Corte Costituzionale, Sentenza n. 270, misure urgenti per la ristrutturazione industriale di grandi imprese in stato di insolvenza

Aggiornamento offerto dal dott. Domenico Cirasole

Gazzetta Ufficiale – 1ª Serie Speciale – Corte Costituzionale n. 30 del 28-7-2010

Sentenza

nei giudizi di legittimita’ costituzionale dell’articolo 4, comma
4-quinquies, del decreto-legge 23 dicembre 2003, n. 347 (Misure
urgenti per la ristrutturazione industriale di grandi imprese in
stato di insolvenza), convertito, con modificazioni, dalla legge 18
febbraio 2004, n. 39, introdotto dall’articolo 1, comma 10, del
decreto-legge 28 agosto 2008, n. 134 (Disposizioni urgenti in materia
di ristrutturazione di grandi imprese in crisi), convertito, con
modificazioni, dalla legge 27 ottobre 2008, n. 166, promossi dal
Tribunale amministrativo regionale per il Lazio con tre ordinanze del
27 maggio 2009, rispettivamente iscritte ai nn. 223, 224 e 225 del
registro ordinanze 2009 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 37, 1ª serie speciale, dell’anno 2009.
Visti gli atti di costituzione di Eurofly s.p.a ed altra, del
Commissario straordinario di Alitalia-Linee Aeree Italiane s.p.a. in
amministrazione straordinaria e di Alitalia Compagnia Aerea Italiana
s.p.a. nonche’ gli atti di intervento del Presidente del Consiglio
dei ministri;
Udito nell’udienza pubblica del 22 giugno 2010 il Giudice
relatore Giuseppe Tesauro;
Uditi gli avvocati Aldo Travi, Romolo Persiani e Cristoforo Osti
per la Eurofly s.p.a ed altra, Massimo Luciani, Gian Michele Roberti
e Filippo Lattanzi per l’Alitalia Compagnia Aerea Italiana s.p.a.,
Mario Sanino per il Commissario straordinario di Alitalia-Linee Aeree
Italiane s.p.a. in amministrazione straordinaria e l’avvocato dello
Stato Paolo Gentili per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. – Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, con tre
ordinanze del 27 maggio 2009, emesse nel corso di altrettanti
giudizi, ha sollevato, in riferimento agli articoli 3 e 41 della
Costituzione, questione di legittimita’ costituzionale dell’articolo
1, comma 10, del decreto-legge 28 agosto 2008, n. 134 (Disposizioni
urgenti in materia di ristrutturazione di grandi imprese in crisi),
convertito, con modificazioni, dalla legge 27 ottobre 2008, n. 166,
nella parte in cui ha introdotto il comma 4-quinquies nell’articolo 4
del decreto-legge 23 dicembre 2003, n. 347 (Misure urgenti per la
ristrutturazione industriale di grandi imprese in stato di
insolvenza), convertito, con modificazioni, dalla legge 18 febbraio
2004, n. 39 (recte: ha sollevato questione di legittimita’
costituzionale dell’art. 4, comma 4-quinquies, del decreto-legge n.
347 del 2003, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 39 del
2004, introdotto dall’art. 1, comma 10, del decreto-legge n. 134 del
2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 166 del 2008).
2. – La prima ordinanza (r.o. n. 223 del 2009) premette che
Eurofly s.p.a., in persona del legale rappresentante, ha dedotto che
esercita un’impresa di trasporto aereo di linea, in concorrenza, tra
l’altro, con Alitalia-Linee Aeree Italiane s.p.a. (di seguito,
Alitalia) ed AirOne s.p.a., chiedendo l’annullamento del
provvedimento dell’Autorita’ della concorrenza e del mercato (d’ora
in poi, Autorita’), adottato nell’adunanza del 3 dicembre 2008, a
conclusione del procedimento n. C/9812, articolando sei motivi di
censura.
Siffatto provvedimento, reso sulla comunicazione della societa’
Alitalia-Compagnia Aerea Italiana s.p.a. (infra: CAI), effettuata ai
sensi del citato art. 4, comma 4-quinquies, avente ad oggetto la
notificazione preventiva dell’operazione di concentrazione relativa
all’acquisizione di alcuni rami d’azienda delle societa’
Alitalia-Linee Aeree Italiane s.p.a., in amministrazione
straordinaria, Alitalia Servizi s.p.a., in amministrazione
straordinaria, Alitalia Airport s.p.a., in amministrazione
straordinaria, Alitalia Express s.p.a., in amministrazione
straordinaria, Volare s.p.a, in amministrazione straordinaria (gruppo
AZ), e delle societa’ AirOne s.p.a., AirOne City Liner s.p.a.,
European Avia Service s.p.a., Air One Technic s.p.a. e Challey Ltd
(gruppo AP), ha prescritto misure comportamentali, per prevenire il
rischio di imposizione di prezzi ed altre condizioni contrattuali
ingiustificatamente gravose per i consumatori, conseguenti alla
concentrazione, fissando al 3 dicembre 2011 la data prima della quale
sara’ stabilito il successivo termine entro il quale le posizioni di
monopolio eventualmente determinatesi a seguito dell’operazione
devono cessare, previo avvio di idoneo procedimento istruttorio.
2.1. – Il TAR espone che, con il primo motivo, Eurofly s.p.a. ha
eccepito l’illegittimita’ del provvedimento impugnato, in quanto
avrebbe dato applicazione al citato art. 4, comma 4-quinquies, che si
porrebbe in contrasto con gli artt. 3 e 41 Cost.
La ricorrente, con il secondo motivo, ha dedotto che il
provvedimento impugnato violerebbe il d.l. n. 347 del 2003,
convertito dalla legge n. 39 del 2004, ed il d.l. n. 134 del 2008,
convertito dalla legge n. 166 del 2008, poiche’ l’esclusione della
autorizzazione dell’operazione di concentrazione riguarderebbe
soltanto le «imprese operanti nel settore dei servizi pubblici
essenziali» e, in virtu’ dell’art. 1 della legge 12 giugno 1990, n.
146 (Norme sull’esercizio del diritto di sciopero nei servizi
pubblici essenziali e sulla salvaguardia dei diritti della persona
costituzionalmente tutelati. Istituzione della Commissione di
garanzia dell’attuazione della legge), sarebbero tali soltanto i
servizi aerei per il collegamento con le isole e, alla data
dell’operazione, CAI, non era titolare di concessione per l’esercizio
dell’attivita’ di trasporto aereo, quindi, il citato art. 4, comma
4-quinquies, non sarebbe applicabile.
Eurofly s.p.a., con il terzo ed il quarto motivo, ha,
rispettivamente, eccepito che le norme alla base del provvedimento
impugnato si porrebbero in contrasto con l’art. 86 del Trattato del
15 marzo 1957 (Trattato che istituisce la Comunita’ europea), nella
versione in vigore dal 1° febbraio 2003 al 30 novembre 2009 (di
seguito, Trattato CE), nonche’ con gli artt. 3, lettera g), 10 e 82
del medesimo, e dovrebbero essere disapplicate, insistendo per il
rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia delle Comunita’ europee,
al fine di accertare l’esatta interpretazione di tali disposizioni.
Il quinto motivo ha prospettato l’illegittimita’ del
provvedimento impugnato, in quanto la valutazione dell’operazione di
concentrazione spetterebbe alla Commissione europea. In linea
gradata, la ricorrente ha chiesto che sia disposto rinvio
pregiudiziale alla Corte di giustizia dell’Unione europea, per
accertare se «una situazione di controllo congiunto di fatto possa
sussistere nel caso sia provata l’esistenza di una forte comunione di
interessi; nel caso di acquisto del controllo congiunto tramite una
"scatola vuota" imprese interessate debbano considerarsi le imprese
madri e non la societa’ veicolo; l’acquisto del controllo di CAI e
l’ingresso del socio straniero debbano essere considerati quale unica
operazione di concentrazione».
Eurofly s.p.a., con il sesto motivo, ha chiesto l’annullamento
del citato provvedimento, deducendone l’illegittimita’ in relazione
ai contenuti degli «obblighi imposti», in quanto incongrui rispetto
al fine di scongiurare il rischio di condizioni contrattuali
ingiustificatamente gravose per i consumatori.
2.2. – L’ordinanza di rimessione espone che CAI ha proposto
ricorso incidentale condizionato, affidato a tre motivi, chiedendo
l’annullamento del provvedimento impugnato da Eurofly s.p.a., nel
caso di accoglimento, anche parziale, del ricorso principale.
2.3. – Posta questa premessa, il TAR espone le ragioni del
rigetto dell’eccezione di inammissibilita’ del ricorso, per difetto
di legittimazione ad agire, proposta dall’Avvocatura dello Stato,
osservando che la ricorrente, impresa concorrente di quelle
interessate dalla concentrazione, e’ titolare di una posizione
«differenziata» rispetto «alla posizione di tutti gli altri membri
della collettivita’» e «qualificata», poiche’ non contesta le
prescrizioni contenute nel provvedimento impugnato a tutela dei
consumatori, ma dubita della legittimita’ dell’operazione di
concentrazione presupposta dal provvedimento, in quanto consentita
dalla norma censurata.
2.4. – Secondo l’ordinanza di rimessione, la norma censurata ha
disposto che le operazioni di concentrazione delle imprese operanti
nel settore dei servizi pubblici essenziali, effettuate entro il 30
giugno 2009, connesse o contestuali, o comunque previste nel
programma debitamente autorizzato di cui all’art. 2, comma 2, del
d.l. n. 347 del 2003, ovvero nel provvedimento di autorizzazione di
cui all’art. 5, comma 1, di detto decreto-legge, rispondono a
preminenti interessi generali e non sono soggette all’autorizzazione
di cui alla legge 10 ottobre 1990, n. 287 (Norme per la tutela della
concorrenza e del mercato), fermo quanto previsto dagli artt. 2 e 3
della medesima. La disposizione ha, inoltre, stabilito che, fatto
salvo quanto previsto dalle norme comunitarie, le parti devono
preventivamente notificare all’Autorita’ le concentrazioni che
rientrano nella competenza della medesima, unitamente alla proposta
di misure comportamentali idonee a prevenire il rischio di
imposizione di prezzi o altre condizioni contrattuali
ingiustificatamente gravose per i consumatori.
L’Autorita’, con propria deliberazione, adottata entro trenta
giorni dalla comunicazione, prescrive le suddette misure, con le
modificazioni ed integrazioni ritenute necessarie, fissando il
termine, non inferiore a tre anni, entro il quale le posizioni di
monopolio eventualmente determinatesi devono cessare; in caso di
inottemperanza, sono applicabili le sanzioni previste dall’art. 19
della legge n. 287 del 1990.
L’Autorita’, con provvedimento del 3 dicembre 2008: ha reso
obbligatoria la misura comportamentale con cui CAI si e’ impegnata a
garantire su tutte le rotte piena e ampia copertura del proprio
programma di fidelizzazione, salvo specifiche iniziative promozionali
relative alla commercializzazione una tantum di particolari tariffe
scontate su determinate rotte; ha integrato detta misura, con
ulteriori prescrizioni; ha stabilito che CAI deve applicare siffatte
misure per tre anni dalla data di inizio delle attivita’ della stessa
societa’, fissando al 3 dicembre 2011 la data prima della quale sara’
stabilito il successivo termine, entro il quale le posizioni di
monopolio eventualmente determinatesi a seguito dell’operazione
devono cessare, previo avvio di idoneo procedimento istruttorio.
2.5. – Sintetizzato il contenuto del provvedimento impugnato, il
rimettente espone gli argomenti a conforto del rigetto delle censure
svolte da Eurofly s.p.a. nei motivi dal secondo al sesto.
In primo luogo, approfondisce le ragioni dell’inammissibilita’
delle doglianze concernenti le condizioni asseritamente gravose per i
consumatori e dell’infondatezza della tesi diretta a contestare la
configurabilita’ del servizio di trasporto aereo come servizio
pubblico essenziale. In secondo luogo, espone diffusamente gli
argomenti a conforto dell’infondatezza della censura con la quale la
ricorrente ha dedotto che sull’operazione avrebbe dovuto pronunciarsi
la Commissione europea. In terzo luogo, svolge gli argomenti per
dimostrare l’inesistenza dell’eccepito contrasto delle norme
nazionali applicabili alla fattispecie con le disposizioni
comunitarie invocate dalla ricorrente.
2.6. – Il TAR, dopo avere sottolineato che «i motivi di
impugnativa con cui la ricorrente ha dedotto vizi propri dell’atto
sono in parte infondati ed in parte inammissibili», solleva questione
di legittimita’ costituzionale del citato art. 4, comma 4-quinquies.
A suo avviso, detta disposizione costituirebbe una
«norma-provvedimento», poiche’ concerne le operazioni di
concentrazione, effettuate entro il 30 giugno 2009, tra imprese
operanti nel settore dei servizi pubblici essenziali connesse o
contestuali o comunque previste nel programma, debitamente
autorizzato, relativo alla procedura di amministrazione straordinaria
delle grandi imprese in stato di insolvenza. Dunque, essa ha un
limitato ambito di applicazione e sarebbe stata emanata con
riferimento «alla vicenda Alitalia, tanto che il decreto in cui e’
contenuta la norma e’ comunemente noto come c.d. "decreto Alitalia"».
D’altronde, osserva il rimettente, anche l’amministrazione resistente
ha prospettato che, «con l’operazione CAI-Alitalia-AirOne», e’ «stato
salvato da sicuro e imminente collasso un sistema integrato di
trasporti pubblici, via aerea su scala nazionale» e la
controinteressata ha precisato che «le vicende sottese all’adozione
del provvedimento legislativo sono a tutti ben note […]. I rischi
di scomparsa della compagnia di bandiera e di disoccupazione di
migliaia di lavoratori hanno spinto il Governo ad intervenire con
misure drastiche che consentissero la continuita’ operativa delle
imprese incaricate dello svolgimento di servizi pubblici essenziali
entrate in crisi».
La disposizione censurata costituirebbe, quindi, una
«norma-provvedimento» che, secondo il giudice a quo, la
giurisprudenza costituzionale avrebbe ritenuto ammissibile, salvo il
rispetto della funzione giurisdizionale e del principio di
ragionevolezza e la sua sottoposizione ad uno scrutinio stretto di
costituzionalita’ in ordine a detti profili.
Il canone della ragionevolezza comporta che le disposizioni le
quali realizzano una disparita’ di trattamento devono essere valutate
all’esito di un bilanciamento dei valori in gioco. Ad avviso del
rimettente, la norma censurata stabilisce che le operazioni di
concentrazione in esame sono strumentali alla tutela di preminenti
interessi generali e, appunto per questo, sono sottratte alla
disciplina prevista dagli artt. 6 e 16 della legge n. 287 del 1990.
L’art. 16 di detta legge dispone che: le operazioni di concentrazione
indicate nell’art. 5 devono essere preventivamente comunicate
all’Autorita’, qualora il fatturato totale realizzato a livello
nazionale dall’insieme delle imprese interessate sia superiore a
determinate soglie (comma1); quando l’Autorita’ ritenga che
l’operazione di concentrazione possa essere vietata ai sensi
dell’art. 6, avvia l’istruttoria e, se non reputi cio’ necessario,
deve comunicare le proprie conclusioni alle imprese interessate ed al
Ministro dell’industria, del commercio e dell’artigianato (comma 4).
L’art. 6, comma 1, della legge n. 287 del 1990 stabilisce che
l’Autorita’ valuta se dette operazioni di concentrazione comportino
la costituzione o il rafforzamento di una posizione dominante sul
mercato nazionale, in guisa da eliminare o ridurre in modo
sostanziale e durevole la concorrenza (comma 1), e, al termine
dell’istruttoria prevista dall’art. 16, comma 4, se accerta che
l’operazione produce tali effetti, vieta la concentrazione, ovvero la
autorizza, prescrivendo le misure necessarie per impedirli (comma 2).
La norma censurata avrebbe sottratto all’Autorita’ il potere di
svolgere il controllo secondo il procedimento previsto dalla legge n.
287 del 1990, permettendole soltanto di prescrivere misure
comportamentali, escludendo il potere di vietare l’operazione e di
imporre ulteriori misure.
Secondo il rimettente, l’incidenza dell’operazione di
concentrazione sulla concorrenza risulterebbe dallo stesso
provvedimento impugnato, il quale, in primo luogo, indica che «CAI, a
seguito dell’operazione, sara’ l’unico vettore ad offrire servizi di
trasporto aereo passeggeri di linea su numerose tratte, tra cui
alcune fra le piu’ importanti in temi di trasportato, mentre sulle
altre rotte risultera’ fortemente ridotta la presenza di operatori
concorrenti, con poche eccezioni» (paragrafo 13). In secondo luogo,
pone in luce che, «considerata la situazione concorrenziale che
verra’ a determinarsi a seguito dell’operazione», si avra’ «la
creazione di un vettore che potra’ gestire una rete di collegamenti
capillare su tutto il territorio nazionale, detenendo sui singoli
collegamenti posizioni di assoluto rilievo – se non di unica offerta
– in termini di frequenze allo stato disponibili» (paragrafo 31).
Inoltre, poiche’ la norma censurata stabilisce che l’Autorita’
definisce il termine, non inferiore a tre anni, entro il quale le
posizioni di monopolio eventualmente determinatesi devono cessare,
