell’art.
117, quarto comma, Cost.
Cio’ premesso, prosegue la Regione, l’art. 4 della legge n. 157
del 1992 prevedrebbe, in relazione all’attivita’ di cattura, la
necessita’ di acquisire il parere dal competente Istituto (ISPRA), ma
non anche che la potesta’ legislativa regionale sia da esso
vincolata. Inoltre, sempre ad avviso della resistente, anche la
circolare del 22 novembre 1996, n. 31502 (Applicazione dell’art. 4
della legge 11 febbraio 1992, n. 157), adottata dal Ministero delle
risorse agricole alimentari e forestali, confermerebbe «l’esigenza di
considerare, al fine della determinazione del quantitativo di
richiami necessario, anche le richieste provenienti dai cacciatori,
raccolte dalle province competenti».
6.1 – Conseguentemente, posto che la disposizione impugnata
sarebbe stata adottata nel rispetto degli indirizzi statali che
informano la materia, anche il secondo motivo di ricorso dovrebbe
essere respinto.

Considerato in diritto

1. – Con due distinti ricorsi, ritualmente notificati e
depositati, il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato –
in riferimento all’art. 117, primo e secondo comma, lettera s), della
Costituzione -, rispettivamente, la legge della Regione Lombardia 6
agosto 2009, n. 19 [Approvazione del piano di cattura dei richiami
vivi per la stagione venatoria 2009/2010 ai sensi della legge
regionale 5 febbraio 2007, n. 3 (Legge quadro sulla cattura dei
richiami vivi)], e l’art. 2 della legge della Regione Toscana 17
settembre 2009, n. 53 [Disciplina dell’attivita’ di cattura degli
uccelli selvatici da richiamo per l’anno 2009 ai sensi dell’articolo
4 della legge 11 febbraio 1992, n. 157 (Norme per la protezione della
fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio), e
dell’articolo 34 della legge regionale 12 gennaio 1994, n. 3
(Recepimento della legge 11 febbraio 1992, n. 157 «Norme per la
protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo
venatorio»)].
2. – Il ricorrente dubita, in primo luogo, della legittimita’
costituzionale delle norme impugnate, rispettivamente adottate dalle
Regioni Lombardia e Toscana, poiche’, in entrambi i casi,
l’autorizzazione alla gestione degli impianti di cattura di alcune
specie appartenenti alla fauna selvatica a scopo di richiamo sarebbe
stata rilasciata «in assenza dei presupposti e delle condizioni
poste» dall’art. 9 della direttiva 409/79/CEE (Direttiva del
Consiglio concernente la conservazione degli uccelli selvatici), in
violazione dell’art. 117, primo comma, Cost.
3. – In secondo luogo, il ricorrente lamenta, in riferimento
all’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., la illegittimita’
costituzionale delle medesime norme in quanto, in entrambi i casi,
l’adozione dei piani di cattura in parola sarebbe stata rilasciata in
mancanza del parere favorevole del competente Istituto superiore per
la protezione e ricerca ambientale (ISPRA), che, invece, ad avviso
del ricorrente, risulterebbe prescritto dall’art. 4 della legge n.
157 del 1992, quale standard minimo ed uniforme di tutela
dell’ambiente e dell’ecosistema inderogabile per il legislatore
regionale.
4. – Considerata l’omogeneita’ delle questioni sollevate, i
ricorsi possono essere riuniti per essere decisi con un’unica
sentenza.
5. – La questione di legittimita’ costituzionale concernente la
violazione dell’art. 117, primo comma, Cost. e’ fondata.
6. – L’art. 9 della citata direttiva 79/409/CEE – oggi riprodotto
(senza alcuna modificazione di sostanza) nell’art. 9 della direttiva
2009/147/CE (Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio
concernente la conservazione degli uccelli selvatici) – prevede che
gli Stati membri, «sempre che non vi siano altre soluzioni
soddisfacenti», possano derogare alle misure di protezione poste
dalla medesima direttiva per il conseguimento di una serie di
interessi generali tassativamente indicati fra i quali, per quanto
riguarda il presente giudizio, quello di «consentire in condizioni
rigidamente controllate e in modo selettivo la cattura, la detenzione
o altri impieghi misurati di uccelli in piccole quantita’».
La costante giurisprudenza di questa Corte ha gia’ chiarito che
si tratta di «un potere di deroga esercitabile in via eccezionale»
che ammette «l’abbattimento o la cattura di uccelli selvatici
appartenenti alle specie protette dalla direttiva medesima, alle
condizioni ed ai fini di interesse generale indicati dall’art. 9.1, e
secondo le procedure e le modalita’ di cui al punto 2 dello stesso
art. 9» (sentenze n. 168 del 1999 e n. 250 del 2008).
Il carattere eccezionale del potere in questione e’ stato
