Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 03-02-2011) 15-04-2011, n. 15449

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. – Con l’ordinanza indicata in epigrafe il Tribunale di Pordenone rigettava le istanze di riesame – previamente riunite – proposte dall’avv. L.E. avverso atti di asporto di due stampanti e di documenti dal suo studio legale già sottoposto a sequestro in virtù di precedente decreto riguardante l’intero studio, peraltro confermato dallo stesso giudice del riesame.

La misura cautelare anzidetta e gli atti consequenziali, oggetto del presente procedimento incidentale, erano stati disposti nell’ambito di un procedimento penale a carico del legale, indagato per furto e falso per distruzione o soppressione od occultamento di due documenti (un p.v. di s.i.t. di tale B. ed una nota del PM S. al Procuratore della Repubblica; atti che sarebbero stati sottratti dal fascicolo del procedimento penale nel quale lo stesso aveva veste di imputato per il delitto di calunnia nei confronti di componenti del personale di cancelleria della sezione GIP/GUP dello stesso Tribunale di Pordenone).

Reputava il Tribunale che le istanze fossero inammissibili in quanto riguardanti provvedimenti non costituenti autonomi atti di sequestro, siccome mera specificazione di beni già sequestrati. In via subordinata, riteneva che, ove i relativi verbali fossero da qualificare come vero e proprio sequestro, rispetto al quale sussistevano i presupposti di legittimità. Il prelievo di tali beni era stato, infatti, effettuato personalmente dal PM, su autorizzazione del GIP ai sensi dell’art. 103 c.p.p. ed in presenza di un delegato del locale Consiglio dell’ordine degli avvocati, senza che l’omesso avviso all’interessato integrasse motivo suscettibile di riesame. Sussisteva, inoltre, il fumus posto che le due stampanti potevano servire per accertare se fossero state utilizzate per stampare taluni atti sospetti (quale la copia della nota sparita dal fascicolo specificamente indicato) ed i documenti prelevati potevano comunque servire come da scritture di comparazione e, comunque, quanto agli stessi, andava preso atto che, nel frattempo, erano stati dissequestrati e restituiti, sicchè mancava del tutto l’interesse ad impugnare.

Avverso l’anzidetta pronuncia il L. ha proposto ricorso per cassazione, affidato ai motivi di censura di seguito indicati.

2. – Il primo motivo deduce contraddittorietà della decisione in punto ammissibilità del riesame, contestando l’assunto del giudice a quo, sul riflesso che gli atti posti in essere integravano veri e propri sequestri, come lo stesso giudice finiva poi contraddittoriamente, per ammettere, anche se in prospettiva subordinata. Con il secondo motivo ribadisce l’ammissibilità degli atti di impugnazione, la cui nullità derivava da quella del sequestro generale, dichiarata da questa stessa Corte di legittimità all’udienza del 10.12.2010.

Con il terzo lamenta il mancato esame delle deduzioni difensive, specificamente riprodotte nell’odierno ricorso, in particolare dei rilievi che gli atti di accesso erano avvenuti senza la presenza dei difensori; che i beni sequestrati erano stati sottratti non già in relazione all’indagine per la quale era stata disposta la perquisizione, ma ad altro procedimento, di talchè l’acquisizione era avvenuta senza la necessaria autorizzazione; che lo studio legale, ove era stata effettuato l’illegittimo prelievo di beni, era anche sede dell’attività professionale dell’avv. C., coniuge del ricorrente, che, sottoscrivendo il ricorso, deduceva anche un interesse proprio.

3. – L’eccezione che sostanzia il secondo motivo di ricorso ha evidente rilievo pregiudiziale e va, dunque, esaminata per prima.

Con tale censura, ulteriormente articolata nelle note difensive indicate in epigrafe, il difensore deduce la pretesa nullità derivata degli atti impugnati, a seguito dell’annullamento, disposto da questa Corte Suprema, di precedente ordinanza del Tribunale del riesame di Pordenone, relativa al sequestro riguardante l’intero studio legale dell’avv. L.. Ed invero, con sentenza del 10 dicembre 2010, questa Corte ha disposto il detto annullamento in ragione del carattere indiscriminato della misura cautelare relativa all’intero studio, senza la necessaria specificazione delle cose utili alla prova. La nullità che ha colpito la misura cautelare a monte dovrebbe avere, dunque, effetto consequenziale su singoli atti di sequestro avvenuti in via di specificazione dell’originario provvedimento.

L’obiezione difensiva non ha pregio. Ed infatti, sia pure con doppia motivazione, il giudice del riesame, dopo aver argomentato in ordine alla pretesa legittimità degli atti di asporto censurati (riguardanti due stampanti e documenti) intesi come specificazione dell’originaria misura cautelare, ha pure motivato sull’ipotesi, sicuramente più corretta, che gli atti in questione costituissero autonomi provvedimenti di sequestro, riconoscendoli dotati dei necessari presupposti di legittimità.

Nel prendere atto di tale, ultima, corretta impostazione e nella logica di siffatta ridimensionata prospettiva, va preliminarmente rilevato che, nelle more, i documenti prelevati sono stati restituiti, donde, per tale aspetto, nessun interesse all’impugnativa può residuare in capo al ricorrente. E, quanto, alle stampane, la motivazione ha indicato compiutamente le ragioni probatorie della disposta misura cautelare, in funzione della necessaria indagine tecnica volta ad accertare se le stampanti siano servite per la stampa di alcuni atti sospetti. Tanto basta per rendere il provvedimento insuscettibile di sindacato di legittimità che, in subiecta materia, è come è noto circoscritto alle ipotesi di violazione di legge, non potendo riguardare pretesi vizi del compendio motivazionale. Resta da dire che, stante l’autonomia del sequestro rispetto alla perquisizione che l’ha occasionato, eventuali vizi di quest’ultimo atto non possono riverberarsi sulla ritualità della misura cautelare; e che non risulta che il ricorso sia stato sottoscritto da terzo estraneo, ossia dal coniuge dell’indagato, anch’egli esercente la professione forense, le cui ragioni non sono, dunque, apprezzabili in questa sede.

3. – Per quanto precede, il ricorso – globalmente considerato – deve essere rigettato, con le consequenziali statuizioni espresse in dispositivo.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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