tali posizioni sono destinate a durare almeno tre anni. Dunque, detta
norma avrebbe discriminato le imprese del settore aereo, prevedendo
un trattamento piu’ favorevole per quelle interessate alla
concentrazione, che hanno incrementato la propria posizione in
termini concorrenziali, in danno delle altre gia’ operanti nel
settore, o che, in prospettiva, potrebbero operarvi.
Ad avviso del giudice a quo, siffatta discriminazione non sarebbe
ragionevole, con conseguente violazione dell’art. 3 Cost. e del
principio della liberta’ di concorrenza, che costituisce una delle
espressioni della liberta’ di iniziativa economica privata, non
avendo la norma censurata neppure dato conto degli interessi che
mirerebbe a garantire e che, all’interno di un bilanciamento di tutti
quelli in gioco, potrebbero giustificare la deroga del principio di
eguaglianza ed il sacrificio della liberta’ di concorrenza.
Il citato art. 4, comma 4-quinquies, indica, infatti, che le
operazioni di concentrazione in esame «rispondono a preminenti
interessi generali», senza offrire «una precisa spiegazione» al
riguardo e senza dare conto sia delle ragioni della loro prevalenza
rispetto ad altri interessi di rango costituzionale, sia
dell’impossibilita’ di conseguirli con modalita’ diverse, rispettose
dei principi di eguaglianza e di tutela della concorrenza. A questo
fine, sarebbe insufficiente la considerazione, contenuta nella
premessa del d.l. n. 134 del 2008, in ordine alla «importanza che i
servizi forniti dalle societa’ operanti nei settori dei servizi
pubblici essenziali non subiscano interruzioni». Anche tenendo conto
della rilevanza della continuita’ di tali servizi, non sarebbe,
infatti, «agevole comprendere ne’ dal testo di legge, ne’ aliunde,
perche’ tale risultato debba essere perseguito attraverso una norma
discriminatoria per gli altri operatori del settore aereo che
forniscono lo stesso servizio pubblico essenziale e lesiva del
principio di tutela della liberta’ di concorrenza».
La norma censurata violerebbe, quindi, l’art. 41 Cost., il quale
garantisce la liberta’ dell’iniziativa economica privata, una delle
cui articolazioni fondamentali sarebbe costituita dalla tutela della
concorrenza, mentre l’art. 1 della legge n. 287 del 1990 stabilisce
che le norme in questa contenute sono state emanate in attuazione di
detto parametro costituzionale, a tutela del diritto di iniziativa
economica.
Secondo il TAR, la questione di legittimita’ costituzionale
sarebbe rilevante, in quanto l’eccezione di inammissibilita’ proposta
dall’Avvocatura dello Stato e’ stata rigettata, sono stati ritenuti
in parte infondati, in parte inammissibili, i motivi del ricorso
aventi ad oggetto vizi propri del provvedimento impugnato, ed e’
stato dichiarato inammissibile il ricorso incidentale condizionato.
Pertanto, l’accoglimento della questione «si rifletterebbe
inevitabilmente sulla legittimita’ dell’impugnato provvedimento […]
che, nel prescrivere le misure comportamentali per la CAI, ha
applicato la norma» censurata, «postulando l’avvenuta realizzazione
dell’operazione di concentrazione».
Il rimettente espone, infine, le ragioni a conforto della
inammissibilita’ del ricorso incidentale condizionato proposto da
CAI.
3. – La seconda ordinanza (r.o. n. 224 del 2009) premette che,
nel giudizio principale, Meridiana s.p.a., in persona del legale
rappresentante, ha dedotto che esercita l’attivita’ di trasporto
aereo di linea in concorrenza, tra le altre, con Alitalia ed AirOne
s.p.a., chiedendo, con otto motivi, l’annullamento del provvedimento
dell’Autorita’ sopra richiamato.
3.1. – Il TAR espone che, con il primo motivo, la ricorrente ha
eccepito l’illegittimita’ di detto provvedimento, in quanto adottato
in violazione degli artt. 7 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n.
241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di
diritto di accesso ai documenti amministrativi) e degli artt. 7 e 13
del decreto del Presidente della Repubblica 30 aprile 1998, n. 217
(Regolamento recante norme in materia di procedure istruttorie di
competenza dell’Autorita’ garante della concorrenza e del mercato).
Meridiana s.p.a., con il secondo motivo, ha denunciato violazione e
falsa applicazione dell’art. 5 del regolamento di organizzazione e
funzionamento dell’attivita’ dell’Autorita’ e dei principi generali
concernenti l’attivita’ degli organi collegiali amministrativi,
nonche’ eccesso di potere.
L’ordinanza di rimessione sintetizza, infine, il contenuto dei
motivi dal terzo all’ottavo, sostanzialmente coincidenti con quelli
proposti da Eurofly s.p.a., ed espone che CAI ha proposto ricorso
incidentale condizionato, di contenuto identico a quello del giudizio
introdotto dall’ordinanza r.o. n. 223 del 2009.
3.2. – Posta questa premessa, il TAR espone gli argomenti a
conforto del rigetto dell’eccezione di inammissibilita’ del ricorso,
per difetto di legittimazione ad agire, proposta dall’Avvocatura
dello Stato (identici a quelle svolti per dichiarare infondata
l’identica eccezione proposta nel giudizio introdotto da Eurofly
s.p.a.), sintetizza la disciplina stabilita dalla norma censurata ed
il contenuto del provvedimento impugnato.
3.3. – Il giudice a quo esamina, quindi, i primi due motivi del
ricorso, ritenendoli infondati, nonche’ i motivi dal quarto
all’ottavo, rigettati con motivazione identica a quella svolta
nell’ordinanza r.o. n. 223 del 2009.
Il rimettente censura, infine, il citato art. 4, comma
4-quinquies, in riferimento ai parametri costituzionali ed ai profili
indicati dalla ordinanza r.o. n. 223 del 2009, con argomentazioni
sostanzialmente identiche a quelle svolte in quest’ultimo
provvedimento di rimessione, anche in ordine alla rilevanza della
questione ed all’inammissibilita’ del ricorso incidentale
condizionato.
4. – La terza ordinanza (r.o. n. 225 del 2009) premette che la
Federconsumatori-Federazione Nazionale di Consumatori e Utenti
(infra: Federconsumatori), in persona del legale rappresentante, ha
impugnato il citato provvedimento dell’Autorita’, articolando due
motivi di censura.
Con il primo motivo, la ricorrente ha eccepito che il
provvedimento impugnato violerebbe l’art. 3 della legge n. 241 del
1990, nonche’ gli artt. 2, 3, 41 e 117 Cost. e l’art. 81 del Trattato
CE, deducendo che l’art. 1, comma 10, del d.l. n. 134 del 2008, nel
testo risultante dalla legge di conversione n. 166 del 2008, ed
inoltre si porrebbe in contrasto con norme costituzionali e
comunitarie. Con il secondo motivo, ha eccepito l’illegittimita’
costituzionale della legge n. 166 del 2008, in riferimento agli art.
2, 3, 41 e 117 Cost., vulnerati dal «congelamento» dei poteri
dell’Autorita’.
Secondo il TAR, l’eccezione di inammissibilita’ del ricorso, per
difetto di legittimazione ad agire, proposta dall’Avvocatura dello
Stato, e’ infondata, in quanto la ricorrente, ente esponenziale dei
consumatori, e’ titolare di una posizione differenziata e
qualificata. Il citato art. 4, comma 4-quinquies, stabilisce,
infatti, che le misure comportamentali che l’Autorita’ deve
prescrivere sono preordinate a prevenire il rischio di imposizione di
prezzi o di altre condizioni contrattuali ingiustificatamente gravose
per i consumatori in conseguenza dell’operazione di concentrazione.
La ricorrente non ha proposto censure riferite a tali misure
comportamentali; nondimeno essa e’ legittimata a contestare la
concentrazione presupposta dal provvedimento impugnato, in quanto
consentita dalla norma censurata. La disciplina legislativa in
materia di concorrenza e’, infatti, stabilita anche a tutela dei
consumatori, i quali potrebbero essere pregiudicati da una ridotta
concorrenza tra le imprese del settore.
4.1. – L’ordinanza di rimessione, sintetizzati la disciplina
stabilita dalla norma impugnata ed il contenuto del provvedimento
impugnato, ne ha escluso il contrasto con l’art. 82 del Trattato CE,
ritenendo non pertinente il richiamo dell’art. 81 del medesimo.
Il rimettente dubita, invece, della legittimita’ costituzionale
del citato art. 4, comma 4-quinquies, in riferimento agli artt. 3 e
41 Cost., sotto i profili e per le ragioni esposte nell’ordinanza
r.o. n. 223 del 2009 che, sostanzialmente, riproduce.
Infine, il TAR deduce che la questione sarebbe rilevante,
premettendo che «ha respinto l’eccezione d’inammissibilita’ del
ricorso ed ha respinto le censure con cui la ricorrente ha dedotto la
violazione delle norme comunitarie», ed osservando che «l’eventuale
annullamento della detta norma di legge, pertanto, si rifletterebbe
inevitabilmente sulla legittimita’ dell’impugnato provvedimento
dell’Autorita’ […] che, nel prescrivere le misure comportamentali
per la CAI, ha applicato la norma di legge della cui
costituzionalita’ si dubita, postulando l’avvenuta realizzazione
dell’operazione di concentrazione».
5. – Nei giudizi promossi dalle ordinanze r.o. n. 223 e n. 224
del 2009 si sono costituite, con separati atti, di contenuto
sostanzialmente identico, Eurofly s.p.a., in persona del legale
rappresentante, e Meridiana s.p.a., in persona del legale
rappresentante, entrambe ricorrenti nei processi principali,
chiedendo, anche nelle memorie depositate in prossimita’ dell’udienza
pubblica, che la questione sia accolta. Eurofly s.p.a., nella
memoria, ha indicato che ha modificato la propria denominazione
sociale in Meridiana fly s.p.a.
Le parti premettono una analitica esposizione delle fasi della
privatizzazione di Alitalia-Linee Aeree Italiane s.p.a. (infra:
Alitalia), muovendo dalla pubblicazione, nel 2006, di un invito a
manifestare l’interesse all’acquisto della partecipazione dello Stato
in tale societa’, esauritosi senza successo nel 2007, sino alla
presentazione in tale anno da parte di Air France-KLM di un’offerta
di acquisto giudicata idonea, ma non andata a buon fine e ritirata il
21 aprile 2008.
Le societa’ espongono, quindi, le modalita’ del conferimento ad
Intesa San Paolo s.p.a. del ruolo di advisor, allo scopo di elaborare
un piano e di individuare i soggetti interessati all’acquisizione;
esaminano alcuni profili relativi agli asseriti rapporti della
predetta con AirOne s.p.a. e CAI ed indicano che, alla fine del mese
di luglio del 2008, l’advisor aveva presentato un programma di
acquisizione e di gestione (c.d. Piano Fenice), sostenendo che il
d.l. n. 134 del 2008 sarebbe stato emanato per rendere applicabile
nella specie l’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in
crisi e permettere al Commissario straordinario di vendere l’azienda
in tempi brevissimi, a trattativa privata, introducendo, altresi’,
una deroga ai poteri dell’Autorita’.
Le parti ripercorrono le modalita’ della sottoposizione delle
societa’ del gruppo Alitalia alla procedura di amministrazione
straordinaria, della modifica dello statuto e dell’oggetto sociale di
CAI e della formulazione da parte di quest’ultima di un’offerta di
acquisto; a loro avviso, sarebbe indubbio che essa era la «Fenice»,
che doveva emergere dalle ceneri di Alitalia. Inoltre, dette societa’
pongono in dubbio il possesso da parte del soggetto designato quale
esperto per la valutazione di mercato di Alitalia del requisito
dell’indipendenza e riassumono gli eventi successivi che, tra
l’altro, sarebbero stati caratterizzati: dal ritiro da parte di CAI
della propria offerta; dalla pubblicazione da parte del Commissario
straordinario dell’Alitalia dell’invito a presentare manifestazioni
d’interesse per l’acquisto di uno o piu’ rami d’azienda di
quest’ultima e delle imprese controllate; dalla manifestazione di
«gioia» da parte di detto Commissario, all’atto della conferma da
parte di CAI della propria offerta, in data 25 settembre 2008, per
una conclusione che evitava di «mettere a terra gli aerei» (risultato
conseguito senza che fossero state intavolate trattative con altri
potenziali acquirenti, tra questi le ricorrenti); dall’offerta
vincolante di CAI in data 31 ottobre 2008; dal deposito della perizia
sul valore dei beni e dalla offerta di acquisto di CAI sino al
perfezionamento della vendita.
5.1. – Entrambe le societa’ contestano le eccezioni di
inammissibilita’ sollevate dalle altri parti del giudizio e
dall’interveniente, osservando che CAI avrebbe svolto argomenti a
sostegno dell’inammissibilita’ della questione proposta nel diverso
giudizio introdotto da Federconsumatori.
Secondo le parti, il TAR ha dichiarato infondati tutti i motivi
dei ricorsi non concernenti l’illegittimita’ costituzionale del
citato art. 4, comma 4-quinquies, proprio allo scopo di potere
ritenere rilevante la sollevata questione. Inoltre, contestano che la
disposizione censurata conterrebbe tre norme, di diverso contenuto
precettivo, come eccepito da CAI, sostenendo che essa recherebbe,
invece, un unico precetto, avente ad oggetto l’attribuzione
all’Autorita’ del potere di stabilire misure comportamentali e la
sottrazione alla medesima del controllo previsto dalla legge n. 287
del 1990.
5.1.1. – L’eccezione di inammissibilita’ della questione,
motivata con la considerazione che il rimettente avrebbe chiesto la
pronuncia di una sentenza «sostitutiva», sarebbe infondata, poiche’
non terrebbe conto del petitum formulato dal TAR, mentre l’incidenza
della norma sullo svolgimento di un servizio pubblico essenziale
neppure potrebbe essere causa di inammissibilita’ della questione.
Del pari infondata sarebbe l’eccezione di inammissibilita’ della
questione per difetto di incidentalita’, dato che il TAR avrebbe
correttamente deciso gli altri motivi, proprio al fine di ritenere la
questione rilevante.
Meridiana fly s.p.a. e Meridiana s.p.a. contestano, infine,
l’eccezione di difetto di motivazione in ordine alla non manifesta
infondatezza della questione, argomentata con la considerazione che
il TAR non avrebbe chiarito «se, in caso positivo perche’, la
delibera dell’Autorita’ impugnata nel giudizio principale dovrebbe
essere annullata» e neppure indicato che i vizi del provvedimento
deriverebbero dalla norma censurata. A loro avviso, i rimettenti non
erano tenuti a motivare sul punto e l’inidoneita’ del provvedimento
impugnato allo scopo di garantire la concorrenza risulterebbe dalla
circostanza che esso, nell’osservanza del citato art. 4, comma
4-quinquies, stabilisce esclusivamente misure comportamentali,
irrilevanti rispetto alla tutela della concorrenza, con la
conseguenza che ogni valutazione al riguardo da parte dei rimettenti
sarebbe stata superflua. Inoltre, il TAR ha anche precisato che
l’accoglimento della questione influirebbe sull’eventuale
annullamento del provvedimento dell’Autorita’.
5.2. – Nel merito, secondo le parti, l’operazione di
concentrazione in esame avrebbe determinato un monopolio di fatto
sulle linee di navigazione aeree piu’ importanti e redditizie del
nostro Paese (in particolare, sulla tratta Roma-Linate), in danno
delle imprese concorrenti, costrette a subire il rafforzamento delle
posizioni dell’operatore dominante sulle tratte economicamente piu’
interessanti, dato che non sono stati ceduti slot, come sarebbe
accaduto, qualora fosse stata applicata la legge n. 287 del 1990.
A loro avviso, la disposizione censurata costituirebbe una
«norma-provvedimento», carattere confortato dai lavori preparatori,
dalle notizie di stampa, dalle circostanze che essa era diretta «a
consentire un’operazione concreta e specifica» e che il d.l. n. 134
del 2008 e’ stato emanato pochi giorni dopo che era maturata la
proposta della «cordata CAI», nonche’ dalla limitazione temporale che
impedirebbe di applicarla ad altri casi.
Meridiana fly s.p.a. e Meridiana s.p.a., richiamando la
giurisprudenza di questa Corte, alcuni orientamenti della dottrina, e
facendo generico riferimento alla Convenzione europea dei diritti
dell’uomo ed al Trattato dell’Unione europea, svolgono diffuse
argomentazioni per sostenere che le leggi-provvedimento, benche’ non
siano ex se illegittime, sarebbero soggette ad uno scrutinio stretto
di legittimita’ costituzionale.
Nella specie, assumerebbe rilievo la circostanza che la legge n.
287 del 1990, non solo per l’espresso richiamo dell’art. 41 Cost.,
stabilisce una disciplina essenziale a garanzia della liberta’
dell’iniziativa economica privata, e’ collocata in un quadro
regolamentato a tutela della concorrenza quale «interesse
costituzionalmente protetto» ed attribuisce all’Autorita’ il
controllo delle operazioni di concentrazione, allo scopo di
scongiurare l’eliminazione o la riduzione della concorrenza in modo
sostanziale e durevole.
5.2.1. – In relazione alle censure riferite all’art. 41 Cost.,
secondo le parti, la giurisprudenza costituzionale e la dottrina
avrebbero affermato che la tutela della concorrenza ha copertura
costituzionale, soprattutto dopo la modifica dell’art. 117 Cost. La
negativa incidenza della norma censurata sulla concorrenza sarebbe
dimostrata dalle considerazioni che con essa: e’ stata posta nel
nulla la disciplina della legge n. 287 del 1990, attuativa dell’art.
41 Cost.; e’ stata determinata una situazione di mercato in grado di
assicurare extraprofitti ad un’impresa egemone; e’ stata accreditata
una nozione di «monopolio utile», quale strumento dirigistico,
strumentale a realizzare finalita’ non chiare; sarebbe stata violata
la disciplina dell’Unione europea, dato che il regolamento 20 gennaio
2004, n. 139 (Regolamento del Consiglio relativo al controllo delle
concentrazioni tra imprese – «Regolamento comunitario sulle
concentrazioni») riconosce che le concentrazioni possono avere
effetti positivi, ma richiede l’esistenza di uno strumento specifico
in grado di garantire un controllo efficace.
Entrambe le societa’ approfondiscono le ragioni della pretesa
inidoneita’ delle misure comportamentali contenute nel provvedimento
dell’Autorita’ a garantire la tutela della concorrenza, deducendo che
non sarebbe comprensibile come la norma censurata possa tutelare
l’utilita’ sociale. In ogni caso, il legislatore avrebbe dovuto
fornire una adeguata giustificazione in ordine a detto profilo,
spettando a questa Corte «l’identificazione del fine sociale e della
riferibilita’ ad esso di programmi e controlli» (sentenze n. 196 del
1998 e n. 63 del 1991).
A loro avviso, anche ritenendo sussistenti ragioni di utilita’
sociale, questa Corte dovrebbe accertare se la norma abbia realizzato
un intervento ragionevole e proporzionato, come non sarebbe accaduto.
Infatti, pur reputando la deroga in esame preordinata a realizzare un
obiettivo di pubblico interesse, in assenza di ogni indicazione nella
disposizione censurata, non si comprenderebbe perche’, a detto fine,
sarebbe stato necessario garantire un monopolio per tre anni. Un
onere correlato al servizio pubblico puo’, inoltre, sussistere in
relazione ad alcune tratte svantaggiate (quali quelle che assicurano
i collegamenti con le isole), non a quella tra gli aeroporti di
Milano-Linate e Roma-Fiumicino. Infine, qualora l’obiettivo avuto di
mira fosse stato quello di garantire la promozione di un «campione
nazionale», in nome di preminenti interessi generali, avrebbe dovuto
essere utilizzato lo strumento dell’art. 25 della legge n. 287 del
1990, ovvero dell’art. 8, comma 2, della stessa legge.
La constatazione che la disciplina prevista da detta legge
prevede la possibilita’ di deroghe conforterebbe che l’operazione di
concentrazione in esame, in violazione degli obblighi assunti in seno
all’Unione europea, sarebbe stata preordinata a «creare un campione
nazionale, consegnandogli per tre anni» il monopolio assoluto del
mercato.
Secondo le parti, la volonta’ del legislatore di «assicurare il
"salvataggio" di Alitalia (e di AirOne) attraverso la concentrazione
proposta da CAI» non sarebbe sufficiente a far escludere la
violazione degli artt. 3 e 41 Cost. La legge n. 287 del 1990 prevede
la possibilita’ di autorizzare un’operazione di concentrazione
pregiudizievole della concorrenza, nei casi e nei modi dalla stessa
stabiliti; nondimeno, non potrebbero essere autorizzate le
concentrazioni che comportano «la eliminazione della concorrenza dal
mercato o restrizioni alla concorrenza non strettamente giustificate
dagli interessi generali». Inoltre, all’Autorita’ spetta il potere di
prescrivere le misure necessarie per ristabilire le «condizioni di
piena concorrenza entro un termine prefissato» e questo limite
costituirebbe la condizione di compatibilita’ con l’art. 41 Cost. del
potere eccezionale di autorizzare concentrazioni pregiudizievoli
della concorrenza.
A loro avviso, il potere previsto dall’art. 25 della legge n. 287
del 1990 neppure avrebbe reso ammissibile l’operazione di
concentrazione in esame e, per tale ragione, ne sarebbe stata esclusa
l’applicabilita’, in pregiudizio delle ragioni della concorrenza e
del mercato.
5.2.2. – La norma censurata avrebbe permesso la concentrazione
dei due maggiori vettori aerei nazionali, incrementandone la
posizione di dominio, in danno delle imprese concorrenti, che non
hanno avuto accesso agli slot piu’ importanti, senza alcuna
considerazione per la tutela della concorrenza ed in violazione
dell’art. 3 Cost., anche in quanto le societa’ alienate sono state
liberate dai debiti pregressi.
La lesione dei parametri costituzionali evocati dal TAR sarebbe
stata determinata dall’esigenza di salvaguardare «preminenti
interessi nazionali», che la disposizione si limita a menzionare. Il
rilievo attribuito alle vicende aziendali di Alitalia ed AirOne non
giustificherebbe la mancata considerazione dei riflessi della
concentrazione sulle aziende concorrenti e, quindi, sarebbe mancato
un corretto bilanciamento tra gli interessi della «cordata CAI» e «le
posizioni qualificate degli altri operatori». Peraltro, la
considerazione che il requisito della motivazione non concerne gli
atti legislativi non escluderebbe che detti interessi debbano essere
esplicitati e debba risultare l’avvenuto apprezzamento e
bilanciamento di tutti quelli in gioco, come non sarebbe accaduto.
In definitiva, concludono le parti, la sorte del trasporto aereo
in Italia avrebbe potuto essere salvaguardata mediante misure
rispettose della tutela del mercato e dei parametri costituzionali
evocati dai rimettenti, anche dando applicazione all’art. 25 della
legge n. 287 del 1990.
6. – Nei tre giudizi si e’ costituita CAI, in persona del legale
rappresentante, parte dei processi principali, chiedendo, con
argomentazioni sostanzialmente identiche nei distinti atti di
costituzione e nelle memorie depositate in prossimita’ dell’udienza
pubblica, che la questione sia dichiarata manifestamente
inammissibile e, comunque, manifestamente infondata.
6.1. – La parte sintetizza anzitutto le vicende di Alitalia sino
alle date di ammissione alla procedura di amministrazione
straordinaria e di dichiarazione dello stato di insolvenza, la
modalita’ della proposta di acquisto di alcuni beni e rapporti
giuridici, le linee essenziali del progetto industriale alla base di
tale acquisto ed il contenuto del provvedimento impugnato nei giudizi
principali. Posta questa premessa, CAI deduce che il TAR avrebbe
«sbrigativamente» rigettato un’eccezione di inammissibilita’, con la
quale era stato contestato l’interesse di Federconsumatori a
censurare l’atto impugnato (la deduzione e’ svolta anche negli atti
riguardanti i giudizi non introdotti da quest’ultima parte). Il
rimettente ha, infatti, affermato che il citato art. 4, comma
4-quinquies, dispone che «le misure comportamentali sono preordinate
alla tutela dei consumatori» ed ha precisato che Federconsumatori, in
relazione a queste, «non ha proposto alcuna censura», ritenendola,
tuttavia, legittimata ad agire in giudizio.
Secondo CAI, il giudice a quo non si sarebbe avveduto che
l’interesse che avrebbe potuto legittimare Federconsumatori sarebbe
stato soltanto quello dei consumatori e che la ricorrente non ha
censurato le misure comportamentali. L’operazione di concentrazione
costituiva un dato di mero fatto e avrebbe potuto avere giuridico
rilievo, in relazione all’interesse a ricorrere, soltanto qualora
Federconsumatori avesse dedotto che nessuna misura comportamentale
avrebbe potuto evitare il rischio di pregiudizi da parte dei
consumatori, non essendo identificabile un astratto interesse di
questi ultimi a contestare direttamente l’operazione di
concentrazione. Le uniche norme di interesse della ricorrente
sarebbero, quindi, quelle a tutela dei consumatori e la questione di
costituzionalita’ concernente la norma relativa all’an della
concentrazione sarebbe irrilevante. Siffatta conclusione si
imporrebbe anche in quanto Federconsumatori, nel giudizio principale,
avrebbe contestato l’operazione di concentrazione, proponendo un
ricorso direttamente rivolto contro le norme di legge che
l’autorizzavano.
Nelle memorie, CAI ha insistito nella deduzione, svolta in tutti
i giudizi, secondo la quale, la questione e’ stata sollevata dopo il
rigetto di tutti gli altri motivi e, quindi, costituirebbe l’unico
oggetto dei processi principali, con conseguente carenza del
requisito dell’incidentalita’, risultando le fattispecie identiche a
quella decisa dalla sentenza n. 38 del 2009, della quale riporta ampi
brani.
6.1.1. – Secondo la parte, la questione sarebbe, altresi’,
inammissibile per difetto di motivazione sulla rilevanza, in
considerazione sia del rigetto di tutti i motivi dei ricorsi, sia del
fatto che l’eventuale annullamento della norma censurata «si
rifletterebbe inevitabilmente sulla legittimita’» del provvedimento
impugnato.
A suo avviso, «la facoltizzazione dell’operazione di
integrazione» rinverrebbe fondamento anche in norme ulteriori e la
disposizione che i rimettenti dovrebbero applicare non coinciderebbe
con quella censurata. Pertanto, nei giudizi principali «si discute di
una norma diversa» da quest’ultima, come sarebbe dimostrato dal fatto
che lo stesso TAR, «non sapendo come qualificare il rapporto tra la
norma censurata e il giudizio a quo, opina che quella norma sia stata
"postulata" (in una con l’operazione di integrazione) dal
provvedimento» impugnato, prefigurando una relazione insufficiente ai
fini della rilevanza della questione.
Nelle memorie CAI ha insistito in tale eccezione, deducendo che i
rimettenti non si sarebbero avveduti che il citato art. 4, comma
4-quinquies, conterrebbe una pluralita’ di norme e non avrebbero
precisato quale di essa hanno inteso censurare.
6.1.2. – Secondo la parte, la questione sarebbe inammissibile
anche in quanto i rimettenti avrebbero chiesto una pronuncia di tipo
sostitutivo, deducendo che la norma censurata non «spiegherebbe»
quale sia l’interesse costituzionalmente rilevante perseguito,
ritenendo a questo fine insufficiente l’indicazione, contenuta nella
premessa del d.l. n. 134 del 2008, in ordine all’esigenza di evitare
l’interruzione dei servizi forniti dalle societa’ operanti nei
settori dei servizi pubblici essenziali, e prospettando che neppure
sarebbe comprensibile la ragione del conseguimento di un tale
risultato mediante una disposizione discriminatoria delle imprese
concorrenti.
A suo avviso, il TAR sarebbe incorso in una palese
contraddittorieta’: da un lato, avrebbe riconosciuto la pregevolezza
del fine perseguito (la continuita’ dei servizi pubblici essenziali);
dall’altro, avrebbe negato «che il legislatore ne abbia spiegato la
sostanza». Indipendentemente da ogni considerazione in ordine alla
configurabilita’ dell’obbligo della motivazione di un atto
legislativo, sarebbe chiaro che i rimettenti non avrebbero censurato
1’an del perseguimento di un fine da essi stessi giudicato pregevole,
ma il quomodo, richiedendo in tal modo una pronuncia additiva o
sostitutiva, senza indicare il contenuto dell’auspicata sostituzione
e senza dimostrare che quella chiesta e’ una soluzione
costituzionalmente obbligata.
Ritenendo, invece, che il TAR abbia chiesto una pronuncia
demolitoria, la questione sarebbe egualmente inammissibile, poiche’
il suo eventuale accoglimento comprometterebbe l’interesse generale
alla continuita’ dei servizi essenziali, evidenziato dagli stessi
giudici a quibus.
6.2. – Nel merito, CAI contesta il carattere di
«norma-provvedimento» della disposizione censurata, che i rimettenti
hanno desunto dalla circostanza che il decreto-legge nel quale e’
inserita sarebbe «comunemente noto» come «decreto Alitalia», senza
avvedersi che le acquisizioni del linguaggio giornalistico non
possono essere recepite, «acriticamente, dall’operatore del diritto».
Siffatta disposizione riguarda, invece, tutte, indistintamente,
le «imprese operanti nel settore dei servizi pubblici essenziali»,
quindi, recherebbe una norma generale ed astratta, non rilevando, in
contrario, che concerne solo dette imprese, essendo sufficiente la
sua riferibilita’ a tutte le fattispecie connotate da determinate
caratteristiche oggettive o soggettive, mentre la occasio legis non
influirebbe sulla ratio legis. Peraltro, la norma non avrebbe
autorizzato ex lege una concentrazione, ma si sarebbe limitata a
disciplinare i poteri dell’Autorita’ in modo diverso da quello
ordinariamente previsto dalla legge n. 287 del 1990; gli effetti
contestati sarebbero stati prodotti dalla «intermediazione del
provvedimento amministrativo», tant’e’ «che la stessa Alitalia-Cai ha
avuto modo di dolersi innanzi al giudice amministrativo delle
concrete misure adottate».
Secondo la parte, in un momento di grave crisi
economico-finanziaria, il legislatore, nell’esercizio della propria
discrezionalita’, ragionevolmente apprezzando il pubblico interesse,
avrebbe stabilito per determinate operazioni di concentrazione,
coinvolgenti rilevanti compendi industriali ed occupazionali, una
disciplina in parte differente da quella prevista dalla legge n. 287
del 1990, senza fare venire meno l’intermediazione del procedimento e
del provvedimento amministrativo.
Il riferimento ai lavori parlamentari sarebbe inconferente ed
erroneo, poiche’ essi evidenzierebbero il carattere generale ed
astratto della norma (sono richiamati gli interventi di alcuni
senatori e le dichiarazioni del Ministro dello sviluppo economico
rese nel corso dei lavori congiunti delle Commissioni VIII e X° del
Senato, nella seduta del 23 settembre 2008), dimostrando che «la
vicenda di Alitalia e’ soltanto una tra le realta’ interessate dalla
regolamentazione in esame», al punto che nel corso dei lavori
preparatori sarebbe stata stigmatizzata «la pericolosita’ di un
provvedimento del genere che pur essendo stato concepito per
l’Alitalia, ha un carattere generale» (intervento del senatore Teresa
Armato).
6.3. – Ad avviso di CAI, secondo la giurisprudenza
costituzionale, il legislatore ordinario puo’ emanare
«norme-provvedimento», soggette ad uno scrutinio stretto di
costituzionalita’; quindi, qualora fosse fondata la tesi del TAR,
occorrerebbe identificare le «particolari situazioni di interesse
generale» che giustificano la norma e che, ad avviso dei rimettenti,
non risulterebbero indicate.
Quest’ultima conclusione sarebbe, da un canto, erronea, in quanto
le ordinanze di rimessione hanno evocato un inesistente principio di
motivazione degli atti legislativi; dall’altra, sarebbe viziata da
contraddittorieta’, poiche’ lo stesso TAR ha riconosciuto
«l’oggettiva ed assoluta rilevanza della continuita’ dei servizi
pubblici essenziali» e, quindi, non si comprenderebbe perche’ questa
ragione sia inidonea ad integrare l’interesse generale di cui e’
stata eccepita la carenza.
L’interpretazione della norma censurata fornita dalle ricorrenti
nei giudizi principali, secondo la quale essa avrebbe inteso
garantire la «continuita’ dei gruppi Alitalia-AirOne», non considera
che l’esigenza tutelata e’ stata quella di assicurare lo svolgimento
di servizi pubblici essenziali. In ogni caso, i rimettenti non
avrebbero considerato che l’intervento del legislatore ordinario
sarebbe stato reso necessario dalla grave situazione economica,
suffragata dai rilievi svolti dalla Banca d’Italia, contenuti nel
bollettino del 15 aprile 2008, n. 52, in ordine alla crisi
dell’economia mondiale, in generale, e dell’Italia, in particolare,
divenuti piu’ allarmanti nelle considerazioni svolte nel bollettino
del 15 luglio 2008, n. 53, confortate dai risultati della Relazione
generale sulla situazione economica del Paese nel 2008 del Ministero
dell’economia e delle finanze, presentata ai sensi dell’articolo
unico della legge 21 agosto 1949, n. 639 (Relazione annua al
Parlamento sulla situazione economica del paese), nonche’ dal
rapporto annuale dell’Istat per il 2008.
In presenza di univoci indici di una grave crisi
economico-finanziaria, l’intervento del legislatore ordinario sarebbe
stato giustificato dall’esigenza di permettere operazioni strumentali
a garantire la salvaguardia ed il rilancio di compendi industriali ed
occupazionali strategici per il Paese, anche mediante un adattamento
della disciplina ordinaria delle concentrazioni, nell’osservanza dei
principi di ragionevolezza e proporzionalita’.
Secondo CAI, il TAR avrebbe erroneamente prospettato il difetto
di un ragionevole bilanciamento degli interessi in gioco, dato che:
in primo luogo, non avrebbe indicato quale avrebbe dovuto essere
siffatto bilanciamento, cio’ che evidenzierebbe una ulteriore ragione
di inammissibilita’ della questione; in secondo luogo, avrebbe
contraddittoriamente eccepito il difetto di tale corretto
bilanciamento e l’inesistenza di un interesse di rango costituzionale
tutelato dalla norma in esame.
Ad avviso della parte, il citato art. 4, comma 4-quinquies,
avrebbe, invece, realizzato un ragionevole bilanciamento, in quanto:
la procedura a trattativa privata non avrebbe escluso nessun
acquirente in possesso dei requisiti di legge; la deroga e’ stata
temporalmente limitata sino al 30 giugno 2009, in coincidenza con la
fase prevedibilmente piu’ acuta della crisi finanziaria ed economica;
la disciplina ordinaria e’ stata mantenuta ferma in riferimento alle
intese ed agli abusi di posizione dominante (artt. 2 e 3 della legge
n. 287 del 1990) ed alle norme comunitarie. Peraltro, la disciplina
censurata avrebbe una limitata incidenza, alla luce della transitoria
sospensione dei soli rimedi strutturali, per tre anni, e del potere
dell’Autorita’ di stabilire le misure comportamentali idonee a
garantire la tutela dell’interesse dei consumatori. Non si
tratterebbe, dunque, di una vera "deroga" della disciplina antitrust,
ma di mera sospensione transitoria delle misure strutturali, per
permettere operazioni di consolidamento industriale, concernenti la
salvaguardia ed il rilancio di cespiti strategici.
Secondo la parte, questa valutazione sarebbe confortata dal
contenuto del provvedimento impugnato nel giudizio principale, che ha
integrato le misure comportamentali proposte dalla notificante, ha
previsto una misura sostanzialmente strutturale (il cospicuo
riposizionamento di 50 slot dalla rotta Linate-Fiumicino, con
possibile apertura di spazi a soggetti terzi), ha prescritto congrue
misure a tutela dei consumatori. Inoltre, le misure comportamentali
neppure incidono sul potere dell’Autorita’ di reprimere gli abusi di
posizione dominante e le intese anticompetitive; comunque, decorsi
tre anni, l’Autorita’ si e’ riservata di intervenire, in termini
strutturali, sulle posizioni di monopolio ancora eventualmente
esistenti.
Il TAR ha, infine, ritenuto infondate le censure dirette a
prospettare un contrasto della norma censurata con il diritto
comunitario, escluso anche dalla Commissione europea, e cio’
confermerebbe che la disciplina in esame avrebbe realizzato un
parziale e limitato adattamento del regime nazionale di controllo
delle concentrazioni, riconducibile alle legittime prerogative del
legislatore nazionale. Inoltre, le ordinanze di rimessione avrebbero
erroneamente assunto la legge n. 287 del 1990 quale parametro
costituzionale interposto, senza considerare che le soluzioni
realizzate da detta legge non sono costituzionalmente vincolate e che
la norma censurata e’ giustificata da una specifica contingenza
economica ed ha natura transitoria.
6.4. – Ad avviso della parte, l’art. 3 Cost. sarebbe stato
evocato in modo oscuro e incerto, con modalita’ che evidenzierebbero
l’inammissibilita’ della questione per insufficiente motivazione in
ordine alla non manifesta infondatezza; comunque, il TAR non avrebbe
chiarito in cosa si sostanzierebbe la disparita’ di trattamento in
danno delle imprese concorrenti, emergendo in tal modo l’infondatezza
della censura riferita all’art. 3 Cost. Infine, secondo CAI,
assumerebbe rilievo che la deroga della disciplina a tutela della
concorrenza, in presenza di interessi pubblici rilevanti, e’ prevista
anche in altri ordinamenti (ad esempio, in Germania), ed e’
contemplata dalla stessa legge n. 287 del 1990. Il richiamo operato
dalle ricorrenti al pregiudizio dell’affidamento degli altri
operatori del settore sarebbe irrilevante, sia perche’ l’argomento
non e’ stato svolto dai rimettenti, sia perche’ la pretesa al
mantenimento delle regole preesistenti non costituirebbe un
affidamento tutelabile. Da ultimo, il TAR, nel prospettare il
pregiudizio in danno dei consumatori, avrebbe del tutto trascurato la
previsione delle misure comportamentali contenuta nel citato art. 4,
comma 4-quinquies.
7. – Nei primi due giudizi si e’ costituito il Commissario
straordinario di Alitalia-Linee Aeree Italiane s.p.a., in
amministrazione straordinaria (di seguito, Commissario), intervenuto
anche nel terzo, chiedendo, nei distinti atti, che la questione sia
dichiarata manifestamente inammissibile o manifestamente infondata,
sviluppando gli argomenti a conforto di detta conclusione nelle
memorie, di contenuto in larga misura coincidente, depositate in
prossimita’ dell’udienza pubblica.
7.1. – Il Commissario eccepisce l’inammissibilita’ della
questione, per difetto del requisito dell’incidentalita’, osservando
che il TAR ha ritenuto infondati tutti i motivi dei ricorsi
principali, dichiarando inammissibile il ricorso incidentale
condizionato (proposto nei primi due giudizi), con la conseguenza che
i processi principali hanno quale unico, residuo petitum la questione
di costituzionalita’, che sarebbe, quindi, inammissibile,
configurandosi detti giudizi come una sorta di impugnazione diretta
della legge.
I rimettenti hanno, inoltre, dedotto che l’accoglimento della
questione influirebbe sulla legittimita’ del provvedimento impugnato,
che «ha applicato la norma di legge della cui costituzionalita’ si
dubita, postulando l’avvenuta realizzazione dell’operazione di
concentrazione», con argomentazione inidonea a giustificare la
rilevanza della questione. Non sarebbe, infatti, comprensibile come
l’eventuale accoglimento della questione possa influire sul
provvedimento impugnato, avente ad oggetto le misure comportamentali
finalizzate alla tutela dei consumatori, con conseguente difetto di
motivazione in ordine al nesso di pregiudizialita’ tra processo
principale e giudizio di legittimita’ costituzionale.
Sotto un ulteriore profilo, la questione sarebbe inammissibile,
in quanto il TAR non avrebbe adempiuto l’onere di sperimentare
un’interpretazione adeguatrice della norma censurata e, comunque,
avrebbe evocato gli artt. 3 e 41 Cost. in modo confuso ed eterogeneo,
senza chiarire in cosa consisterebbe l’eccepita disparita’ di
trattamento e per quale ragione gli imprenditori concorrenti
sarebbero stati discriminati.
7.2. – Nel merito, secondo il Commissario, il citato art. 4,
comma 4-quinquies, non costituirebbe una «norma-provvedimento», ma
disciplinerebbe una fattispecie generale ed astratta, configurazione
non esclusa dalla circostanza che e’ stata applicata in un solo caso.
La disposizione recherebbe una norma «di portata generale la cui
ratio deve essere individuata nella volonta’ del legislatore di
procedere alla risoluzione della crisi attraversata da alcuni grandi
gruppi industriali operanti nei settori dei servizi pubblici
essenziali, e cio’ nel rispetto delle esigenze dei risparmiatori e
dei lavoratori e favorendo altresi’ il rilancio delle realta’
aziendali interessate attraverso il contemperamento di tutti gli
interessi pubblici coinvolti».
Il TAR, con motivazione contraddittoria, ha affermato che la
norma da’ conto della rilevanza della continuita’ dei servizi
pubblici essenziali, ma non avrebbe chiarito quali siano i preminenti
interessi generali che, all’esito del bilanciamento dei valori in
gioco, potrebbero «giustificare la deroga operata al principio
costituzionale della par condicio ed al valore costituzionalmente
rilevante della liberta’ di concorrenza».
Ad avviso del Commissario, la considerazione che la norma ha
modificato il d.l. n. 347 del 2003, concernente l’amministrazione
straordinaria applicabile alle grandi imprese con almeno cinquecento
dipendenti, dimostrerebbe, da sola, l’intento di salvaguardare
numerosi posti di lavoro. Il legislatore ordinario, nell’osservanza
dei canoni di ragionevolezza e proporzionalita’, avrebbe stabilito
una disciplina volta ad evitare la disgregazione di grandi gruppi
industriali (strategici per il nostro sistema paese), salvaguardando
il livello occupazionale, in coincidenza con la fase grave della
crisi finanziaria globale. La mancata realizzazione di tale
intervento avrebbe determinato una situazione gravissima dal punto di
vista occupazionale e la disgregazione di assets industriali
fondamentali per il sistema economico del Paese.
La deroga stabilita dalla norma sarebbe stata strumentale
rispetto allo scopo di garantire la continuita’ del servizio pubblico
del trasporto aereo ad opera di un vettore in grado di svolgerlo in
modo completo e libero da esigenze di vario genere, che ne avrebbero
potuto condizionare l’esercizio. Nell’eventualita’ che il servizio
pubblico essenziale di trasporto aereo fosse stato svolto da una
serie di piccoli vettori, ciascuno soggetto a proprie e specifiche
esigenze e scelte di politica industriale, alcune rotte,
economicamente non convenienti, avrebbero, infatti, potuto essere
cancellate ed il costo dei relativi biglietti avrebbe potuto
lievitare, in danno dei consumatori.
La ragionevolezza e la proporzionalita’ della disciplina
censurata sarebbero confortate dalla considerazione che la deroga non
si pone in contrasto con le norme comunitarie, e’ temporalmente
limitata e concerne le sole concentrazioni realizzate entro il 30
giugno 2009, e cioe’ e’ stata prevista per un tempo limitato,
coincidente con la fase piu’ acuta della recente crisi economica,
cosi’ da fare escludere che la concorrenza sia stata pregiudicata in
modo sostanziale e durevole. D’altronde, la disciplina in esame, al
fine di garantire la tutela dei consumatori, prevede il potere
dell’Autorita’ di stabilire idonee misure comportamentali, mantenendo
«inalterati i rimedi volti a evitare un vulnus alla ratio della
medesima norma derogata» e la Commissione europea avrebbe ritenuto
che essa non viola i principi ispiratori ed i valori essenziali di
riferimento del sistema comunitario antitrust. Infine, conclude il
Commissario, sarebbe irrilevante la mancata, espressa indicazione
della ragioni della norma, in difetto di un obbligo di motivazione
degli atti legislativi.
8. – In tutti e tre i giudizi e’ intervenuto il Presidente del
Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura
generale dello Stato, chiedendo, negli atti di intervento e nelle
memorie depositate in prossimita’ dell’udienza pubblica, che la
questione sia dichiarata inammissibile, ovvero manifestamente
infondata.
8.1. – L’interveniente, nei distinti atti depositati in relazione
ai tre giudizi, di contenuto sostanzialmente identico, eccepisce
l’inammissibilita’ della questione, per difetto di motivazione sulla
rilevanza, ritenendo insufficiente l’indicazione contenuta nelle
ordinanze di rimessione, secondo la quale l’accoglimento della
questione comporterebbe l’annullamento del provvedimento impugnato. A
suo avviso, il TAR avrebbe dovuto dimostrare che, in difetto della
norma censurata, la concentrazione, valutata secondo il procedimento
previsto dalla legge n. 287 del 1990, non avrebbe superato il
controllo da questa previsto e sarebbe stata vietata.
I rimettenti non avrebbero, inoltre, considerato che la
concentrazione «ha modificato la titolarita’ soggettiva» degli slot,
«ma non ne ha accresciuto il numero, e quindi non ha inciso sugli
equilibri di mercato; la posizione concorrenziale degli operatori
"minori", quali le ricorrenti Meridiana ed Eurofly, e’ rimasta
immutata, perche’ non e’ diminuito il numero dei loro diritti di volo
sulle medesime tratte» e le predette neppure hanno «dedotto che
l’incremento globale di fatturato», conseguente alla concentrazione,
e’ tale da permettere economie di scala in grado di consentire
«riduzioni tariffarie irraggiungibili dai ricorrenti». La
concentrazione non sarebbe stata, infine, resa possibile dal citato
art. 4, comma 4-quinquies, ma dalla procedura di vendita prevista dal
comma 4-quater di tale norma, quindi la questione sarebbe stata «mal
posta».
8.2. – Nel merito, secondo l’interveniente, l’applicabilita’
della norma censurata a tutte le «imprese di cui all’articolo 2,
comma 2, secondo periodo», ne escluderebbe il carattere di
«norma-provvedimento», non rilevando, in contrario, la limitazione
temporale alle operazioni effettuate entro il 30 giugno 2009,
introdotta per «rendere l’intervento normativo strettamente limitato
alle necessita’ della particolare situazione economica in atto al
momento della sua adozione e, quindi, proporzionato» a tale scopo.
D’altronde, la legge di conversione e’ stata pubblicata il 27 ottobre
2008 ed a tale data non sarebbe stato possibile individuare le
operazioni di concentrazione concluse entro il 30 giugno 2009. In
ogni caso, il TAR avrebbe inesattamente sostenuto che la norma
censurata doveva contenere una specifica motivazione a conforto della
disciplina dalla stessa stabilita, dato che gli interessi tutelati e
la ratio della disposizione vanno desunti dalla disciplina, anche
attraverso l’interpretazione sistematica.
In riferimento alla censura di violazione del principio di
eguaglianza, la considerazione che la norma in esame riguarda
soltanto le grandi imprese, le quali svolgono servizi pubblici
essenziali, e sono in amministrazione straordinaria, renderebbe
palese che il legislatore ordinario poteva stabilire una disciplina
speciale per un determinato settore, ferma l’osservanza del principio
di ragionevolezza, che non sarebbe stato leso.
Secondo l’Avvocatura generale dello Stato, l’art. 25 della legge
n. 287 del 1990 consentirebbe particolari operazioni di
concentrazione e, nella specie, e’ stato «soltanto disposto per
legge, con efficacia temporalmente limitata a circa 10 mesi, che le
concentrazioni interessanti le imprese di servizi pubblici essenziali
in amministrazione straordinaria "rispondono a preminenti interessi
generali"». Peraltro, deroghe analoghe a quella in esame sarebbero
previste anche dalle norme comunitarie (art. 21, paragrafo 4, del
Regolamento CE n. 139 del 2004), quindi, sarebbero possibili da parte
degli Stati membri dell’Unione europea.
Il citato art. 4, comma 4-quinquies, neanche esclude ogni
controllo dell’Autorita’ ed avrebbe disciplinato un’autorizzazione
che puo’ contenere misure comportamentali, anche molto penetranti,
mantenendo fermo il potere di detta Autorita’, decorso un termine
dilatorio, di disporre misure strutturali, per eliminare eventuali
situazioni di monopolio. Inoltre, costituirebbe una mera illazione
del TAR la considerazione che il decorso di detto termine renderebbe
intangibili le eventuali posizioni di monopolio determinate dalla
norma in questione.
Ad avviso dell’Avvocatura generale dello Stato, la disciplina in
esame sarebbe in armonia con le norme di settore e con le
disposizioni comunitarie ed avrebbe introdotto una regolamentazione
specifica per un settore peculiare in un periodo di crisi economica
mondiale, per garantire la continuita’ dei servizi pubblici
essenziali, a tutela dei diritti fondamentali dei cittadini.
In ordine alla censura riferita all’art. 41 Cost., secondo
l’interveniente, nei settori dei servizi pubblici essenziali esistono
situazioni di posizione dominante che le concentrazioni possono
rafforzare, e cio’ sarebbe presupposto dalla norma censurata, la
quale, altrimenti, sarebbe del tutto superflua; nondimeno, tale
constatazione non potrebbe «costituire di per se’ un motivo di
illegittimita’ costituzionale».
Il TAR non avrebbe, inoltre, esplicitato le ragioni
dell’inadeguatezza delle misure comportamentali prescritte
dall’Autorita’, ne’ chiarito «se, e in caso positivo perche’, ritiene
che la delibera dell’Autorita’ impugnata nel giudizio principale
dovrebbe essere annullata», omettendo anche di indicare quali siano
gli ipotetici vizi del provvedimento, con conseguente irrilevanza
della questione. L’errore che vizierebbe la tesi dei rimettenti
risiederebbe nella configurazione della disciplina degli artt. 5, 6 e
16 della legge n. 287 del 1990 come l’unica in grado di attuare e
tutelare la concorrenza. Ed invece, conclude l’interveniente, la
disciplina comunitaria dimostrerebbe l’esigenza di bilanciare i
differenti interessi in gioco, non sussistendo neppure il divieto di
rafforzare le posizioni dominanti attraverso le concentrazioni, in
quanto e’ vietato soltanto che i soggetti titolari di una tale
posizione operino «in modo da eliminare o ridurre in modo sostanziale
e durevole la concorrenza» (art. 6, comma 1, della legge n. 287 del
1990; art. 2, paragrafo 3, del Regolamento CE n. 139 del 2004).
9. – All’udienza pubblica le parti e l’interveniente hanno
insistito per l’accoglimento delle conclusioni svolte negli atti
difensivi.