peraltro ribadito anche dalla giurisprudenza comunitaria (in
particolare, Corte di giustizia CE, 8 giugno 2006, causa C-118/94),
secondo la quale l’autorizzazione degli Stati membri a derogare al
divieto generale di cacciare le specie protette e’ subordinata alla
adozione di misure di deroga dotate di una motivazione che faccia
riferimento esplicito e adeguatamente circostanziato alla sussistenza
di tutte le condizioni prescritte dall’art. 9, paragrafi 1 e 2.
Detti requisiti, infatti – precisa sempre la Corte di giustizia
della Comunita’ europea (oggi Corte di giustizia dell’Unione europea)
– perseguono il duplice scopo di limitare le deroghe allo stretto
necessario e di permettere la vigilanza degli organi comunitari a
cio’ preposti.
In particolare, il paragrafo 2 dell’art. 9 della citata direttiva
prevede che le deroghe debbano menzionare: a) le specie che formano
oggetto delle medesime; b) i mezzi, gli impianti o i metodi di
cattura o di uccisione autorizzati; c) le condizioni di rischio e le
circostanze di tempo e di luogo in cui esse possono essere applicate;
d) l’autorita’ abilitata a dichiarare che le condizioni stabilite
sono soddisfatte e a decidere quali mezzi, impianti o metodi possono
essere utilizzati, entro quali limiti e da quali persone; e) i
controlli che saranno effettuati.
Alla luce di tali considerazioni, dunque, il rispetto del vincolo
comunitario derivante dall’art. 9 della direttiva 79/409/CEE (oggi
art. 9 della direttiva 2009/147/CE) impone l’osservanza dell’obbligo
della puntuale ed espressa indicazione della sussistenza di tutte le
condizioni in esso specificamente indicate, e cio’ a prescindere
dalla natura (amministrativa ovvero legislativa) del tipo di atto in
concreto utilizzato per l’introduzione della deroga al divieto di
caccia e di cattura degli esemplari appartenenti alla fauna selvatica
stabilito agli articoli da 5 a 8 della medesima direttiva.
7. – Ebbene, tale onere non risulta rispettato in alcuno degli
atti legislativi impugnati. In particolare, quanto alla legge della
Regione Lombardia n. 19 del 2009, deve rilevarsi la completa
omissione di qualsiasi cenno in ordine alla sussistenza delle
condizioni e dei presupposti richiesti dalla direttiva. Quanto
all’art. 2 della legge della Regione Toscana n. 53 del 2009, invece,
la motivazione, seppure formalmente esistente, risulta fondata su
petizioni di principio prive di alcun riferimento alle condizioni
concrete che avrebbero potuto, in ipotesi, giustificare la deroga
adottata.
Inoltre, il mancato assolvimento di tale onere risulta ancora
piu’ evidente se si considerano le puntuali obiezioni svolte
dall’ISPRA (nel parere datato 14 agosto 2009), secondo il quale «i
dati relativi ai richiami attualmente detenuti» dalla Regione Toscana
avrebbero mostrato «come la riproduzione in cattivita’» non solo
rappresentasse «una valida alternativa alla cattura», ma costituisse
anche «la principale fonte di approvvigionamento per i cacciatori».
8. – Pertanto, in accoglimento dei ricorsi del Presidente del
Consiglio dei ministri, deve essere dichiarata l’illegittimita’
costituzionale di entrambe le disposizioni regionali impugnate, per
violazione dell’art. 117, primo comma, Cost., in relazione all’art. 9
della direttiva 79/409/CEE – oggi riprodotto nell’art. 9 della
direttiva 2009/147/CE.
9. – Rimane assorbita ogni ulteriore censura.

Per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE

Riuniti i giudizi,
Dichiara l’illegittimita’ costituzionale della legge della
Regione Lombardia 6 agosto 2009, n. 19 [Approvazione del piano di
cattura dei richiami vivi per la stagione venatoria 2009/2010 ai
sensi della legge regionale 5 febbraio 2007, n. 3 (Legge quadro sulla
cattura dei richiami vivi)];
Dichiara l’illegittimita’ costituzionale dell’art. 2 della legge
della Regione Toscana 17 settembre 2009, n. 53 [Disciplina
dell’attivita’ di cattura degli uccelli selvatici da richiamo per
l’anno 2009 ai sensi dell’articolo 4 della legge 11 febbraio 1992, n.
157 (Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il
prelievo venatorio), e dell’articolo 34 della legge regionale 12
gennaio 1994, n. 3 (Recepimento della legge 11 febbraio 1992, n. 157
«Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il
prelievo venatorio»)].
Cosi’ deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 7 luglio 2010.

Il Presidente: Amirante

Il redattore: Saulle

Il cancelliere: Di Paola

Depositata in cancelleria il 22 luglio 2010

Il direttore della cancelleria: Di Paola

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

Fonte: http://www.gazzettaufficiale.it/

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