Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 12-07-2011, n. 15286 Contributi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza del 20.05.2003 il Tribunale di Ravenna accoglieva la domanda proposta con distinti ricorsi da C.G. e da M.G. nei confronti dell’INPS e dell’INAIL, accertava il diritto dei ricorrenti alla maggiorazione contributiva per le prestazioni pensionistiche – della L. n. 257 del 1992, (e successive modifiche)- per l’intero periodo lavorativo svolto alle dipendenze della Eridania Z.N. – stabilimento di Russi – dal 28.10.1963 al 1.04.1998 (il M.) e dal 28.10.1963 al 1.04.2000 (il C.).

Tale decisione, appellata dall’INPS in via principale e dall’INAIL in via incidentale, è stata riformata dalla Corte di Appello di Bologna con sentenza n. 498 del 2007, che ha così deciso: a) ha dichiarato il difetto di legittimazione passiva dell’INAIL con rigetto della domanda degli originari ricorrenti; b) ha rigettato l’appello principale dell’INPS, mantenendo fermo il riconoscimento dei beneficio della maggiorazione contributiva in relazione al rischio amianto per entrambi i lavoratori.

La Corte territoriale ha osservato che sulla ultradecennalità dell’esposizione al rischio amianto si era formato il giudicato e che, nella specie, ricorreva anche l’ulteriore requisito, consistente nel superamento del valore limite previsto dal D.Lgs. n. 277 del 1991, art. 24 avendone il consulente tecnico di ufficio, con giudizio pienamente condivisibile, accertato la sussistenza dalla data dell’assunzione dei due lavoratori (28.10.1963) sino alla fine del 1995. L’INPS ricorre per cassazione con due motivi, illustrati con memoria ex art. 378 c.p.c..

Gli intimati resistono con controricorso.
Motivi della decisione

1. Con il primo motivo l’INPS censura l’impugnata sentenza per insufficiente e contraddittoria motivazione sul fatto controverso e decisivo per il giudizio, per avere la Corte territoriale fondato la propria decisione sugli accertamenti e sulle conclusioni del consulente tecnico di ufficio, che aveva limitato le indagini sino alla fine dell’anno 1995, e, dei tutto contraddittoriamente, per avere riconosciuto il beneficio contributivo per un periodo di più lunga durata (fino al 1 aprile 1998 per il M. e fino al 1 aprile 2000 per il C.).

Con il secondo motivo l’INPS, nel lamentare violazione e falsa applicazione degli artt. 324 e 329 c.p.c. e dell’art. 2909 cod. civ., assume che, contestando, in appello, l’esistenza di una esposizione "qualificata" all’amianto per l’intero periodo lavorativo, aveva contestato anche la durata dell’esposizione, come riconosciuto dal primo giudice.

2. Va esaminato per primo, per evidenti ragioni di priorità logico- giuridica il secondo motivo, in ordine al quale questa Corte osserva che sulla durata dell’esposizione a rischio non si è formato alcun giudicato interno, giacchè in appello l’ente previdenziale – come peraltro risulta dalla narrativa della stessa decisione impugnata – si era specificamente lamentato della statuizione del Tribunale in ordine alla non necessità del "superamento dei valori limite" prescritti dal D.Lgs. n. 277 del 1991; fatto quest’ultimo che, nella previsione della L. n. 257 del 1992, concorre con lo svolgimento ultradecennale di attività lavorativa – in presenza di amianto – a configurare l’esposizione "qualificata", richiesta per il riconoscimento del diritto al beneficio contributivo di cui è causa.

Come infatti questa Corte ha osservato in analoghe controversie (cfr Cass. n. 4363 del 2009; Cass. n. 18274 del 2010) il fatto costitutivo del diritto in questione non si identifica con la mera durata ultradecennale di una attività lavorativa svolta in un luogo di lavoro in cui era presente l’amianto, bensì con l’esposizione del lavoratore al rischio di ammalarsi a causa dell’inspirazione – per oltre un decennio – di fibre di amianto presenti in quei luogo in quantità superiore ai valori limite prescritti dalla normativa di prevenzione del D.Lgs. n. 277 del 1991. Ne consegue che l’accertamento giudiziale della semplice durata di quell’attività, senza accertamento del rischio effettivo e, quindi, senza l’apprezzamento di una esposizione "qualificata", non costituisce, di per sè, ragione di riconoscimento del diritto al ripetuto beneficio contributivo e, come tale, non è suscettibile di passare in giudicato.

3. Con riguardo al primo motivo può osservarsi che la sentenza impugnata presenta, in maniera evidente, i denunciati vizi di motivazione.

Il giudice di appello dichiara di condividere e fa proprio il giudizio del consulente tecnico di ufficio, il quale (come riferisce la sentenza impugnata a pag. 14) aveva posto in evidenza che i lavoratori erano stati posti al rischio di inalare fibre di amianto in misura superiore al valore limite – stabilito dal D.Lgs. n. 277 del 1991, art. 24 dalla loro assunzione (28.10.1963) sino alla fine del 1995, salvo, poi, senza alcuna spiegazione ed in contraddizione con tale premessa, rigettare l’appello dell’istituto previdenziale, con il riconoscimento del diritto al beneficio per il più ampio periodo fino all’aprile 1998 per il M. e fino all’aprile 2000 per il C..

4. Le precedenti considerazioni conducono a ritenere infondata la preliminare eccezione mossa dai controricorrenti circa la carenza di interesse dell’INPS a far accertare l’insussistenza del diritto dei lavoratori al moltiplicatore ai fini del beneficio dell’amianto per il periodo successivo al 1995, per essere stato già raggiunto in tale anno la massima anzianità contributiva utilmente valutabile.

Invero non può disconoscersi, a fronte della richiesta dei lavoratori volta ad ottenere la rivalutazione contributiva per tutto il periodo lavorativo, l’interesse dell’ente previdenziale all’accertamento dell’effettivo periodo di esposizione dei lavoratori all’amianto (questa Corte ha ritenuto – con consolidato indirizzo – l’applicabilità del coefficiente moltiplicatore in questione ai soli periodi di effettiva ed accertata esposizione al rischio amianto: ex plurimis cfr. Cass. n. 1228 del 2009; Cass. n. 29941 del 2008; Cass. n. 517 dei 2007; Cass. n. 21667 dei 2004).

5. In conclusione il ricorso va accolto e per l’effetto la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte di Appello di Firenze, che procederà alla verifica dell’effettivo periodo di esposizione qualficata all’amianto dei due lavoratori, suscettibile, come tale di rivalutazione contributiva. Il giudice di rinvio provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte di Appello di Firenze.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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