Considerato in diritto

1. – Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, con tre
ordinanze, emesse nel corso di altrettanti giudizi, ha sollevato, in
riferimento agli articoli 3 e 41 della Costituzione, questione di
legittimita’ costituzionale dell’articolo 1, comma 10, del
decreto-legge 28 agosto 2008, n. 134 (Disposizioni urgenti in materia
di ristrutturazione di grandi imprese in crisi), convertito, con
modificazioni, dalla legge 27 ottobre 2008, n. 166, nella parte in
cui ha introdotto il comma 4-quinquies nell’articolo 4 del
decreto-legge 23 dicembre 2003, n. 347 (Misure urgenti per la
ristrutturazione industriale di grandi imprese in stato di
insolvenza), convertito, con modificazioni, dalla legge 18 febbraio
2004, n. 39 (recte: ha sollevato questione di legittimita’
costituzionale dell’art. 4, comma 4-quinquies, del decreto-legge n.
347 del 2003, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 39 del
2004, introdotto dall’art. 1, comma 10, del decreto-legge. n. 134 del
2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 166 del 2008).
1.1. – Il citato art. 4, comma 4-quinquies, stabilisce che le
operazioni di concentrazione concluse dalle imprese sottoposte ad
amministrazione straordinaria, che operano nel settore dei servizi
pubblici essenziali, connesse o contestuali o comunque previste nel
programma debitamente autorizzato, ai sensi dell’art. 4, comma 2, del
d.l. n. 347 del 2003, convertito dalla legge n. 39 del 2004, ovvero
nel provvedimento di autorizzazione di cui all’art. 5, comma 1, di
detto decreto-legge, rispondono a preminenti interessi generali e
sono escluse dalla necessita’ dell’autorizzazione di cui alla legge
10 ottobre 1990, n. 287 (Norme per la tutela della concorrenza e del
mercato), fermo quanto previsto dagli articoli 2 e 3 della stessa
legge.
La norma dispone, inoltre, che, fatto salvo quanto previsto dalla
normativa comunitaria, qualora dette operazioni di concentrazione
rientrino nella competenza dell’Autorita’ garante della concorrenza e
del mercato (d’ora in poi, Autorita’), le parti sono, comunque,
tenute a notificarle preventivamente a questa, unitamente alla
proposta di misure comportamentali idonee a prevenire il rischio di
imposizione di prezzi o altre condizioni contrattuali
ingiustificatamente gravose per i consumatori in conseguenza
dell’operazione. L’Autorita’, con propria deliberazione adottata
entro trenta giorni dalla comunicazione dell’operazione, prescrive le
suddette misure, con le modificazioni ed integrazioni ritenute
necessarie, fissando il termine, comunque non inferiore a tre anni,
entro il quale le posizioni di monopolio eventualmente determinatesi
devono cessare.
La disposizione prevede, infine, che, in caso di inottemperanza,
si applicano le sanzioni di cui all’articolo 19 della legge n. 287
del 1990 e che essa e’ riferibile alle operazioni di concentrazione
effettuate entro il 30 giugno 2009.
1.2. – Le ordinanze, con argomentazioni in larga misura
coincidenti, premettono che il citato art. 4, comma 4-quinquies,
costituirebbe una «norma-provvedimento», come tale soggetta ad uno
scrutinio stretto di costituzionalita’, in relazione ai principi di
ragionevolezza e non arbitrarieta’.
Secondo i rimettenti, la disposizione violerebbe siffatti
principi, ponendosi in contrasto con gli artt. 3 e 41 Cost., in
quanto avrebbe introdotto, per l’operazione di concentrazione oggetto
dei giudizi principali, una deroga del procedimento di controllo
stabilito dalla legge n. 287 del 1990, che sarebbe irragionevole,
perche’ non coerente con la disciplina della concorrenza stabilita
dall’art. 41 Cost., e lesiva della liberta’ di concorrenza e della
parita’ di trattamento tra imprese concorrenti. La norma avrebbe,
infatti, reso possibile che un «unico vettore» offra «servizi di
trasporto aereo passeggeri di linea su numerose tratte», consentendo
una forte riduzione su altre della «presenza di operatori
concorrenti, con poche eccezioni» e permettendo che un unico vettore
possa «gestire una rete di collegamenti capillare su tutto il
territorio nazionale, detenendo sui singoli collegamenti posizioni di
assoluto rilievo».
Siffatti parametri sarebbero vulnerati anche in quanto la
posizione di monopolio eventualmente determinata dalla concentrazione
e’ destinata a durare per almeno tre anni, in danno delle imprese
concorrenti, senza che siano stati esplicitati gli interessi che la
norma mira a realizzare. A questo fine sarebbero, infatti,
insufficienti l’indicazione che le operazioni di concentrazione
oggetto della disposizione «rispondono a preminenti interessi
generali» e la considerazione, contenuta nella premessa del
decreto-legge n. 134 del 2008, in ordine alla «importanza che i
servizi forniti dalle societa’ operanti nei settori dei servizi
pubblici essenziali non subiscano interruzioni», in mancanza di
chiarimenti sulle ragioni dell’impossibilita’ di tutelare detti
interessi con modalita’ diverse, rispettose dei principi di
eguaglianza e di tutela della concorrenza.
Il TAR richiama, quindi, la regolamentazione stabilita dalla
legge n. 287 del 1990 quale parametro di controllo della
ragionevolezza della norma censurata, dato che la prima, sebbene si
autoqualifichi come di attuazione dell’art. 41 Cost., costituisce pur
sempre una legge ordinaria e non reca l’unica possibile disciplina
attuativa di tale parametro, con la conseguenza che la deroga della
medesima, di per se’ sola, non puo’ comportare violazione degli artt.
3 e 41 Cost.
2. – I giudizi, avendo ad oggetto la medesima norma, censurata in
riferimento agli stessi parametri costituzionali, sotto gli stessi
profili e con argomentazioni sostanzialmente coincidenti, pongono
un’identica questione di legittimita’ costituzionale e, quindi, vanno
riuniti e decisi con un’unica sentenza.
3. – Alitalia-Linee Aeree Italiane s.p.a., in amministrazione
straordinaria (di seguito, Commissario), non e’ parte del processo
principale in cui e’ stata pronunciata l’ordinanza di rimessione
iscritta nel r.o. n. 225 del 2009, in quanto non e’ stata in esso
convenuta, ne’ vi ha spiegato intervento. Pertanto, l’intervento di
tale societa’, in persona del Commissario straordinario, nel giudizio
di legittimita’ costituzionale introdotto da detta ordinanza e’
inammissibile, dato che, secondo la costante giurisprudenza di questa
Corte, in linea generale, possono partecipare al medesimo (oltre al
Presidente del Consiglio dei ministri e, nel caso di legge regionale,
al Presidente della Giunta regionale) solo le parti del giudizio
principale (sentenze n. 47 del 2008 e n. 314 del 2007).
La costituzione di detta societa’ nei giudizi introdotti dalle
ordinanze r.o. n. 223 e n. 224 del 2009 e’, invece, ammissibile, in
quanto, sebbene non costituita nei processi principali, in questi e’
soggetto controinteressato, poiche’ il ricorso dinanzi al Tribunale
amministrativo rimettente e’ stato proposto anche nei suoi confronti.
Secondo la giurisprudenza costituzionale, sono infatti «parti in
causa», cui va notificata l’ordinanza di rimessione, «tutti i
soggetti fra i quali e’ in corso il giudizio principale», «restando
ininfluente se la parte si sia costituita» (v. ordinanze n. 377 e n.
13 del 2006). Dunque, dovendo l’ordinanza di rimessione essere
notificata a tali «parti in causa», ai fini dell’integrazione del
contraddittorio, e’ conseguentemente ammissibile la costituzione del
Commissario in detti giudizi.
4. – In linea preliminare, devono essere esaminate le eccezioni
di inammissibilita’ delle questioni, proposte da Alitalia-Compagnia
Aerea Italiana s.p.a. (infra: CAI), dal Commissario e
dall’interveniente.
4.1. – Secondo CAI, le questioni sarebbero anzitutto
inammissibili per difetto di motivazione sulla rilevanza, in quanto
il citato art. 4, comma 4-quinquies, conterrebbe una pluralita’ di
norme ed i rimettenti non avrebbero precisato quale di esse abbiano
inteso censurare e neppure svolto argomenti per dimostrare che i
parametri costituzionali sarebbero lesi dalla norma che ha
autorizzato la concentrazione, anziche’ da quella concernente le
misure comportamentali.
Il TAR avrebbe, inoltre, ritenuto la norma in questione
«postulata» dall’Autorita’ nell’adottare il provvedimento impugnato,
evocando un’implicazione logica insufficiente ai fini della rilevanza
della questione, senza neppure considerare che l’operazione di
concentrazione in esame rinverrebbe fondamento in norme ulteriori. In
particolare, secondo l’Avvocatura generale dello Stato, detta
operazione sarebbe stata resa possibile dalla procedura di vendita
disciplinata dall’art. 4, comma 4-quater, del d.l. n. 347 del 2003,
convertito dalla legge n. 39 del 2004, quindi la questione sarebbe
stata «mal posta». Ad avviso del Commissario, i rimettenti non
avrebbero, poi, chiarito come l’eventuale dichiarazione di
illegittimita’ della norma censurata possa influire sul provvedimento
impugnato.
Secondo CAI, l’ordinanza r.o. n. 225 del 2009 ha ritenuto le
misure comportamentali oggetto del provvedimento impugnato
strumentali alla tutela dell’interesse dei consumatori e, benche’
abbia affermato che in relazione alle medesime Federconsumatori «non
ha proposto alcuna censura», avrebbe, contraddittoriamente, affermato
l’interesse della ricorrente «a mettere in discussione la
legittimita’ della stessa operazione di concentrazione». Inoltre, il
giudice a quo non avrebbe considerato che Federconsumatori poteva
agire a tutela dell’interesse dei consumatori e, tuttavia, non ha
censurato le misure comportamentali; l’operazione di concentrazione
costituiva un dato di mero fatto e avrebbe potuto avere giuridico
rilievo soltanto se la ricorrente avesse dedotto che nessuna misura
comportamentale poteva garantire detto interesse, non sussistendone
uno astratto dei consumatori a contestare direttamente tale
operazione, con conseguente irrilevanza della questione di
legittimita’ costituzionale avente ad oggetto la norma concernente
l’an della concentrazione.
L’Avvocatura generale dello Stato, ha, invece, eccepito il
difetto di motivazione sulla rilevanza, anche sostenendo che la
concentrazione «ha modificato la titolarita’ soggettiva» degli slot,
«ma non ne ha accresciuto il numero, quindi, non ha inciso sugli
equilibri di mercato». Inoltre, a suo avviso, i rimettenti avrebbero
dovuto dimostrare che la concentrazione, in difetto della norma
impugnata, non avrebbe superato il controllo esercitato ai sensi
della legge n. 287 del 1990.
Secondo CAI ed il Commissario, la questione sarebbe, infine,
inammissibile anche per difetto del requisito dell’incidentalita’,
poiche’ il rigetto delle censure concernenti i vizi propri dell’atto
impugnato e l’inammissibilita’ dei ricorsi incidentali condizionati
avrebbero comportato che unico e residuo petitum dei giudizi
principali sarebbe la questione di legittimita’ costituzionale; in
relazione a tale profilo, le fattispecie sarebbero omologhe a quella
decisa da questa Corte con la sentenza n. 38 del 2009.
4.2. – Le eccezioni non sono fondate.
Le ordinanze di rimessione r.o. n. 223 e n. 224 del 2009, con
motivazione sostanzialmente identica, hanno diffusamente esposto le
ragioni della titolarita’ da parte delle ricorrenti «di una posizione
di interesse legittimo e cioe’ di una posizione qualificata e
differenziata», osservando che ognuna e’ «concorrente delle imprese
che hanno posto in essere l’operazione di concentrazione». In
particolare, hanno chiarito perche’ tale posizione non sussista in
relazione alle misure comportamentali e sia, invece, configurabile in
riferimento alle censure concernenti «la legittimita’ della stessa
operazione di concentrazione» «presupposta dal provvedimento»,
sottolineando che la disciplina in materia di concentrazioni e’
stabilita «anche e soprattutto a tutela della liberta’ di concorrenza
tra le imprese». I rimettenti hanno, infine, osservato che una
diversa soluzione condurrebbe alla «paradossale e non accettabile
conclusione che, a fronte di un’operazione di concentrazione disposta
dalla legge in "deroga" alla normale disciplina in materia, le
imprese concorrenti sarebbero prive di ogni forma di tutela
giurisdizionale».
Secondo l’ordinanza r.o. n. 225 del 2009, la circostanza che
Federconsumatori ha messo in discussione «la legittimita’ della
stessa operazione di concentrazione», «presupposta dal
provvedimento», e’ sufficiente a far ritenere sussistente l’interesse
ad agire, poiche’ la disciplina in materia di concorrenza «e’ dettata
anche a tutela dei consumatori», non rilevando, in contrario, la
mancata formulazione di specifiche censure in ordine alle misure
comportamentali oggetto del provvedimento impugnato.
Tutti i giudici a quibus hanno, infine, avuto cura di indicare
che l’accoglimento della questione «si rifletterebbe inevitabilmente
sulla legittimita’ dell’impugnato provvedimento».
L’ampia motivazione svolta nelle ordinanze di rimessione in
ordine a detti profili ed alla rilevanza della questione rende
applicabile il principio, secondo il quale il riscontro
dell’interesse ad agire e «la verifica della legittimazione delle
parti sono rimessi alla valutazione del giudice rimettente, attenendo
entrambi alla rilevanza dell’incidente di costituzionalita’ e non
sono suscettibili di riesame ove sorretti da una motivazione non
implausibile» (sentenze n. 50 del 2007, n. 173 del 1994, n. 124 del
1968, n. 17 del 1960). Non rientra, infatti, tra i poteri di questa
Corte «quello di sindacare, in sede di ammissibilita’, la validita’
dei presupposti di esistenza del giudizio a quo, a meno che questi
non risultino manifestamente e incontrovertibilmente carenti»
(sentenza n. 62 del 1992) ed essendo sufficiente che, come accaduto
nella specie, l’ordinanza di rimessione argomenti non
implausibilmente la rilevanza della questione di legittimita’
costituzionale (tra le piu’ recenti, sentenza n. 34 del 2010).
4.2.1. – In riferimento alle specifiche deduzioni svolte dalle
parti, va, anzitutto, osservato che il TAR ha censurato
esclusivamente la sottrazione, da parte della norma impugnata,
dell’operazione di concentrazione alla regolamentazione prevista
dalla legge n. 287 del 1990, senza affatto porre in questione la
disciplina dell’amministrazione straordinaria e della procedura di
vendita. Il citato art. 4, comma 4-quinquies (che ha appunto ad
oggetto siffatta deroga, le modalita’ del controllo e le misure
applicabili alle operazioni di concentrazione nello stesso indicate),
e’, dunque, la sola norma a venire in rilievo, mentre, ai fini della
rilevanza, e’ sufficiente che la disposizione censurata incida sulla
decisione del giudizio principale, costituendo ininfluente questione
di fatto la concreta possibilita’ delle parti di giovarsi degli
effetti della decisione (sentenza n. 241 del 2008).
L’ulteriore argomento dell’interveniente, concernente l’idoneita’
della modificazione della titolarita’ soggettiva degli slot ad
incidere sulla concorrenza, indipendentemente da ogni considerazione
in ordine alla sua fondatezza, concerne il merito, non la rilevanza
della questione.
4.2.2. – Il requisito dell’incidentalita’ ricorre, poi, quando la
questione investe una disposizione avente forza di legge, che il
rimettente deve applicare, quale passaggio obbligato ai fini della
risoluzione della controversia oggetto del processo principale (tra
le molte, sentenze n. 151 del 2009 e n. 303 del 2007), e manca,
invece, qualora il petitum del giudizio abbia ad oggetto direttamente
una norma, in difetto di un atto che ad essa abbia dato applicazione
(sentenza n. 84 del 2006; ordinanze n. 17 del 1999 e n. 291 del
1986).
Siffatto requisito sussiste, quindi, quando l’annullamento della
norma censurata sia imprescindibile per la rimozione del
provvedimento che le ha dato applicazione, a sua volta necessaria in
relazione alla situazione giuridica fatta valere nel giudizio
principale, come accade appunto nel caso delle «leggi o
norme-provvedimento» (tale e’ la disposizione in esame, come si
precisa di seguito). Diversamente, sarebbe, infatti, negata «ogni
garanzia» ed «ogni controllo» (cosi’ sin dalla sentenza n. 59 del
1957), dato che, in riferimento a norme aventi tale carattere, la
tutela dei soggetti viene a connotarsi «secondo il regime tipico
dell’atto legislativo adottato, trasferendosi dall’ambito della
giustizia amministrativa a quello proprio della giustizia
costituzionale» (ex plurimis, sentenze n. 241 del 2008, n. 62 del
1993).
In definitiva, quando il rapporto che intercorre tra il
provvedimento impugnato nel giudizio principale e la norma e’ di
«mera esecuzione» e, nondimeno, l’adozione del primo sia
indispensabile per la produzione degli effetti previsti dalla
seconda, sussiste l’incidentalita’ della questione, in virtu’ di un
principio in questi termini enunciato anche dalla sentenza n. 38 del
2009, non pertinentemente richiamata a conforto dell’eccezione di
inammissibilita’.
5. – Secondo CAI, le questioni sarebbero inammissibili anche in
quanto i rimettenti avrebbero chiesto una pronuncia di tipo
sostitutivo, omettendo di indicare una soluzione costituzionalmente
obbligata. Inoltre, il TAR avrebbe contraddittoriamente riconosciuto
la rilevanza dell’interesse tutelato dal citato art. 4, comma
4-quinquies, (identificato in quello di garantire la continuita’ di
un servizio pubblico essenziale) e negato che «il legislatore ne
abbia spiegato la sostanza». Peraltro, a suo avviso, qualora si
ritenga che i rimettenti abbiano chiesto una pronuncia di mero
