Corte Costituzionale, Sentenza n. 269, norme per l’accoglienza, l’integrazione partecipe e la tutela dei cittadini stranieri nella Regione Toscana

Aggiornamento offerto dal dott. Domenico Cirasole

Gazzetta Ufficiale – 1ª Serie Speciale – Corte Costituzionale n. 30 del 28-7-2010

Sentenza

nel giudizio di legittimita’ costituzionale degli articoli 2, commi 2
e 4; 6, commi 11, 35, 43, 51 e 55, lettera d), della legge della
Regione Toscana 9 giugno 2009, n. 29 (Norme per l’accoglienza,
l’integrazione partecipe e la tutela dei cittadini stranieri nella
Regione Toscana), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri
con ricorso notificato il 30 luglio/3 agosto 2009, depositato in
cancelleria il 6 agosto 2009 ed iscritto al n. 52 del registro
ricorsi 2009.
Visto l’atto di costituzione della Regione Toscana;
Udito nell’udienza pubblica dell’8 giugno 2010 il Giudice
relatore Giuseppe Tesauro;
Uditi l’avvocato dello Stato Sergio Fiorentino per il Presidente
del Consiglio dei ministri e l’avvocato Lucia Bora per la Regione
Toscana.

Ritenuto in fatto

1. – Con ricorso, notificato il 30 luglio/3 agosto 2009,
depositato il successivo 6 agosto, il Presidente del Consiglio dei
ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello
Stato, ha promosso questione di legittimita’ costituzionale
dell’articolo 2, commi 2 e 4, e dell’articolo 6, commi 11, 35, 43, 51
e 55, lettera d), della legge della Regione Toscana 9 giugno 2009, n.
29 (Norme per l’accoglienza, l’integrazione partecipe e la tutela dei
cittadini stranieri nella Regione Toscana), in riferimento
all’articolo 117, commi secondo, lettere a) e b), e nono, della
Costituzione.
1.1. – In particolare, il ricorrente, dopo aver premesso che la
citata legge regionale mira a realizzare l’accoglienza solidale dei
cittadini stranieri e reca norme ispirate ai principi di eguaglianza
e pari opportunita’, impugna l’art. 2, comma 2, della medesima legge,
nella parte in cui stabilisce che «specifici interventi sono previsti
anche a favore di cittadini stranieri comunque dimoranti sul
territorio regionale, nei limiti indicati dalla presente legge».
Tale norma, infatti, disciplinando specifici interventi in favore
degli immigrati privi di regolare permesso di soggiorno, agevolerebbe
il soggiorno degli stranieri che dimorano irregolarmente nel
territorio nazionale e quindi inciderebbe sulla disciplina
dell’ingresso e del soggiorno degli immigrati, di competenza
esclusiva del legislatore statale. Essa, peraltro, si porrebbe in
contrasto anche con i principi fondamentali stabiliti dagli artt. 4,
5, 10, 11, 13 e 14 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286
(Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina
dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero) ed
introdurrebbe casi diversi ed ulteriori, rispetto a quelli
individuati dalla norma statale, di inoperativita’ della regola
generale, che stabilisce la «condizione di illegittimita’
dell’immigrato irregolare».
Anche l’art. 2, comma 4, della medesima legge regionale sarebbe,
poi, costituzionalmente illegittimo nella parte in cui, disponendo
che «gli interventi previsti dalla presente legge sono estesi anche a
cittadini neocomunitari compatibilmente con le previsioni normative
vigenti, fatte salve norme piu’ favorevoli», introdurrebbe una misura
concernente i cittadini comunitari, in violazione della competenza
legislativa esclusiva statale in materia di rapporti con l’Unione
europea stabilita dall’art. 117, secondo comma, lettera a), Cost.,
oltre che in contrasto con i principi costituzionali in tema di
«diritto di asilo e condizione giuridica dei cittadini di Stati non
appartenenti all’Unione europea».
Quanto, poi, all’art. 6, comma 35, della medesima legge
regionale, il ricorrente ne sostiene l’illegittimita’ costituzionale,
nella parte in cui stabilisce che «tutte le persone dimoranti nel
