Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 02-02-2011) 15-04-2011, n. 15424 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Provvedimento impugnato e motivi del ricorso – Con l’ordinanza qui impugnata, il Tribunale per il Riesame ha annullato il provvedimento cautelare emesso dal G.i.p. nei confronti dell’odierno indagato accusato di violazione del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73.

Detto in estrema, sintesi, i giudici di merito hanno sostenuto che il provvedimento impugnato fosse nullo perchè il potere integratorio – da parte del Tribunale per il Riesame -non può risolversi in una vera e propria stesura della motivazione quando ci si debba confrontare con un provvedimento – come si dice essere quello impugnato – nel quale la motivazione sia del tutto assente graficamente ovvero quando la "motivazione per relationem si risolva in una clausola di stile che non consenta di rendersi conto se il G.i.p. abbia o meno preso cognizione del contenuto e delle ragioni del provvedimento di riferimento, le abbia meditate e ritenute coerenti con la sua decisione".

Inoltre, secondo i giudici di merito, il provvedimento del G.i.p. sarebbe censurabile per il fatto di non avere indicato "gli elementi dai quali è stato tratto per ciascun indagato il concreto pericolo di reiterazione della condotta criminosa".

Avverso tale decisione, il P.M. ha proposto ricorso deducendo contraddittorietà della motivazione ed erronea applicazione della legge.

Il ricorrente fa notare che la pronuncia in oggetto ripropone la questione della idoneità e dei limiti della motivazione per relationem e dei rapporti tra il c.d. potere devolutivo del riesame e le carenze motivazionali.

Muovendo dal rilievo che il provvedimento impugnato si è fondato sul richiamo a talune decisioni di questa S.C. (Sez. 4, 8.7.04, Chisari, Rv. 230415; Sez. 4, 14.11.07, Benincasa, Rv. 238674; Sez. 3, 11.10.07, Rv. 237903), proprio attraverso il loro esame, il P.M. ricorrente sottolinea come, ad esempio, la stessa sentenza Benincasa (sez. 4, 14.11.07, Rv. 238674) escluda che il semplice fatto di recepire – nell’ordinanza cautelare – la richiesta del P.M. possa costituire violazione del dovere motivazionale di cui all’art. 292 c.p.p..

Egli fa, poi, notare come le critiche che vengono mosse all’ordinanza siano ingiustificate in quanto il G.i.p., tanto ha fatto propria la richiesta del P.M., da allegarla al provvedimento cautelare emesso.

In tal modo – si sottolinea – sono state inglobate anche le schede per ciascun indagato, nè il fatto che esse fossero state predisposte dalla p.g. – come apparentemente stigmatizzato dai giudici del Tribunale per il Riesame che hanno evidenziato tra parentesi la circostanza – può attenuarne la valenza indiziaria.

Si argomenta, poi, da parte del ricorrente, che non può certo considerarsi prova di un mancato vaglio il fatto che la richiesta di misura sia stata accolta per tutti gli indagati.

Comunque, visto che, nella specie, non è possibile parlare di motivazione "inesistente" ma, al massimo, di motivazione insufficiente, "si imponeva al Tribunale per il Riesame la integrazione del provvedimento oggetto di impugnazione".

A tale proposito, però, si evidenzia come – anche a voler discutere della stringatezza del vaglio critico operato dal G.i.p. o della tecnica espositiva adottata – non si può eludere il dato che il richiamo da parte del G.i.p. alla richiesta del P.M. ed agli atti redatti dalla p.g. forniva "quella indicazione richiesta dal Tribunale per il Riesame dell’iter motivazionale seguito dal G.i.p." e si sottolinea, da ultimo, come la stessa sentenza Primavera (su.

21.6.00), a proposito dei rapporti tra mancanza di motivazione e difetto della stessa, ha chiarito che essa è emendabile.

Il ricorrente, infine, censura il provvedimento impugnato perchè – sebbene emesso da due distinte sezioni del Tribunale per il Riesame e redatto da sei giudici estensori differenti ed in diverse udienze – esso risulta del tutto identico nel definire le 36 posizioni esaminate a dimostrazione della adozione, da parte di quel Tribunale per il Riesame, di una tecnica di trasferimento dello "schema-tipo" di motivazione tra i vari giudici sì da incorrere "negli stessi, se non più gravi, vizi di stile che cosi aspramente (io stesso Tribunale per il Riesame n.d.r.) aveva criticato" Il ricorrente conclude per l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
Motivi della decisione

2. – Il ricorso è fondato.

