T.A.R. Lombardia Milano Sez. IV, Sent., 13-04-2011, n. 971 Annullamento d’ufficio o revoca dell’atto amministrativo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Il ricorrente impugnava gli atti indicati in epigrafe fondati sulla circostanza che secondo la Prefettura di Milano non vi era mai stata una richiesta di assunzione da parte del datore di lavoro dell’A. che pertanto andava annullato, determinando analoga conseguenza per il permesso di soggiorno che era legato al contratto di lavoro stipulato in conseguenza del nulla osta annullato.

Il ricorso si fonda su cinque motivi, i primi due rivolti avverso il provvedimento prefettizio, gli ultimi due avverso il rigetto del Questore ed uno comune ad entrambi.

Il primo motivo lamenta la violazione degli artt. 22 D.lgs. 286/98 e 3 L. 241/90 oltre all’eccesso di potere per difetto di motivazione e travisamento dei fatti.

Il ricorrente afferma che non può parlarsi di inesistenza della domanda di assunzione del suo datore di lavoro poiché diversamente non si vede come sarebbe stato possibile per il Consolato italiano rilasciare il visto di ingresso e allo Sportello Unico della Prefettura far sottoscrivere il contratto di soggiorno.

In realtà i fatti sono stati travisati poiché non è vero che sia mancata l’originaria domanda del datore di lavoro, ma in realtà il rapporto di lavoro è durato per poco tempo ed il ricorrente si è premurato di cercare una nuova occupazione essendovi una proposta di assunzione da parte di una ditta edile che potrà concretizzarsi laddove sia rilasciato un permesso di soggiorno ai sensi dell’art. 22,comma 11, T.U. Imm. come previsto per i casi di interruzione del primo rapporto di lavoro mentre è ancora pendente il procedimento per la piena regolarizzazione della presenza sul territorio italiano.

Il secondo motivo denuncia la violazione degli artt. 21 nonies e 3 L. 241/90 oltre all’eccesso di potere per carenza di istruttoria.

Manca nel provvedimento della Prefettura qualunque motivazione circa l’interesse pubblico che sorreggerebbe l’annullamento d’ufficio operato e della sua comparazione con gli interessi del privato.

Il terzo motivo, comune ad entrambi i provvedimenti, eccepisce la violazione degli artt. 7 e 10 bis L. 241/90 poiché non è stato dato avviso al ricorrente né dell’avvio del procedimento di annullamento né dell’intenzione di procedere all’emanazione del provvedimento lesivo.

Il quarto motivo censura la mancata valutazione ex art. 5,comma 5, D.lgs. 286/98 dei sopraggiunti motivi che potevano giustificare il rilascio del permesso di soggirono, costituiti dall’inserimento sociolavorativo dimostrato dalla disponibilità all’assunzione manifestata dalla s.r.l. La Martesana.

Il quinto motivo contesta il mancato rilascio di un permesso di soggiorno per attesa occupazione dal momento che la mancanza di lavoro si era determinata per il venir meno del rapporto di lavoro in virtù del quale aveva ottenuto il visto di ingresso in Italia.

Il Ministero dell’Interno si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto del ricorso.

Alla camera di consiglio del 24.3.2009 veniva accolta l’istanza di sospensiva dei provvedimenti impugnati.

Veniva presentato ricorso per motivi aggiunti avverso il provvedimento con cui, a seguito dell’ordine contenuto nell’ordinanza cautelare di riesaminare la posizione del ricorrente, era stata confermata la precedente determinazione.

Nell’unico motivo di ricorso si lamenta la violazione dell’art. 22 D.lgs. 286/98 e dell’art. 3 L. 241/90 poiché la conferma dell’atto di autotutela deriva dalla circostanza che sarebbe in corso un’indagine relativa al rilascio di falsi nulla osta al lavoro subordinato da parte della Procura di Milano, mentre dalla documentazione prodotta risulta che il rapporto di lavoro con Donelli Brunhilde era realmente sussistente.

Il ricorso non è fondato.

Il ricorrente non ha fornito alcuna prova che Donelli Brunhilde abbia presentato una domanda di nulla osta al lavoro subordinato in suo favore, né che abbia sottoscritto il contratto di soggiorno.

Gli unici documenti prodotti riguardano il nulla osta prefettizio che secondo la Prefettura è falso ed il visto di ingresso che è stato ottenuto sulla base di tale falso atto inviato al Consolato in Egitto.

Al contrario la Prefettura ha prodotto la copia della richiesta di nulla osta che non risulta firmata da alcuno.

Non può, quindi, che concludersi che legittimamente l’Amministrazione ha posto a fondamento del decreto impugnato la richiamata inesistenza di una richiesta di assunzione del ricorrente da parte della sig.ra Donelli, non avendo nessuna rilevanza in contrario le obiezioni circa il rilascio del nulla osta e – prima ancora – del visto di ingresso: questi ultimi sono, infatti, elementi all’evidenza ricompresi nell’ambito delle indagini penali tuttora in corso.