territorio regionale, anche se prive di titolo di soggiorno, possono
fruire degli interventi socio assistenziali urgenti ed indifferibili,
necessari per garantire il rispetto dei diritti fondamentali
riconosciuti ad ogni persona in base alla Costituzione ed alle norme
internazionali». Cosi’ disponendo, la norma regionale impugnata
riconoscerebbe allo straniero irregolarmente presente in Italia una
serie di prestazioni non individuate puntualmente, riservando alla
Regione il compito di fissare i criteri per identificare i caratteri
dell’urgenza e dell’indifferibilita’ ed il contenuto di tali
prestazioni, e quindi dando vita ad un sistema socio-assistenziale
parallelo per gli stranieri non presenti regolarmente nel territorio
dello Stato, in violazione dell’art. 117, secondo comma, lettere a) e
b), Cost., oltre che dell’art. 35, comma 3, e dell’art. 41 del d.lgs.
n. 286 del 1998.
Egualmente illegittimo sarebbe, inoltre, l’art. 6, comma 51,
della legge regionale n. 29 del 2009, nella parte in cui stabilisce
che «la rete regionale di sportelli informativi supporta i comuni
nella sperimentazione, avvio ed esercizio delle funzioni relative al
rilascio dei titoli di soggiorno; promuove inoltre il coordinamento
tra gli enti locali per lo sviluppo dei servizi volti a facilitare e
semplificare i rapporti tra i cittadini stranieri e la pubblica
amministrazione». Tale norma inciderebbe sulle materie «condizione
giuridica dello straniero» ed «immigrazione» in violazione dell’art.
117, secondo comma, lettere a) e b), Cost., poiche’ estenderebbe i
compiti di detta rete regionale a funzioni – inerenti agli
adempimenti in tema di rilascio e rinnovo dei permessi di soggiorno –
che le norme statali non attribuiscono ai Comuni, ma alle Questure,
in violazione quindi dell’art. 5, commi 2 e 4, del d.lgs. n. 286 del
1998.
E’, inoltre, impugnato, l’art. 6, comma 55, lettera d), nella
parte in cui garantisce l’iscrizione al servizio sanitario regionale
anche per quegli stranieri che abbiano proposto ricorso
giurisdizionale avverso il provvedimento di diniego del permesso di
soggiorno per riconoscimento dello status di rifugiato, della
richiesta di asilo, della protezione sussidiaria o per ragioni
umanitarie. Cosi’ disponendo, la Regione – ad avviso del ricorrente –
avrebbe inciso sulla posizione dei soggetti sopra indicati,
introducendo un disciplina riconducibile alla competenza esclusiva
dello Stato stabilita dall’art. 117, secondo comma, lettere a) e b),
Cost., senza, peraltro, operare nessun richiamo o rinvio alle
pertinenti norme statali.
Sono, infine, impugnati i commi 11 e 43 del medesimo art. 6 della
legge regionale n. 29 del 2009, i quali, rispettivamente,
stabiliscono che «la Regione promuove intese e azioni congiunte con
gli enti locali, con le altre regioni, con gli uffici centrali e
periferici delle amministrazioni statali, con le istituzioni europee,
le agenzie delle Nazioni Unite competenti nella materia delle
migrazioni», e che «la Regione, in conformita’ alla legislazione
statale, promuove intese volte a facilitare l’ingresso in Italia di
cittadini stranieri per la frequenza di corsi di formazione
professionale o tirocini formativi».
Tali norme sarebbe lesive dell’art. 117, secondo comma, lettere
a) e b), e nono comma, Cost.: la prima perche’ in contrasto con
l’art. 6, commi 2 e 3, della legge 5 giugno 2003, n. 131
(Disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica
alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3), il quale non
include gli organismi internazionali tra i soggetti con i quali le
Regioni possono instaurare rapporti; entrambe poiche’ assegnerebbero
alle Regioni compiti internazionali in una materia, quella delle
politiche migratorie, che non appartiene alla competenza regionale e
che attiene appunto alla disciplina dei flussi migratori.
2. – Nel giudizio si e’ costituita la Regione Toscana, chiedendo