Innanzitutto, deve sottolinearsi che l’ordinanza cautelare qui in discussione consiste in sintetiche affermazioni di concordanza con la richiesta del P.M., che viene richiamata ed allegata integralmente in termini tali da rendere evidente che essa viene "fatta propria" dal G.i.p.. Al di là di possibili critiche di "ineleganza" circa un siffatto modo di procedere, è dunque chiaro che non si è in presenza nè di una motivazione "mancante" nè di mere "clausole di stile".

Già varie decisioni di questa S.C. hanno annesso piena validità alle ordinanze cautelari nelle quali il G.i.p. si riporti integralmente alla richiesta del P.M. (11.2.00 rv 216243; 4.12.06 Rv.

2356622; 21.11.06 Rv. 233499).

Pertanto, anche ammesso che la "motivazione" del provvedimento cautelare in discussione (intesa come quella parte del provvedimento promanante solo dal G.i.p.) possa essere considerata inadeguata per una sua eccessiva stringatezza e mancanza di approccio critico rispetto al materiale indiziario addotto dal P.M., di certo, non si sarebbe dovuto (nè potuto) prescindere tout court da quest’ultimo (peraltro copioso) materiale (quasi che esso, per il solo fatto di provenire da organi diversi – P.M. e polizia giudiziaria – non potessero essere preso in considerazione) posto che, in seguito al richiamo esplicito fatto dal G.i.p. ed al fatto di essere stato "inglobato" nell’ordinanza, era divenuto parte integrante della motivazione del provvedimento cautelare.

Il discorso si sposta, quindi, sul piano della valutazione della congruità e logicità motivazione "nella sua interezza".

Ma a fronte di ciò, questa S.C. ha già avuto occasione di affermare autorevolmente a Sezioni Unite (17.4.96 n. 7) che sarebbe stato preciso dovere del Tribunale per il Riesame integrare la motivazione in quanto "l’ordinanza applicativa della misura e quella che decide la richiesta di riesame sono tra loro strettamente collegate e complementari sicchè la motivazione del Tribunale del Riesame integra e completa l’eventuale carenza di motivazione del primo Giudice e viceversa" (su., 17.4.96, Moni, rv. 205257).

Va soggiunto, altresì, che, di recente, a sezioni semplici è stato anche escluso che il Tribunale del Riesame possa annullare l’ordinanza cautelare del G.i.p. per difetto di motivazione atteso che tale potere è riservato al solo giudice di legittimità.

Ed infatti, ad escludere che l’ampiezza cognitoria del Collegio per il Riesame sia tale da includere la facoltà di annullare il provvedimento impugnato per difetto di motivazione ricorre l’affermazione di quella stessa pronuncia di questa S.C. (sez. 4, 8.7.04, Chisari, rv. 230415) – citata anche nell’ordinanza impugnata – secondo cui la dichiarazione di nullità dell’ordinanza impositiva deve essere relegata a ultima "ratio" delle determinazioni adottabili e, comunque, "tale nullità può essere dichiarata solo ove il provvedimento custodiate sia mancante di motivazione in senso grafico ovvero, qualora, pur esistendo una motivazione, essa si risolva in una clausola di stile, onde non sia possibile, interpretando e valutando l’intero contesto, individuare le esigenze cautelari il cui soddisfacimento si persegue".

Come detto, ciò non era affermabile nella specie ove sia i gravi indizi che le esigenze cautelari erano stati ampiamente illustrati (anche partitamene per indagati) nella richiesta del P.M. e nelle relative schede personali.