Neppure può invocarsi l’applicazione del principio ricavabile dall’art. 22, comma 11, del d.lgs. n. 286/1998, o la giurisprudenza in tema di subentro di altro datore di lavoro, attesa la diversità della fattispecie oggetto del presente giudizio: invero, in quest’ultima, non essendovi mai stata alcuna richiesta di assunzione del ricorrente, il rapporto di lavoro di questi con la sig.ra Donelli deve reputarsi simulato e pertanto inesistente (simulazione assoluta). Ciò si desume anche dalla narrazione dei fatti contenuta nel ricorso, dove si ammette che il predetto rapporto di lavoro è durato, in realtà, solo pochi giorni.

Si sottolinea sul punto che, come ricordato dalla giurisprudenza, ai sensi dell’art. 22 del d.lgs. n. 286/1998, lo straniero al quale venga rilasciato un visto di ingresso per lavoro subordinato deve svolgere la sua prestazione lavorativa presso il datore di lavoro indicato nel nulla osta all’assunzione.

Quanto al difetto di motivazione circa l’interesse pubblico all’emanazione dell’atto di autotutela,esso non sussiste.

Il provvedimento gravato ha natura di atto di annullamento d’ufficio: ad esso si applicano, perciò, le regole previste per tale categoria di atti, tra cui quella, secondo la quale gli atti di annullamento debbono dare conto, nella motivazione, della sussistenza di un interesse pubblico concreto e attuale alla rimozione del preesistente atto (cfr., ex plurimis, T.A.R. Puglia, Bari, Sez. I, 15 maggio 2008, n. 1157).

Nondimeno, nel caso di specie, considerata la rilevanza penale dei fatti esaminati e la necessità di evitare elusioni della normativa sull’ingresso dei cittadini stranieri (e ciò a tutela anche di questi ultimi, come dimostra la vicenda de qua, in cui, in buona sostanza, è stata sacrificata con mezzi fraudolenti la possibilità per un altro cittadino straniero di ottenere l’ingresso in Italia per fini di lavoro), deve ritenersi che l’interesse pubblico all’annullamento del nulla osta fosse in re ipsa.

Sotto altro profilo, la doglianza si manifesta infondata in quanto le regole generali sull’esercizio dello jus poenitendi da parte della P.A. tendono a garantire il rispetto dell’affidamento del privato il quale, avendo confidato nella legittimità dell’atto rimosso, ha acquisito in forza di questo posizioni di vantaggio consolidate. Nella vicenda per cui è causa, invece, non può ammettersi la sussistenza di un legittimo affidamento del ricorrente in ordine al nulla osta rilasciatogli, atteso il meccanismo fraudolento che ha consentito il suddetto rilascio: meccanismo fraudolento di cui, a prescindere dall’accertamento di eventuali responsabilità penali, è inverosimile sostenere che il ricorrente non avesse la minima consapevolezza, se non altro alla luce della mancata instaurazione di un vero rapporto di lavoro con la sig.ra Donelli (e della conseguente necessità di trovarsi un’altra occupazione).

In proposito, perciò, ritiene il Collegio di dover mutuare le conclusioni alle quali è pervenuta la giurisprudenza (invero, con riguardo al caso in cui tra l’atto annullato e quello che l’annulla intercorre un breve lasso di tempo), secondo cui, ove non si sia ingenerato un legittimo affidamento in capo al destinatario dell’atto annullato, non occorre una penetrante motivazione sull’interesse pubblico all’annullamento, né una comparazione di detto interesse con l’interesse privato sacrificato (T.A.R. Puglia, Lecce, Sez. III, 6 giugno 2008, n. 1680).

Con il terzo motivo il ricorrente lamenta la violazione degli artt. 7 e 10 bis della L.241/90, per non essergli stato comunicato l’avvio del procedimento di annullamento ex officio del nulla osta.

Detta comunicazione, se effettuata, gli avrebbe infatti consentito di partecipare al procedimento, facendo valere le proprie ragioni ed in particolare illustrando la sua attuale posizione lavorativa.

La doglianza non può trovare accoglimento.

Infatti, la documentazione depositata in atti dall’Amministrazione resistente, ed in specie la richiesta di nulla osta che la sig.ra Donelli avrebbe asseritamente presentato, priva di sottoscrizione, è tale da far ritenere che l’Amministrazione stessa abbia in tal modo fornito la prova che il contenuto del provvedimento gravato non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato: prova che – com’è noto – ai sensi dell’art. 21octies, comma 2, seconda parte, della l. n. 241/1990, comporta la non annullabilità del provvedimento (ancorché discrezionale) affetto dal vizio di mancata comunicazione di avvio del procedimento.

Peraltro l’avviso ex art. 10 bis L. 241/90 non era dovuto trattandosi di un procedimento iniziato d’ufficio.

Il ricorso deve essere pertanto rigettato.

Sussistono ragioni di equità sostanziale per compensare le spese di giudizio.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia Sezione IV, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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