che le questioni siano dichiarate inammissibili o comunque infondate.
La resistente premette che le disposizioni impugnate incidono
tutte negli ambiti delle attribuzioni legislative regionali, essendo
volte a favorire l’attuazione di politiche territoriali efficaci, con
particolare riferimento all’istruzione, alla sanita’, al lavoro,
all’assistenza sociale, materie tutte di competenza legislativa
concorrente e residuale delle Regioni, ai sensi del terzo e quarto
comma dell’art. 117 della Costituzione.
In particolare, con riferimento alle specifiche censure sollevate
nei confronti degli artt. 2, comma 2, e 6, comma 35, della legge
regionale n. 29 del 2009, la Regione Toscana osserva che le
disposizioni impugnate si limiterebbero a prevedere prestazioni
sociali urgenti ed indifferibili nei confronti di immigrati gia’
presenti sul territorio regionale senza intaccare ne’ le condizioni
di ingresso e soggiorno, ne’ la capacita’ giuridica dello straniero,
mantenendosi nell’ambito della propria competenza in materia di
assistenza sociale e di tutela della salute.
Anche le censure sollevate nei confronti dell’art. 2, comma 4,
della legge regionale n. 29 del 2009 sarebbero prive di fondamento.
La citata disposizione regionale, infatti, estendendo anche ai
cittadini neocomunitari gli interventi di integrazione previsti per i
cittadini extracomunitari, non farebbe altro che favorire detta
integrazione, presupposto imprescindibile per una piena attuazione
delle disposizioni comunitarie in materia di cittadinanza europea.
Essa si collocherebbe all’interno della sfera delle competenze
regionali residuali o concorrenti di cui all’art. 117, terzo e quarto
comma, Cost. (assistenza sociale, istruzione, salute, abitazione),
nel pieno rispetto – espressamente sancito – della normativa
nazionale e comunitaria in materia.
Quanto, poi, alle censure proposte nei confronti dell’art. 6,
comma 51, della legge regionale n. 29 del 2009, la resistente ne
sostiene l’infondatezza, alla luce della considerazione che la norma
impugnata si limiterebbe a prevedere attivita’ di supporto alla rete
informativa gia’ presente ed avviata, tra l’altro, sulla base del
Protocollo d’intesa del 2006 fra l’ANCI (Associazione Nazionale
Comuni Italiani) ed il Ministero dell’Interno, senza intaccare le
competenze statali in tema di rilascio e rinnovo dei permessi di
soggiorno.
Del pari infondate sarebbero, inoltre, le censure sollevate nei
confronti dell’art. 6, comma 55, lettera d), della legge regionale in
esame, posto che la predetta norma si limiterebbe a disciplinare la
materia della salute, di propria competenza, nel pieno rispetto di
quanto stabilito dal legislatore statale.
Quanto, poi, all’art. 6, comma 11, della legge regionale n. 29
del 2009, la resistente sostiene che la suddetta disposizione, nel
prevedere che la Regione possa, nell’ambito delle proprie competenze
connesse alla materia dell’immigrazione, raccordarsi con gli altri
enti, nazionali ed esteri, coinvolti, sarebbe pienamente coerente con
il riparto costituzionale delle competenze di cui all’art. 117, nono
comma, Cost. provvedendo a disciplinare, con norma programmatica,
attivita’ di mero rilievo internazionale nelle materie di propria
competenza, nel pieno rispetto della politica estera dettata dallo
Stato e della disciplina sull’immigrazione parimenti statale.
Infine, sulla base di analoghe argomentazioni, sarebbero prive di
fondamento anche le censure sollevate nei confronti del comma 43 del
medesimo art. 6 della legge regionale n. 29 del 2009, incidendo tale
disposizione su una materia, quella della formazione professionale e
dei tirocini estivi, che rientra nella competenza regionale residuale
ai sensi dell’art. 117, quarto comma, della Costituzione.
3. – All’udienza pubblica, il ricorrente e la resistente hanno
insistito per l’accoglimento delle conclusioni svolte nelle difese
scritte.

Considerato in diritto

1. – Il Presidente del Consiglio dei ministri dubita della
legittimita’ costituzionale degli articoli 2, commi 2 e 4, e 6, commi
11, 35, 43, 51 e 55, lettera d), della legge della Regione Toscana 9
giugno 2009, n. 29 (Norme per l’accoglienza, l’integrazione partecipe
e la tutela dei cittadini stranieri nella Regione Toscana). Il
ricorrente assume che le citate disposizioni esorbiterebbero dalla
sfera di competenza regionale, incidendo su materie quali la
«condizione giuridica dello straniero», l’«immigrazione», i «rapporti
dello Stato con l’Unione europea», di competenza esclusiva del
legislatore statale, in violazione dell’articolo 117, commi secondo,
lettere a) e b), e nono, della Costituzione.
2. – In particolare, e’ impugnato l’art. 2, comma 2, della legge
regionale citata, nella parte in cui, prevedendo specifici interventi
in favore degli immigrati privi di regolare permesso di soggiorno,
inciderebbe sulla disciplina dell’ingresso e del soggiorno degli
immigrati, di competenza esclusiva del legislatore statale.
2.1. – La questione e’ inammissibile.
Questa Corte ha gia’ avuto occasione di affermare che la delibera
governativa di impugnazione della legge e l’allegata relazione
ministeriale, alla quale si rinvia, devono contenere l’indicazione
delle disposizioni impugnate a pena di inammissibilita’ delle
relative censure. Nella specie, di tale disposizione non si fa alcuna
menzione nella delibera del Consiglio dei ministri (ed in specie
nell’allegata relazione del Ministro per i rapporti con le Regioni)
che dispone l’impugnazione della legge regionale, cosicche’ deve
essere dichiarata inammissibile la relativa questione.
3. – E’, poi, impugnato l’art. 2, comma 4, della medesima legge
regionale, nella parte in cui, disponendo che «gli interventi
previsti dalla presente legge sono estesi anche a cittadini
neocomunitari compatibilmente con le previsioni normative vigenti,
fatte salve norme piu’ favorevoli», violerebbe l’art. 117, secondo
comma, lettera a), Cost. Tale norma, ad avviso del ricorrente,
introdurrebbe una misura concernente i cittadini comunitari,
riconducibile alla competenza legislativa esclusiva statale in
materia di disciplina dei rapporti con l’Unione europea, oltre che in
contrasto con i principi posti in tema di «diritto di asilo e
condizione giuridica dei cittadini di Stati non appartenenti
all’Unione europea» di cui all’art. 1, comma 2, del decreto
legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni
concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione
dello straniero), nel testo modificato dall’art. 37 del decreto-legge
25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo
economico, la semplificazione, la competitivita’, la stabilizzazione
della finanza pubblica e la perequazione tributaria), convertito
dalla legge 6 agosto 2008, n.133.
3.1. – La questione non e’ fondata.
La norma regionale censurata si inserisce in un quadro normativo
volto a favorire la piena integrazione anche dei cittadini
neocomunitari, presupposto imprescindibile per l’attuazione delle
disposizioni comunitarie in materia di cittadinanza europea. Con il
decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 30 (Attuazione della
direttiva 2004/38/CE relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e
dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel
territorio degli Stati membri), il legislatore statale delegato ha
dato attuazione alla direttiva comunitaria 29 aprile 2004, n.
2004/38/CE (Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa
al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di
circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati
membri, che modifica il regolamento (CEE) n. 1612/68 ed abroga le
direttive 64/221/CEE, 68/360/CEE, 72/194/CEE, 73/148/CEE, 75/34/CEE,
75/35/CEE, 90/364/CEE, 90/365/CEE e 93/96/CEE), concernente il
diritto di libera circolazione e di soggiorno dei cittadini
dell’Unione europea e dei loro familiari. Con il predetto decreto
sono stati stabiliti precisi criteri inerenti al diritto di soggiorno
dei cittadini dell’Unione europea, volti a disciplinare il
riconoscimento in favore dei medesimi di una serie di prestazioni
relative a diritti civili e sociali. Le indicazioni contenute nel
citato decreto, tuttavia, devono essere armonizzate con le norme
dell’ordinamento costituzionale italiano che sanciscono la tutela
della salute, assicurano cure gratuite agli indigenti, l’esercizio
del diritto all’istruzione, e, comunque, attengono a prestazioni
concernenti la tutela di diritti fondamentali, spettanti ai cittadini
neocomunitari in base all’art. 12 del Trattato, che impone sia
garantita, ai cittadini comunitari che si trovino in una situazione
disciplinata dal diritto dell’Unione europea, la parita’ di
trattamento rispetto ai cittadini dello Stato membro.
In questa prospettiva, la norma regionale in esame non determina
alcuna lesione delle competenze legislative statali in tema di
rapporti con l’Unione europea, limitandosi ad assicurare anche ai
cittadini neocomunitari quelle prestazioni ad essi dovute
nell’osservanza di obblighi comunitari e riguardanti settori di
propria competenza, concorrente o residuale, riconducibili al settore
sanitario, dell’istruzione, dell’accesso al lavoro ed all’edilizia
abitativa e della formazione professionale.
4. – Il Presidente del Consiglio dei ministri deduce, inoltre,
l’illegittimita’ costituzionale dell’art. 6, comma 35, della legge
regionale n. 29 del 2009, nella parte in cui dispone che, fermo
restando quanto previsto dall’articolo 5, comma 4, della legge
regionale 24 febbraio 2005, n. 41 (Sistema integrato di interventi e
servizi per la tutela dei diritti di cittadinanza sociale), «tutte le
persone dimoranti nel territorio regionale, anche se prive di titolo
di soggiorno, possono fruire degli interventi socio assistenziali
urgenti ed indifferibili, necessari per garantire il rispetto dei
diritti fondamentali riconosciuti ad ogni persona in base alla
Costituzione ed alle norme internazionali». Detta norma, infatti,
riconoscerebbe allo straniero irregolarmente presente in Italia una
serie di prestazioni non individuate puntualmente, riservando alla
Regione la fissazione dei criteri per identificare i caratteri
dell’urgenza e dell’indifferibilita’, quindi, lo stesso contenuto di
tali prestazioni, e dando vita cosi’ ad un sistema
socio-assistenziale parallelo per gli stranieri non presenti
regolarmente nel territorio dello Stato, in violazione dell’art. 117,
secondo comma, lettere a) e b), Cost., oltre che dell’art. 35, comma
3, e dell’art. 41 del d.lgs. n. 286 del 1998.
4.1. – La questione non e’ fondata.
Questa Corte ha gia’ piu’ volte affermato che «lo straniero e’
[…] titolare di tutti i diritti fondamentali che la Costituzione
riconosce spettanti alla persona» (sentenza n. 148 del 2008) ed in
particolare, con riferimento al diritto all’assistenza sanitaria, ha
precisato che esiste «un nucleo irriducibile del diritto alla salute
protetto dalla Costituzione come ambito inviolabile della dignita’
umana, il quale impone di impedire la costituzione di situazioni
prive di tutela, che possano appunto pregiudicare l’attuazione di
quel diritto». Quest’ultimo deve percio’ essere riconosciuto «anche
agli stranieri, qualunque sia la loro posizione rispetto alle norme
che regolano l’ingresso ed il soggiorno nello Stato, pur potendo il
legislatore prevedere diverse modalita’ di esercizio dello stesso»
(sentenza n. 252 del 2001). Il legislatore statale, con il d.lgs. n.
286 del 1998, ha recepito tale impostazione, statuendo, in specie
