Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 16-02-2011) 15-04-2011, n. 15438 violenza sessuale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

rinvio alla Corte di Appello di L’Aquila.
Svolgimento del processo

Con sentenza della Corte di Appello di Bologna in data 29 Aprile 2009 (definitiva in data 31 Ottobre 2009) è stata confermata la sentenza con la quale il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Ravenna in data 3 Novembre 2004 ha condannato il Sig. F. alla pena di due anni e quattro mesi di reclusione per il reato previsto dall’art. 609-bis c.p. ed altre violazioni commesse in danno della moglie.

Il Sig. F. ha proposto istanza di revisione della sentenza citata allegando l’emergenza di un fatto nuovo costituto dalle dichiarazioni che la moglie ha reso in data 8 Febbraio 2010 al personale della Questura di Ravenna, dichiarazioni da cui emergerebbe la insussistenza dei fatti oggetto di condanna e la falsità delle accuse che la donna stessa aveva mosso all’odierno ricorrente.

La Corte di Appello di Ancona ha ritenuto inammissibile l’istanza. Si legge nella motivazione dell’ordinanza qui impugnata che i giudici del merito avevano preso in esame la versione difensiva che attribuiva natura calunniosa alle dichiarazioni della moglie dell’imputato ed avevano escluso la fondatezza di tale impostazione rilevando che una prima querela contro il Sig. F. era stata presentata dalla donna già nel mese di marzo 2002 in una occasione in cui aveva dovuto abbandonare la casa familiare e rifugiarsi dalla madre, e che alla successiva querela del 1 ottobre 2002 aveva fatto seguito in data 18 ottobre 2002 la denuncia di ulteriori fatti.
Motivi della decisione

Ritiene la Corte che il ricorso sia infondato e debba essere respinto.

Appare evidente che la Corte di appello ha preso in esame gli argomenti prospettati dal Sig. F. e li ha compiutamente esaminati, così che non sussiste carenza di motivazione ai sensi dell’art. 606 c.p.p., lett. e).

Neppure sussiste il vizio di illogicità o contraddittorietà della motivazione stessa. La Corte di Appello, infatti, non solo ha considerato che non si è in presenza di prova del tutto nuova, bensì di nuove dichiarazioni di persona già oggetto di valutazione in sede di giudizio di merito, ma ha esaminato puntualmente la vicenda processuale per giungere in modo corretto sul piano logico alla conclusione che l’insieme delle condotte e delle dichiarazioni della persona offesa emerse durante la fase delle indagini e il successivo giudizio forma un quadro concludente che non risulta in alcun modo scalfito da quanto prospettato dal ricorrente con l’istanza di revisione.

Osserva la Corte sul punto che quella operata dai giudici di appello costituisce una valutazione attinente il merito della decisione che, essendo supportata da motivazione immune da vizi logici, non può essere messa in discussione davanti al giudice di legittimità.

Alla luce delle considerazioni fin qui esposte il ricorso deve essere respinto e il ricorrente condannato, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., al pagamento delle spese del presente grado di giudizio.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *