T.A.R. Lombardia Milano Sez. I, Sent., 13-04-2011, n. 958 Silenzio della Pubblica Amministrazione Prelazione e riscatto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

relatore nella camera di consiglio del giorno 23 marzo 2011 il dott. Hadrian Simonetti e uditi per le parti i difensori Claudio Vittorio Rossi e Giulio Peco;

1. Il dott. B.F., conduttore di un immobile di mq. 173 di proprietà dell’INPDAP sito nel Comune di Basiglio (MI), ha presentato, in data 30.11.2008, istanza per l’acquisto di tale bene mediante l’esercizio del diritto di prelazione di cui all’art. 7 bis del D.L. 203/2005 convertito in Legge 248/2005.

Non avendo ricevuto risposta, ha proposto ricorso nelle forme del rito del silenzio.

Con tale ricorso ha dedotto la violazione di legge e l’eccesso di potere sotto vari profili, allegando l’assenza di motivi ostativi, avuto particolare riguardo all’art. 7 bis, comma 3, del citato D.L. 203/2005 laddove sono esclusi dalla sanatoria i soggetti la cui condotta integri ipotesi di reato diverse dall’occupazione abusiva.

2. Ha resistito al ricorso l’Amministrazione, con articolata memoria difensiva, contestando che il F. possa beneficiare della sanatoria, anche alla luce della sentenza penale del Tribunale di Brescia del 28.8.2007.

3. Nella camera di consiglio del 23.3.2011 la causa è stata discussa ed è passata in decisione.

4. Osserva il Collegio preliminarmente come il ricorso, al di là della formale impugnazione del silenzio (accompagnata dalla domanda cautelare di sospensione, di dubbia ammissibilità), sia volto all’accertamento del diritto di prelazione in ordine all’appartamento di cui il F. è conduttore, con la conseguente condanna dell’Amministrazione a dare seguito positivo all’istanza presentata il 30.11.2008, rendendo possibile l’esercizio di tale diritto.

5. Nel merito della vicenda è utile ricordare, come già evidenziato da questo Tribunale in un precedente relativamente recente (sez. III, n. 5479/2007), che la dismissione degli immobili degli Enti previdenziali, avviata già in occasione della riforma del sistema previdenziale (art. 3, comma 27, della L. 4 agosto 1995, n. 335) e con il successivo D.lgs. 16 febbraio 1996 n. 104, ha ricevuto una forte accelerazione, nell’ottica della generale privatizzazione e valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico, con il D.L. 25 settembre 2001 n. 351, convertito in L. 23 novembre 2001 n. 410. In particolare, l’art. 3, comma 3 del decreto legge n. 351 citato riconosce in favore dei conduttori degli immobili pubblici destinati ad uso residenziale un diritto d’opzione per l’acquisto, in forma individuale o a mezzo di mandato collettivo, delle medesime unità immobiliari. Il successivo comma 7 dello stesso art. 3, prevede che il prezzo di vendita degli immobili in considerazione è determinato sulla base delle valutazioni correnti di mercato, prendendo cioè a riferimento i prezzi effettivi di compravendite di immobili aventi caratteristiche analoghe. Il seguente comma 8 si occupa poi del prezzo di vendita delle unità abitative offerte in opzione ai conduttori e stabilisce che gli stessi abbiano diritto, se acquistano in forma individuale, ad una diminuzione del prezzo del 30%, cui si aggiunge "un ulteriore abbattimento di prezzo, secondo i coefficienti in vigore, in favore esclusivamente dei conduttori che acquistano a mezzo di mandato collettivo unità immobiliari ad uso residenziale che rappresentano almeno l’80 per cento delle unità residenziali complessive dell’immobile, al netto di quelle libere".

Sia il D.lgs. n. 104 del 1996 che il decreto legge n. 351 del 2001 hanno escluso espressamente dal diritto di opzione all’acquisto le ipotesi di illegittimità o irregolarità del rapporto di locazione tra conduttore ed Ente pubblico. In particolare l’art. 6 comma del suddetto D.lgs.nel prevedere il diritto di prelazione a favore dei conduttori per l’acquisto degli immobili locati ha specificato "sempre che non sia stata accertata in via definitiva l’illegittimità dell’assegnazione dell’immobile a suo tempo effettuata" e l’art. 3 comma 6 del decreto legge n. 351 ha stabilito che "i diritti dei conduttori e degli affittuari dei terreni sono riconosciuti se essi sono in regola con il pagamento dei canoni e degli oneri accessori e sempre che non sia stata accertata l’irregolarità dell’affitto o della locazione".

È poi intervenuto il già ricordato D.L. 30 settembre 2005, n. 203, convertito in L. 2 dicembre 2005 n. 248, il cui art. 7 bis ha esteso notevolmente il diritto di prelazione, con specifico riferimento agli immobili degli enti previdenziali. Il primo comma della citata disposizione prevede, infatti, che "sono estesi i diritti di opzione, di prelazione, di garanzia e di prezzo, di cui all’articolo 3 del D.L. 25 settembre 2001 n. 351, convertito, con modificazioni, dalla L. 23 novembre 2001 n. 410, agli occupanti delle unità immobiliari ad uso residenziale degli enti previdenziali di cui al medesimo decreto che erano privi del titolo alla data di entrata in vigore del medesimo, ed ai conduttori in base ad assegnazione irregolare avvenuta entro la stessa data". In questo modo, la citata norma estende il diritto all’acquisto degli immobili degli enti previdenziali, e le connesse disposizioni di favore in punto di prezzo, da un lato ai "conduttori in base ad assegnazione irregolare" e dall’altro addirittura agli "occupanti delle unità immobiliari ad uso residenziale degli enti previdenziali… privi di titolo". Il comma 3 dell’art. 7 bis precisa, tuttavia, che "sono esclusi dal dispositivo del presente articolo i soggetti la cui condotta integri ipotesi di reato diverse dalla descritta occupazione abusiva".