all’art. 35, comma 3, che «ai cittadini stranieri presenti sul
territorio nazionale, non in regola con le norme relative
all’ingresso ed al soggiorno, sono assicurate, nei presidi pubblici
ed accreditati, le cure ambulatoriali ed ospedaliere urgenti o
comunque essenziali, ancorche’ continuative, per malattia ed
infortunio e sono estesi i programmi di medicina preventiva a
salvaguardia della salute individuale e collettiva», assicurando
altresi’ la tutela sociale della gravidanza e della maternita’, a
parita’ di trattamento con le cittadine italiane, la tutela della
salute del minore, le vaccinazioni, gli interventi di profilassi
internazionale, la profilassi, la diagnosi e la cura delle malattie
infettive ed eventualmente bonifica dei relativi focolai.
In questo quadro si colloca la norma regionale censurata, la
quale, in attuazione dei principi fondamentali posti dal legislatore
statale in tema di tutela della salute, provvede ad assicurare anche
agli stranieri irregolari le fondamentali prestazioni sanitarie ed
assistenziali atte a garantire il diritto all’assistenza sanitaria,
nell’esercizio della propria competenza legislativa, nel pieno
rispetto di quanto stabilito dal legislatore statale in tema di
ingresso e soggiorno in Italia dello straniero, anche con riguardo
allo straniero dimorante privo di un valido titolo di ingresso.
5. – Viene, inoltre, impugnato l’art. 6, comma 51, della citata
legge regionale, nella parte in cui stabilisce che «la rete regionale
di sportelli informativi supporta i comuni nella sperimentazione,
avvio ed esercizio delle funzioni relative al rilascio dei titoli di
soggiorno; promuove inoltre il coordinamento tra gli enti locali per
lo sviluppo dei servizi volti a facilitare e semplificare i rapporti
tra i cittadini stranieri e la pubblica amministrazione». Cosi’
disponendo, essa inciderebbe sulle materie «condizione giuridica
dello straniero» ed «immigrazione», in violazione dell’art. 117,
secondo comma, lettere a) e b), Cost. poiche’ non si limiterebbe a
garantire un supporto nell’informazione relativa agli adempimenti per
il rilascio ed il rinnovo dei permessi di soggiorno, ma estenderebbe
i compiti di detta rete regionale a funzioni che le norme statali non
attribuiscono ai Comuni, in contrasto con quanto statuito dall’art.
5, commi 2 e 4, del d.lgs. n. 286 del 1998, che demanda alle Questure
le funzioni di rilascio e rinnovo dei permessi di soggiorno.
5.1. – Anche tale questione non e’ fondata.
La norma impugnata disciplina una mera attivita’ di supporto alla
rete informativa gia’ presente ed avviata, tra l’altro, sulla base
del Protocollo d’intesa stipulato nel 2006 fra l’ANCI (Associazione
Nazionale Comuni Italiani) ed il Ministero dell’Interno, con il quale
si e’ dato inizio ad una sperimentazione volta ad attribuire
progressivamente competenze ai Comuni per quanto riguarda
l’istruttoria relativa al rilascio ed al rinnovo del permesso di
soggiorno.
Essa, pertanto, lungi dal regolare aspetti propriamente incidenti
sulla materia dell’immigrazione, si limita a prevedere una forma di
assistenza in favore degli stranieri presenti sul territorio
regionale che si sostanzia nel mero affidamento agli enti locali di
quegli adempimenti che, nell’ambito dei procedimenti di richiesta e
rinnovo di permesso di soggiorno e di carta di soggiorno,
diversamente sarebbero stati svolti direttamente dagli stessi
richiedenti (sentenza n. 156 del 2006), nel pieno rispetto delle
competenze statali di cui all’art. 5, commi 2 e 4, del d.lgs. n. 286
del 1998 .
La Regione, peraltro, gia’ dal 5 marzo 2008 ha provveduto a
regolare forme di assistenza ed implementazione della rete di
sportelli informativi per gli stranieri, avviando un progetto
delineato nel Protocollo d’intesa stipulato con l’ANCI e poi ampliato
con il successivo Protocollo stipulato tra Regione Toscana e ANCI
Toscana in data 8 febbraio 2010, in vista dell’obiettivo di fornire
un’attivita’ di mero supporto e sostegno alla gia’ esistente rete di
assistenza ai cittadini stranieri, in armonia con quanto stabilito,
peraltro, nel citato Protocollo d’intesa stipulato nel 2006 fra
l’ANCI ed il Ministero dell’Interno.
6. – E’, poi, censurato l’art. 6, comma 55, lettera d), della
legge regionale n. 29 del 2009, nella parte in cui garantisce
l’iscrizione al servizio sanitario regionale anche agli stranieri che
abbiano proposto ricorso giurisdizionale avverso il provvedimento di
diniego del permesso di soggiorno per riconoscimento dello status di
rifugiato, richiesta di asilo, protezione sussidiaria o per ragioni
umanitarie. Cosi’ disponendo, la Regione – ad avviso del ricorrente –
avrebbe inciso sulla posizione dei soggetti sopra indicati, la cui
regolamentazione spetterebbe alla competenza dello Stato, ai sensi
dell’art. 117, secondo comma, lettere a) e b), Cost., senza,
peraltro, operare alcun richiamo o rinvio alle pertinenti norme
statali.
6.1. – La questione non e’ fondata.
Tale norma, al pari dell’art. 6, comma 55, si inserisce in un
contesto normativo caratterizzato dal riconoscimento in favore dello
straniero, anche privo di un valido titolo di soggiorno, di un nucleo
irriducibile di tutela del diritto alla salute protetto dalla
Costituzione come ambito inviolabile della dignita’ umana. Al di la’
delle indicazioni generali contenute nel citato art. 35, comma 3, del
d.lgs,. n. 286 del 1998, in tema di assistenza sanitaria, occorre
ricordare che, con particolare riferimento alla categoria di soggetti
presi in considerazione dalla norma regionale in esame, l’art. 34,
comma 1, lettera b), del medesimo decreto prescrive l’iscrizione al
servizio sanitario nazionale degli stranieri che abbiano richiesto il
rinnovo del titolo di soggiorno anche per asilo politico, per asilo
umanitario o per richiesta di asilo. A chiarificazione dell’esatta
portata della norma appena richiamata il Ministero della Sanita’, con
una circolare del 24 marzo 2000, n. 5, al punto I.A.6., ha precisato
che l’iscrizione obbligatoria al servizio sanitario nazionale di
coloro che abbiano presentato richiesta di asilo sia politico che
umanitario e’ prescritta per tutto il «periodo che va dalla richiesta
all’emanazione del provvedimento, incluso il periodo dell’eventuale
ricorso contro il provvedimento di diniego del rilascio del permesso
di soggiorno».
In considerazione di tali prescrizioni, appare evidente che la
norma regionale impugnata si limita a disciplinare la materia della
tutela della salute, per la parte di propria competenza, nel pieno
rispetto di quanto stabilito dal legislatore statale in ordine alla
posizione dei soggetti sopra indicati, alle cui norme implicitamente
fa rinvio.
7. – Sono, infine, censurati i commi 11 e 43 dell’art. 6, nella
parte in cui, il primo stabilisce che «La Regione promuove intese e
azioni congiunte con gli enti locali, con le altre regioni, con gli
uffici centrali e periferici delle amministrazioni statali, con le
istituzioni europee, le agenzie delle Nazioni Unite competenti nella
materia delle migrazioni»; il secondo dispone che «La Regione, in
conformita’ alla legislazione statale, promuove intese volte a
facilitare l’ingresso in Italia di cittadini stranieri per la
frequenza di corsi di formazione professionale o tirocini formativi».
Secondo la difesa dello Stato, entrambe le disposizioni sarebbero
illegittime: la prima perche’ in contrasto con l’art. 117, secondo
comma, lettere a) e b), e nono comma, Cost. e con l’art. 6, commi 2 e
3, della legge n. 131 del 2003, il quale non include gli organismi