annullamento della norma, le questioni sarebbero egualmente
inammissibili, poiche’ il loro eventuale accoglimento
comprometterebbe detto interesse, ritenuto meritevole di tutela dallo
stesso TAR.
L’eccezione non e’ fondata.
I giudici a quibus deducono che la norma censurata avrebbe
«sottratto» all’Autorita’ «il compito di svolgere il procedimento di
cui alla legge n. 287 del 1990» e, in buona sostanza, sostengono che
l’accoglimento della questione renderebbe applicabile la disciplina
prevista da detta legge. Pertanto, non hanno chiesto nessuna
addizione ed il petitum consiste nella richiesta di annullamento
della norma, mentre il giudizio di prevalenza dell’interesse dalla
stessa tutelato rispetto agli altri interessi in gioco attiene al
merito, non all’ammissibilita’ della questione.
6. – Il Commissario ha, infine, eccepito l’inammissibilita’ della
questione di legittimita’ costituzionale (eccezione esaminabile in
riferimento ai giudizi introdotti dalle ordinanze r.o. n. 223 e n.
224 del 2009), a causa della mancata sperimentazione
dell’interpretazione adeguatrice e del difetto di motivazione sulla
non manifesta infondatezza. A suo avviso, e secondo CAI, il TAR
avrebbe, inoltre, evocato gli artt. 3 e 41 Cost. in modo confuso ed
eterogeneo, senza chiarire in cosa consisterebbe la dedotta
disparita’ di trattamento, facendo riferimento talora alla
ragionevolezza, talaltra alla liberta’ di concorrenza, talaltra,
ancora, alla parita’ di trattamento.
Anche questa eccezione non e’ fondata.
Relativamente al primo profilo, e’ sufficiente osservare che la
formulazione lessicale della disposizione non permette
un’interpretazione diversa da quella fornita dai rimettenti (ritenuta
lesiva degli artt. 3 e 41 Cost.). In ordine al secondo profilo, va
sottolineato che le ordinanze di rimessione hanno svolto ampie
argomentazioni a conforto delle censure e l’eccezione ne pone in
discussione la fondatezza e la congruita’, con osservazioni
concernenti il merito, non l’ammissibilita’ della questione.
7. – Nel merito, la questione non e’ fondata.
7.1. – La disposizione censurata e’ contenuta in un atto
normativo che, per quanto qui interessa, ha modificato la procedura
di amministrazione straordinaria preordinata a garantire la gestione
delle crisi di imprese di grandissime dimensioni, introdotta dal
decreto-legge n. 347 del 2003, convertito dalla legge n. 39 del 2004.
Il d.l. n. 347 del 2003, in particolare, dispone che alla procedura
possa darsi corso, tra l’altro, quando si intenda realizzare il
risanamento dell’impresa, anche mediante un piano di cessione dei
complessi aziendali inserito all’interno di un programma finalizzato
ad assicurare la prosecuzione dell’esercizio dell’impresa in crisi,
nonche’ nel caso in cui il riequilibrio sia perseguito mediante la
cessione di semplici complessi di beni e contratti, regolando le
modalita’ di tale cessione. L’operazione di concentrazione oggetto
del provvedimento impugnato nei giudizi principali e’ relativa
all’acquisizione di alcuni rami d’azienda di societa’ sottoposte ad
amministrazione straordinaria e di altre societa’; e consiste
precisamente «nell’acquisizione […] di taluni beni e rapporti
giuridici» di un gruppo di societa’ in amministrazione straordinaria
e «del controllo esclusivo delle societa’» facenti parte di un altro
gruppo (cosi’, la premessa ed il paragrafo 4 di detto provvedimento).
Le modifiche della disciplina dell’amministrazione straordinaria
e le modalita’ della cessione dei beni, tuttavia, non vengono in
rilievo, dato che non sono state prese in considerazione dai giudici
rimettenti, i quali hanno censurato esclusivamente la
regolamentazione del controllo della concentrazione, in riferimento
alla disciplina antitrust, stabilita dal citato art. 4, comma
4-quinquies, dubitando della legittimita’ costituzionale di questa
sola norma.
7.2. – Il primo profilo rilevante ai fini della decisione
concerne la qualificazione della disposizione censurata come
«norma-provvedimento», che, secondo la giurisprudenza di questa
Corte, va affermata quando essa «incide su un numero determinato e
molto limitato di destinatari ed ha contenuto particolare e concreto»
(sentenze n. 267 del 2007, n. 2 del 1997), anche in quanto ispirata
da particolari esigenze (sentenza n. 429 del 2002).
Nella specie, piu’ elementi depongono nel senso della natura
provvedimentale del citato art. 4, comma 4-quinquies. In primo luogo,
la norma e’ stata inserita da un decreto-legge composto da cinque
disposizioni (l’ultima si limita a stabilire l’immediata efficacia
dell’atto normativo), una delle quali reca un’altra norma
concernente, significativamente, soltanto Alitalia-Linee Aeree
Italiane s.p.a., Alitalia Servizi s.p.a. e le societa’ da queste
controllate (art. 3, comma 1). In secondo luogo, il limite temporale
della norma censurata, unitamente alle condizioni di applicabilita’
della medesima, l’hanno resa applicabile, in sostanza, alla sola
operazione di concentrazione oggetto dei giudizi principali. In terzo
luogo, il rilievo di detta norma nella definizione della citata
vicenda, nonche’ la coincidenza temporale tra approvazione, entrata
in vigore della medesima e perfezionamento della concentrazione
costituiscono indici sintomatici della riferibilita’ della
disposizione soltanto a quella fattispecie. D’altra parte, il
riferimento costante, nel corso dei lavori preparatori, alla
concentrazione oggetto dei giudizi principali, indipendentemente
dalle divergenti valutazioni offerte in ordine all’opportunita’ della
scelta operata, alla luce del ristretto orizzonte temporale della
norma e dei presupposti della deroga, ne conferma il carattere
provvedimentale.
La natura di «norma-provvedimento» del citato art. 4, comma
4-quinquies, tuttavia, da sola, non incide sulla legittimita’ della
disposizione. Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, la
legge ordinaria puo’, infatti, attrarre nella propria sfera di
disciplina oggetti o materie normalmente affidati all’autorita’
amministrativa (tra le piu’ recenti, sentenza n. 137 del 2009, n. 288
del 2008 e n. 267 del 2007) e tale carattere comporta soltanto che in
detta ipotesi la legge deve osservare, per quanto qui interessa,
limiti generali, in breve il principio di ragionevolezza e non
arbitrarieta’, ed e’ soggetta ad uno scrutinio stretto di
costituzionalita’ (alle pronunce sopra richiamate, adde sentenze n.
429 del 2002, n. 185 del 1998, n. 153 e n. 2 del 1997).
La legittimita’ di questo tipo di leggi va, in particolare,
«valutata in relazione al loro specifico contenuto» (sentenze n. 137
del 2009, n. 267 del 2007 e n. 492 del 1995) e devono risultare i
criteri che ispirano le scelte con esse realizzate, nonche’ le
relative modalita’ di attuazione (sentenza n. 137 del 2009).
Peraltro, poiche’ la motivazione non inerisce agli atti legislativi
(sentenza n. 12 del 2006), e’ sufficiente che detti criteri, gli
interessi oggetto di tutela e la ratio della norma siano desumibili
dalla norma stessa, anche in via interpretativa, in base agli
ordinari strumenti ermeneutici, fermo restando che il sindacato di
questa Corte sulla eventuale irragionevolezza della scelta compiuta
dal legislatore «non puo’ spingersi fino a considerare la consistenza
degli elementi di fatto posti a base della scelta medesima» (sentenze
n. 347 del 1995 e n. 66 del 1992).
8. – La norma e’ censurata nella parte in cui, autorizzando
l’operazione di concentrazione oggetto dei giudizi principali in
deroga al procedimento prescritto dalla legge n. 287 del 1990,
determinerebbe una compressione della liberta’ di concorrenza in
assenza di ragionevoli giustificazioni e per cio’ stesso violerebbe
gli artt. 3 e 41 della Costituzione.
I parametri evocati dal TAR esigono di ricordare che questa
Corte, nelle piu’ risalenti pronunce concernenti l’art. 41 Cost., ha
sottolineato che la «liberta’ di concorrenza» costituisce
manifestazione della liberta’ d’iniziativa economica privata, che, ai
sensi del secondo e del terzo comma di tale disposizione, e’
suscettibile di limitazioni giustificate da ragioni di «utilita’
sociale» e da «fini sociali» (sentenze n. 46 del 1963 e n. 97 del
1969). In seguito, e’ stata offerta una nozione piu’ ampia della
garanzia della liberta’ di concorrenza ed e’ stato osservato, in
primo luogo, che essa ha «una duplice finalita’: da un lato, integra
la liberta’ di iniziativa economica che spetta nella stessa misura a
tutti gli imprenditori e, dall’altro, e’ diretta alla protezione
della collettivita’, in quanto l’esistenza di una pluralita’ di
imprenditori, in concorrenza tra loro, giova a migliorare la qualita’
dei prodotti e a contenerne i prezzi» (sentenza n. 223 del 1982); in
secondo luogo, che la concorrenza costituisce un «valore basilare
della liberta’ di iniziativa economica […] funzionale alla
protezione degli interessi dei consumatori» (sentenza n. 241 del
1990). Emerge in questa lettura dell’art. 41 Cost., particolarmente
del primo comma, lo stretto collegamento logico-sistematico con
l’art. 3 della Costituzione.
Le piu’ recenti decisioni di questa Corte, dopo la modifica
dell’art. 117 Cost. ad opera della legge costituzionale 18 ottobre
2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della
Costituzione) e la previsione della «tutela della concorrenza» come
materia attribuita alla competenza legislativa esclusiva dello Stato,
hanno posto in luce che la nozione interna di concorrenza riflette
«quella posta dall’ordinamento comunitario» (sentenze n. 45 del 2010,
n. 430 del 2007 e n. 12 del 2004). In particolare, si e’ rilevato che
detta locuzione «comprende, tra l’altro, interventi regolatori che a
titolo principale incidono sulla concorrenza, quali: le misure
legislative di tutela in senso proprio, che hanno ad oggetto gli atti
ed i comportamenti delle imprese che influiscono negativamente
sull’assetto concorrenziale dei mercati e ne disciplinano le
modalita’ di controllo, eventualmente anche di sanzione; le misure
legislative di promozione, che mirano ad aprire un mercato o a
consolidarne l’apertura, eliminando barriere all’entrata, riducendo o
eliminando vincoli al libero esplicarsi della capacita’
imprenditoriale e della competizione tra imprese, in generale i
vincoli alle modalita’ di esercizio delle attivita’ economiche. In
tale maniera, vengono perseguite finalita’ di ampliamento dell’area
di libera scelta sia dei cittadini, sia delle imprese, queste ultime
anche quali fruitrici, a loro volta, di beni e di servizi» (sentenze
n. 430 e n. 401 del 2007). «Si tratta, in altri termini, dell’aspetto
piu’ precisamente di promozione della concorrenza, che e’ una delle
leve della politica economica del Paese» (sentenze n. 80 del 2006, n.
242 del 2005, n. 175 del 2005 e n. 272 del 2004). A detta materia
sono state, quindi, ricondotte, ad esempio, le misure volte a evitare
che un operatore estenda la propria posizione dominante in altri
mercati (sentenza n. 326 del 2008), ovvero a scongiurare «pratiche
abusive a danno dei consumatori» (sentenza n. 51 del 2008), oppure a
garantire la piena apertura del mercato (sentenza n. 320 del 2008),
non quelle che «lo riducono o lo eliminano» (sentenza n. 430 del
2007; analogamente, sentenze n. 63 del 2008 e n. 431 del 2007).
8.1. – Nell’interpretare le clausole generali «utilita’ sociale»
e «fini sociali» contenute nell’art. 41, secondo e terzo comma,
Cost., questa Corte, sin dalle pronunce piu’ risalenti, ha affermato
che le ragioni ad esse riconducibili «non devono necessariamente
risultare da esplicite dichiarazioni del legislatore» (sentenza n. 46
del 1963, ove sono richiamate le sentenze n. 5 e n. 54 del 1962),
assumendo in seguito come «principio ripetutamente affermato» quello
secondo il quale il giudizio in ordine «all’utilita’ sociale alla
quale la Costituzione condiziona la possibilita’ di incidere sui
diritti dell’iniziativa economica privata concerne solo la
rilevabilita’ di un intento legislativo di perseguire quel fine e la
generica idoneita’ dei mezzi predisposti per raggiungerlo» (sentenze
n. 63 del 1991, n. 388 del 1992 e n. 446 del 1988). La successiva
giurisprudenza ha confermato che le esigenze di «utilita’ sociale»
devono essere bilanciate con la concorrenza (sentenza n. 386 del
1996; analogamente, sentenza n. 241 del 1990) e va qui ribadita la
necessita’ che l’individuazione delle medesime «non appaia
arbitraria» e che esse non siano perseguite dal legislatore mediante
misure palesemente incongrue (sentenza n. 548 del 1990; nello stesso
senso, sentenze n. 152 del 2010 e n. 167 del 2009), assumendo rilievo
in tale valutazione anche il «carattere temporalmente limitato della
disciplina» che le prevede (sentenza n. 94 del 2009). La necessita’
che dette misure siano ragionevoli e non realizzino una
ingiustificata disparita’ di trattamento rende chiara la
correlazione, ancora una volta, tra gli artt. 3 e 41 Cost.
Alle clausole generali in esame sono stati ricondotti anche
interessi qualificati in vario modo e collegati alla sfera economica,
quali, in particolare, quelli attinenti alla esigenza di protezione
di una data produzione (sentenza n. 20 del 1980), ovvero a quella «di
salvaguardare l’equilibrio di mercato tra domanda ed offerta» in un
determinato settore (sentenza n. 63 del 1991), oppure strumentali a
garantire i valori della concorrenzialita’ e competitivita’ delle
imprese (sentenza n. 439 del 1991), o anche «l’esigenza di interesse
generale di riconoscimento e valorizzazione del ruolo» di imprese di
determinate dimensioni (sentenza n. 64 del 2007). In definitiva, e’
stato rilevato, nella sostanza, che la sfera di autonomia privata e
la concorrenza non ricevono «dall’ordinamento una protezione
assoluta» e possono, quindi, subire le limitazioni ed essere
sottoposte al coordinamento necessario «a consentire il
soddisfacimento contestuale di una pluralita’ di interessi
costituzionalmente rilevanti» (sentenza n. 279 del 2006, ordinanza n.
162 del 2009).
8.2. – Nonostante, peraltro, il ricordato rilievo dato in qualche
occasione al bilanciamento tra utilita’ sociale e concorrenza, la
giurisprudenza di questa Corte ha affrontato solo indirettamente il
rapporto tra concorrenza e regolazione generale e il profilo
dell’equilibrio tra l’esigenza di apertura del mercato e di garanzia
dell’assetto concorrenziale rispetto alle condotte degli attori del
mercato stesso, cioe’ imprese e consumatori, da una parte; e,
dall’altra, la tutela degli interessi diversi, di rango
costituzionale, individuati nell’art. 41, secondo e terzo comma,
Cost., che possono venire in rilievo e la tutela dei quali richiede
un bilanciamento con la concorrenza. Eppure, e’ chiaro che il
parametro costituzionale in esame, stabilendo che l’iniziativa
economica privata non puo’ svolgersi in contrasto con «l’utilita’
sociale» ed in modo da recare danno alla sicurezza, alla liberta’ ed
alla dignita’ umana, e prevedendo che l’attivita’ economica pubblica
e privata puo’ essere indirizzata e coordinata a «fini sociali»,
consente una regolazione strumentale a garantire la tutela anche di
interessi diversi rispetto a quelli correlati all’assetto
concorrenziale del mercato garantito.
Beninteso, la dovuta coerenza con l’ordinamento comunitario, in
particolare con il principio che «il mercato interno ai sensi
dell’art. 3 del Trattato sull’Unione europea comprende un sistema che
assicura che la concorrenza non sia falsata» (Protocollo n. 27 sul
mercato interno e la concorrenza, allegato al Trattato di Lisbona
entrato in vigore il 1° dicembre 2009, che conferma l’art. 3, lettera
g, del Trattato CE), comporta il carattere derogatorio e per cio’
stesso eccezionale di questa regolazione. In altri termini, occorre
che siffatto intervento del legislatore costituisca la sola misura in
grado di garantire al giusto la tutela di quegli interessi.
I criteri utilizzati normalmente nella valutazione antitrust di
una operazione di concentrazione sono, infatti, collegati,
direttamente o indirettamente, al fine di garantire un assetto
concorrenziale del mercato: la considerazione delle quote dalle quali
si parte a quelle cui si perviene, la costituzione o il rafforzamento
di una posizione dominante, l’ostacolo significativo alla
concorrenza, il potenziale pregiudizio per i consumatori, fino al
test di efficienza anche interna dell’esito dell’operazione e al
rilievo particolare e specifico dell’acquisizione di un’impresa in
stato d’insolvenza. E’ questa, in sintesi, la valutazione spettante
ad un’autorita’ indipendente al fine di autorizzare un’operazione di
concentrazione, che il nostro ordinamento giuridico, in virtu’ della
legge 287 del 1990, chiede all’Autorita’ antitrust e che quest’ultima
ha svolto negli ultimi vent’anni. Si tratta di una valutazione che va
al di la’ del controllo ex post sulla condotta delle imprese tipico
della funzione di garanzia e, proprio in quanto si esercita ex ante,
cioe’ su un progetto di concentrazione, finisce per avvicinarsi e
toccare il confine tra tutela della concorrenza e regolazione del
mercato. Cio’ nonostante, e’ pur sempre una valutazione
prevalentemente economica, che resta coerente con la natura tecnica e
indipendente dell’Autorita’, in quanto limitata alla verifica del
perseguimento dei cosiddetti obiettivi economici del mercato, in
particolare del suo assetto concorrenziale.
8.3. – La valutazione richiesta per le operazioni di
concentrazione di dimensione nazionale, qual e’ quella oggetto dei
giudizi principali, come non implausibilmente ritenuto dai
