Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 12-07-2011, n. 15287 assegno di invalidità

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con ricorso, depositato il 29.12.2004, T.S. lamentava il mancato riconoscimento da parte delle competenti commissioni sanitarie del suo diritto a percepire l’assegno di invalidità civile, chiedeva l’accertamento di tale diritto nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze e la condanna dell’INPS a corrispondergli il richiesto beneficio, oltre accessori.

All’esito il Tribunale di Catania, ammessa ed espletata CTU, con sentenza n. 1180 del 2007 accoglieva la domanda dell’assegno di invalidità dal 1.01.2003, anzichè dalla data della domanda amministrativa.

La decisione anzidetta, impugnata da T., è stata confermata dalla Corte di Appello di Catania con sentenza n. 698 del 2007, che ha ritenuto corretta la decorrenza fissata dal primo giudice, giacchè solo a partire dal 30.12.2002 risultava il requisito dell’incollocamento al lavoro. Il T. ricorre per cassazione in base a due motivi. Resistono con rispettivi controricorsi l’INPS e il Ministero dell’Economia e delle Finanze.

Il ricorrente ha depositato memoria difensiva in data 12.09.2008 avverso il controricorso dell’INPS Viene autorizzata da parte del Collegio motivazione semplificata.

2. Con il primo motivo del ricorso il T. denuncia violazione della L. n. 118 del 1971, art. 13 della L. n. 482 del 1968, artt. 1 e 19 degli artt. 115 e 446 c.p.c., della L. n. 68 del 1999, artt. 1 e 8; mentre con il secondo motivo lamenta violazione di norme di diritto, ed in particolare degli artt. 91 e 92 c.p.c. e del D.P.R. n. 115 del 2002, artt. 82, 130 e 133. 3. Il ricorso così formulato, proposto per impugnare la sentenza resa tra le parti dopo il 2 marzo 2006, data di entrata in vigore del D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 incorre nella violazione dell’art. 366 bis c.p.c., introdotto con l’art. 6 dell’anzidetto decreto legislativo.

Tale norma impone, per i casi previsti dall’art. 360 c.p.c., nn. 1, 2, 3 e 4, l’illustrazione di ciascun motivo con la formulazione, a pena di inammissibilità, di un quesito di diritto, mentre in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, l’illustrazione 3 del motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione. Nel caso di specie il ricorso non presenta formulazione di un appropriato ed adeguato quesito di diritto, tale da consentire di individuare lo specifico contenuto dell’impugnazione e il profilo logico- giuridico risolutivo della questione introdotta, nè censura in modo specifico e chiaro il ragionamento attraverso il quale il giudice del gravame è giunto alla dichiarazione di improseguibiltà dell’appello.

Al riguardo si richiama recente indirizzo di questa Corte (in particolare Sezioni Unite sentenza n. 7258 del 26 marzo 2007, seguita da successiva giurisprudenza), secondo cui l’art. 366 bis c.p.c., non può essere interpretato nel senso che il quesito del diritto (e simmetricamente la formulazione del fatto controverso nel caso previsto dall’art. 360 c.p.c., n. 5) possa desumersi implicitamente dalla formulazione del motivo del ricorso, perchè tale interpretazione si risolverebbe nell’abrogazione tacita della norma, che, come già evidenziato, ha introdotto, a pena di inammissibilità, il rispetto di un requisito formale, da formularsi in maniera esplicita.

4. In conclusione il ricorso va dichiarato inammissibile. Nessuna statuizione va emessa sulle spese del giudizio di legittimità, in quanto ricorrono le condizioni previste dall’art. 152 disp. att. c.p.c., come risultante dalle modifiche introdotte da D.L. n. 269 del 2003, che trova applicazione, ratione temporis, al presente giudizio successivo al 2 ottobre 2003 (data di entrata in vigore del citato D.L.), avendo lo stesso ricorrente dichiarato e documentato che il reddito del proprio nucleo familiare non supera la soglia di legge ai fini dell’esonero dalle spese di lite.
P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Nulla per le spese.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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