internazionali tra i soggetti con i quali le Regioni possono
instaurare rapporti; entrambe poiche’ assegnerebbero alle Regioni, in
contrasto con quanto stabilito dal predetto art. 117, secondo comma,
lettere a) e b), e nono comma, Cost., compiti internazionali in una
materia, quella delle politiche migratorie, che non appartiene alla
competenza regionale e che attiene alla disciplina dei flussi
migratori.
7.1. – Anche le predette questioni non sono fondate.
Questa Corte ha ripetutamente affermato, quanto al potere estero
delle Regioni, che esso si risolve in «attivita’ di mero rilievo
internazionale», che corrispondono a quelle attivita’ compiute con
omologhi organismi esteri «aventi per oggetto finalita’ di studio o
di informazione (in materie tecniche) oppure la previsione di
partecipazione a manifestazioni dirette ad agevolare il progresso
culturale o economico in ambito locale, ovvero, infine,
l’enunciazione di propositi intesi ad armonizzare unilateralmente le
rispettive condotte» (sentenza n. 454 del 2007), nelle materie di
competenza regionale, ovvero in quelle azioni finalizzate al raccordo
delle proprie attivita’ – sempre nelle materie di propria competenza
– con iniziative dell’amministrazione statale, dell’Unione europea o
anche degli organismi internazionali (sentenza n. 131 del 2008), che
siano ovviamente adottate nel rispetto dei principi della politica
estera fissati dallo Stato.
Sulla base di tali premesse, risulta evidente che le censure
sollevate nei confronti delle citate disposizioni regionali sono
prive di fondamento.
Infatti, quanto al comma 11 dell’art. 6, esso non fa altro che
raccordare l’attivita’ della Regione, nelle materie di propria
competenza, con quella delle altre Regioni, delle amministrazioni
statali, delle istituzioni europee e degli organismi internazionali,
in vista del piu’ efficace perseguimento, in via puramente indiretta
ed accessoria, delle finalita’ delineate dal legislatore statale in
tema di politiche migratorie.
Quanto, poi, al comma 43 del medesimo art. 6, l’obiettivo della
norma e’ chiaramente quello di consentire alla Regione di promuovere
intese (al fine di agevolare la frequenza degli stranieri ai corsi di
formazione professionale o tirocini formativi), che si riferiscono ad
un ambito di competenza legislativa regionale residuale,
corrispondente appunto alla formazione professionale, peraltro
espressamente da realizzare «in conformita’ alla legislazione
statale» e cioe’ nel pieno rispetto dei principi della politica
estera fissati dallo Stato.

Per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE

Dichiara inammissibile la questione di legittimita’
costituzionale dell’art. 2, comma 2, legge della Regione Toscana 9
giugno 2009, n. 29 (Norme per l’accoglienza, l’integrazione partecipe
e la tutela dei cittadini stranieri nella Regione Toscana), promossa,
in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettere a) e b), della
Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri con il
ricorso indicato in epigrafe;
Dichiara non fondate le questioni di legittimita’ costituzionale
degli articoli 2, comma 4, e 6, commi 11, 35, 43, 51 e 55, lettera
d), della medesima legge della Regione Toscana n. 29 del 2009,
promosse dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso
indicato in epigrafe, in riferimento all’articolo 117, secondo comma,
lettere a) e b), e nono comma, della Costituzione.
Cosi’ deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 7 luglio 2010.

Il Presidente: Amirante

Il redattore: Tesauro

Il cancelliere: Di Paola

Depositata in cancelleria il 22 luglio 2010.

Il direttore della cancelleria: Di Paola

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

Fonte: http://www.gazzettaufficiale.it/

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