6. La presente controversia, nella quale non è seriamente contestabile il carattere del tutto irregolare dell’assegnazione disposta a suo tempo in favore del F., concerne essenzialmente la corretta interpretazione di tale ultima disposizione.

Sostiene infatti l’Amministrazione che l’esclusione dalla sanatoria troverebbe applicazione nei confronti del ricorrente – che non potrebbe quindi esercitare alcun diritto di opzione e/o di prelazione – in quanto responsabile in concorso con F.D.A. (al tempo dirigente dell’INPDAP) del reato di abuso d’ufficio, sebbene da tale ipotesi delittuosa il F. sia stato prosciolto per intervenuta prescrizione.

La tesi del ricorrente è, al contrario, nel senso che l’ipotesi di reato cui fa riferimento l’art. 7 bis, comma 3, dovrebbe essere accertata unicamente con sentenza penale passata in giudicato.

7. Così riassunte in estrema sintesi le opposte deduzioni, reputa il Collegio che, sul rilievo del carattere eccezionale della sanatoria, la disposizione in ultimo citata che ne segna il confine invalicabile debba essere interpretata come riferita non solo all’autore materiale della condotta illecita, ma anche al soggetto beneficiario del fatto di reato commesso (v. già T.A.R. Lombardia, sez. III, ord. n. 1998/2007).

In questa prospettiva, potrebbe ritenersi sufficiente nel caso di specie quanto in ipotesi già accertato in sede penale nei confronti del De Angelis quale autore materiale del reato di abuso d’ufficio commesso per favorire (tra gli altri) l’odierno ricorrente.

Poiché peraltro di tale accertamento non vi è la prova in atti, non avendo la difesa dell’Inpdap prodotto alcun documento in tal senso (a p. 5 della lunga memoria di costituzione si legge soltanto, molto genericamente, di provvedimenti dell’Autorità giudiziaria che avrebbero "colpito" il dott. De Angelis per avere procurato a terzi l’assegnazione di immobili in assenza dei requisiti di legge), è necessario rispondere alla domanda successiva se, sulla base degli elementi offerti in giudizio, il F. possa ritenersi autore di un’ipotesi di reato comunque ostativa alla sanatoria.

Reputa il Collegio che, ai fini della (sola) procedura amministrativa rilevante in questa sede, la "ipotesi di reato" menzionata dal terzo comma dell’art. 7 bis debba essere interpretata in chiave astratta, quale fatto di reato (diverso dall’occupazione abusiva) suscettibile di un accertamento anche incidenter tantum, ai soli fini della possibilità di esercitare o meno il diritto di opzione da parte di un assegnatario irregolare.

In questo senso, non si ritiene necessaria una pronuncia penale definitiva di condanna (sentenza o decreto), potendo il giudice amministrativo desumere argomenti di prova dall’insieme degli elementi comunque disponibili. Tali elementi sono dati, nella fattispecie in esame, oltre che dalle allegazioni di parte, dalla motivazione della ricordata sentenza penale nella quale il Tribunale di Brescia ha diffusamente ricostruito il coinvolgimento attivo e consapevole del F. nella vicenda dell’assegnazione dell’immobile sito in Basiglio, avvenuta al di fuori di qualunque procedura selettiva ed, al principio, persino senza che fosse previsto il pagamento di alcun canone; e ciò confutando la tesi dell’imputato secondo cui tutto ciò sarebbe avvenuto, se non proprio a sua insaputa, comunque senza sollecitare o richiedere alcun favore.

La buona fede invocata dal F., che presupporrebbe una non comune ingenuità ed ignoranza delle più elementari procedure amministrative, deve infatti escludersi oltre che sul piano della logica, sul rilievo della sua qualificata professionalità, essendo all’epoca dei fatti giudice civile in servizio presso il Tribunale ordinario di Milano, come tale richiesto di una condotta improntata ad un rigoroso rispetto delle regole del vivere civile e quindi soggetto ad uno standard di prudenza e diligenza semmai maggiore rispetto all’uomo medio.

8. In conclusione, reputa il Collegio che, per tali ragioni, la pretesa del F. sia infondata, non potendo invocare alcun diritto di opzione o di prelazione sull’immobile che occupa irregolarmente da oltre dieci anni e che, di conseguenza, l’INPDAP non sia obbligato a dare seguito positivo all’istanza di assegnazione in proprietà né sia tenuto al risarcimento di alcun danno.

9. Le spese della lite seguono la regola della soccombenza e sono poste a carico del ricorrente nell’importo liquidato con il dispositivo.
P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione I)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge ai sensi di cui in motivazione.

Condanna B.F. a rifondere all’INPDAP le spese e gli onorari di lite liquidati in misura complessiva pari ad Euro 5.000,00 (cinquemila/00), oltre agli accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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