Del resto, l’affermazione secondo la quale il Tribunale per il Riesame non può annullare il provvedimento impugnato per difetto di motivazione, è stata ripetuta più volte – a chiare lettere – (sez. 4, 14.6.04, Iuzzolino, Rv. 229763) anche attraverso la sottolineatura che un siffatto punto di vista è in linea con la parallela (ed anch’essa reiterata) asserzione secondo cui la motivazione del Tribunale del Riesame legittimamente integra e completa l’eventuale carenza di motivazione del primo giudice (ex plurimis, su. 17.4.96, Moni, Rv. 205257; Sez. 3, 19.1.01, Servadio, Rv. 218752; Sez. 6, 16.1.06, Pupuleku, Rv. 233499; Sez. 2, 4.12.06, Blasi, Rv. 235622).

Si può, forse, convenire con l’implicito rilievo "estetico-formale" secondo cui un’ordinanza cautelare concepita attraverso la trasposizione pressochè integrale della richiesta del P.M. (che a sua volta aveva recepito il lavoro della p.g.) possa non risultare soddisfacente sotto molti profili (essendo diverse le ottiche nelle quali operano, rispettivamente, le Forze dell’Ordine, il Pubblico Ministero ed, infine il Giudice). E’, quindi comprensibile la difficoltà per un organo – come quello del Riesame (costretto anche ad una decisione in termini di tempo particolarmente contenuti) – enucleare da un provvedimento tanto ampio (da sembrare di non averlo "filtrato" affatto) il complesso indiziario e le relative esigenze cautelari.

Pur tuttavia, questo è esattamente quanto il Tribunale per il Riesame è chiamato a fare, se non a rischio di abdicare alla funzione che gli è propria.

A tale stregua, è bene anche evidenziare anche alcune decisioni di questa S.C. che sostengono un punto di vista opposto (come la n. 5954/00 sez. 5, 7.12.99, Molinari, Rv. 215258) sono espressione di un indirizzo minoritario e risalente alquanto nel tempo tanto è vero che, in seguito, esso è stato smentito ripetutamele come dimostra anche la recente decisione di questa 6^ Sez. 16.1.06 (Pupuleku, Rv.

233499) che, alienandosi con numerose altre dello stesso tenore, ha asserito che, atteso l’effetto interamente devolutivo che caratterizza il riesame delle ordinanze applicative di misure cautelari, deve ritenersi che il Tribunale del Riesame "possa sanare, con la propria motivazione, le carenze argomentative di detto provvedimento, pur quando esse siano tali da dar luogo alle nullità, rilevabili d’ufficio, previste dall’art. 292 c.p.p., comma 2, lett. c) e c bis)".

Del resto, ciò lo si desume con chiarezza anche dalla norma (art. 309, comma 9) che facoltizza il Tribunale a riformare, annullare o confermare "per ragioni diverse da quelle indicate nella motivazione del provvedimento stesso" oltre che dalla costante interpretazione data da questa S.C. (v. anche sez. 2, 4.12.06, Blasi, Rv. 235622) che, ricalcando analoghe enunciazioni, asserisce testualmente che "deve ritenersi che il Tribunale del Riesame possa sopperire, con la propria motivazione, non solo all’insufficienza o contraddittorietà della motivazione del provvedimento genetico della misura, ma anche alla sua totale mancanza o mera apparenza, esplicitando, per la prima volta, le ragioni giustificative della misura cautelare adottata".

In realtà, è agevole comprendere che la censura maggiore mossa dal Tribunale per il Riesame all’ordinanza cautelare del G.i.p. è quella di avere operato una trasposizione "acritica" di tutto il materiale investigativo. Ma, anche ove ciò fosse esatto, non giustificherebbe il provvedimento di annullamento conseguente.

Di certo, poi, il Tribunale non sembra nemmeno avere ipotizzato che una siffatta tecnica "motivazionale" di trasfusione massiva del compendio investigativo potesse essere stata adottata in un’ottica di presunzione di "auto evidenza" (sul presupposto cioè che "in claris non fit interpretatio" e fosse, quindi, sufficiente il rinvio ai contenuti stessi delle conversazioni intercettate oltre che agli altri elementi portati all’attenzione dagli inquirenti).

L’ordinanza impugnata deve, quindi, essere annullata con rinvio al Tribunale di Catania per nuovo esame alla luce dei rilievi fin qui svolti.
P.Q.M.

Visti gli artt. 615 e seg. c.p.p. annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Catania.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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