rimettenti, e’ ispirata ai criteri che sovraintendono a quella svolta
dalla Commissione europea, Direzione generale concorrenza, delle
concentrazioni di dimensione comunitaria. La relativa disciplina e’
contenuta nel regolamento 20 gennaio 2004, n. 139 (Regolamento del
Consiglio relativo al controllo delle concentrazioni tra imprese –
«Regolamento comunitario sulle concentrazioni»), completato, per
quanto qui soprattutto interessa, dalla Comunicazione della
Commissione 5 febbraio 2004, n. 2004/C31/03, recante gli
«Orientamenti relativi alla valutazione delle concentrazioni
orizzontali a norma del regolamento del Consiglio relativo al
controllo delle concentrazioni tra imprese» (infra: Orientamenti).
Anche la disciplina del controllo delle concentrazioni di dimensioni
comunitarie contiene criteri di valutazione strumentali a
finalizzarla ai cosiddetti obiettivi economici del mercato unico.
Il regolamento n. 139 del 2004 consente, in particolare, di
apprezzare le eventuali efficienze generate dalle concentrazioni. La
valutazione delle concentrazioni tiene conto sia dell’incidenza delle
medesime sulle imprese concorrenti, sia della circostanza che, ai
fini della dichiarazione di incompatibilita’, rileva anche
l’idoneita’ delle stesse a cagionare un danno ai consumatori. Il
criterio di valutazione fondato sul test di efficienza «e’ che i
consumatori non devono ritrovarsi in una situazione peggiore a
seguito della concentrazione»; «a tal fine, i miglioramenti di
efficienza devono essere considerevoli e tempestivi e, in linea di
principio, apportare dei vantaggi ai consumatori in quei mercati
rilevanti nei quali sarebbero altrimenti probabili problemi sotto il
profilo della concorrenza» (Orientamenti, paragrafo 79).
Una concentrazione valutata negativamente puo’, inoltre, essere
ritenuta «compatibile con il mercato comune, se una delle imprese
partecipanti alla concentrazione versa in stato di crisi», in base ad
un apprezzamento condotto sulla scorta di criteri prestabiliti
(Orientamenti, paragrafi 89-90). Peraltro, anche anteriormente al
regolamento n. 139 del 2004, la circostanza che l’impresa da salvare
potesse rischiare altrimenti di uscire dal mercato e’ stata ritenuta
un fattore suscettibile di positiva valutazione. Ne’ e’ mancato,
nella prassi della Commissione, il rilievo che «un’autorizzazione
della concentrazione subordinata a condizioni appropriate» puo’,
eventualmente, essere «piu’ favorevole per gli utenti di un
deterioramento della struttura del mercato causato dalla potenziale
cessazione delle attivita’» da parte di una determinata impresa,
specie quando entrano in gioco interessi rilevanti non riconducibili
solo e/o direttamente all’assetto concorrenziale del mercato, come ad
esempio il pluralismo dell’informazione (Commissione europea,
decisione del 2 aprile 2003, caso COMP/M.2876, Newscorp/Telepiu’).
Il citato regolamento presuppone, poi, l’esistenza di norme
antitrust nazionali, ma non necessariamente di norme che impongono
l’autorizzazione preventiva alle concentrazioni.
L’art. 21, paragrafo 4, del regolamento n. 139 del 2004
stabilisce, infine, che «gli Stati membri possono adottare opportuni
provvedimenti per tutelare legittimi interessi diversi da quelli
presi in considerazione» dal medesimo, nei limiti dallo stesso
stabiliti e compatibili con i principi del diritto comunitario. Il
fatto, poi, che il rispetto di tale limite sia verificato dalla
Commissione, e in ultima analisi dal giudice comunitario, non ne
esclude l’idoneita’ ad incidere sull’esito della concentrazione, in
quanto il controllo vale solo a distinguere gli interventi a fini
protezionistici degli Stati da quelli dovuti ad interessi pubblici
legittimi diversi dalla concorrenza (Commissione europea, Relazione
sulla politica della concorrenza 2009, del 3 giugno 2010).
8.4. – La rilevanza dei molteplici interessi coinvolti dalle
operazioni di concentrazione, ai fini della valutazione delle
medesime, risulta anche dalla disciplina stabilita in altri Stati
membri dell’Unione europea. In Francia, ad esempio, e’ prevista la
possibilita’ di sottrarre all’Autorita’ antitrust il potere di
autorizzare una determinata concentrazione, quando entrano in
considerazione «motivi di interesse generale diversi dalla protezione
della concorrenza», che con questa devono essere bilanciati (l’art. L
430-7-1 II del codice di commercio, come risultante dalla legge 4
agosto 2008, n. 776, prevede il potere del Ministro dell’economia di
avocare il caso, in presenza di «motivi di interesse generale» non
meglio precisati dalla norma). In Germania e’ previsto il potere del
Ministro dell’economia, all’esito di uno specifico procedimento, di
stabilire per le imprese vincoli e condizioni, di autorizzare
operazioni di concentrazione in precedenza vietate dall’Autorita’ di
concorrenza; e cio’ per ragioni di interesse generale, qualora la
limitazione della concorrenza sia «compensata dai vantaggi che si
rinvengono per l’economia generale oppure se la concentrazione viene
giustificata da un preminente interesse della collettivita’» (art. 42
GWB, legge sulla concorrenza). Nel Regno Unito, l’Enterprise Act del
2002, sezione 42, prevede il potere di intervento del Segretario di
Stato competente per gli Affari e l’Impresa quando ritiene che sulla
valutazione della concentrazione possono incidere «considerazioni di
pubblico interesse», in particolare nel settore della sicurezza
nazionale e dei media. Inoltre, lo stesso Segretario di Stato puo’
aggiungere ulteriori motivi di interesse pubblico anche rispetto ad
una specifica concentrazione, con l’approvazione del Parlamento entro
28 giorni (motivo della stabilita’ del sistema finanziario nazionale,
ad esempio, fatto prevalere nel caso dell’acquisizione della Halifax
Bank of Scotland da parte della Lloyds TSB nel 2008, sui rischi
dell’operazione per la concorrenza).
8.5. – Siffatta possibilita’ e’ prevista anche nel nostro
ordinamento dall’art. 25 della legge n. 287 del 1990. Tale norma
stabilisce che «Il Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro
dell’industria, del commercio e dell’artigianato determina in linea
generale e preventiva i criteri sulla base dei quali l’Autorita’ puo’
eccezionalmente autorizzare, per rilevanti interessi generali
dell’economia nazionale nell’ambito dell’integrazione europea,
operazioni di concentrazione vietate ai sensi dell’art. 6, sempreche’
esse non comportino la eliminazione della concorrenza dal mercato o
restrizioni alla concorrenza non strettamente giustificate dagli
interessi generali predetti» e prescrivendo «le misure necessarie per
il ristabilimento di condizioni di piena concorrenza entro un termine
prefissato».
All’interno delle figure tipizzate dal diritto antitrust, le
concentrazioni fruiscono, in definitiva, di una disciplina
complessivamente piu’ flessibile, vuoi in quanto sottoposte ad un
controllo ordinariamente, ma non necessariamente, preventivo, vuoi in
quanto possono essere, in alcuni casi eccezionali, suscettibili di
una valutazione che puo’ adeguatamente tenere conto dell’esigenza di
tutelare preminenti interessi generali diversi da quelli collegati
all’obiettivo di garantire un assetto competitivo del mercato.
L’attenzione per questi interessi diversi si puo’ tradurre in un
potere di valutazione, in sostanza di regolazione generale, comunque
non tecnica, demandato normalmente all’autorita’ politica,
eventualmente in aggiunta o in sostituzione dell’Autorita’
indipendente preposta al controllo antitrust. La funzione di garanzia
a questa spettante rimane, beninteso, anche in questa ipotesi
inalterata quanto al controllo ex post degli esiti della
concentrazione, in particolare rispetto al divieto di abuso di
posizione dominante.
9. – Nel quadro di tali principi, alla luce del generale contesto
normativo di riferimento, il citato art. 4, comma 4-quinquies,
risulta immune dalle censure proposte dai rimettenti.
La disciplina del controllo delle concentrazioni stabilita dalla
legge n. 287 del 1990, che fa espressa applicazione dell’art. 41
Cost., e’ caratterizzata dall’attribuzione in via generale
all’Autorita’ del compito di valutare se esse comportino la
costituzione o il rafforzamento di una posizione dominante sul
mercato nazionale tale da eliminare o ridurre in modo sostanziale e
durevole la concorrenza, stabilendo le misure necessarie per porvi
rimedio. Inoltre, l’art. 25 della legge n. 287 del 1990 contempla uno
specifico meccanismo per tutelare interessi diversi dalla
concorrenza. Tale disciplina, tuttavia, non e’ a contenuto
costituzionalmente vincolato. Il legislatore ordinario puo’, infatti,
prevedere la possibilita’ di autorizzare operazioni di concentrazione
in vista del contemperamento con altri interessi costituzionalmente
rilevanti, diversi da quelli inerenti all’assetto concorrenziale del
mercato.
Nel caso in esame, peraltro, il legislatore e’ intervenuto con
una norma-provvedimento, si’ che lo scrutinio di ragionevolezza al
quale questa va sottoposta richiede di accertare in maniera
stringente se siano identificabili interessi in grado di
giustificarla, desumibili anche in via interpretativa, e se sia stata
realizzata una scelta proporzionata ed adeguata, fermo restando che
tale scrutinio di costituzionalita’ non puo’ spingersi sino a
valutare autonomamente gli elementi di fatto posti a base della
scelta.
Tale verifica ha esito positivo. Il citato art. 4, comma
4-quinquies, indica che le operazioni di concentrazione da esso
considerate rispondono «a preminenti interessi generali», con formula
che assume concretezza alla luce del contesto nel quale la norma e’
inserita e dei lavori preparatori. La considerazione che la
disposizione e’ contenuta in un decreto-legge e’, anzitutto,
sintomatica della necessita’ di provvedere in via d’urgenza; il
riferimento, contenuto nella premessa di tale atto normativo,
all’esigenza di modificare la procedura di amministrazione
straordinaria per le imprese di grandissime dimensioni, «individuando
una specifica disciplina per le grandi imprese operanti nei settori
dei servizi pubblici essenziali volta a garantire la continuita’
nella prestazione di tali servizi», e l’inserimento della medesima
nella legge che la regolamenta, fanno, inoltre, emergere le ragioni
della scelta.
Nella specie occorreva fronteggiare una situazione di gravissima
crisi di un’impresa (come dimostra la sottoposizione della medesima
all’amministrazione straordinaria), che svolgeva un servizio pubblico
essenziale del quale doveva essere garantita la continuita’
(circostanza, quest’ultima, espressamente condivisa dai rimettenti),
peraltro in un settore particolare, notoriamente di importanza
strategica per l’economia nazionale, meritevole di distinta
considerazione, che esigeva di scongiurare distorsioni ed
interruzioni suscettibili di ricadute sistemiche in ulteriori
comparti. Il legislatore ordinario ha dunque inteso realizzare un
intervento diretto a garantirne la continuita’ ed a permettere la
conservazione del rilevante valore dell’azienda (costituita da una
pluralita’ di beni e rapporti, di varia natura), al fine di
scongiurare, in tal modo, anche una grave crisi occupazionale.
Di tale obiettivo danno ampio conto i lavori preparatori. Dagli
interventi al Senato ed alla Camera, nelle Commissioni ed in
Assemblea, risulta, infatti, che e’ stato continuo il riferimento
alla «necessita’ di un’azione importante ed ampia per il salvataggio
dell’Alitalia» e traspare costante il convincimento della ritenuta
strumentalita’ della norma in esame rispetto a tale obiettivo. Emerge
univoco l’intento di garantire la continuita’ del trasporto aereo su
tutte le rotte nazionali, anche su quelle economicamente non
convenienti, e di evitare la dissoluzione di un’impresa di rilevanti
dimensioni e la dispersione del valore aziendale, in vista della
tutela dei livelli occupazionali e di esigenze strategiche
dell’economia nazionale. Questi interessi, sebbene attengano,
prevalentemente, alla sfera economica, per le osservazioni dianzi
svolte, ed in considerazione della gravita’ della congiuntura
economica e della peculiarita’ del settore di riferimento, sono
riconducibili alle ragioni di «utilita’ sociale» ed ai «fini sociali»
(art. 41 Cost.) che giustificano uno specifico, eccezionale,
intervento di regolazione estraneo alla sfera di competenza
dell’Autorita’ indipendente.
La considerazione che siffatta scelta, dal punto di vista
dell’obiettivo generale perseguito e dello strumento utilizzato,
neppure e’ eccentrica rispetto al contesto normativo di riferimento
suffraga, inoltre, l’inesistenza di profili di irragionevolezza. La
soluzione privilegiata dalla disposizione in esame puo’ essere
iscritta, infatti, nella nuova modalita’ di approccio alla crisi
dell’impresa che caratterizza il nostro ordinamento, alla quale e’
stata ispirata anche la riforma della legge fallimentare, connotata
dal superamento della concezione liquidatoria dell’impresa, in favore
di quella diretta alla conservazione del valore dell’azienda, per
fini di utilita’ sociale (tra questi, la tutela del lavoro),
conseguibile anche mediante cessioni e concentrazioni.
Se, in definitiva, il bilanciamento di una molteplicita’ di
interessi impone una scelta non tipica del controllo antitrust, ma,
in sostanza, caratterizzata da una connotazione di politica economica
e di regolazione del mercato imposta da una situazione eccezionale,
questa scelta non puo’ essere giudicata irragionevole per il solo
fatto di essere stata operata mediante un atto legislativo.
10. – Una volta identificati gli interessi generali
costituzionalmente rilevanti che, anche alla luce delle peculiarita’
della fase economica e del servizio pubblico espletato dalle imprese
coinvolte nella concentrazione, sono riconducibili alle clausole
generali «utilita’ sociale» e «fini sociali» dell’art. 41, secondo e
terzo comma, Cost., la soluzione realizzata per garantirne la tutela
resiste al necessario test di proporzionalita’ al quale va
sottoposta.
L’esame del contesto generale di riferimento ha, anzitutto,
evidenziato che la disciplina rilevante della concorrenza permette di
tenere conto di detti interessi e di valorizzarli anche al fine di
una particolare conformazione del controllo delle concentrazioni.
E’ poi particolarmente significativo che il citato art. 4, comma
4-quinquies, sebbene abbia introdotto una deroga della disciplina di
regola applicabile, in riferimento al potere dell’Autorita’ di
prescrivere misure strutturali e di esercitare i poteri previsti
dall’art. 6, comma 2, della legge n. 287 del 1990, ha mantenuto fermi
gli artt. 2 e 3 della medesima e, quindi, la possibilita’ di colpire
ex post l’eventuale abuso di posizione dominante che seguisse alla
concentrazione. A questo fine, va considerato che l’art. 102 del
Trattato sul funzionamento dell’Unione europea e’ applicabile da
parte delle autorita’ antitrust nazionali anche ad una posizione
dominante che consegua ad una concentrazione di dimensione nazionale,
cio’ che rafforza il potere dell’Autorita’ di intervenire, comunque,
con misure volte ad evitare lo sfruttamento abusivo di una posizione
dominante.
Il legislatore ordinario ha, altresi’, dimostrato attenzione
all’interesse dei consumatori (obiettivo, nella specie, di rilievo,
alla luce dell’intento di garantire il mantenimento di un servizio di
trasporto fondamentale per il nostro Paese, su tutte le rotte), che,
come sopra evidenziato, in ogni latitudine costituisce oggetto di
specifica considerazione nella disciplina delle concentrazioni. La
norma in esame ha, infatti, mantenuto fermo il potere dell’Autorita’
di stabilire le misure comportamentali idonee a garantire i
consumatori, e neppure ha inciso sulla possibilita’ di esercitare un
controllo continuo e di adottarle in tempi diversi, conformandole e
modulandole in vario modo, anche temporaneamente, tenendo conto a tal
fine dell’evoluzione del mercato e dell’incidenza di questa sugli
interessi dei consumatori.
Si tratta di un profilo di sicuro rilievo nel giudizio di
proporzionalita’ della misura; per apprezzarne l’importanza, e’
sufficiente ricordare che la Commissione europea, benche’ abbia
ritenuto che «gli impegni di natura strutturale […] sono in linea
di principio preferibili in base allo scopo del regolamento sulle
concentrazioni […]», nondimeno, ha precisato che neppure si puo’
«escludere automaticamente la possibilita’ che anche altri tipi di
impegni siano atti a prevenire un ostacolo significativo alla
concorrenza effettiva» (paragrafo 15 della comunicazione 22 ottobre
2008 n. 2008/C267/01, recante «Comunicazione della Commissione
concernente le misure correttive considerate adeguate a norma del
regolamento CE n. 139/2004 del Consiglio e del regolamento CE n.
802/2004 della Commissione»).
Il regolamento n. 139 del 2004, come e’ stato ricordato,
stabilisce, poi, quale limite invalicabile di una favorevole
valutazione delle concentrazioni, la circostanza che esse non devono
comportare «un pregiudizio durevole per la concorrenza». In relazione
a questo profilo, il citato art. 4, comma 4-quinquies, ha attribuito
all’Autorita’ il potere di definire «il termine, comunque non
inferiore a tre anni, entro il quale le posizioni di monopolio
eventualmente determinatesi devono cessare». Il carattere transitorio
della deroga del potere dell’Autorita’ di disporre determinate misure
concorre, pertanto, a fare escludere l’irragionevolezza della norma e
la violazione degli artt. 3 e 41 della Costituzione.

Per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE

Riuniti i giudizi,
Dichiara inammissibile l’intervento della Alitalia-Linee Aeree
Italiane s.p.a., in amministrazione straordinaria, in persona del
Commissario straordinario, nel giudizio introdotto dall’ordinanza
iscritta nel r.o. n. 225 del 2009;
Dichiara non fondata la questione di legittimita’ costituzionale
dell’articolo 4, comma 4-quinquies, del decreto-legge 23 dicembre
2003, n. 347 (Misure urgenti per la ristrutturazione industriale di
grandi imprese in stato di insolvenza), convertito, con
modificazioni, dalla legge 18 febbraio 2004, n. 39, introdotto
dall’articolo 1, comma 10, del decreto-legge 28 agosto 2008, n. 134
(Disposizioni urgenti in materia di ristrutturazione di grandi
imprese in crisi), convertito, con modificazioni, dalla legge 27
ottobre 2008, n. 166, sollevata, in riferimento agli articoli 3 e 41
della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio,
con le ordinanze indicate in epigrafe.
Cosi’ deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 23 giugno 2010.

Il Presidente: Amirante

Il redattore: Tesauro

Il cancelliere: Di Paola

Depositata in cancelleria il 22 luglio 2010.

Il direttore della cancelleria: Di Paola

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

Fonte: http://www.gazzettaufficiale.it/

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